Paura
◊ Meleys POV ◊
Ora ho capito. Sgrano gli occhi azzurri puntandoli nei suoi «Eraser.. Grin..» dico sottovoce, per quanto quelle fasce possano permettere di parlare.
Sta sorridendo, guardandomi dall'alto, trionfante. È molto più alto di me, che sono a malapena nella media, e la sua figura mi domina totalmente.
«Sei sveglia, di solito ci mettono di più a riconoscermi. Chi ne ha il tempo, ovvio..» stringe di più la presa sui polsi, tanto da farmi male, ma non credo gli importi.
«Se provi ad emettere poco più di un sussurro ti uccido all'istante. Chiaro?» domanda retorico, mentre allenta le bende fino farle ricadere sulle mie spalle. Se le stringesse di nuovo mi soffocherebbe.
«Meleys sei davvero ingenua. Pensi che tu possa qualcosa contro di me?.. Pensi di poter aiutare la polizia senza che io lo scopra?» chiede beffardo.
«Non so di cosa stai parlando» dico a denti stretti. Forse se prendo tempo qualcuno mi vedrà.
«Mi prendi per un idiota? Sono 7 anni che li aiuti, è inutile che cerchi di negarlo».
«Sai» prosegue «non mi è mai importato se la polizia avesse qualche quirk con cui ottenere tutte quelle informazioni senza lasciare tracce. Credevamo fosse qualche abilità di lettura della mente e li abbiamo lasciati fare, finché ti usavano solo per criminali incapaci, che portano soltanto vergogna ai villain».
Continuo ad ascoltarlo, incapace di dire nulla. Sono paralizzata. So che se mi sta dicendo tutto questo è solo per divertirsi a vedere il terrore nei miei occhi; perché lui sarà l'ultima cosa che vedranno. Se sono fortunata mi ucciderà ora, in questo vicolo. Altrimenti, la libertà sarà solo un lontano ricordo, talmente sbiadito da non ricordarne neppure il nome.
«Purtroppo per te, qualche mese fa ti hanno usata per avere informazioni su di me» assottiglia gli occhi con odio «ti rendi conto di quanto mi hanno infastidito? E ti rendi conto di quando poco tu conti per loro? Ti hanno esposta davanti a me, per nulla». Apatico, strafottente prosegue, mentre mi limito ad ascoltare ogni parola, pronunciata con voce profonda.
«Però mi hanno aiutato. Ho capito che il quirk che sfruttavano era di controllo informatico e tu saprai quanto è utile..».
Si, purtroppo lo so..
«Sono partito dai loro uffici "segreti" per trovarti e, immagina la mia sorpresa, quando ho annullato l'unicità di una quirkless..» dice sorridendo.
«Io non ho unicità..» tento.
Mi stringe nuovamente i polsi «non mentire, Meleys..». Odio il modo lascivo in cui pronuncia il mio nome.
«Non pronunciare il mio nome» dico, cercando di essere risoluta «se vuoi uccidermi fallo e basta».
Lo guardo e non vedo altro nei suoi occhi se non divertimento, poi una luce strana li percorre: eccitazione.
«Non sarà così facile, Meleys..» calca l'ultima parola, come per rimarcare che non sono io a decidere.
«Ho impiegato molto tempo a cercarti, osservarti..» si avvicina al mio orecchio e sussurra «credo che prima ci divertiremo, o perlomeno io..». Percorre il mio corpo con lo sguardo, con un sorriso malizioso che non lascia dubbi.
Tremo sotto ai suoi occhi, schiacciata tra il muro e il suo corpo. Devo fare qualcosa, ma sembra tutto inutile.
«Allora smettila di parlare e fallo. Perché aspettare?» riesco a dirlo con fermezza, ma negli occhi chiari di sicuro legge la mia paura.
«Sei piuttosto sfrontata, considerando che tremi come una foglia. Tranquilla, non sono certo un uomo che violenta una ragazza come te in un vicolo sudicio»
«Quindi non vuoi farlo?» chiedo. Forse c'è ancora speranza.
«Ingenua» ride. Poi si avvicina di nuovo al mio orecchio e mi lecca il collo «ho detto che non lo faccio nei vicoli..». Terrore, ecco cosa mi causa. Terrore che si trasforma in un brivido che parte da dove la sua lingua ruvida ha saggiato la mia pelle.
Si allontana da me e mi volta «togliti la giacca» dice, con un tono che non ammette repliche. Decido di sfruttare il momento, non so se ne avrò altri.
Levo il giacchetto lentamente, lo prendo saldamente con entrambe le mani, poi con velocità giro il busto, gli lancio il giacchetto in faccia e inizio a correre. È un piano stupido, ma mancano pochi metri infondo..
Tre passi e sento qualcosa avvolgermi un piede per poi tirarmi, facendomi cadere rovinosamente a terra. Sento l'asfalto bruciarmi le mani, ferite nella caduta.
Eraser Grin mi afferra per il braccio, alzandomi senza fatica né gentilezza. Si para a pochi centimetri da me, ancora con gli occhi rossi «ti uccido» sussurra sul mio viso.
«E cosa ho da perdere? Lo farai lo stesso» dico, riuscendo a sostenere il suo sguardo.
«Non ho mai detto che ti avrei uccisa». I suoi occhi sono di nuovo neri, ma il timore che incute non è diminuito.
«La morte non è la cosa peggiore che può capitarmi»
«No certo.. ma ci sono diversi modi di morire». Mi volta, avvolge i polsi dietro la schiena e la benda fa due giri attorno al mio collo, serrandolo. Getta la giacca sulle mie spalle, poi le cinge con un braccio, mettendosi al mio fianco, e si dirige tranquillamente verso un strada secondaria.
Ora se qualcuno dovesse vederci sembreremmo solo una coppia che passeggia serena. Non sanno che se provo a parlare potrebbe stringere le bende con tanta forza da rompermi il collo. Non sanno che il braccio che mi cinge le spalle, che dovrebbe far sentire sicura una donna, mi stringe in modo possessivo, facendomi tremare.
Camminiamo per circa venti minuti, raggiungendo un quartiere poco raccomandabile. Nonostante il calore che trasmette il suo corpo ho terribilmente freddo. Forse è la paura che fa questo effetto.
Incontriamo alcune persone che quando lo vedono fanno un cenno col capo in segno di saluto, poi mi guardano e sorridono. Eraser Grin li ignora, continuando a camminare sicuro di sé.
«Hei» dico sottovoce. Voglio parlargli, evitando che mi uccida. Lui continua a camminare, ma so che mi ha sentito, così insisto.
«Tsukauchi saprà presto dove mi stai portando. Si accorgerà che il telefono non è nel mio appartamento». Lo vedo sorridere. Perché trova tutto così divertente?
«Oh, il tuo fidanzato poliziotto dici? Ti controlla quindi».
«Ovvio, per evitare cose come questa..»
Mi guarda di traverso «già.. peccato che il tuo telefono sia esattamente dove deve essere, ovvero nel tuo appartamento. Devo ringraziarti per avermi dato modo di andarci dopo cena e tornare da te in orario per riaccompagnarti a casa, come ogni gentiluomo dovrebbe fare..».
Bastardo. Da quanto pianificava di rapirmi? Ed era così prevedibile che dopo averlo visto nel locale avrei deciso di prendere tempo, prima di tornare a casa?
«Lasciami andare» tento «se vuoi prendi il mio quirk, ma perché rapire proprio me? Ti cercheranno con ogni mezzo. E.. sono sicura che a molte psicopatiche piacerebbe passare la notte con te. Io non ti servo»
«Questo è vero. Così come è vero che ci sono donne più facili da rapire, per cui ci si pone meno domande, come la donna di ieri sera»
«Sei stato tu?»
«No, non direttamente almeno. Lei era l'ultimo tassello per arrivare a te, ma ieri sera ero impegnato a controllarti. Sai, non ti fa bene dormire così poco..»
«Che problema hai?» gli chiedo a denti stretti «mi spieghi il perché? Perché rischiare tanto?!». Non ne posso più di tutto questo e la rabbia ha preso il sopravvento sulla paura.
Si blocca di colpo, voltandomi verso di sé e chinandosi leggermente, guardandomi dall'alto ma vicino al mio viso.
«Perché mi hai fatto incazzare» dice assottigliando lo sguardo, con un tono che non avevo mai sentito. Stavolta non c'è divertimento nei suoi occhi. La paura si impadronisce di me un'altra volta, impedendomi di aggiungere altro.
Forse è inutile sperare ancora, almeno stanotte. Ma non mi arrenderò così.
Arriviamo in un palazzo malmesso; ormai le gambe mi fanno male per quanto abbiamo camminato. Saliamo qualche piano e l'edificio sembra deserto. Entriamo in un appartamento che non è nello stato terribile che mi ero immaginata. C'è un salotto con angolo cottura, dove i mobili sono abbastanza recenti.
Mi spinge verso una camera, dove vi è solo un letto e una cassettiera. Sono ancora legata quando si avvicina alla finestra e chiude le tende.
Certo, l'appartamento non è sudicio come lascia intendere il palazzo, ma sono sicura che un membro della Trinità Oscura possa permettersi un posto migliore.
«Tu non vivi qui..?» non so neanche io se è una domanda o un'affermazione.
«Allora non sei così ingenua come sembri» mi sfotte. «No ovvio, perché dovrei portarti a casa mia?» non so perché, ma quelle parole mi trafiggono come una lama.
«Nessuno osa più mettere piede in quest'edificio, nessuno verrà a disturbarmi. Nessun eroe ti salverà..» conclude alle mie spalle, togliendomi il giacchetto e le bende.
Sugli eroi non ci contavo più ormai. Vivo da sola, nessuno sa che sono sparita. L'unica speranza era il GPS, che tuttavia mi localizza nel mio appartamento, al sicuro.
Mi spinge verso il letto e non riesco a trattenere una lacrima che scende silenziosa. Mi solleva di peso stendendomi sulle coperte, posa le mani sulle mie spalle e si blocca, guardando la mia guancia bagnata.
«Non hai niente per cui piangere, almeno per ora. Rilassati». Fa scorrere le mani lungo le mie braccia, poi afferra i polsi e li porta verso l'alto, legandoli alla spalliera del letto con delle manette di stoffa che non avevo notato prima.
Percorre poi le mie gambe con decisione. Tento di dargli un calcio in faccia ma mi blocca con forza, legando infine anche i piedi.
Eraser Grin si distanzia da me e lo guardo nella penombra, alto, forte, mentre io sono così impotente ora.
Inizio a ridere piano, una risata amara «niente per cui piangere dici?» Lo fisso con rabbia e smetto di ridere.
«Sono legata ad un letto di uno dei più pericolosi villain in circolazione, che mi ha apertamente detto che mi violenterà per poi fare di me chi sa cosa. Probabilmente passerò il resto della vita come prigioniera ad eseguire ogni tuo ordine, a violare ogni sistema di cui avrai bisogno, finché non troverò il modo di uccidermi, per smettere di essere la tua schiava. Perché cazzo dovrei rilassarmi?!» urlo.
«Visto che hai già pianificato la nostra vita assieme, puoi chiamarmi Aizawa» dice con freddezza. Poi si volta ed esce dall'appartamento senza dire altro.
Sono troppo arrabbiata per piangere. Non capisco se mi prendeva in giro o se era serio. Davvero dovrò passare la vita con lui? O voleva solo sfottermi, come se gli avessi detto che volevo passare la vita insieme?
Intanto mi ha detto il suo nome, ammesso che sia vero. In effetti chiamarlo Eraser Grin è ridicolo..
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Non so quanto tempo sia passato, minuti o ore. Tempo in cui non ho smesso neanche per un secondo di osservare la stanza, cercando qualcosa per fuggire. Tempo in cui ho cercato di liberarmi così tanto che mi fanno male i polsi, le spalle e le gambe.
Ho tirato con tutta la forza, cercando di rompere il letto o le manette, o di riuscire a sfilarle. Tutto inutile. Ovviamente ho anche urlato, tanto da farmi male alla gola. Inutile anche quello, come immaginavo.
Sento dei passi e la porta dell'appartamento si apre, rivelando la figura minacciosa di Eraser Grin.
«Ho sete» dico abbastanza forte da farmi sentire. Lui mi guarda e sorride, poi va in cucina e lo sento aprire l'acqua. Arriva in camera e si avvicina a me.
«Cominci a rilassarti vedo» dice mettendosi inginocchio vicino al letto, per raggiungere la mia altezza.
«Fottiti» rispondo, cercando di sollevare il busto per raggiungere il bicchiere che tiene davanti a me.
Aizawa poggia una mano dietro la mia testa, aiutandomi a tenerla sollevata. «Credo che fotterò qualcun altro stanotte..» dice sorridendo. Non ho più le forze per rispondere, così finisco tutto il bicchiere e mi stendo. La gola mi brucia ancora per quanto ho urlato.
Noto che sta ancora fissando le mie labbra umide. Si avvicina verso di me e cerco di indietreggiare, spingendomi sul materasso, ma ovviamente mi raggiunge. Apre piano la bocca da cui la sua lingua fuoriesce placida, per andare a leccare il mio labbro, facendomi rabbrividire.
Mi guarda negli occhi con un'espressione strana, poi si alza e si toglie prima le bende, poi la giacca e infine la maglietta a maniche corte, lanciando tutto sulla cassettiera.
Lo osservo. Il suo corpo è pieno di piccole cicatrici lasciate da vari combattimenti, ma sono tutte bianche, segno che è passato molto tempo da quando l'ultima è stata inflitta. Nota che lo sto fissando e sorride maliziosamente.
«Non sei credibile se arrossisci così» si volta e torna in salotto, mentre io non riesco a distogliere lo sguardo dalla sua schiena muscolosa e da come essa si contrae ad ogni passo.
Torna con delle forbici in mano e istintivamente mi premo contro il materasso per allontanarmi, anche se so che non servirà a nulla. Mi rendo conto che avevo smesso di tremare, solo perché ho appena iniziato a farlo nuovamente.
«Non sono per te, rilassati» dice annoiato. Di nuovo. Come mai avrei potuto rilassarmi?
Afferra la mia maglietta e fa un taglio con le forbici, per poi finire di strapparla a mano, e lo stesso fa con i jeans. Ho il battito accelerato, sento la testa pulsare, il mio petto si alza e si abbassa più frequentemente.
Osserva ogni centimetro del mio corpo, ricoperto solo da un completo in pizzo blu. Non riesco più a fissare il suo sguardo eccitato, così mi volto dall'altro lato. Aizawa sale sul letto, mettendosi sopra di me, sento la sua mano percorrermi il fianco e serro gli occhi. Immagino di essere a casa, nel mio letto, da sola.
«Guardami» dice autoritario. Continuo a tenere gli occhi chiusi, non mi importa cosa vuole. Porta la mano sul mio collo, stingendomi il mento tra due dita e costringendomi a voltare il viso verso di lui.
Istintivamente apro gli occhi, ma continuo a guardare di lato.
«Guar-da-mi» dice lentamente, lasciando la presa e poggiando entrambe le braccia ai lati della mia testa. Giro lo sguardo verso di lui, cercando di trattenere le lacrime.
Aizawa ha uno sguardo che non gli ho ancora visto, indecifrabile. L'unica cosa che riesco a leggere in quei pozzi neri è il desiderio, così forte da farmi rabbrividire.
«Mi fanno impazzire i tuoi occhi..» sussurra, per poi baciarmi con passione, infilando prepotentemente la lingua nella mia bocca alla ricerca della mia che, contro il mio stesso volere, risponde al richiamo.
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