39. Doubts

Malgrado sin dall'inizio ti sei sentita sicura di essere nel giusto; col tempo, con tutta quella pressione, hai finito per avere dubbi. "E se..." hai iniziato a pensare; "e se" di continuo. Capisci – o almeno ti convinci di poterlo fare – i tuoi compagni di scuola; a quella folla silenziosa e alla sua mal celata ostilità. Anche tu forse inizieresti a provare rancore se ti sentissi accusata di qualcosa che non hai mai commesso. Anche tu, forse, non riusciresti a trattenere il tuo sdegno; anche tu ... e allora ricominci. E se e se e se. E se l'errore fosse tuo. E se in qualche modo la colpa di tutto fosse da attribuire solo al tuo comportamento. D'altronde eri stata tu ad allontanarti dalla festa di Melissa la sera in cui eri stata aggredita. Ed eri stata sempre tu – con la tua amica Vanessa – ad accettare l'invito di Ted e Morty, e a ridere con loro e a sentirti bene e – forse – eri propri tu quella che li aveva in qualche modo invitati a ... a portarti a letto. Magari se fossi stata più attenta ... magari se fossi stata più chiara...

«Che hai?» ti chiede Denise riscuotendoti da questi pensieri che da un po' ti assalgono.

«Niente» le fai tu mentre la spingi tra i corridoi permeati dalla loro ormai solita ostilità nei tuoi confronti.

«È da un po' che sei silenziosa.»

«Dici?»

«Eh già.»

«Beh sai» le dici «è da un po' che mi sento ...» cerchi la parola giusta mentre ti guardi attorno; ma incontri solo ostilità; e allora aggiungi un semplice: «Sbagliata», che rende al meglio il tuo stato d'animo.

«Sbagliata? Perché? Non sei sbagliata.»

«Sembra che sei la sola a pensarla così. Ti sei guardata intorno ultimamente.»

Stavolta è Denise a dover guardarsi in giro e a cercare le parole giuste.

«Sono solo degli stupidi adolescenti.»

«Come lo siamo noi» ti scopri a dirle.

«Non giustificarli.» ti fa lei con voce ferma. «sono dei superficiali. Degli insensibili.»

«Denise. Sono solo ragazzi normali.»
«E allora c'è qualcosa che non va nei ragazzi normali.»

Ti verrebbe da ridere se la tua amica non fosse così dannatamente seria.

«Nessuno di loro ha vissuto ciò che ti è capitato. Nessuno di loro si è mai soffermato a immaginarti come una sorella, o un'amica o – per le ragazze – almeno come se fosse capitato a loro ciò che è successo a te. Te lo ripeto.» fa lei «sono solo un mucchio di superficiali.»

«Va bene» provi a balbettare «ma se...»

«Se cosa?» t'interrompe lei «Se la colpa fosse tua? Se fossi tu a esserti sbagliata?» sembra arrabbiarsi davvero adesso, tanto che non si preoccupa di alzare troppo la voce così che tutti possono sentirla «sono l'unica a conoscerti davvero in questa scuola, e so che non ti sei inventata nulla, come invece hanno fatto quei tizi che hanno scritto di te sulle pareti dei bagni.»

«Tu sei una mia amica...»

«E allora?» riprende lei «se non è vero il giudizio di un'amica, quale lo sarebbe. So cosa ti è capitato, e so quanto ti ha fatto star male; questo mi sarebbe bastato a stare dalla tua parte. Il fatto che sei una mia amica, mi fa solo sentire più vicina a te.»

Sorridi. Le vuoi un gran bene. Sempre. Ma quando è così spontanea e decisa, la ami ancora di più. E ora capisci che molto di quello che hai provato negli ultimi tempi è stato solo imbarazzo. Solo una strana forma di paura – di quella atavica che ti ha sempre tormentato e che ti eri ripromessa di non provare mai più – di essere in qualche modo sotto i riflettori; sotto gli occhi di una miriade di sconosciuto di cui nemmeno t'importa nulla; sospesa in un molle limbo nel quale vieni giudicata. E giudicata male. Come se fossi inadatta. Come se ti sentissi di nuovo inadeguata.

Sospiri.

«Vorrei avere metà della tua sicurezza. » le fai, poi aggiungi: «O metà del tuo coraggio.»

«Solo questo?» ti fa lei per stuzzicarti.

«Ovviamente vorrei anche metà del tuo fascino; ma a quel punto sarei davvero troppo, troppo figa.»

«Così va meglio.» ti fa lei, e sorridete insieme.

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