CAPITOLO 10

— Ciao, tesoro. Mi mancherai.
Amy mi stava avvolgendo in uno dei suoi abbracci spezzacostole. Ero davanti al treno, le valigie in mano. Mamma e papà avevano già preso posto.
Venezia era bellissima di notte. I canali..non mi ero mai accorta di come fosse bella.
— Ricordati di raccontarmi tutto, Amy. Le tue avventure sono sempre le piú belle.
Lei rise, poi mamma mi chiamó dal finestrino. Corsi nel vagone velocemente.
— Vi rivedrete fra due settimane — disse mamma.
— Per me é troppo.
— Chissà, magari farai nuove amicizie, magari incontrerai il ragazzo delle tua vita.
Non credo proprio pensai. Il ragazzo della mia vita l'avevo già incontrato e perduto.
Arrivammo verso mezzogiorno, eravamo in un camping. Un uomo ci mostró la nostra casetta, era grande rispetto alle altre in cui ero stata. Mi dovevo abituare. Solo questione di tempo.
— Com'é? — chiese mamma dolcemente.
— Strano.
Andai a vedere la piscina e la spiaggia. C'era molta gente e mi ritrovai spaesata.
Decisi di prendere qualcosa al bar. C'era qualche animatore, lo si vedeva dalla maglietta con il simbolo del camping. Chiacchieravano e ridevano.
— Prendo una granita al limone. — dissi timidamente al barista.
—  A lei.
La presi e cominciai a berla. Girai l'angolo per tornare a casa e urtai qualcuno. Non feci in tempo a vederlo che la granita mi cadde di mano e si rovesció per terra. Feci un urletto.
— Tranquilla, ora ne prendiamo un'altra.
Alzai lo sguardo. Davanti a me c'era un ragazzo molto alto, che probabilmente mi superava di 15 centimentri buoni. Aveva un bel fisico, si vedeva dalle braccia muscolose. Mi stava sorridendo timidamente. I suoi capelli erano scuri e arruffati, i suoi occhi verdi, chiari, e la bocca carnosa e sensuale. Probabilmente Amy sarebbe caduta ai suoi piedi.
— Non fa niente, grazie — mi affrettai a dire. Quel ragazzo cosí alto mi faceva un po' paura.
— No no, ora te ne devo prendere un'altra, o mi vuoi far sentire in colpa?
Gli sorrisi e accettai.
Mi porse la granita e si scusó di nuovo. Guardai le sue labbra che si muovevano con eleganza, poi risi di me stessa. D'improvviso, tornai la ragazza fredda di sempre.
— Lavori qui? — domandai.
Era l'unico che magari sarebbe potuto diventare mio amico e avrebbe reso la vacanza "normale". Magari per scusarsi. Era spiacevole, ma era l'unica persona con cui avrei potuto socializzare.
— Sí, sono animatore e aiutobagnino.
— Allora se sto annegando posso essere sicura che mi aiuterai.
Sorrise.
— Sono piú un animatore.
Sorrisi anch'io. Anche se avevo solo voglia di tornare a casa.
— É il primo anno?
— Sí.
— Mmh..com'é che ti chiami?
— Gabriele, tu?
— Anna. Ho compiuto da poco 17 anni.
— Io 18, ne devo compiere 19.
Mi sforzai di sorridere. Caspita, era piú grande di me. E molto. Si capiva dall'altezza.
— Scusa, devo tornare a casa a sfare le valigie. — gli sorrisi e me ne andai.
No, non avrei socializzato con lui. Era troppo grande e, sembrava, presuntuoso. Non penso che a lui sarebbe potuto interessare di me. Ero piccola, e lui aveva già i suoi amici. Ovvio, aveva 18 anni, era del posto, magari la sera usciva con la sua compagnia e con la sua ragazza. Ma a me non importava piú di tanto. Era un ragazzo come gli altri.
Anzi, se non ci avessi sbattuto contro, non mi sarei neanche accorta di lui.

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