20 - Ansia
< Sei rientrata? >
< Mmh questo silenzio
non promette nulla
di buono >
< Tu mi farai
impazzire prima o poi >
< Eccomi! Sì,
sono a casa.
Hai mai provato
gli esercizi di
respirazione? >
< Credevo finissi
alle 6 oggi.
Esercizi di respirazione? >
< Lo credevo
anche io,
ma Xander mi ha
trattenuta fino alle 8.
Per gestire l'ansia. >
< Sono quasi le
9 a New York.
Ansia? Tu sei fuori >
< Telefono scarico,
l'ho acceso non
appena sono rientrata.
3 messaggi e 6 chiamate
come li definiresti? >
< Ok, prendo nota >
< Non fare l'orso >
< Continuo
a segnare >
< Devo sperare
di sentirti bussare
alla porta da un
momento all'altro? >
< Perché? >
< L'ultima volta
che ho trovato
così tante chiamate
sei comparso
a sorpresa >
< Vorrei poterti
dire di sì piccola.
Devo restare a
Phoenix fino a Sabato >
< E? >
< E cosa? >
< E poi? >
< E poi Lunedì
riunione per
ufficializzare i
contratti chiusi
in trasferta >
< Vai direttamente
a Los Angeles? >
< Sì piccola >
< Ok... >
< Sto cercando di
liberarmi Mercoledì
e Giovedì, ma non
ti posso promettere
nulla. Non avrei neanche
dovuto dirtelo... >
< Devo dirti una cosa.
Sto scoppiando >
< Che succede? >
< Prometti di
non arrabbiarti >
< Non ti prometto nulla >
< Jeffrey... >
< Parla >
< Non è vero che
sono rimasta a
lavoro fino alle 8>
< E perché non
rispondevi allora? >
< Il telefono era
scarico, te l'ho detto >
< Dov'eri? >
< Da Simon >
Jeffrey per poco non si bruciò la barba con la fiamma dello Zippo che si era avvicinato al viso, con l'intento di accendersi la sigaretta che teneva tra le labbra: il telefono aveva preso improvvisamente a squillare dalla tasca della giacca in cotone blu che indossava, facendolo sobbalzare.
"Norman e il suo tempismo del cazzo." pensò recuperando la sigaretta che gli era caduta sul tavolino in legno che arredava l'ampio balcone della stanza in cui alloggiava.
"Norman e le sue suonerie del cazzo." continuò mentre recuperava il telefono che vibrava a ritmo di "I Was Made for Lovin' You" dei Kiss.
«Meglio per te che sia importante.» ringhiò, premendo sull'icona verde dello smartphone e portandoselo all'orecchio.
«Ciao a te, fratello. Vengo in pace.» Il timbro beffardo di Norman non servì di certo a calmare Jeffrey.
«Quante volte ti avrò detto di non metterti suonerie personalizzate? Mi farai prendere un cazzo di infarto, un giorno o l'altro. E poi, la foto in pigiama... Sei completamente fuori!»
«Quanto amore. Hai finito? O hai ancora bisogno di sfogarti?»
Jeffrey si tolse gli occhiali per potersi stropicciare gli occhi, tentando di darsi un tono più calmo.
«Hai ragione, Norm, scusa. Avanti, spara. E vedi di darmi la versione breve.»
«Amico, tu hai bisogno di relax. Volevo solo salutarti, non ci sentiamo da una vita.»
«Ma se ti ho chiamato tre giorni fa, quando ero a New York!»
«Appunto, una vita. Comunque volevo sapere se sei a L.A. visto che le riprese del mio programma sono sospese per un paio di settimane e io non ho un cazzo da fare.»
«Rientro Domenica, e voglio solo riposarmi. Sono in giro da due settimane.»
«Già metti le mani avanti, amico! Cos'è la tua ragazza ti vieta di andare per locali? Le hai detto che sono un bravo scout?»
«Non sei mai stato negli scout. E per l'ennesima volta non è la mia ragazza. Se proprio vuoi saperlo mi sa che sto per beccarmi un due di picche.»
«Ma che cazzo dici? Ma smettila con le seghe mentali e impara a gestire l'ansia.»
Jeffrey sbuffò sonoramente, in modo che l'amico sentisse la sua reazione.
«Hai mai sentito parlare di esercizi di respirazione? Dicono facciano miracoli. Dovresti provare, magari la smetti di fare il bisbetico una volta per tutte.»
«Vi sarete mica messi d'accordo?» sospirò Jeffrey accennando un sorriso.
«Che?»
«Lascia perdere. Seriamente, fratello, fammi chiudere. Stavo parlando con Jay e sembrava importante. Ti richiamo quando rientro, ok?»
«Jeffrey?»
«Cosa?»
«Quella ragazza è cotta di te. Ti avrebbe già mandato al diavolo da un pezzo se non fosse così. Datti una calmata.»
«Sono calmo, voglio solo sapere cos'ha da dirmi.»
«Lo sento benissimo che non sei calmo. Ti lascio stare, ma allenta un po' la presa. Ci stai ricascando.»
«Tu e le tue stronzate... Ci sentiamo, sfigato.»
«Ciao, coglione.»
Jeffrey ripose il telefono in tasca, fissando quello rimasto sul tavolino.
"Chi diavolo è Simon?" Si chiese sforzandosi di ricordare. Magari era uno dei suoi amici. Magari gliene aveva parlato e semplicemente non lo ricordava. O magari... No! Doveva allontanare quel pensiero.
Jay non era così, non per come l'aveva conosciuta lui. Ma quanto realmente poteva dire di conoscerla?
Aveva quasi paura di sbloccare il telefono. Prese un'altra sigaretta e se l'accese, temporeggiando l'inevitabile.
Forse era il caso di chiamarla, per messaggi era facile fraintendersi, ma se la sua paura si fosse rivelata reale come avrebbe reagito?
Il solo pensiero di quello che Jay poteva dirgli lo fece raggelare.
Sudò freddo mentre in testa un raffica di domande cominciarono a farsi strada: "Chi cazzo è Simon? Sarà uscita con lui? L'avrà baciato? Ci avrà scopato?"
L'ombra delle delusioni passate appesantì le sue sensazioni: sentiva come un macigno premergli sul petto, mentre un nodo in gola gli rendeva difficile perfino deglutire la sua stessa saliva.
Fu costretto a prendersi a schiaffi per ricacciare quei pensieri e sbloccare finalmente il telefono.
< JD, dove sei finito? >
< Chi è Simon? >
< Ahia, eccola di nuovo >
< Sto aspettando >
< Ansia >
< Respira >
< Jay mi stai facendo
seriamente incazzare >
< Signor Morgan?
Lo scapolo più ambito
d'America sarà
mica in difficoltà? >
< A che gioco
stai giocando? >
< Nessuno. Credo
tu abbia solo frainteso >
< E allora illuminami >
< Ero da Simon,
il fidanzato di Kate >
< E? Devo cavartele
fuori una ad una le parole? >
< E lui e suo fratello
hanno un'agenzia
di viaggi. Per questo
ti ho chiesto di
promettere di
non arrabbiarti >
< Continua >
< Devi promettere >
< Cosa? >
< Di non
arrabbiarti! >
< Sono già
incazzato. Continua >
< Xander ha stilato i turni.
Può darmi le ferie solo
la settimana prossima.
Ero da Simon per vedere
i voli per Los Angeles
e per Phoenix. Non sapevo
dove saresti stato Domenica >
Jay rimase per qualche istante a fissare lo schermo del telefono in attesa di una risposta che tardava ad arrivare.
Stava per alzarsi dal divanetto del suo soggiorno per raggiungere il frigorifero quando lo smartphone cominciò ad intonare "Shape of You" di Ed Sheeran.
«Pronto?» Si affrettò a rispondere.
«Te lo ricordi quanti anni ho?» Tuonò Jeffrey dall'altro lato dell'apparecchio, sbuffando una nuvola di fumo dal naso.
«Cinquantanove? No, aspetta, cinquantotto!»
«Molto simpatica, signorina. Non tirarmi più certi scherzi. Ne va della mia salute.»
«Esagerato. Sei tu che intendi quello che ti pare. E poi sei tu quello che mi ha lasciata col fiato sospeso.»
«Non è colpa mia se mi hanno telefonato al momento sbagliato.»
«E chi era?»
«Lo vedi che non sono l'unico ansioso?»
«E va bene, scusami. Non ti darò più dell'ansioso.»
«Brava la mia piccola. Ero al telefono con un amico, anche se pensavo solo a quel cazzo di Simon.»
«Ehi, vacci piano. È un bravo ragazzo.»
«E cosa ne potevo sapere io se tu parli col contagocce?»
La risata coinvolgente di Jay arrivò all'orecchio di Jeffrey attraverso l'altoparlante dello smartphone. Sorrise a sua volta prima di continuare: «Ancora non capisco perché avrei dovuto arrabbiarmi.»
«Perché ho organizzato praticamente tutto senza nemmeno avvertirti. Solo mentre tornavo a casa ho realizzato che forse avrebbe potuto infastidirti la cosa. Insomma, Domenica è dietro l'angolo, magari hai altri programmi.»
«Jay? Come la chiamiamo questa?»
«Ansia, stronzo.»
«Prego?»
«Hai capito benissimo...»
«Mmh, farò finta di non aver capito invece. Resta il fatto che tu sei davvero tutta matta. Ti ho detto mille volte che non aspettavo altro che un po' di tempo con te. Perché dovrei incazzarmi se finalmente hai una settimana da dedicarmi? Al massimo potrei incazzarmi perché immagino tu abbia già prenotato il volo.»
«Simon ha bloccato un volo per Phoenix e uno per L.A. aspetta solo la mia conferma.»
«Ecco, appunto. Lo sai che avrei pensato io all'aereo?»
«E tu lo sai che mi avrebbe dato fastidio?»
«Piccola, questa te la lascio vincere solo perché non voglio stare a discutere con te ora che mi hai fatto tornare il buonumore.»
«Quindi sei contento che venga?»
«Cavoli se lo sono! Piuttosto ora perché non chiami il tuo amico così confermi il volo e mi dai più dettagli?»
«Va bene, JD. Ti faccio sapere tra poco.»
«A dopo, piccola.»
Terminata la chiamata Jeffrey si alzò dalla sedia in vimini su cui era seduto e rientrò in camera dirigendosi verso il mini bar.
Presa una birra e cominciò a sorseggiarla mentre i suoi piedi scalzi si trascinavano sull'elegante parquet scuro, fino a raggiungere nuovamente le vetrate che davano sul balcone con vista sul deserto.
< Domenica Jay viene da me > digitò mentre le bollicine gli solleticavano il palato.
Conosceva Norman fin troppo bene e, dopo la loro conversazione, sentiva di dovere delle spiegazioni all'amico che, a modo suo, cercava sempre di tirarlo su.
< Visto? Te lo dicevo io che è cotta. Almeno ti sei tranquillizzato. >
Quel messaggio lo fece sorridere e, al tempo stesso, lo fece riflettere.
Solo pochi mesi prima Norman gli era stato vicino per aiutarlo a superare la separazione.
Jennifer l'aveva ridotto ad uno straccio e se non fosse stato per il suo amico probabilmente avrebbe trovato un modo per farla finita.
Anche ora lui era lì, pronto a dargli man forte qualsiasi cosa fosse accaduta.
Ma fortunatamente, questa volta, non ce n'era stato bisogno.
Posò la bottiglia quasi vuota sul tavolino per aprire il nuovo messaggio che Norman gli aveva scritto e, una volta letto, non poté far a meno di scoppiare a ridere:
< Vi lascio al massimo due giorni per fare i piccioncini. Dopodiché verrò a casa tua. La voglio conoscere la tipa che riesce a mettere in crisi mister Jeffrey fottuto Morgan >
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