Sola

Immagine trovata su pinterest di Sung-Choul Ham (ig: braveking_)

Come l'aria mi respirerai il giorno che
Ti nasconderò dentro frasi che non sentirai

Ricordo benissimo quando da adolescente agognavo la libertà. Mi sembrava il bene più prezioso. Mi ribellavo ai miei genitori, agli insegnanti, a qualunque modello o istituzione. Tutto in nome di quella "libertà" che leggevo nei libri di testo, nella storia, per cui migliaia di persone erano morte.
Ricordo che sognavo la grande città perché quella grandezza mi apriva mille prospettive e strade da percorrere. Ognuna di quelle strade era una possibilità, ed ogni possibilità mi faceva sentire padrona di me stessa, libera. Poco importava che cenavo nei soliti locali, uscivo con le solite persone, acquistavo nei soliti negozi. Solo l'idea di avere una scelta mi sembrava preziosa.
Ora invece la libertà mi sembra un macigno da cui non riesco a liberarmi.

Il mio nuovo appartamento è perfetto. Ho lasciato casa di Aizawa nel più religioso silenzio ed ho trovato tutte le mie cose già qui ad aspettarmi, come se si fossero spostate in totale autonomia. Ritrovo anche la rinomata maglietta di Aizawa, piegata nell'armadio. La prendo l'ennesima volta, studiandola indecisa come sempre. Mi aspetto quasi che possa darmi una risposta alle mille domande che ho in testa. E invece resta muta come tutte le volte. Così termino il solito copione, riponendola nell'armadio e fingendo che non mi importi né di quell'indumento né del suo proprietario.

Ogni giornata identica alla precedente, ogni incubo lascia la stessa morsa di ansia che mi attanaglia, ogni alba lo stesso vuoto. Giornate in attesa di qualcosa che non so neppure cosa sia. Aspetto una persona, un evento, un cambiamento? Aspetto di invecchiare, di morire, di smettere di avere paura? Non lo so, so solo che passo le ore in attesa. Passo le ore come un fantasma, sperando che nella successiva capisca almeno cosa sto aspettando.
E in quest'attesa sono a mio agio. Perché la felicità non mi appartiene, quella è sempre stata di altri. L'ho vista nei film, letta nei libri, ne ho sentito parlare da amici e parenti, ma non si è mai cucita sulla mia pelle. Quei rari attimi di euforia, di serenità, sono spariti come sono arrivati, effimeri. Credevo per un istante di aver colto il senso dell'esistenza, poi quella certezza sfuggiva via come l'acqua di un torrente ed io mi sentivo come un fiume prosciugato. Vuota.
Mi conforta. Mi conforta l'infelicità, l'attesa, il dolore. Non hai paura che il dolore sparisca, mentre la felicità è spaventosa. Quanto può durare? Quando è destinata a finire? Perché?
E allora tanto vale non provarla, vederla negli altri, esistere e nulla di più.

«Meleys?»
...
«Meleys mi hai sentita?»
Sollevo le palpebre pesanti verso la mia insopportabilmente perfetta collega Yuri «si.. no scusa. Che ti serve?».
«Dal quinto piano vogliono aiuto con dei codici, hanno chiesto di te perché Jie non è riuscito».
«Si certo.. vado subito». Mi alzo dalla sedia con una difficoltà che mi fa sentire almeno vent'anni più di quelli che ho. Dormire tre ore è distruttivo anche per me. Forse dovrei prendere qualcosa, farmi visitare. Ma se anche mi lasciassi morire, alla fine a chi importerebbe?
No, devo farlo almeno per i miei genitori. Anche se li vedo poche volte all'anno mi credono felice nella grande metropoli, non potrebbero sopportare di sapermi in un cimitero.

Torno alla scrivania dopo un'ora passata a recuperare i danni di persone che giocano a fare gli informatici quando ne capiscono tanto quanto io ne so di cucina. Forse dovrei lasciare questo lavoro che nemmeno mi soddisfa più, prendermi una vacanza, fare una visita ai miei e godermi qualche giorno di campagna.
Ricordo l'entusiasmo di quando venni assunta. Amavo questo ufficio, così ordinato e frenetico al tempo stesso, l'intreccio di vite, di rapporti, le pause nelle sale relax. E ricordo quanto ero soddisfatta del mio lavoro, di riuscire a fare cose che gli altri si sognavano senza nemmeno utilizzare il mio quirk. Adesso l'ammirazione degli altri mi lascia indifferente, o forse è svanita. Alla fine nella mia carriera ho rifiutato gli incarichi prestigiosi che volevano attribuirmi, posizioni di responsabilità che non avrei sopportato. Così facendo, credo, agli occhi dei colleghi sono diventata una ragazza schiva, priva di ambizioni. Un talento sprecato.

«Yuri, se ti capita Jie, digli di non toccare cose più grandi di lui ok? Ci avrei messo la metà del tempo se non avesse incasinato tutto».
La ragazza ride e mi rivolge un sorriso dolce. Mi sento quasi meschina per i commenti che il mio cervello partorisce nei suoi confronti.
«Va bene glielo dirò» abbassa la voce e si avvicina, come per confidarmi un segreto «d'altronde lo sanno tutti che sei la migliore qui dentro» strizza l'occhio e si rimette seduta, continuando però a fissarmi pensierosa.
«Dimmi, non stare lì a fissarmi».
Arrossisce appena e china lo sguardo prima di parlare «mi chiedevo.. non ci siamo mai viste fuori di qui. Ti andrebbe di cenare assieme?».
Ci penso e non ci vedo nulla di male, anche se sento che mi stia sfuggendo un dettaglio importante. Accetto cercando di sembrare entusiasta. Forse frequentare persone diverse può distrarmi.

Quando il sole ha quasi abbandonato l'orizzonte siamo pronte per lasciare l'ufficio.
«Sai era da tanto che avrei voluto invitarti.. ed è una fortuna che oggi mi sia messa questo vestito!».
Getto un'occhiata al suo vestito floreale e non posso negare che sia grazioso, mettendo in risalto il suo corpo minuto ed il seno generoso. Non capisco però quale sia la fortuna. Ha sempre dei begli abiti, anche se indubbiamente questo è più bello di altri. Poi noto me stessa, i jeans con degli strappi alle ginocchia, la maglietta monocolore, la giacca verde e le immancabili vans.
«Beh.. spero di non farti sfigurare» cerco di scherzare con un sorriso.
«Ma scherzi! Sei bella come sempre, fa parte del tuo fascino».
Mi volto verso di lei per capire se mi stia prendendo in giro, ma sembra sincera. Mi decido allora ad abbandonare quella vena malinconica che mi perseguita e godermi la serata con una ragazza solare e, apparentemente, spensierata.

«Allora Meleys, dove mi porti?»
Rido «io dovrei scegliere? Sei tu che mi hai invitata e sono certa che conosci più ristoranti di me!»
«Hai ragione.. allora andiamo in un ristorante qui vicino. La vista è bellissima»
E basta quella frase a farmi tornare in mente lo spettacolo che ho ammirato dall'appartamento di Aizawa. Scaccio quel pensiero veloce come è arrivato e mi incammino al fianco di quella ragazza estroversa.
Spesso invidio le persone come lei, a cui le conversazioni vengono così naturali. Forse loro non si sono mai sentite inadatte, o forse sono solo più brave a nasconderlo.
In breve raggiungiamo quel locale che ha tutto lo stile di un pub irlandese. Tavoli scuri e sbiaditi, muri tappezzati di tradizione di un paese tanto lontano dal nostro ed incredibilmente affascinante, odore di cuoio e birra. In più, come mi aveva assicurato Yuri, il locale ha delle ampie finestre che affacciano su una strada piena di negozi, insegne luminose, persone che si affannano per gli acquisti dell'ultimo minuto, che tornano a casa dal lavoro o che semplicemente passeggiano con amici e fidanzati.
Rotto il leggero imbarazzo e trovato un argomento di conversazione la serata passa senza problemi, e mi trovo quasi a rivalutare quella ragazza esuberante che ho tanto allontanato. Continuo però a sentire che qualcosa mi sfugge, ma non capisco cosa sia. Forse è solo una mia impressione, perché non voglio fidarmi delle persone.

«Aspetta!»
«Cosa?» chiedo ridendo, la mente vuota per le due birre che entrambe abbiamo gustato.
«Devo vedere una cosa» mi osserva concentrata. Si alza e impiega qualche secondo per trovare l'equilibrio sul tacco basso che porta, poi fa il giro del tavolo per sedersi sulla mia panca, costringendomi a spostarmi di qualche centimetro per farle posto. Posa il braccio a fianco del mio e li osserva.
«Avevo ragione.. sono uguali!» rido ancora. Di sicuro è più sbronza di me visto che non stavamo neanche parlando delle nostre braccia.
Piano le nostre risate si affievoliscono e Yuri osserva la mia mano con un'intensità insistente, finché non avvicina le dita a sfiorare le mie. Le percorre quasi timorosa e il suo tocco delicato mi trasmette una scossa.
Il mio sguardo passa da quell'unione ai suoi occhi castani e lei fa altrettanto. A malapena mi accorgo del desiderio nei suoi occhi mentre si avvicina incerta e rossa in viso fino a far combaciare le nostre labbra.
Non avevo idea di quanto la bocca di una donna potesse essere morbida fino a questo momento. Non avrei mai detto che potesse essere così diverso ed eccitante. La mia mano si incastra tra i suoi capelli che sembrano fili di seta mentre l'altra si appropria della gamba pallida in cui affondo le dita.

In un istante però tutto l'alcol sembra abbandonare la mia mente e la nebbia scomparire. Mi rendo conto che c'è qualcosa di sbagliato, nonostante l'eccitazione che ormai si sta espandendo in tutto il mio corpo fino a farmi vacillare le gambe. Allontano Yuri, che sembra confusa, spaventata e speranzosa.
«Yuri mi dispiace.. io non avrei dovuto ricambiare» non riesco a guardarla negli occhi e così mi soffermo sulle mie mani, tornate ormai dove dovrebbero essere.
«Perché?» chiede turbata «ti è piaciuto, l'ho sentito! Io.. capisco che tu non voglia una storia ma non è quello che cerco!»
Mente. Lo sento, lo vedo. Non sarebbe solo carne e di certo non è qualcosa che farebbe per me, niente di tutto ciò.
«Si io..» esito, cerco le parole «è stato eccitante, lo ammetto, ma non posso ricambiare. Ti prego non insistere».
«Lo so, sai?»
«Sai cosa?»
«Che ami un altro. Te l'ho letto sul viso mesi fa, chiaro come il sole. Ma adesso ti ha lasciata quindi devi voltare pagina, posso fartelo scordare io. Chiunque fosse non ti merita come me!»

Resto sorpresa di quanto questa ragazza abbia capito di me senza parlarmi, ma molte cose le ignora. Non sa che di quell'uomo sono ancora innamorata, che non sono adatta al "chiodo scaccia chiodo", che per quanto possa essermi scoperta attratta dal corpo femminile non potrò mai sostituirlo a quello di un uomo.
Ferma delle mie convinzioni la respingo con difficoltà e pago il conto lasciando il locale, prenotandole un taxi.
Io piuttosto mi avvio a piedi. La mia mente è lucida, le gambe riposate e un taxi servirebbe solo a portarmi più velocemente in una casa vuota.

Giunta nell'appartamento lo trovo più freddo del solito. Neanche accendere la luce riscalda quell'ambiente che sento tanto lontano da me in questo momento.
Avevo bisogno di rilassarmi e invece la serata ha preso una piega che non mi sarei mai aspettata.
Tutto mi piomba addosso nel momento in cui i piedi nudi toccano il parquet. La solitudine delle ultime settimane, le mie mancanze, l'impotenza in ogni situazione, il nuovo senso di colpa verso Yuri, l'assenza di sonno, l'insicurezza. Crollo sul pavimento in lacrime, piegata da un oppressione più grande e forte di me, più di quanto possa sopportare.
Non mi rendo conto neanche del tempo che ho passato accasciata al suolo a singhiozzare. Mi sento ridicola, ma non sono più riuscita a farne a meno. E nelle ultime lacrime prendo una decisione a cui non posso sottrarmi. Ho bisogno di staccare, di chiudere tutto per un po', di lasciare che qualcuno si prenda cura di me e smettere di cercare di portare da sola il peso del mondo. Tornerò dai miei genitori, qualche giorno o per sempre.

I'm pleading, please, oh please
On my knees repeatedly asking
Why it's got to be like this
Is this living free?

∞∞

Piccolo commento: tutta la scena di Yuri non era prevista. Forse mi sono lasciata prendere la mano 🙃 In realtà lei avrebbe dovuto rivelarsi una stronzetta in origine e invece, lemon! È più forte di me, me gusta

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top