15 - JD
"È arrivato."
"Già... arrivato." Jeffrey aveva ripetuto quella parola con la voce quasi spezzata.
Jay aveva finalmente accettato il suo abbraccio e l'arrivo di Griffin significava doversi di nuovo allontanare da lei.
"Sei mai stata a Londra?" Le chiese, senza ancora lasciarla andare.
"Più d'una volta." Gli rispose lei, continuando a tenere lo sguardo sulla limousine parcheggiata fuori il cortile di casa sua.
"Ti piacerebbe tornarci?"
"Jeffrey... devi andare."
"Vieni con me. Una settimana. Solo io e te."
"Jeffrey..." Jay finalmente si girò, tornando a incrociare gli occhi verdi con quelli nocciola di lui "Te l'ho già detto: non così in fretta. Dammi tempo. E poi sai benissimo che posso permettermi a mala pena una giornata libera."
"Non è quello che speravo mi dicessi ma almeno mi hai parlato, finalmente. Addirittura guardandomi negli occhi, cazzo!" Jay roteò gli occhi per la presa in giro di Jeffrey che, da quando era faccia a faccia con lei, non riusciva a togliersi il sorriso dalle labbra.
"Avrei dovuto farti restare per strada." Gli disse tirandogli un leggero pugno in mezzo al torace e indietreggiando di qualche passo.
"Forse sarei stato più al sicuro là fuori." L'uomo non smetteva di ridere: prese a massaggiarsi il punto colpito cercando di fingersi dolorante, fallendo visibilmente.
"Perché Londra?" chiese improvvisamente Jay facendosi seria.
"Perché è lì che andrò domani. Vieni con me."
"Ti ho già risposto. E ti ho anche già detto che devi andare. È tardissimo ed io alle dieci devo essere a lavoro."
"Hai ragione, piccola. Mi tolgo subito dalle palle. Ti lasci salutare o devo prepararmi per un gancio più serio questa volta?"
Mentre parlava Jeffrey camminò verso di lei, per passarle una mano tra i capelli e fermarla dietro il suo collo.
Jay non fiatò, né un no né un sì, limitandosi a tenere lo sguardo basso fin quando lui non spostò la mano sotto il suo mento per sollevarle il viso.
"Lo so che questa volta non mi chiederai se ci rivedremo. Forse dovrei essere io a domandarti se vuoi continuare a vedermi...
Piccola, io voglio solo il meglio per te. Ti ho fatto soffrire anche troppo, lo so. Qualsiasi cosa deciderai, io la accetterò. Nessuna pressione."
"No, Jeffrey, non puoi chiedere a me una cosa del genere. È tutto sempre dipeso da te, e ora non scaricherai il peso sulla sottoscritta. Fai quello che hai sempre fatto e decidi solo per te. Se vorrai vedermi sai bene come e dove trovarmi, ma non ti darò nessuna certezza che vorrò anche io vederti. Almeno questa volta non sarò l'unica a restare solo con un mucchio di domande e stupide speranze."
Jeffrey non resistette: il vederla così, imbronciata, con gli occhi lucidi e il magone in gola, lo fece scattare. Le afferrò il viso e posò le labbra sulle sue, strizzando gli occhi come un bambino che esprime un desiderio davanti la sua torta di compleanno: 'non voglio perderla' era quello che si ripeteva.
"Niente promesse questa volta, piccola. A presto." Le rubò un altro bacio, prima di sgattaiolare attraverso la porta quasi saltellando, lasciando Jay ammutolita a causa di quello strano comportamento.
La ragazza, rimasta sola, si precipitò in camera da letto sperando che le mille domande che le rimbombavano in testa non le avrebbero impedito di dormire.
La donna orgogliosa che era in lei urlava a gran voce contro la sua ennesima sconfitta: era nuovamente caduta vittima del fascino dell'imprenditore e per l'ennesima volta era stata solo un giocattolo. Doveva allontanarlo sin da quando si era presentato al parco, sfilargli la bottiglia di mano e vuotargliela in testa.
'Sì, te la immagini la camicia completamente fradicia e i pettorali in bella vista?' la ragazza infatuata non tardò ad arrivare. Ormai erano mesi che andava avanti così, la battaglia tra razionalità ed impulsività nella sua testa era all'ordine del giorno.
Ma non era quello il momento per decretare la vincitrice, le avrebbe lasciate fare il giorno dopo. Adesso l'unica cosa di cui aveva bisogno era dormire e, stranamente, ci riuscì, non appena si accasciò fra le coperte.
*****
Caffè. Caldo, profumato, indispensabile.
La prima cosa che al mattino Jay faceva era preparare la moka e metterla sul fuoco.
Il rituale era sempre lo stesso: spogliarsi, farsi la doccia, e rivestirsi col rumore della macchinetta e l'aroma del caffè che la chiamavano dalla cucina.
Stava per sedersi sul divanetto del salone quando due colpi, secchi e sordi, sulla porta d'ingresso la fecero quasi sobbalzare.
Con passo leggero si diresse verso l'ingresso, domandandosi chi mai poteva cercarla alle otto del mattino.
Quando guardò attraverso lo spioncino ammise a sé stessa di aver sperato per un solo secondo che l'insolito visitatore potesse essere lui.
Riempì d'aria i polmoni, espirando profondamente mentre apriva la porta per cercare di cancellare il sorriso ebete che le si era creato in volto.
"Ma buongiorno, milady. Credevo fossi ancora a letto."
Ancora una volta, non era un sogno.
Gli occhi scuri segnati dalle occhiaie, il naso arricciato per permettere al sorriso malizioso di allargarsi e le fossette... le fossette!
Jay quasi imbambolata riuscì finalmente a parlare: "Buongiorno. Vuoi entrare?"
"Sul serio, piccola? Ieri mi hai quasi cacciato a calci in culo e ora mi chiedi di entrare?"
Non ci sarebbe cascata, non questa volta almeno. Ormai conosceva bene lo sguardo di Jeffrey, riconosceva bene la smorfia che disegnavano le sue sopracciglia, inarcandosi all'insù, col solo intento di metterla in imbarazzo: "Ok, se preferisci stare fuori per me va bene." gli disse facendo spallucce e incrociando le braccia al petto.
"Ehi? Dov'è finita la mia timida Jay? Non riesco neanche più a farti arrossire. Cristo, devi essere ancora incazzata nera, eh?"
"Va bene, mi spieghi che succede? Sei venuto qui per prendermi in giro? E perché sei così euforico? Non avrai mica annullato il viaggio a Londra?"
Jay avrebbe continuato ad elencare domande se l'uomo non l'avesse fermata cominciando a scuotere la testa a destra e a sinistra, passandosi una mano sul volto per placare il ghigno che se ne era impossessato.
"È che quando ti vedo è più forte di me, ma sarà meglio che mi sbrighi prima che mi ritrovi la porta sul naso."
"Perspicace, signor Morgan." Lo canzonò la ragazza poggiandosi con la spalla all'uscio e invitandolo a parlare con un cenno del capo.
"Sto andando all'aeroporto, in realtà sono, come al solito, in ritardo. Ma avevo voglia di salutarti e, in più, dovevo darti questo." Le disse lui tornando ad assumere un'espressione seria e allungandole un sacchetto in carta blu.
Quando Jay si era sporta per prenderlo Jeff aveva ritirato la mano, portandosi con uno scatto la busta dietro la schiena: "Ah-ah, non così in fretta, piccola. Devi promettermi che lo aprirai quando sarò andato via."
"Ma cos'è?"
"Promettilo."
"Ok, 'prometto che lo aprirò quando sarai andato via', va bene così?" Jay lo prese in giro, roteando gli occhi e ripetendo le sue parole come una cantilena, tornando ad allungare il braccio verso di lui per ricevere il dono.
"Mmh" sbuffò Jeffrey "si vede che devo ricordarti cosa succede quando mi prendi per il culo."
Jay scattò indietro cercando di sfuggire alla presa dell'uomo che con un balzo, però, l'aveva raggiunta, afferrandola per le gambe e portandosela in spalla, facendola finire a testa in giù.
"Te la sei cercata, ragazza" continuò Jeffrey mentre con una mano le pizzicava la pancia causandole delle sonore risate.
"Mi arrendo, mi arrendo! Mettimi giù, ti prego. Basta mi va il sangue alla testa!"
Jeffrey si avvicinò al tavolo e la lasciò scivolare tra le sue braccia fino a farla sedere su di esso. Si insinuò poi fra le sue gambe, posizionandosi nel mezzo e inarcandosi in avanti, arrivando faccia a faccia con lei.
"Vorrei sentirti ridere tutti giorni, piccola." Le grugnì a denti stretti serrando poi le labbra contro le sue.
Jay si lasciò sopraffare dal suo bacio, permettendogli di guidarla in quel susseguirsi di morsi e schiocchi che le loro bocche intrapresero.
Quando Jeffrey si staccò, pochi secondi dopo, le sistemò i capelli dietro l'orecchio col tocco gentile di una mano, tenendo gli occhi fissi sui suoi.
"Tu non puoi capire quanto diventi sempre più difficile fermarsi. Finirà mai questa tortura?" sussurrò prima di darle un bacio sulla fronte e indietreggiare. "Tieni, e aspetta almeno che sia entrato in auto prima di aprirlo."
Jay contraccambiò il sorriso di Jeffrey, alzando la mano per salutarlo mentre lui spariva attraversando la porta principale.
Scese dal tavolo e si accostò alla finestra accanto all'uscio, per guardarlo un'ultima volta. Non poté fare a meno di portarsi una mano al viso per frenare il suo sorriso quando lui, prima di entrare in auto, si voltò per mandarle un bacio.
Quando la macchina si allontanò spostò finalmente la sua attenzione sul regalo appena ricevuto: sciolse il fiocco che teneva la busta chiusa e tirò fuori la scatola rettangolare che conteneva.
Aprì anche quel pacchetto e ciò che trovò al suo interno la stupì: un biglietto con una grafia elegante ma confusionaria, con su scritto 'Prometti di portarlo sempre con te', nascondeva un iPhone, uno di quelli di ultima generazione, e il caricabatterie.
Jay prese lo smartphone, schiacciò il tasto centrale per illuminarne lo schermo che rivelò una messaggio con mittente 'JD':
< 6848 >
Capì che erano le cifre per sbloccare il telefono e si affrettò a digitarle, per poi cliccare sul messaggio di notifica che la rimandò ad una chat su WhatsApp.
Divertita da questa piacevole novità cominciò a scrivere, sapendo che le risposte non sarebbero tardate:
< JD? >
< Alla buon'ora. >
< Perché JD? >
< È davvero l'unica
cosa che vuoi dirmi? >
< Non ti dirò grazie!
Prima dovrai spiegarmi
perché mi hai lasciato questo
telefono e perché JD.
Poi ne riparleremo... >
Nessuna risposta. JD aveva smesso di digitare ed era offline.
Jay non poteva negare a se stessa di adorare quel regalo, non per il telefono in sé ma per quello che implicava: poter finalmente sentire Jeffrey, ogni giorno, ogni ora, quando le andava.
Ma continuava a chiedersi se fosse davvero necessario, non poteva limitarsi a lasciarle il suo numero?
Non ebbe però il tempo per continuare a porsi domande: il telefono prese a squillare e non aveva alcuna intenzione di far aspettare Jeffrey troppo a lungo.
"Pronto?" disse con voce spezzata. Era stranamente emozionata. Quella situazione era nuova per lei, si stava facendo prendere dall'agitazione, come se fosse la prima volta che quel bellissimo uomo le rivolgesse la parola.
"Speravo ti sarebbe piaciuto il regalo."
"A essere sincera mi hai spiazzata. Non era più semplice scambiarci i numeri?"
"Al contrario, piccola. Neanche immagini quante volte sono costretto a cambiar telefono o a tenerlo spento. Ho preso due smartphone: uno per me e uno per te, così nessuno dei due avrà scuse. Potremo sentirci quando ci pare, anche perché sei l'unica ad avere questo numero e sarà sempre libero. Per te."
Jay si prese del tempo per elaborare quelle parole. Non ci credeva, non era possibile che le cose fossero così cambiate radicalmente.
Aveva passato gli ultimi quattro mesi a piangersi addosso, a darsi della stupida per aver sperato in quel qualcosa che ora, forse, si stava avverando.
"Jay? Sei ancora lì?" La voce di Jeff la riportò sul pianeta terra.
"Sì, Jeff. Anzi scusa, JD." Lo prese in giro, ghignando rumorosamente per fargli sentire la sua ilarità.
"Ehi, puoi sempre salvarlo in un altro modo se non ti piace. Ho solo scritto il primo nome che mi è venuto in mente. Un tempo gli amici mi chiamavano così, non potevo di certo salvarmi come Sig. Morgan."
"JD mi piace, lo lascerò così. Ti si addice davvero, Signor Morgan."
"In un altro momento ti avrei ripresa, visto che continui ad usare quel tono divertito per prendermi per il culo... ma il semplice fatto che finalmente mi parli in tutta tranquillità mi fa felice."
"Effettivamente sto ponderando se perdonarti o no, lo ammetto."
"Brava ragazza, gioca col fuoco ora che sono lontano vedremo dove finirà la tua sfrontataggine quando saremo faccia a faccia. Ad ogni modo, resterei al telefono con te ma ora devo lasciarti. Sto entrando in aeroporto, rimandiamo a dopo questo discorso?"
"Va bene, Jeffrey. Anche io devo andare a lavoro. A più tardi, allora."
"A dopo, piccola. Ti scrivo non appena arrivo a Londra."
Terminata la conversazione Jay si affrettò a recuperare la borsa e la giacca: il rituale del caffè era saltato ma non poteva di certo lamentarsi per il piacevole imprevisto che le aveva fatto saltare la colazione.
Mise il nuovo telefono in borsa e corse fuori casa per dirigersi a lavoro; con occhi sognanti si guardava intorno ancora incredula per quanto era accaduto così improvvisamente nella sua vita.
Arrivata davanti all'ingresso del ristorante mise la mano in borsa e prese il telefono.
< Buon lavoro piccola >
Solo ora si era accorta del messaggio che Jeffrey le aveva scritto venti minuti prima.
Sorrise e, senza pensarci su due volte, inviò la risposta prima di varcare la soglia del locale:
< Buon viaggio JD >
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