12 - Risvegli

Jeffrey la teneva tra le braccia mentre saliva le scale per raggiungere la camera da letto.
Percorse il breve corridoio con passi lenti e leggeri, limitando al minimo il rumore.

Lei era bellissima mentre dormiva con la testa poggiata alla sua spalla; aveva un'aria talmente rilassata, quasi beata, che Jeffrey non voleva assolutamente svegliarla.

La teleconferenza era, purtroppo, durata più del dovuto e la stanchezza accumulata nelle ultime ventiquattr'ore, mista allo champagne, aveva avuto la meglio su Jay.

Raggiunto il grande letto della camera padronale Jeff si chinò, sistemando delicatamente la ragazza sul soffice piumino azzurro che ricopriva il materasso.

Rimase per qualche minuto in piedi vicino a lei, studiando il suo corpo.
L'aveva ritrovata con indosso solo la sua camicia, e non poteva certo negare che stesse meglio a lei. Il cotone dell'indumento cingeva quasi tutto il suo corpo, lasciando scoperti solo braccia e gambe, ma l'intimo nero spiccava rendendo quasi trasparente il bianco della blusa.

La tentazione di svegliarla era forte.
Voleva sentirla di nuovo ansimante sotto di lui e continuare ad assaggiare ogni centimetro della sua pelle, ma, allo stesso tempo, realizzava che il solo averla lì, per quella notte, lo rendeva felice.

Si sdraiò finalmente al suo fianco, continuando a guardarla per qualche istante. Si avvicinò a lei e allungò un braccio sul suo ventre, cingendolo. Quando poggiò la testa vicino alla sua spalla chiuse finalmente gli occhi, lasciando che il profumo dei capelli di lei lo coccolasse fino a farlo addormentare.

*****

Un familiare solletico sul collo svegliò Jay.
Riuscì a stento ad aprire gli occhi e quando finalmente mise a fuoco la vista si lasciò sfuggire un sorriso.

"Finalmente, signorina. Stavo cominciando a pensare di passare alle maniere forti per svegliarti." le sussurrò dolcemente Jeff, un attimo prima di baciarle la mano.

"B-buongiorno." balbettò lei, sgranando gli occhi.

Questa volta non era un sogno. Lui era veramente disteso su di lei, a torso nudo.
Si lanciò un veloce sguardo attorno e, quando si rese conto di non trovarsi più distesa sul sofà in pelle, deglutì sforzandosi di ricordare.

La luce del sole illuminava la stanza, facendo intendere a Jay che, ormai, era sicuramente mattina inoltrata. Le sue guance cominciarono a colorarsi di rosso, a causa dell'imbarazzo che provava: non ricordava niente, lo champagne aveva colpito ancora.
L'ultima scena che si ripeteva vivida nella sua testa era il bacio che aveva dato a Jeffrey un attimo prima di porgergli il telefono; dopodiché buio totale.

Indossava la sua camicia, e il fatto di non esser nuda le dette almeno un breve istante di sollievo.

"La tua faccia mi dice che hai bisogno di un po' di spiegazioni." esclamò improvvisamente Jeffrey, ridendo animatamente.

Lei si limitò ad annuire silenziosamente con un gesto del capo, lasciando che lui continuasse a parlare: "Sei letteralmente crollata. Sarò stato al telefono una ventina di minuti, e tu, signorina, ti sei messa fin troppo a tuo agio sul divano. Hai aperto gli occhi per un secondo mentre ti prendevo in braccio, ma mi hai dato solo una falsa speranza. Non ricordi niente, vero?"

Jay si fece prendere dal tono divertito di lui e rispose scherzosamente: "Colpa tua e dello champagne. Sono solo una povera vittima."

"Ne prenderò nota, piccola. Niente più Crystal d'ora in poi."

Jeffrey le accarezzò il mento prima di avvicinarsi a lei e baciarla dolcemente sulle labbra. La ragazza stava per avvolgergli le braccia intorno al collo, quando lui si allontanò prendendo a parlare: "Jay, io resterei qui con te tutto il giorno. Ma sono quasi le undici, e devo essere in aereoporto entro l'una."

"Oddio, le undici?" Jay scattò in avanti, visibilmente preoccupata. "Inizio il turno alle due, non ce la farò mai!"

"Ehi, ehi, calma, signorina. Griffin ti accompagnerà a casa tua, e ti porterà fino al ristorante quando avrai finito. Stai tranquilla, ho già pensato a tutto." Jeffrey le prese il volto tra le mani, approfittando del momento per strapparle un altro fugace bacio. "Ora, io andrò a farmi una doccia al volo e tu vedi di correre di sotto a recuperare i tuoi vestiti. Non puoi pretendere che continui a trattenermi se mi resti davanti con la camicia sbottonata."

Jay sorrise lusingata, godendosi la vista dell'ampia schiena nuda di Jeffrey che si allontana da lei uscendo dalla stanza.

Si alzò di controvoglia dal comodo letto e si stiracchiò, uscendo poi attraverso la porta che poco prima aveva passato Jeff.
Mentre si dirigeva verso le scale udì il rumore inconfondibile del getto d'acqua provocato dalla doccia; se non avesse dormito per tutta la mattinata avrebbe volentieri raggiunto Jeffrey, ma ci voleva più di un ora per tornare a New York, e non poteva permettersi di perdere del tempo prezioso.

Raggiunto il salone recuperò i vestiti e li indossò, per poi incamminarsi verso la cucina.
Trovò quello che cercava in bella vista sul ripiano bianco di uno dei mobili in legno che la arredavano: una piccola macchinetta per il caffè.

Il caffè americano non era certo il suo preferito, ma aspettarsi di trovare una moka in una villetta del New Jersey era impensabile.
Trovò un barattolo con del caffè macinato in una delle dispense e, una volta riempito il filtro e lo scompartimento per l'acqua, accese la macchinetta.

Quando pochi minuti dopo Jeffrey entrò in cucina, Jay era intenta a versare la calda miscela in due tazze.

"Stavo proprio pensando che serviva un buon caffè per iniziare, ancora meglio, questa giornata."

Jay sorrise, sentendo quella calda voce alle sue spalle. Prese le due tazze e si girò verso di lui, per dargliene una.

"Senza questo rischiavo di addormentarmi di nuovo. Speriamo sia venuto buono, non sono abituata ad usare questo tipo di macchinette."

L'uomo ne bevve un sorso e poi le dette un veloce bacio a stampo, prima di riprendere a parlarle: "Piccola, perdonami, ma è la peggior brodaglia che abbia mai bevuto."

Mentre Jeffrey rideva Jay assaggiò il caffè, unendosi alla sua risata.

"Ok, fa decisamente schifo. È praticamente acqua sporca. Dai qua, meglio buttarlo."

Prese la tazza dalle mani dell'uomo e la poggiò nel lavandino assieme alla sua.

"Facciamo che la prossima volta il caffè te lo preparo con la mia moka. Quello sì che tiene svegli per un'intera giornata." disse ritornando vicino a Jeffrey. "A proposito, posso chiederti una cosa?"

Jeff annuì, sorridendo maliziosamente. Aveva intuito cosa stava per chiedergli la ragazza, ma era curioso di vedere come lei avrebbe formulato la domanda.

"Ci rivedremo?" gli chiese facendosi seria.

"Tu vuoi rivedermi?"

"Sì. Non te lo avrei chiesto altrimenti."

Le fossette tornarono a segnare le guance di Jeffrey, che abbracciò Jay: "Certo che ci rivedremo, piccola. Devo stare a Mosca per qualche giorno, ma prometto di chiamarti non appena rientro."

"Chiamarmi?" domandò lei sorpresa.

"Già vero, quasi dimenticavo. Vieni di là."

Jeffrey la prese per mano e la trascinò vicino la porta d'ingresso. Strappò un foglietto dal bloc-notes posato su un alto tavolino in ferro, e lo porse a Jay.

"Scrivimi il tuo numero." le disse passandogli una penna, tirata fuori dalla tasca della giacca. "Il mio telefono è scarico, e cambio numero così spesso che non ho mai il tempo per memorizzarlo. Se per te va bene, possiamo anche sentirci questi giorni. Magari posso chiamarti anche domani, che dici?"

"Signor Morgan, sembri quasi imbarazzato." lo canzonò lei, notando che per la prima volta Jeffrey teneva lo sguardo basso mentre le parlava, invece di sfidarla fissandola negli occhi, come faceva sempre.

"Ammetto che è passato parecchio tempo dall'ultima volta che ho dovuto chiedere il numero a una donna."

"Puoi chiamarmi quando vuoi." disse Jay ammiccando. Poggiò poi il pezzo di carta sul tavolino e cominciò a scrivere. "Fatto. Tieni, e prometti di non perderlo."

Jeffrey prese il foglietto bianco che Jay aveva accuratamente piegato.
La scritta 'Per Mr. Morgan' che aveva lasciato su un lato lo fece sorridere. Aprì poi il bigliettino, quasi per accertarsi che lei avesse realmente scritto quelle cifre.
Lanciò uno sguardo veloce alla serie di numeri, soffermandosi poi sulla scritta in stampatello posta sotto di essi: ' A PRESTO, JAY =) '

"Ehi, non dovevi aprirlo ora." lo interruppe Jay, dandogli uno schiaffo sulla spalla.

"Sempre meglio controllare, magari lo avevi lasciato in bianco." replicò lui, toccandosi la spalla per fingersi indolenzito dal colpo.
Ripiegò poi il foglio e se lo mise nel taschino della giacca. "Comunque, non preoccuparti, non lo perderò. Ora, però, vieni qui. Dovrei già essere in auto, ma ho bisogno di stringerti ancora un po'."

Jeffrey le mise le mani intorno alla vita e la sollevò da terra, portando il volto della ragazza ad altezza del suo. Cominciò a baciarla con trasporto, lasciando che lei si aggrappasse stringendogli le braccia intorno al collo.

Restarono così per qualche minuto, fino a quando Jeff, a malincuore, non accompagnò Jay di nuovo coi piedi per terra.

Prese la sua giacca dall'appendiabiti e la aiutò ad indossarla, accompagnandola poi verso la limousine.

"Ti chiamo domani." le sussurrò dopo averle rubato un altro bacio. "A presto, signorina Jay."

"Ciao, Mister Morgan, portami un souvenir da Mosca."

Jay entrò in auto, guidata come sempre dalla mano di Jeffrey, che restò fermo a guardare verso di lei anche mentre la limousine cominciava ad allontanarsi.

Trascorse l'intero viaggio con la testa poggiata al finestrino, a pensare a cosa le stava succedendo. Ancora non riusciva a perdonarsi per la piega che la nottata aveva preso a causa sua. Se avesse assecondato Jeffrey, e ignorato le chiamate, probabilmente ora non si sarebbe sentita così in colpa. Lo desiderava, come non aveva mai desiderato un uomo fino ad allora, e l'idea di dover ancora aspettare quasi una settimana prima di sentire il suo abbraccio la rattristò visibilmente.

Quando Griffin fermò l'auto fuori dal cancelletto arrugginito di casa sua, la ragazza provò a parlare con l'anziano chauffeur dicendogli che non era costretto ad aspettarla.

"Signorina, il Signor Morgan non sarebbe contento di sapere che non l'ho accompagnata fino al ristorante, come mi ha detto. Faccia con calma, non è un problema per me renderle i miei servizi."

Jay non riuscì a controbattere al tono gentile d quel signore; si affrettò ad entrare in casa per docciarsi e cambiarsi prima di uscire nuovamente.
Griffin la portò dritta al ristorante, in perfetto orario, proprio come le aveva promesso Jeffrey.

La giornata lavorativa sarebbe stata molto più leggera per Jay se Emily non avesse colto ogni minuto di pausa per farle domande indiscrete sul suo appuntamento.
Quando terminò il suo turno si precipitò finalmente a casa sua per rilassarsi, rifiutando l'invito dell'amica che voleva offrirle la cena pur di continuare a rubarle dettagli sul misterioso imprenditore che aveva conquistato.

Era mezzanotte passata quando si mise a letto, addormentandosi quasi subito.

Il mattino seguente si svegliò prima ancora che la sveglia suonasse. Prese il suo telefono, speranzosa di trovare una qualche sorpresa da parte di Jeffrey.
Nessuna chiamata, nessun sms, nessun messaggio su WhatsApp.

Non si perse d'animo; era sicuramente occupato e avrebbe trovato presto il tempo per farsi sentire, si diceva.

La sua convinzione, però, cominciò a scemare quando i suoi risvegli si ripeterono uguali giorno dopo giorno.

Dieci lunghi giorni erano trascorsi da quella indelebile notte in cui Jeffrey era quasi stato suo.
Dieci lunghi giorni ci erano voluti per cancellare le speranze di Jay, che si era ormai convinta di essere stata solo il deludente passatempo per un annoiato ed affascinante imprenditore, che si era solo divertito a prendersi gioco di lei.

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