CAPITOLO 19

Aprii gli occhi. Ero su una panchina. Cercai di muovermi. Ero coperta da qualcosa...una felpa. Cercai di guardarmi intorno, era buio pesto.
Qualcosa vicino a me si mosse.
— Bambola. — disse una voce.
Capii subito di chi si trattava. Piano piano ricordai tutti gli avvenimenti di quella sera.
— Gabriele? — mormorai.
Per la prima volta, ero contentissima di averlo accanto. Sapevo che avrebbe saputo come muoversi.
Sentii il suo fiato sul collo e mi misi seduta.
— Sono qui. — mormoró piano.
— Grazie. — ricordai che aveva dato dei soldi per salvarmi, non sapevo quanti fossero, ma erano tanti. Ricordai che mi aveva presa in braccio e mi aveva fatta sentire comoda.
— Oh, tu vali di piú di tutti quei soldi.
Al buio, vidi che sorrideva. Lo ammirai, perché non aveva perso la calma. Mi alzai ma caddi per terra, mi girava la testa.
Lo guardai meglio: la sua maglietta bianca era sporca di sangue. Il mio sangue, probabilmente. Gli ero grata. Il parco era deserto, ma con lui mi sentivo al sicuro.
Mi alzai e lo abbracciai. Aveva fatto davvero tanto per me. Mi strinse forte a sé. Come se fosse stato sul punto di perdermi. Odorava di fumo, probabilmente fino a poco prima era con la sua compagnia a fare lo stupido, con la sua ragazza...scacciai quel pensiero. Si sentiva anche un odore di menta.
Le sue braccia mi facevano sentire a casa.
— Non ti gira piú la testa? — domandó.
— No, sto bene.
In realtà non stavo affatto bene. Mi stavano salendo mille pensieri per la testa.
Mi guardó, evidentemente aveva capito come mi sentivo.
Si abbassó alla mia altezza.
— Ascolta, so esattamente come ti senti. Non preoccuparti, qualsiasi cosa succeda d'ora in poi, non sarai piú sola.
Annuii confusa. Non so cosa avrei fatto senza di lui.
— I miei genitori? — domandai. Si dovevano essere preoccupati.
Gabriele sorrise.
— É molto tardi, devono essere andati a casa.
— Che ora é?
— Le due di notte.
Rimasi di sasso. Certo, era tardi, ma si dovranno pure essere preoccupati. Non mi erano venuti a cercare? Insomma, la loro figlia era sparita!
Gabriele mi accarezzó dolcemente una guancia.
— Ti hanno cercata per un po', poi, visto che anche Taylor era sparita, avranno pensato che fossi andata con lei. Hai 17 anni, bambola, é ovvio che tu sia un po' ribelle.
Sospirai, aveva ragione.
— Posso chiamarli?
— Sí, ti presto il mio cellulare.
Ero ancora confusa e senza forze, ma chiamai mia mamma e le dissi di stare calma. In effetti, era preoccupata. Raccontai di essermi fermata a dormire da Taylor.
— Abbiamo imparato a mentire— rise Gabriele.
Stranamente, ero contenta che ci fosse lui al mio fianco. Gli ero grata per quello che stava facendo per me.
— Gabri...
— Tranquilla, per te questo e altro.
Si sforzava di sorridere, ma aveva un'aria stanca.
— Ti senti meglio? Forse é ora di portarti a casa...a meno che tu non voglia fermarti a dormire da me.
Lo guardai con un'espressione confusa e divertita.
Non avevo voglia che lui mi portasse a casa. Sarei andata da sola. Non mi fidavo a fare un tragitto cosí lungo con lui e volevo evitare situazioni imbarazzanti.
— Non sono sicura che i miei genitori siano tornati a casa.
In effetti, non mi avevano detto niente a proposito. Lui rise portando la testa indietro.
— Anna, sono le due di notte!
— Andiamo a controllare — dissi con tono scherzoso.
— Facciamo come vuoi tu, bambola. Io sono qui e ti seguo.
Ci incamminammo verso il ristorante, anche se le mie speranze si stavano riducendo a zero. Vidi il locale sbarrato. Mi voltai verso Gabriele.
— Strano — disse per poi scoppiare a ridere.
— Li chiamo, mi verranno a prendere.
Non ero sicura di quello che stavo dicendo.
— Ho finito il credito — annunció fingendosi dispiaciuto.
— Troviamo una cabina telefonica.
Mi seguí. Mi infastidiva abbastanza il fatto che continuasse a ridere di me. Ad un certo punto, mi voltai.
— Mi stai prendendo in giro? Ti sembra cosí comico...
— Mi piaci perché sei testarda.
Mi voltai in cerca di una cabina, con lui avrei sistemato dopo.
Girammo mezzo paese, ma nessuna traccia di un luogo dove telefonare.
Ad un certo punto, mi fermai a pensare. Non avevo piú possibilità di evitare una lunga camminata con lui, a meno che non volessi farmi il viaggio di ritorno da sola, con la possibilità di incontrare di nuovo i tipi loschi di prima.
— Pensi di accettare il mio passaggio o vuoi stare qui impalata tutta la notte? Io ci sto anche, accanto a te ci sto sempre volentieri, sappi che non ti lascio andare da sola perché non voglio che ti succeda niente...
Sbuffai e gli presi la mano.
— Daccordo, andiamo.

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