2 - Bella Roma
Jay camminava per le strade di Los Angeles con lo stesso sguardo di una bambina davanti ad un negozio di dolciumi.
Aveva provato, invano, a trascinare con lei gli altri ma, dopo la nottata passata a festeggiare, nessuno di loro aveva voglia di abbandonare il letto prima dell'ora di pranzo.
Lei era abituata a dormire poco e, sopratutto, non voleva andare via da quella città senza aver fatto prima un giro per quelle caotiche vie.
Aveva raccolto i suoi capelli in una coda, e si godeva le comode sneaskers, ringraziando per non dover più indossare i tacchi alti della sera prima.
Un' insegna verde, con la scritta "Caffetteria Bella Roma", attirò la sua attenzione.
Quel nome la fece sorridere e pensò che un buon cappuccino l'avrebbe aiutata a carburare.
Il bar era piccolo ma accogliente: una fila di tavolini si trovava sul lato sinistro del locale, mentre la parete destra era occupata dal rustico bancone in legno a forma di "L".
Jay si sedette su uno degli sgabelli che lo contornava, cercò con lo sguardo il barista e lo vide servire cappuccino e brioche all'uomo che sedeva a pochi posti di distanza da lei.
Poggiò le braccia sul bancone pensando che che quella brioche aveva un aspetto davvero invitante, come l'uomo che stava per mangiarla.
Si ritrovò a fissargli le spalle larghe e i tatuaggi, che si intravedevano dalle maniche della sua t-shirt nera, su quelle braccia muscolose.
Cercò di scorgere i lineamenti del suo viso, ma l'unica cosa che riusciva a guardare erano le sue labbra e la mascella squadrata.
Quello che vedeva le piaceva, avrebbe voluto vedere l'altra metà del suo volto, ma gli occhiali da sole e il cappellino scuro che l'uomo portava glielo impedivano.
Jay pensò, divertita, che magari anche lui portava gli occhiali per nascondere i segni di una nottata, forse, troppo lunga.
Stava guardando la sue mani grandi afferrare la tazza del cappuccino quando il barman interruppe i suoi pensieri: "Cosa le porto, miss?"
Quel nome la fece sorridere.
"È possibile avere un cappuccino e una brioche? Grazie."
Il barista lanciò un veloce sguardo alle sue spalle per poi rispondere quasi imbarazzato:
"Mi spiace, ho appena dato via l'ultima." disse facendo un gesto verso l'uomo che aveva appena servito "Le posso portare un coockie?"
Jeffrey notò il gesto del barista e fissò la sua brioche per pochi secondi.
Non era solito mangiare la mattina, ma dopo la nottata passata a bere aveva bisogno di qualcosa per tenersi in piedi.
Lui e Norman si erano fermati in un hotel; dopo i litri di alcolici che avevano ingurgitato nessuno dei due era capace di guidare.
Jeff, inoltre, sapeva che di lì a poche ore avrebbe dovuto presentarsi in ufficio e così pensò che un albergo in centro gli avrebbe fatto guadagnare preziosi minuti di sonno.
Fu svegliato dalle chiamate incessanti provenienti dal suo ufficio: era tremendamente in ritardo.
Uscendo dall'hotel telefonò al suo maggiordomo Griffin, che prontamente gli rispose che lo avrebbe raggiunto con la limousine entro una trentina di minuti, per poi accompagnarlo in ufficio.
Quando fu fuori notò il piccolo bar che stava di fronte all'hotel e pensò che fare colazione lì, aspettando Griffin, gli avrebbe risparmiato imbarazzanti momenti per strada.
Un tempo gli piaceva essere riconosciuto e fermato dai suoi fan, ma ora la gente lo bloccava solo per fargli inappropriate domande sulla sua vita privata e su sua moglie.
"Se vuole la dividiamo." disse Jeffrey bloccando la risposta di Jay, che rimase piacevolmente colpita dal tono profondo di quella voce "Sul serio, non l'ho ancora neanche toccata. A dire il vero non dovrei neanche mangiarla, mi farebbe un favore."
Mentre Jeffrey parlava afferrò il piattino, dove poggiava la brioche, e lo passò al barista.
Jay era confusa da quel gesto, ma non potè rifiutare.
Si limitò ad annuire e gli sorrise: "Grazie mille! Non doveva."
"Dovere, signorina." Jeff sorrise a sua volta.
Mentre il barman tagliava la brioche gli occhi di Jeff si fermarono inevitabilmente sulla scollatura di Jay.
La ragazza portava una t-shirt rossa con lo scollo a V che lasciava intravedere il sensuale spacco tra i seni, che all'uomo sembrarono così alti e sodi.
Sapeva che gli occhiali da sole coprivano i suoi occhi ma presto decise di distogliere lo sguardo temendo di essere visto.
Cercò di distrarsi dai suoi pensieri e chinò il capo puntando il cappuccino.
La sua attenzione tornò inevitabilmente su di lei; quella ragazza trasudava sensualità da tutti i pori nonostante la sua semplicità.
Non gli sembrava che fosse truccata, quella bocca carnosa era di un rosa troppo naturale per essere un normale rossetto, si diceva l'uomo.
Continuava a lanciargli sguardi veloci e, quando la ragazza si tolse i grandi occhiali specchiati che portava, posandoli sul bancone, fu rapito da quel paio di occhi verdi che si abbinavano impeccabilmente alla perfezione del suo viso.
I capelli scuri, raccolti in una coda di cavallo, lasciavano scoperto il suo collo magro e slanciato; Jeff cominciò a domandarsi che profumo avesse quella pelle olivastra e giovane, immaginando il suo naso che tracciava la strada attraverso i seni di lei salendole poi fin dietro l'orecchio.
Le incontrollabili fantasie di Jeffrey furono interrotte dallo squillo del suo telefono.
Rispose di controvoglia quando lesse il nome 'GERARD' sullo schermo dello smartphone:
"Ti ho detto che sarò lì tra dieci minuti, non si può neanche far colazione in pace, cazzo!"
Riattaccò subito la chiamata senza concedere a Gerard il tempo di controbattere.
Jay notò il nervosismo che aveva assalito l'uomo.
Pensò che quell'aria imbronciata rendeva le sue labbra ancora più sexy. Non aveva potuto fare a meno di apprezzare lo smagliante sorriso che l'uomo le aveva lanciato pochi minuti prima e, sentendosi lusingata da quel gesto, decise di spostare la sua attenzione su altro, temendo che qualcuno si potesse accorgere di come i suoi occhi fossero rapiti da quell'aitante figura misteriosa.
Quando si tolse gli occhiali sperava, inconsciamente, che anche l'uomo imitasse il suo gesto; voleva vedere il suo volto e capire se i suoi occhi fossero invitanti quanto la sua bocca.
Jeffrey scocciato si alzò prendendo il portafogli dalla tasca posteriore dei suoi jeans.
Estrasse una banconota e la allungò al barista sussurrandogli qualcosa.
Mentre si dirigeva verso l'uscita della caffetteria si fermò per pochi secondi vicino a quella ragazza che tanto aveva stuzzicato la sua fantasia: "Buona giornata, signorina."
Aspettò che lei contraccambiasse il suo saluto e proseguì verso la strada.
Jay guardava quelle lunghe gambe muoversi una davanti all'altra e ammirò l'imponenza della sua figura, alta e virile.
Avrebbe voluto voltarsi per continuare a guardarlo, ma non lo fece. Al contrario i suoi occhi si posarono sullo sgabello che occupava fino a poco prima, notando qualcosa di strano.
Si allungò per afferrare l'oggetto che poggiava sul cuscino in pelle della seduta: era il suo portafogli.
Se lo portò al viso e si girò a guardare verso l'uscita.
"L'ho visto andare verso destra." disse il barista che aveva assistito a tutta la scena.
Jay gli chiese se poteva guardare le sue cose mentre cercava di raggiungere l'uomo, ricevendo una risposta positiva che non tardò ad arrivare.
Si precipitò in strada cercando di scorgere un berretto scuro tra la folla che passeggiava.
Vide l'uomo vicino ad una limousine e subito si avviò verso di lui cercando di attirare la sua attenzione prima che la sua auto partisse.
"Mi scusi? Mi scusi?!? Ehi, dico a lei, si fermi! Non entri in auto!"
Jay si rese conto che il suo tono forse era un po' troppo alto, ma le sembrava l'unico modo di attirare l'attenzione di quell'uomo che non sembrava avere intenzione di girarsi verso di lei.
Jeffrey sentì benissimo la ragazza che lo chiamava, e si affrettò ad entrare in macchina.
Capì che cappello e occhiali non erano di certo in grado di nascondere la sua identità, e si maledì per aver dimenticato di avvisare Griffin di non prendere la limousine.
Quando stava per chiudere lo sportello la ragazza, che fino a poco prima era seduta al bar, gli si parò davanti.
Per un attimo si sentì uno stupido ad essere stato così gentile con lei, doveva immaginare come sarebbe andata a finire, non appena lo avrebbe riconosciuto.
"Senta signorina, non mi piace essere scortese, ma non ho tempo per queste cose. Ho una riunione e non posso perdere tempo." Jeff disse in tono deluso, speranzoso che la ragazza si sarebbe spostata permettendogli di chiudere lo sportello.
"Il portafogli." disse Jay porgendoglielo. "L'ha lasciato al bar, immagino le serva."
Jeffrey si sentì una merda per aver usato quel tono maleducato con la ragazza.
"Io... davvero mi dispiace per quello che le ho detto. Sono in debito con lei, signorina."
Jay non dette peso a quella situazione e si limitò a rivolgergli un'ultima battuta prima di allontanarsi: "Dovere, signore. In bocca al lupo per la riunione e buona giornata!"
Jeffrey la guardò allontanarsi. Si era girata per tornare al bar senza concedergli neanche il tempo di contraccambiare il saluto.
Si soffermò a guardare per pochi secondi le curve del suo corpo prima di chiudersi alle spalle lo sportello sospirando.
Tornata nel bar Jay cominciò a cercare il portafogli nella sua borsa per pagare la colazione.
"Quant'è?" chiese al barista.
"Nulla, miss. Il signore di prima ha pagato anche per lei."
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