Capitolo Uno
Non è mai bello svegliarsi alle sette di mattina per andare a scuola, non lo è né per me né per qualsiasi studente sano di mente. Ho sempre odiato cadere dal mio comodo letto, per spegnere la sveglia, che suonava ogni santissimo giorno, anche nei giorni di riposo, dal momento che mi dimenticavo sempre di disattivarla.
Il lunedì era uno di quei giorni in cui avresti preferito essere schiacciata da un camion tre volte e poi uccisa con torture medievali, piuttosto che andare a scuola, quell'inferno, nel quale spendevo circa sei ore al giorno e troppe, decisamente troppe, all'anno.
Ma purtroppo non si può sfuggire dal proprio destino e quindi, come da routine, rotolai giù dal letto, rischiando di rompermi tutte le ossa.
-Evie, potresti smetterla di buttarti giù dal letto ogni santa mattina?! Un giorno di questi finirai nel bagno.- urlò mia madre dal piano inferiore, ebbene sì, io ero Evie, Evie Schnapp. Cognome buffo, no? Sotto la mia camera, come avrete ben letto, c'era il bagno dei miei genitori. In effetti avevo paura che una mattina di quelle sarei caduta e mi sarei ritrovata davanti a mio padre mentre si faceva la barba, od anche peggio... Scacciai via quei futili pensieri e spensi la sveglia, sospirai ancora stesa sul suolo, pensando all'orrenda giornata che mi spettava. Ero quasi arrivata alla pace dei sensi, quando una mandria di elefanti si scatenò sul corridoio, dove era situata la mia camera. Prima che potessi reagire od almeno alzarmi, qualcuno mi prese per le caviglie e trascinò fino alla stipite della porta, emisi un urletto da idiota, che però si trasformò in un 'Vaffanculo', non appena notai che non erano elefanti quelli, ma semplicemente mio fratello Noah, di soli due anni più grande di me. Delle volte mi domandavo come potesse un essere idiota e futile come lui essere stato messo al mondo, forse perché c'era posto, o forse perché i miei genitori erano talmente addolorati dal fatto di avere un figlio così stupido, da voler tentare una sorte e farne un altro, uscito meglio del primo.
Tornando alla realtà mio fratello sghignazzava, scendendo a due a due le scale, per sfuggire alla mia ira funesta. Dolorante mi alzai dal pavimento e raggiunsi la cucina, che emanava un ottimo odore di waffles, la mia colazione preferita. Erano tutti a tavola, a mangiare, ovviamente Noah stava facendo il maiale ingozzandosi come se fosse appena uscito da una guerra.
Mi sedetti accanto a lui, tirandogli una gomitata, che lo fece quasi strozzare.
-Signorina, ho sentito quella parola poco gradevole. Lo sai quanto odio le parolacce, la prossima volta ti fai un weekend da zia Betty.- disse mia madre addentando il cibo che aveva nel piatto, l'idiota al mio fianco soffocò una risata, mentre io sospiravo affranta. Zia Betty era la classica donna di sessant'anni, vedova, abbastanza grassa, felice, ma sotto sotto triste, che amava tirare la guance e cucinare piatti in cui, sistematicamente, trovavamo capelli grigi e smalto. Non ci volevamo mai andare, ma una volta all'anno ci toccava subire questa tortura. Mi venne la pelle d'oca al solo pensiero. Mi sbrigai ad ingurgitare il tutto e corsi al piano di sopra, sebbene mio padre mi ripetesse ogni volta di non correre per le scale, non lo ascoltavo mai.
Mi piazzai davanti all'armadio scegliendo rapidamente i vestiti, prima che mio fratello si potesse stabilire nel bagno. Afferrai della biancheria intima, un paio di mom jeans, una maglia a righe blu e rossa, le mie Dr. Martens nere e mi fiondai nel bagno, per fortuna ancora libero.
Finii dopo pochi minuti, o forse dopo troppe volte che mio fratello bussava sulla porta e minacciava di buttarla giù. Uscii tutta sorridente, mentre mio fratello mi guardava male, afferrai il mio zaino nero e i miei occhiali da sole, scendendo le scale. Salutai i miei genitori e corsi fuori dalla porta, cercai nelle tasche il mio telefono, ma ovviamente l'avevo dimenticato in casa. Quindi rientrai, salendo il più rapidamente le scale. Cercai sul letto, sul comodino, sotto l'armadio, dentro il secchio, sopra la scrivania. Nada de Nada. Quando mi girai per vedere in qualche altra stanza, vidi Noah sullo stipite che mi guardava ghignando, col mio amato cellulare in mano. Assottigliai gli occhi, avvicinandomi per prenderlo, ma tirò più in alto il braccio ridendo.
-Cosa vuoi, razza di essere sottosviluppato?- domandai incrociando le braccia al petto. Lui fece finta di pensarci, toccandosi il mento, liscio in assenza di alcun segno di barba. Lo prendevo sempre in giro per quello, sebbene lui avesse diciotto anni ancora sembrava un dodicenne.
Sbuffai incitandolo a parlare in fretta.
-Dammi i miei occhiali, pulce.- disse con un tono di sfida, io sbuffai, pensando a cosa poter fare. Non avevo alcuna intenzione di ridarglieli, ma non avevo neanche voglia di lasciargli il mio telefono. Per questo escogitai un piano in 0,5 secondi: avrei potuto dirgli che aveva qualcosa sul ciuffo, che lui tanto amava ed allora avrebbe lasciato il mio telefono ed io sarei corsa via. Perfetto.
-Noah... Che cos'è quella cosa verde sui tuoi capelli?- dissi col mio solito fare teatrale, lui alzò un sopracciglio non credendo minimamente a nessuna parola da me detta, il che era strano dal momento che ci cascava ogni volta. Dovevo inventarmi qualcos'altro, nel frattempo lui allungava la mano libera verso di me, per prendere i suoi stupidi occhiali. Allora decisi di accontentarlo, li sfilai dai miei capelli ricci, pronta a porgerglieli.
-O-Oddio... Che cosa cazzo ci fa un ragno sul mio muro?!- esclamai spaventata, sebbene non lo fossi, dal momento che non c'era alcun ragno sul muro. Noah sobbalzò, facendo cadere il telefono dalle mani e indietreggiando verso l'interno della camera, lasciandomi via libera. Corsi via, scendendo le scale il più in fretta possibile. Avevo sfruttato la fobia di mio fratello per svignarmela. Quando mai gliel'avrei data vinta?
Aprii la porta pronta a correre via, quando mi scontrai contro qualcosa, o meglio, qualcuno: Finn Wolfhard, migliore amico di mio fratello, tutte le mattine lo passava a prendere con la sua Dodge Coronet nera lucida, passata da suo nonno. Finn era più alto di me, aveva dei capelli neri più lunghi degli altri ragazzi, a volte ricci ed a volte piastrati, degli occhi marroni. Il suo volto mi ricordava quello di un topolino, infatti più volte lo avevo deriso, ricevendo sempre delle cuscinate o delle 'schicchere' sul naso, molto fastidiose.
-Bene bene... La tua corse finisce qui, piccola peste. Ridammi i miei occhiali.- esclamò mio fratello alle mie spalle. Sbuffai chiudendo gli occhi, mentre Finn da davanti a me se la ridacchiava, assisteva quasi ogni mattina a queste scenette abbastanza comiche tra me e mio fratello, dal momento che lo passava a prendere per andare a scuola, ed io puntualmente lo deridevo dal momento che non aveva una sua auto, ma spesso e volentieri andavo con loro, salvo qualche mattina che riuscivo ad essere in orario.
-'Fanculo.- sussurrai volendo sopprimere Finn, per essere apparso da un momento all'altro. Mi voltai, vedendo Noah sorridente, convinto di aver vinto anche quella volta la 'battaglia', ma sentimmo mia madre urlare dall'altra parte della casa.
-Noah! Quante volte devo dirti di mettere a lavare le tue mutande sporche?!- scoppiammo tutti e tre a ridere, ma sapevo che il biondo cenere, nonché mio fratello, era in imbarazzo, sebbene Finn fosse ormai di famiglia. Approfittai di quel momento che Noah si era voltato per sgattaiolare via, di lato al moro, che non fece nulla per fermarmi, motivo principale perché ero stata troppo rapida.
Dopo pochi secondi sentii mio fratello imprecare.
-Ti odio, Ev!- ridacchiai continuando a correre per altri due minuti. Poi iniziai a camminare normalmente. Anche se queste scenette avrebbero potuto trarvi in inganno io e Noah ci volevamo molto bene, litigavamo la maggior parte del tempo, ma c'eravamo l'uno per l'altra, a volte capitava di trovarci abbracciati sul divano a guardare un film, oppure a parlare delle nostre vite. Non era pessimo il nostro rapporto, nonostante lui fosse abbastanza idiota ed io fastidiosa.
Giunta a scuola con questi pensieri cercai con gli occhi i miei amici, vedendoli vicino al solito albero a ridere e scherzare. Mi avvicinai al gruppetto composto da: Bethany, Michael, Paige, Cole e Serena. Adoravo i miei amici, soprattutto perché erano delle persone fantastiche, con cui facevo 25/24h figure di merda.
-Hey testa calva!- mi salutò 'dolcemente' Michael, nonché il mio migliore amico, ci conoscevamo da anni ed insieme ne avevamo combinate tante. Tutti gli altri a seguire mi salutarono.
-Coley, smettila di fissare quella bionda oppure finirai per consumarla.- lo derisi insieme a Serena, che era al mio fianco. Tutti ridacchiammo tranne il moro, che finse di essersi offeso. Chiacchierammo del più e del meno per i seguenti dieci minuti, finché non giunsero Finn e Noah, al cancello della scuola. La nostra attenzione fu catturata da loro e da come molte ragazze li fissavano con gli occhi a cuoricino. Sarò onesta, non erano i più popolari o quelle cagate lì, ma molte apprezzavano il loro aspetto fisico, ma nulla di troppo esagerato.
-Ancora una volta hai fottuto tuo fratello, piccola Schnapp?- mi chiese Beth, vedendo che mio fratello mi aveva alzato il dito medio ed io lo avevo deriso mandandogli un bacio volante. Ridacchiando annuii, per poi riportare l'attenzione sul mio gruppo di amici. Per un'altra manciata di minuti parlammo, poi suonò la campanella e fummo costretti ad entrare nel manicomio...
Spazio Me!
Ormai mi conoscete per la mia bravura nel finire le storie.
(ironica)
Btw... Come inizio spero vi vada bene, premetto che non ho mai letto storie chiamate 'Il migliore amico di mio fratello/migliore amica/sorella/zia', quindi magari il titolo potrebbe indurvi a pensare 'Ecco, l'ennesima storia orrenda che parla di queste cagate' ma no, non è così. Quindi... Keep reading!
In questa storia la protagonista ha sedici anni, mentre Finn ne ha diciotto. Quindi l'età non è quella nella vita reale.
Stellinate e commentate, guys!
Byee
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