59. Everything Alright
Ti rimbatti in Manuel circa un'ora dopo l'incidente con Melissa.
È da solo in un angolo del magazzino, e sembra più impegnato a non farsi notare che a controllare per l'ennesima volta le scorte per la festa. Dopo la sfuriata e le risate, si è chiuso lì dentro – con una certa dignità a dirla tutta – prima che iniziasse quel lento via vai di gente (comprese un certo numero di ragazze) divisa tra il chi vuole consolare e il chi vuole solo sfottere, tipico di una comunità tutto sommato piccola come può essere quella di una scuola superiore. Tu, Lara, non sei parte di quella strana processione. E non perché non provi un certo dispiacere per Manuel. Ma perché hai sempre pensato che lasciare qualcuno da solo dopo una situazione imbarazzante, è forse la forma migliore di affetto che si possa dimostrargli. E questo lo sai per certo, visto che fino a qualche mese fa, eri tu troppo spesso a ritrovarti in certe situazioni.
Ma Denise ha bisogno di un po' di roba per completare le decorazione; e sembra essersi accorta solo adesso che il materiale che ha, non le basta; e tocca a te aiutarla. Così ora sei qui nel magazzino; e sì, sei proprio in imbarazzo.
Appena incroci lo sguardo di Manuel – cosa che fai anche se avresti tanto voluto evitarlo – ti sforzi di sorridergli come fai di solito, cercando di non toccare o sfiorare solo alla lontana tasti dolenti. E speri di aver ottenuto un buon risultato. Ma non ne sei sicura. E comunque non puoi impedirti di sentire come una nuvola nera che si addensa sopra la tua testa. E no; non vuoi essere presa in una tempesta. Specie se è quella di qualcun altro. Così cerchi di trovare quel che serve alla tua amica con una certa velocità. Ma non vuoi nemmeno sembrare troppo affretta, per non creare ulteriore imbarazzo. E non vorresti parlare. Ma nemmeno questo ti sembra carino. E intanto la nuvola si addensa. E ti sembra quasi di sentirne i tuoni avvicinarsi. E allora quasi per istinto, e cercando per un rapido momento il tono più naturale che puoi, ti ritrovi a dire, sperando forse di sfuggire all'occhio del ciclone, un veloce: «prendo quel che serve e vado subito via» detto un po' troppo sottovoce; e in modo un po' troppo esitante; ma lui subito ti risponde. E lo fa con un tono profondo. "Da chi è a veramente a terra" pensi.
«No, per piacere.» ti dice «resta.»
Che fare, ti chiedi? Ma alla fine che puoi davvero fare con la natura che hai, e il cuore che ti ritrovi, e ciò che sei?
Ti volti, provando ancora a sorridere e ... ti ritrovi stretta nel suo abbraccio e con le sue lacrime che ti scorrono sul collo e con il suono della tempesta che senti scatenarsi sulla tua testa.
Di nuovo, ti chiedi, che fare? Ma stavolta la risposti la trovi subito. Lo stringi, come faresti con un grosso bambinone più alto di te, e cerchi di consolarlo ripentendo che «ssssh, va tutto bene» e che «finirà tutto per il meglio». Non sai se è la verità; ma lo speri... almeno per lui. E anche questo fa parte della tua natura. Quella a cui, ormai ne sei certa, faremmo tutti bene ad affidarci in certe occasione. Quella che ti fa sperare. Già: sperare. Sperare che qualcosa vada meglio; sempre; e possibilmente per più gente possibile.
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