~ Do I Wanna Know ~
Aizawa si è appena dileguato e il sole sta per sorgere. Vedo in lontananza il lieve bagliore che trapela dietro le cime dei palazzi. È inutile restare a letto perciò mi lavo con almeno due ore di anticipo, come ogni mattina.
Sono pronta quando mi guardo allo specchio. Per un attimo mi rivedo come ero ieri sera, così sensuale ed eccitante. Controllo il collo con attenzione e non ci sono segni visibili. Sorrido a me stessa, felice di quella novità. Di solito dopo essere stata con Aizawa è difficile uscirne indenne.
Entusiasta mi lego i capelli in una coda alta abbastanza lunga, scoprendo interamente il mio viso. Non ricordo l'ultima volta in cui l'ho fatto, ma osservando il mio riflesso non posso negare che mi piaccia il modo in cui libera la forma ovale del mio viso, lasciando che si distinguano i contorni di solito celati dai capelli castani.
Dopo una tranquilla giornata incontro Tsukauchi, che mi aspetta seduto nel locale dove siamo soliti cenare assieme. Sembra pensieroso ma quando mi nota gli si illumina il viso e colgo una nota di sorpresa «Meleys tu-! I tuoi capelli, non li hai mai portati così! Stai molto bene». Sorrido in imbarazzo, colpita dalle sue parole. Più ci penso, più mi accorgo che ha ragione.
Non lego i capelli dalle superiori, forse perché sono sempre stati uno scudo per me.
Quando cammino per strada, mi basta inclinare leggermente il capo per isolarmi dal mondo attorno a me, per non vedere, per non farmi vedere. Oggi invece non mi sono sentita a disagio, fuori posto. Mi sono sentita attraente, senza rendermene conto ho sorriso a chi in ufficio incontrava il mio sguardo, piuttosto che fissare il pavimento.
Ripenso alle parole della mia collega, di quanto fossi radiosa e diversa dal solito quella mattina. Non le ho dato peso, rispondendole con un cenno di diniego, imputando quel complimento ad una frase di circostanza, considerando anche il suo carattere estroverso. Le parole di Nao invece mi hanno fatto pensare arrivando così ad unica conclusione. Oggi mi sento davvero diversa e sicura di me come non lo ero da anni, anche se non ne capisco il motivo.
L'unica ipotesi che mi si palesa è che ieri sera in quella veste succinta io mi sia resa conto di essere molto di più di ciò credo, non solo fisicamente ma anche io. Forse sono più consapevole di chi sono e, per quanto odi pensarlo, in parte dipende da Aizawa. Anche se, riflettendoci meglio, il suo era solo un desiderio dettato dalla lussuria, di certo non un modo di aumentare la mia consapevolezza né la mia autostima.
Durante la cena tento in tutti i modi di sollevare il morale del mio amico, distraendolo dai problemi che ha a lavoro che, fatico ad ammettere, dipendono in buona parte da me. Sono io che ho reso Eraser Grin più sicuro si sé, più audace e più pericoloso. Lui e gli altri membri della Triade presumibilmente.
Torno a casa esausta, non sapendo cosa pensare di me stessa. La situazione in cui mi sono trovata è difficile, ma ce la farò, perché non ho alternative.
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È quasi inverno ormai. È ancora irreale passare il tempo con Aizawa, è spesso umiliante e degradante. Si prende ciò che vuole senza chiedere, continuando a dire che lo voglio anche io. Ogni volta vorrei dirgli che se fosse così me ne renderei conto, ma davanti i suoi occhi resto in silenzio, a godere degli orgasmi agrodolci che mi procura.
La cosa assurda è che inizio ad abituarmi nel trovare messaggi in casa mia. Sarebbe più consono chiamarli ordini su come devo utilizzare il mio quirk per aiutarlo. Di certo preferisco quei messaggi imperiosi piuttosto che tornare a casa e trovarlo nel mio soggiorno, oppure voltarmi ed averlo ad un passo da me, senza sapere quando e da dove sia entrato.
Ogni volta la sua passione mi divora, lasciandomi esausta, priva di energie, vuota.
Persa nei miei pensieri ascolto distratta la canzone che mi martella i timpani, finché le parole non colgono la mia attenzione. La voce che fuoriesce dalle casse del mio appartamento è calda, i bassi potenti.
Baby, we both know
That the nights were mainly made
For saying things that you can't say tomorrow day
Forse è così. Le mie conversazioni notturne con Aizawa sono ai limiti dell'assurdo dal mio punto di vista. Dopo avermi bruciata decide improvvisamente di raccogliere le ceneri, impedendomi di essere risucchiata dal vuoto che lascia il suo passaggio. Sembra sincero quando parliamo senza neanche guardarci negli occhi, quando sussurra come se non volesse essere sentito, mandandomi ancora di più in confusione. La canzone prosegue e così i miei pensieri.
Ever thought of calling when you've had a few?
'Cause I always do
Ho mai pensato di volere le sue attenzioni nei miei momenti di debolezza? Forse è così..
Forse dovrei ammettere che quando ho avuto la febbre, una decina di giorni fa, potrei aver pensato a lui. Potrei aver desiderato che fosse lui a prendersi cura di me. Forse lo odio perché non è mio. Lo odio perché si prende ciò che vuole, senza darmi ciò che vorrei. Lo odio perché vorrei restasse con me la mattina, perché vorrei essere sua in ogni istante, non solo quando ne ha voglia.
No!. Scaccio dalla testa quei pensieri idioti. Lo odio perché è un bastardo manipolatore, un criminale, un assassino, perché mi minaccia e mi obbliga a tradire i miei ideali, i miei amici, perché mi ha resa complice dei suoi reati. Lo odio perché è un maledetto egoista, ma troverò il modo di essere di nuovo libera.
Spengo la musica e resto immobile sul letto, ancora vestita dopo una giornata di lavoro. Un velo di sonno mi pervade quando un rumore desta la mia attenzione. Non ho la benché minima voglia di vedere Aizawa, ma probabilmente è lui ad essersi di nuovo introdotto nel mio appartamento e sicuramente non gli interessa che io non voglia vederlo.
Attendo qualche secondo ma nessuno si palesa nel piccolo corridoio. Non ho voglia si alzarmi così tento di capire se sia lui, o se è stato solo il vento a disturbare la mia quiete «aizawa..?»
Nessuna risposta, nessun rumore. Mi alzo per andare a controllare, per assicurarmi che non sia lui e poter tornare a dormire. Faccio due passi quando una sagoma appare nel corridoio. Un battito salta quando lo vedo, altri due battiti muoiono quando capisco che non è Aizawa. È più esile, leggermente più alto e la sua risata non è il ringhio che ormai conosco bene, bensì una lieve risata più acuta, terrificante.
Faccio un passo indietro nel tentativo di raggiungere il telefono. Abbastanza veloce affinché lo raggiunga prima di quanto lui non arrivi a me, ma non troppo veloce da farlo scattare verso di me come un leone con la gazzella.
La luce della finestra della camera inizia ad illuminarlo e lo riconosco. È l'uomo biondo che ho incontrato la notte della rapina. Non ha l'amplificatore alla gola, i capelli ricadono sulla sua schiena e sono raccolti solo parzialmente. Anche gli occhiali sono diversi, ma il suo sorriso insano è lo stesso.
«Così ti ha detto di chiamarsi Aizawa.. interessante..». Non vedo come potrebbe esserlo, ma non mi interessa scoprirlo in questo momento. Indietreggio ancora e cerco di distrarlo, il cuore che batte furioso «ti ha mandato lui..?»
Ride ancora e scuote la testa «se sapesse che sono qui mi taglierebbe le palle. Se potesse farlo certo..». Arretro ancora, vicina ormai al comodino, al telefono e, forse, alla mia salvezza.
«Cosa vuoi?» muovo lenta la mano verso il cellulare, sperando che il buio gli renda difficile notarlo. «Posso far diventare il tuo cervello poltiglia prima ancora che tu pensi di usare il tuo quirk su quel cellulare. Che vuoi fare bambolina, vuoi tentare?»
Mi congelo nella mia posizione e riporto la mano lungo il mio fianco. È paradossale che il mio quirk sia tanto inutile in battaglia quanto abile a mettermi in situazioni di pericolo.
Deglutisco a fatica. Il suo sguardo mi terrorizza, in un modo diverso da Aizawa. Lui è imprevedibile certo, ma perlomeno razionale, mi rendo conto quando le mie parole lo faranno arrabbiare, anche se sono troppo stupida per frenare la mia lingua. Quest'uomo invece mi guarda di sbieco, con gli occhiali leggermente calati ed un sorriso da brividi, di qualcuno che potrebbe fare di tutto, senza alcun motivo.
«Respira girl, non voglio niente che Eraser non si sia già preso..». Inizio a tremare, gli occhi che bruciano per delle lacrime sul punto di uscire. Se mi ribellassi, con un suo urlo sarei morta senza poter neanche tentare di impedirlo. Scuoto la testa, indietreggiando ancora, anche se non c'è alcun posto sicuro in cui andare.
L'uomo di cui non so neanche il nome si avvicina, fino ad essere ad un passo da me. Non mi sbagliavo, i suoi occhi esprimono una linea sottile tra follia e potere, una combinazione pericolosa ed imprevedibile.
«Ora capisco molte cose..» afferma, quasi parlando a se stesso. Solleva una mano e d'istinto chiudo gli occhi, aspettandomi dolore, di essere spinta sul letto, invece sento il dorso della sua mano posarsi sulla mia guancia ed asciugare una lacrima che mi era fuggita.
Rabbrividisco a quel contatto e scanso il volto, guardandolo con odio, intimandogli di smetterla, anche se so di poter fare ben poco. Ride di nuovo, divertito da qualcosa che ha colto solo lui «bambolina non ti conviene guardarmi così» si avvicina al mio orecchio, chinandosi alla mia altezza «potrei eccitarmi..»
Lo spingo via, riuscendo solo a fargli fare mezzo passo indietro «non.toccarmi» dico a denti stretti, terrorizzata, le pupille dilatate ed il viso rosso.
Sorride ancora «qual'è il problema, Eraser fa tutto ciò che vuole giusto? Sarei molto più gentile di lui bambolina, ti conviene accettare..»
Vorrei solo dargli un pugno in faccia, ma so di non esserne in grado. Resto immobile, ci fissiamo per dei secondi per me interminabili, mentre lui si sta solo divertendo con la sua preda. Di colpo inizia a ridere di gusto, sotto il mio sguardo perplesso «rilassati» ritrova il controllo, ma quel ghigno non scompare «volevo solo parlare, oggi perlomeno..»
L'uomo si china nuovamente su di me, poggiando una mano sulla mia spalla tremante «ci vediamo presto, my darling~». Un paio di passi, raggiunge la finestra e scompare nella notte. Resto immobile qualche secondo, con lo sguardo ancora fermo nel punto in cui è sparito, con la paura che tornerà.
Voleva parlare? E di cosa, mi ha solo minacciata, terrorizzata, ed è sparito lasciandomi in preda a dubbi, incertezze e paure. Non so che fare, chi chiamare. Non posso ignorare cosa sia accaduto e fingere non sia successo, ma non posso chiedere aiuto a Tsukauchi, perché dovrei raccontargli tutto e in ogni caso, per quanto sia triste dirlo, lui non potrebbe proteggermi dalla Triade.
Corro fuori di casa, incontrando poche persone. I piedi che mi guidano nell'unico posto che mi viene in mente, verso l'unico aiuto in cui posso sperare. Non bado a nessuno, non faccio caso ai sguardi perplessi o incuriositi, mentre a passo veloce continuo a camminare.
Raggiungo un edificio abbandonato, quell'edificio. Il posto dove Aizawa mi aveva portata quasi due mesi fa, il posto in cui l'ho già cercato una volta, quello in cui vorrei trovarlo ancora. Entro con il cuore in gola. Non so se lo troverò e mi sono, di nuovo, volontariamente posta nelle sue mani, sperando che non mi schiaccino.
Salgo le scale incerta nella mente ma sicura nei passi, che si fermano nel soggiorno anomalo che ricordo in ogni dettaglio. Non c'è nessuno, ma Aizawa sa che sono qui, ne sono certa, così aspetto, poggiata al bancone dell'angolo cottura.
Passano i minuti ed aspetto ancora finché, quando sto per perdere la calma, la porta si apre ed Aizawa entra nell'appartamento, gli occhi in fiamme. È furioso con me, lo vedo, ma non capisco il motivo. Non dovrei essere qui, è vero, ma potrebbe ascoltarmi prima di guardarmi con la mascella contratta dalla rabbia.
Ovviamente, è chiedere troppo. Lui avanza e resto immobile, sostenendo il suo sguardo. «Ancora Meleys? L'altra volta non ti sei divertita abbastanza nelle tue passeggiate tra questi vicoli sudici, dovevi tornarci, di notte poi?!»
«Potresti almeno chiedere perché». Mi osserva un istante, spazientito. Poi sospira, come fosse di fronte ad una bambina che fa i capricci, troppo stupida per rendersi conto delle sue azioni «allora forza, spiega» irritato mi fissa con insistenza.
«L'uomo biondo che era con te quando mi hai costretta ad aiutarti con quella rapina è entrato nel mio appartamento, mi ha minacciata»
Le mie parole gli fanno cambiare espressione. Ora è di nuovo furioso, ma capisco che la sua rabbia è rivolta altrove, non su di me.
«E da me che vuoi?» chiede freddo, anche se i suoi occhi esprimono tutt'altro che indifferenza. «Hai detto che sono tua, che ti prendi cura delle tue cose. Ora ho bisogno di te, non puoi ignorarmi» rispondo con rabbia.
Tutto questo è colpa sua, dovrebbe almeno aiutarmi invece che fare lo stronzo. Dopo interminabili secondi cede «bene» dice secco. Prende il cellulare e compone un numero, quando risponde da pochi ordini precisi «dall'appartamento C a casa mia, ora» sibila.
Mentre aspetto lo osservo. Può fingere ciò che vuole, ma è preoccupato, lo vedo. Mi torna in mente la conversazione che ha avuto settimane fa nel cuore della notte, al telefono con qualcuno di cui ignoro il nome. Quella notte sembrava ugualmente allarmato e, forse, l'uomo all'altro capo del telefono era interessato a me. Forse è la stessa persona, ma non capisco perché dovrei interessargli.
Passano pochi secondi ed un portale viola si apre nel centro del soggiorno. Aizawa senza dire nulla mi afferra il polso e si dirige a passo sicuro verso quell'oscuro passaggio. Spaventata oppongo resistenza, vinta come sempre dalla presa salda di Aizawa che mi tira al suo interno.
Compio un passo vedendo la mia gamba sparire, poi infilo la testa e, nel momento stesso in cui lo attraverso, mi ritrovo in un appartamento che mi lascia senza parole.
Sono in un enorme soggiorno, con pochi mobili eleganti e moderni, arredati con uno stile rigido e definito. La cosa che mi sconvolge è la vista. La parete davanti a me è un unico vetro gigantesco, che avvolge il salotto a semi-cerchio. Al di là del vetro c'è solo Tokyo. Case, palazzi e e parchi a perdita d'occhio, le luci che brillano nella notte. Mi avvicino e per un attimo dimentico ogni cosa, anche dove mi trovo.
La vista è sconfinata e il vetro, leggermente inclinato, mi permette di guardare anche in basso. L'altezza è spaventosa, ma non mi tiro indietro. Sono al di sopra di qualsiasi palazzo che riesca a vedere e, non vedendo una nota torre bianca e rossa nello skyline che si dispiega dinanzi a me, mi sorgono spontanee delle uniche parole «siamo nella Tokyo Tower..» sussurro ancora incantata.
Noto solo ora Aizawa di fianco a me, che studia la mia espressione. Non so quando si è avvicinato, ma alzando gli occhi nei suoi noto un sorriso divertito «non essere sciocca, nessuno può abitare nella Tokyo Tower..». Il lieve ghigno con cui pronuncia quelle parole mi fa capire che sta mentendo e che è proprio lì che ci troviamo.
Con la bocca schiusa fisso ancora l'infinità di vite davanti a me, posando una mano sul vetro. Posso vedere migliaia di persone e nessuna al tempo stesso. Contemporaneamente il mio sguardo potrebbe contenere una donna che cucina serena, una coppia di giovani innamorati, un uomo chino alla sua scrivania, una ragazza che, nuda e soddisfatta, si rotola tra le lenzuola candide piene di umori.
Sembra tutto così irreale, ma la voce di Aizawa mi riporta con i piedi per terra «cosa ti ha detto?». Con brutalità mi priva della gioia causata da quel panorama. Ritraggo la mano dal vetro e rispondo.
«Non molto.. ha detto che voleva parlarmi.. che ha capito non so cosa..» ci penso ancora «sa che da me ti fai chiamare Aizawa e..» deglutisco. La parte lasciata per ultima è la più difficile da dire, in particolare sotto lo sguardo infuocato di Aizawa.
«Ha detto di volermi.. di volere ciò che ti prendi tu..» esito ancora, deglutendo un nodo in gola «il mio corpo..» sussurro «e che ci rivedremo». Il pugno che Aizawa scaglia con forza contro il vetro mi fa ritrarre da lui, sussultando spaventata. La vetrata è ancora intatta, ma le nocche di Aizawa sono arrossate.
Lo guardo confusa, impaurita. Da lui, ma anche da ciò che ho detto. «Ha detto anche un altra cosa..» aspetto un istante perché i suoi occhi neri mi stanno bruciando. Trovo coraggio e continuo «che tu non sapevi fosse lì.. che se lo avresti saputo gli avresti fatto del male ma.. ha anche detto che non puoi farlo..»
«Io lo ammazzo» mormora tra se, guardando fuori dalla finestra. Attendo qualche minuto, facendo un passo indietro per paura di altri scatti di rabbia, senza dire nulla. Sembra che lentamente stia ritrovando la calma e riesco quasi a vedere il suo cervello sforzarsi in mille pensieri e congetture. Alla fine tira un profondo respiro e mi rivolge nuovamente l'attenzione, di nuovo sereno.
«Non farà nulla» afferma sicuro. Lo guardo dubbiosa, per nulla convinta da quelle tre lapidarie parole «come fai ad esserne certo?»
«Ci sono degli accordi Meleys.. io non posso ferirlo, lui non può farti nulla. Voleva spaventarti, infastidirmi, farci credere chissà quale stronzata, ma la verità è che non può fare assolutamente nulla»
Annuisco debolmente, ancora confusa. Non so niente del loro rapporto, nessuno lo sa in effetti, ma non ho altra scelta se non credere alle sue parole.
Aizawa azzera la distanza tra noi, mi afferra il mento tra le mani e mi bacia come se cercasse ossigeno direttamente dalla mia bocca. Le labbra si schiudono voraci, le lingue si cercano bisognose, i respiri seguono con difficoltà i nostri movimenti urgenti. Poggio le mani sul suo petto, totalmente assuefatta a lui, senza sapere perché. Poggia la fronte alla mia mentre cerca di placare il battito del suo cuore che gli sento scoppiare nella cassa toracica. L'unica luce ad illuminarci è lo skyline di Tokyo e mi perdo nei suoi occhi neri, senza dire una parola.
Vorrei piangere perché non posso fermare il sentimento che mi inonda il petto come una marea, impossibile da contenere, ma che c'è e ormai non posso negarlo. Tento di ostacolarlo, non riesco a capirlo, ma esiste.
Mi abbandona facendo un passo indietro, fissando un punto indefinito del vetro davanti a lui, ignorando il mio sguardo, deciso a non incontrare i miei occhi. Si prende qualche secondo per riflettere «dormi qui stanotte».
Vorrei obiettare ma in effetti nel mio appartamento non mi sentirei al sicuro. Aizawa è ancora intento ad evitarmi quando esclama a voce più alta del solito «Yuki». In pochi secondi compare una ragazza, forse della mia età o anche più giovane. Ha una classica divisa nera che le arriva a metà coscia e un piccolo grembiule bianco che le copre il ventre. I capelli neri sono raccolti alla perfezione mentre si avvicina a passo sicuro, sorretta da décolleté con tacco basso.
La rapidità con cui è venuta e il tono non eccessivamente alto di Aizawa mi fa capire che lei fosse in quella stanza, anche se non l'avevo notata. Penso che ha sentito ogni cosa, visto ogni cosa..
Ha visto anche quel bacio e realizzandolo arrossisco nel secondo in cui incrocio i suoi enormi occhi neri. Lei mi rivolge uno sguardo colmo di rabbia e disprezzo che inizialmente non capisco. Non ho fatto assolutamente nulla per farmi odiare da lei, a malapena l'ho guardata.
Il suo astio mi è chiaro come il sole nel momento in cui posa lo sguardo su Aizawa. Le pupille le si dilatano, mentre sbatte le lunghe ciglia ascoltando ogni sua parola con attenzione. Lui le sta solo dicendo di prepararmi la camera da letto, ma lei sembra del tutto assorta dal suo viso, dalle sue labbra.. Lo ama, questo è evidente.
La cosa che mi sfugge è come possa amare un uomo come lui. Penso poi a come io sono finita nella sua rete, a come mi abbia lentamente ed inconsciamente attratto a sé. È stato il suo tocco, il suo corpo a farmi cedere pezzo per pezzo. Realizzo cosa possa esserci stato tra loro o possa esserci tuttora, sentendo una fitta al petto che mi rifiuto di imputare alla gelosia, anche se gli assomiglia molto.
Sento il ventre bruciare quando osservo il suo corpo minuto, il seno più generoso del mio, le labbra più soffici, la pelle più giovane. Per un attimo mi si presenta l'immagine di lei ed Aizawa uniti in un unico corpo e vorrei andarmene lontano, ma resto immobile.
Quando Yuki sparisce Aizawa fa un passo verso l'uscita. Credevo restasse qui, che si sarebbe preso il suo pagamento per essersi occupato di me, che mi avrebbe voluta, invece continua a fingere che io non esista.
«Non resti?» chiedo prima ancora di pensare alle mie parole. Aizawa si ferma e sul suo volto compare un ghigno sadico, molto diverso da quello che gli ho sempre visto. È privo di malizia, spaventoso e non promette nulla di pacifico.
«Non stasera ragazzina, devo occuparmi di un fastidioso canarino..»
Continua~
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