Prologo
Jeaninne Marie Williams, Jay, come tutti la chiamavano, è una ragazza come tante altre.
Vive a New York da quando, cinque anni fa, i suoi genitori sono morti in un incidente stradale.
Quando quella tragedia la travolse decise di scappare dalla sua città, Roma, approfittando della borsa di studio che le era stata offerta dalla sua università.
In realtà erano settimane che rimandava la sua decisione; vedere nuovi posti era sempre stato uno dei suoi sogni, ma l'idea di allontanarsi dalla sua famiglia, a soli vent'anni, la terrorizzava.
A causa del lutto che aveva appena subito, però, cominciò a pensare che trasferirsi in America l'avrebbe aiutata a superare quella situazione; allontanandosi si sarebbe lasciata alle spalle quel dolore che le attanagliava il cuore.
Sfortunatamente non fu così. I primi tempi per lei fu più difficile di quanto avesse immaginato, si sentiva ancor più sola e spaesata in quella grande città.
Le sue giornate si ripetevano tutte uguali: università, studio, e la ricerca continua di un lavoro adatto a lei.
Ogni notte si raggomitolava nel suo letto abbandonandosi al dolore e alle paure.
Era stanca di vivere così, ma sentiva che mollando avrebbe deluso i suoi genitori.
Sapeva che loro erano sempre lì a guardarla, e sapeva che il loro desiderio più grande era vedere la loro figlia diventare adulta.
Il suo papà le aveva insegnato ad essere forte; le raccontava sempre di quando, a soli dodici anni, perse sua madre a causa di un tumore, ritrovandosi costretto ad abbandonare la sua città natale, Londra, per vivere a Roma col suo padre naturale, che fino ad allora non aveva mai conosciuto.
'Se mai un giorno ti sentirai sola, bambina mia, ricordati che tu hai già tutto quello che ti serve: Te Stessa.' Riusciva a sentire nella sua testa le parole di suo padre, come se lui fosse ancora lì al suo fianco. 'Non permettere mai che la paura di non farcela ti impedisca di realizzarti.'
Convintasi a seguire i consigli del padre, Jay, decise di prendere in mano la sua vita.
Ora quel periodo buio restava, per lei, solo un brutto ricordo.
Aveva da poco festeggiato il suo venticinquesimo compleanno insieme a Rob, Emily e Kate, i suoi tre migliori amici.
Da quando si erano conosciuti, due anni prima, nel ristorante in cui ancora lavorano assieme, non si erano mai divisi.
Jay era in bagno ad asciugare i suoi lunghi capelli neri quando lesse il messaggio inviato da Rob sul gruppo WhatsApp che i quattro condividevano.
< Alle 8 cena da me. Devo parlarvi. Portate la birra. >
Il suo < Va bene, boss! > arrivò in contemporanea alle conferme di Emily e Kate.
Poche ore dopo le tre ragazze erano sedute sul divano di Rob mentre lui, stando in piedi di fronte a loro, cominciò a parlare:
"Allora donne, andrò dritto al punto:
è arrivato il momento di dare una smossa alle nostre vite.
Qualche giorno fa ho letto di questo nuovo concorso." disse mostrando il telefono alle amiche. "Si chiama 'America's most talented' e il prossimo anno andrà in onda sulla ABC. Accettano concorrenti da tutti i cinquanta stati, e solo venti di loro riusciranno ad accedere alla fase finale, che verrà trasmessa in diretta nazionale."
"Rob dove vuoi arrivare?" Quella lunga premessa cominciava a spaventare Jay.
"Jay, tesoro, non possiamo lavorare in quel locale per tutta la vita, e tu lo sai meglio di me." replicò Rob avvicinandosi al divano. "Servire ai tavoli, stare in cucina, lavare i cessi... io sono stanco di tutto questo! Comincio a sentirmi vuoto, amiche mie, e sono terrorizzato dall'idea che il mio futuro sia stare per sempre in quel posto... so benissimo che anche voi provate lo stesso.
Quando il sabato sera ci liberiamo delle nostre divise per salire sul palco, quello sì che mi fa sentire vivo!"
"Rob, ti ricordo che anche quello è lavoro." Emily lo interruppe. "Abbiamo convinto il capo a farci esibire il sabato sera solo per arrotondare il nostro stipendio."
"Ed è quello che voglio fare per vivere." Rob sorrideva, era seriamente convinto di quello che diceva. "Ragazze questa è una possibilità che non possiamo lasciarci sfuggire.
Sono convinto che possiamo farcela.
Jay, hai studiato canto e danza per anni, non ti senti vuota anche tu pensando che tutti i tuoi sacrifici finiscano nel cesso assieme al tuo talento?
E non venire a dirmi che non è così, perché sai che anche io ho dedicato tutto me stesso al canto fin da quando ero solo un bambino."
"Perché ti rivolgi solo a me, adesso?" balbettò Jay quasi imbarazzata.
"Perché sono sicuro che Kate e Emily condividono il mio pensiero."
Quando Rob si voltò verso le amiche, in cerca di consenso, loro non tardarono ad assecondarlo.
Annuirono sorridendo per poi rivolgersi a Jay:
"Non abbiamo nulla da perdere, ed in più ci sarà sicuramente da divertirsi!"
"Io adoro stare sul palco! Grazie al vostro aiuto io e Kate siamo migliorate tantissimo, sopratutto nel ballo. Dobbiamo provarci, è sicuramente un'esperienza che ci aiuterà almeno ad evadere da questa vitaccia."
Era ormai chiaro a Jay che quella riunione era, in realtà, solo per lei.
Dei quattro era quella meno felice di esibirsi il sabato sera. Un tempo cantare le piaceva, la faceva sentire leggera e dimenticava, anche se per poco, i suoi problemi. Ma da quando si era resa conto che il canto non sarebbe stato il suo futuro, si sentiva quasi una stupida a salire sul palco.
Da bambina guardava con occhi sognanti i video dei suoi idoli, imitandoli chiusa nella sua stanzetta. Quando i suoi genitori scoprirono la sua passione decisero di aiutarla ad inseguire il suo sogno.
Era brava, era davvero brava.
Ma crescendo il mondo che lei tanto invidiava sembrava sempre troppo lontano, al punto che un giorno decise di abbandonare quel cammino.
Quando la vita ti pone davanti a tante difficoltà sei costretta a crescere, e crescendo si era convinta che inseguire i sogni è da bambini.
"Non lo so. Perderemo un sacco di turni a lavoro. Il capo non ne sarà contento. Guadagneremo sicuramente di meno e, diciamocelo, è già difficile arrivare a fine mese così. E poi..." Jay avrebbe voluto assecondare i suoi amici. È vero non avevano nulla da perdere in fondo. Sarebbe stata una bella avventura, a prescindere da come sarebbero andate le cose, ma lei sentiva il bisogno di restare coi piedi per terra.
"Col capo ci ho già parlato. Se gli comunicheremo per tempo i giorni di assenza non ci darà problemi."
Rob interrupè Jay che non tardò a rispondergli: "Che significa che hai già parlato col capo?"
"Non cercare di sviare il discorso, Jay. Allora ragazze ho bisogno di una risposta.
Si fa come al solito: chi è favorevole al concorso?" esclamò Rob sollevando il braccio destro.
Emily e Kate si scambiarono una breve occhiata prima di imitare il gesto del loro amico.
Il ragazzo saltellò verso di loro abbracciandole. Si girò poi verso Jay dandole un bacio sulla guancia.
"Mi dispiace cara, tre contro uno. Sai cosa significa questo?"
Jay si lasciò trasportare dall'entusiasmo del suo amico: "Cosa, mio dolce amico?" esclamò canzonandolo.
"Che la settimana prossima partiamo per Los Angeles! Ho spedito il modulo di iscrizione qualche giorno fa e questa mattina mi hanno risposto. Il primo provino ci aspetta e noi dobbiamo organizzarci!"
*****
Jeffrey Dean Morgan, Jeff, come i pochi amici lo chiamavano, non è un uomo come tanti altri.
La sua vita sembrerebbe perfetta agli occhi di tutti e, infatti, non sono in pochi ad invidiarlo.
A quarantacinque anni è ancora un bellissimo uomo: capelli neri che cominciano a colorarsi dei grigi segni del tempo, magnetici occhi nocciola in grado di riuscire ad ipnotizzare ogni donna che incroci il suo sguardo, labbra sensuali che sembrano quasi disegnate e create per fare da cornice ad una bianca dentatura perfetta, fisico atletico e due spalle larghe e possenti che ispirano protezione a chiunque vi posi gli occhi.
Vive nella sua villa a Beverly Hills da quando, otto anni prima, ha lasciato la carriera da attore cedendo alle pressioni di sua moglie Jennifer.
Secondo lei quel lavoro non era abbastanza, un uomo intelligente e carismatico come lui poteva aspirare a ben altro.
Fu così che Jeff cominciò ad investire i suoi guadagni, speranzoso che così avrebbe fatto felice se stesso e, sopratutto, la donna che amava.
Ora Jeffrey possedeva le azioni di numerose società, ed era a capo di un delle aziende pubblicitarie più conosciute al mondo: la 'Two Towers'.
Quel lavoro, però, cominciava a pesargli fin troppo; si sentiva soffocato da una vita che ormai non sentiva più sua.
Nonostante tutto, trovava sempre la forza di andare avanti. Era abituato da tempo a lasciarsi alle spalle i propri sogni e a guardare in là.
Quando era solo un ragazzo la rottura del ginocchio destro lo costrinse ad abbandonare la sua passione per il basket, allontanandolo da ogni tipo di attività agonistica.
S'interessò, in seguito, anche alla pittura e alla scrittura, ma fu solo quando cominciò ad avvicinarsi alla recitazione che la sua vita cominciò ad avere un senso.
In quegli anni conobbe anche sua moglie, e Jeff, ingenuamente, s'illuse che le cose per lui non potevano che migliorare.
< Sei a Los Angeles? >
Quando Jeffrey ricevette quel messaggio era ancora in ufficio.
< Sì, ti manco? >
Digitò sorridendo, immaginando come avrebbe risposto Norman.
< Passo a prenderti alle 23, coglione. >
Norman era il suo amico più sincero.
Sapeva che gli ultimi sei mesi per Jeff erano stati duri e, quando poteva, lo trascinava in giro per locali per farlo distrarre.
Jeffrey si sentiva fortunato ad averlo al suo fianco ma spesso preferiva starsene solo a casa sua.
< Non stasera. Domani ho una riunione. >
Il suo messaggio fu inutile, quella sera Norman si presentò ugualmente a casa sua.
Passarono qualche minuto a discutere, ma presto Jeffrey si lasciò convincere.
"Andiamo amico, datti una mossa. Gli altri ci aspettano."
"Cosa devo aspettarmi?" chiese Jeffrey fingendosi preoccupato.
"Hanno detto di raggiungerli in un posto chiamato 'Amnèsia'. A quanto pare è pieno ragazze che si scatenano in pista. Mi sa che dobbiamo ringraziarti, sai?"
"Non ti seguo?"
"Quella specie di concorso di cui mi parlavi un mese fa, quello che stai finanziando. Andiamo, amico, non pretendere che mi ricordi il nome!"
"America's most talented? E che c'entra?"
"Quello, sì! Beh, insomma, a quanto pare sono iniziati i provini. Stasera L.A. offre più ragazze del solito anche grazie a te, fratello." Norman parlò in tono scherzoso abbracciando l'amico. "Un paio di loro sono già al tavolo con gli altri. Muoviamoci dai, prima che si prendano le migliori!"
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