CAPITOLO 41
Mi legai in una lunga treccia la massa di capelli castani che mi ritrovavo.
Mi guardai allo specchio. Ero vestita molto casual, non c'era motivo di vestirsi bene.
I miei occhi gonfi non miglioravano il tutto. Cercai di sorridere, ma mi uscí una smorfia.
Amy mi aspettava davanti al cinema.
— Scott è in ritardo, come al solito. — mi assicuró.
In realtà non mi importava del suo amico Scott, anche se nella mia testa prendevano forma strane idee.
— Oh, eccolo! — disse Amy correndo a salutare un ragazzo.
Sembrava molto felice di vederci. E continuava a guardare nella mia direzione.
Appena lo vidi da vicino persi un battito. Sgranai gli occhi e lascia cadere la borsetta. Mi si piegarono le ginocchia. Ci mancava questa. Non sapevo come reagire.
Il ragazzo che veniva verso di me era Scott Hunt. Quello Scott Hunt. Il mio Scott Hunt. Quello che tre anni prima mi aveva mollata per una ragazza spagnola. Che evidentemente aveva trovato qualcuno di migliore.
L'unica cosa che mi riuscí fu un sorrisino storto.
— Ciao, Anna.
Mi diede un bacio sulla guancia. Come faceva a non sentirsi in imbarazzo? A fingere che non fosse successo niente.
— Ehm, ciao.
Avrei giocato al suo stesso gioco. Non lo conoscevo.
— Anna, ti presento Scott. — Amy ci fece stringere la mano.
Possibile che non si ricordava di lui? In fondo non era cambiato cosí tanto...
Il film era finito. Non era stato un granché.
— Oh, mia mamma mi ha chiamata, devo correre! Ciao! — Amy corse via.
Io e Scott ci guardammo per qualche secondo, poi mi voltai e feci per andare verso casa, ma Scott mi prese per un braccio e mi trascinó in una via buia.
— Cosa vuoi?— dissi infastidita.
Eravamo vicinissimi. I suoi occhi azzurri erano fissi nei miei, e forse qualche anno prima mi avrebbero provocato troppe reazioni; il mio stomaco avrebbe iniziato a fare le capriole, e probabilmente mi sarei morsa un labbro. Ma stranamente in quel momento non mi sentii per niente imbarazzata, anzi. Improvvisamente mi sentii arrabbiata per tutto quello che mi aveva fatto e per come mi aveva trattata.
— Anna, non ti ricordi di noi?
— Di noi? O meglio di come mi hai scacciata?
Risi ironica. Ricordavo a memoria ogni particolare di quella sera.
— Ho sbagliato, Anna. Non ricordarmelo.
Era diventato improvvisamente serio. Mi liberai dalla sua presa.
— Come va con la ragazza spagnola? — digrignai.
— Male. Me ne sono andato. Non era alla mia altezza. O meglio, alla tua.
Mi sorrise, ma io non volevo stare lí un minuto di piú. Improvvisamente mi pentii di essere stata con uno come lui. Come aveva potuto rovinarmi la vita?
— Nemmeno tu sei alla mia altezza. Non lo sei mai stato — dissi allontanandomi da lui.
Non avevo piú voglia di stare lí. Lui non mi interessava ed ero troppo arrabbiata.
Mi prese il mento fra le dita.
— Non credo che tre anni fa la pensassi cosí. E sono venuto a cercarti.
— Troppo tardi.
Mi voltai e me ne andai.
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