20. Chi sei veramente?
𝑀𝑦 𝐵𝑟𝑎𝑣𝑒 𝐾𝑛𝑖𝑔h𝑡
Twenty
Mi chiedo che cosa abbia fatto per meritarmi un tale schiaffo dal Karma. Proprio quando ero riuscita a mettere da parte le mie paure, proprio quando ero pronta a vivere il presente e ad avere una relazione con León… lui mi dimentica. Come se l'universo cercasse di tenerci costantemente separati.
Paris mi abbraccia e piange sulla mia spalla.
"Be', non ho intenzione di arrendermi. Aspetterò che si ricordi di me."
"Possiamo vederlo?" Domanda la sorella con faccia cupa.
Il ragazzo si fa agitato e distoglie lo sguardo.
"È un no, Jake?"
"No, Jinny, non è quello. Lui… non è in sé."
"Oh, è… meglio lasciarlo riposare."
Annuisce. Sembra sollevato.
"Sì. Ha bisogno di più tempo per riprendersi dall'operazione."
"Un po' di silenzio gli farà bene, ne sono certa."
Distolgo lo sguardo, avvertendo una voragine aprirsi nel petto.
Ho intuito benissimo quello che Jake non osa proferire. È la mia presenza a sconvolgere Léon, perché sono l'unica di cui non si ricorda. Non sa più cosa significhi per lui.
"Sierra è per il suo bene. Ma è solo temporaneo. Dagli un po' di tempo per mettere ordine nella sua testa."
"Tesoro, sono stati giorni difficili per te. Che ne dici se ti chiamo una macchina e ti faccio riportare a casa per riposare? Puoi sempre tornare stasera dopo aver dormito un po'. Forse saremo fortunati e mio figlio tornerà in sé."
Non posso fare altro che accettare il consiglio. Cos'altro potrei fare d'altronde? Jake non pensa che dovrei passare del tempo con León.
Pensavo di piacergli, che fosse innamorato di me. Cos'è cambiato? Cos'è successo?
"Si, certo. Non vedo l'ora di farmi un bagno caldo. E magari anche un pisolino. Mi chiamerete se c'è qualche aggiornamento?"
"Promesso." Mi rassicura Paris.
~~~
Stare lontano da lui è difficile. Riesco a farmi un breve pisolino e un bagno, ma dopo poche ore sono di nuovo diretta in ospedale. L'orario delle visite è terminato e l'intero edificio è incredibilmente silenzioso e quasi spettrale. Sento solo delle voci dalla camera di León, quindi mi avvicino furtivamente.
Sta parlando con Jake, Jinny e Paris, o almeno così sembra.
Sento León pronunciare il mio nome.
Sembra che stiano litigando… Litigano per me?
Irrompo nel bel mezzo della conversazione, interrompendoli.
"Che mi sono persa?"
Tutti mi rivolgono sguardi sorpresi della mia presenza, tranne León. Lui è… seccato.
"Guarda chi è appena entrato senza alcun invito."
"Mi dispiace. Pensavo…"
"NON hai pensato affatto, è proprio questo il punto. Perché sei qui?"
Le mie dita si stringono a pugno. Questo non è il ragazzo che conosco. Questo Léon è come tutti gli uomini ricchi e viziati che ho conosciuto nella mia vita.
"È la tua fidanzata, stupido idiota, nonché tua partner in un'attività di organizzazione di matrimoni." Ribatté Jinny furibonda.
Ed è fortuna dato che non riesco ad essere cattiva con lui.
"Jinny, così non lo aiuti. León soffre di amnesia. Semplicemente non ricorda di averla mai incontrata."
"Ma questo non lo autorizza a comportarsi da idiota."
"Ho l'amnesia, ma non ho perso il senno. So benissimo che non avrei fatto quei cambiamenti. E di certo non uscirei con l'ennesima poveraccia sanguisuga in cerca di fama e soldi." Si rivolge a me con uno sguardo compiaciuto. "Chi diavolo mi ha convinto ad avviare un'attività matrimoniale? Tu… forse?"
Non rispondo. Non ci riesco.
"Oh, intendi la donna che ami più della tua stessa vita?" Puntualizza la sorella.
"Ero fatto quando ho deciso di darmi al business dei matrimoni? Aspetta… Ho una malattia mentale? Stavo forse perdendo la testa da tempo?"
Con mani tremanti, mi rendo conto di non poter più stare lì immobile a farmi insultare.
"Tu… Non sei più l'uomo di cui mi sono innamorata."
"Sierra, per favore, non arrenderti con lui. Non sa quello che dice."
"Oh, invece penso che sappia molto bene quello che sta dicendo. Il punto è che non gli importa se mi ferisce o meno."
"Se ne pentirà a morte quando ricorderà, Sierra. Te lo garantisco."
Nel frattempo mi guarda dall'alto in basso, scrutandomi come se fossi nuda. "Sei molto sexy, questo te lo concedo. Ma non sono il tipo che prende decisioni con l'uccello. Quindi, qualunque fosse il tuo piano prima di oggi, dimenticalo."
"León Van Woodsen, per una volta nella vita, chiudi la bocca. Perché se non lo fai, rovinerai la cosa migliore che tu abbia mai fatto nella tua vita. Non ti rendi conto di cos'hai! Mi hai lasciato il controllo degli affari a Manhattan per trascorrere più tempo con la tua ragazza."
"Ma davvero, Paris? E chi ha deciso di far gestire tutte le attività di Manhattan proprio a te?"
"Tu, León."
"E perché diavolo avrei dovuto fare una cosa del genere? Sei poco più di una bambina."
Lo schiaffo riecheggia nella stanza come un colpo di pistola. León guarda scioccato la sorella, ancora sconvolto dal fatto che l'abbia colpito.
"Sierra potrà anche sopportare di sentirsi dire certe cose, ma io no. Quell'incidente deve averti fatto a pezzi il cervello visto come ti stai comportando."
Si volta e poi abbandona la camera con il viso rigato dalle lacrime.
Jinny mette la mano sul braccio di Leòn. "Ti conosco da quando eravamo bambini. Per favore, fidati di me, quando ricorderai…"
"Se ricorderò." Rettifica.
"Okay. Se ricorderai l'ultimo anno, rimpiangerai molto quello che hai detto stasera. Ti scongiuro. Non peggiorare le cose."
León cerca rinforzi nel suo amico, ma Jake si limita a scuotere la testa e a distogliere lo sguardo.
"Sierra, che ne dici se ti riporto all'appartamento? È evidente che León non è in sé in questo momento."
"No, non hai nessun diritto di comportarti come se tutto questo fosse normale. Si può sapere che problemi avete? Non sono proprio il tipo che si butta nelle relazioni con qualcuno che non è nemmeno…"
"Non è nemmeno, cosa?" Ripeto.
Si dimena agitato sul letto, cercando le parole giuste ma sceglie invece di sogghignare.
"Nemmeno della mia stessa classe sociale. Perché dovrei mettermi insieme a una delle tante arrampicatrici sociali?"
"Okay. Io me ne vado. Ti amo, ma non ho intenzione di sopportare questa tortura un minuto di più. Forse quando ti sveglierai domani… chissà, potresti tornare normale."
"Come ti pare." Brontola.
Jinny mi riaccompagna nel corridoio e mi stringe in un abbraccio confortevole.
"Per favore, non dimenticare che QUESTO non è lui. Anche prima di incontrarti, non era affatto così…"
"Freddo?" E aggiungo. "Cattivo? A tratti psicotico?"
Si lascia sfuggire una risatina priva di allegria. "Tutti e tre. Ma non arrenderti. Questo non è il vero León. Te lo giuro."
"È lui che vuole che mi arrenda, Jinny. Tutto quello che ha detto lì dentro… è stato così cattivo con me!"
"Lui non è veramente così. Credimi."
Nella stanza di Leòn, intanto, la discussione si infiamma. Il normale calmissimo Jake adesso sta quasi urlando.
"Quando ti riprenderai, ti renderai conto di ciò che hai fatto. E vorrai non essere sopravvissuto a quell'incidente, razza di imbecille!"
Mi porto la mano contro la bocca. Il senso di colpa è quasi schiacciante.
"Come puoi dirmi una cosa del genere, Jake? Sei il mio migliore amico! Dovresti essere dalla mia parte! Dovresti sostenermi!" León sembra ferito e si mette sulla difensiva.
"Sono dalla tua parte, idiota. Ma questa volta hai passato il segno."
Mi allungo in avanti e chiudo con violenza la porta. Non voglio sentire cosa si stanno dicendo.
~~~
Torno al suo appartamento poco più tardi e preparo le valigie. Sento bussare lievemente alla porta, e quando la spalanco, mi trovo davanti Paris, Jinny e Jake.
Hanno l'aria devastata.
"Mi dispiace, Sierra. Questo non è proprio da lui…" lo giustifica Jake. Inizia subito a rifilarmi così la solita e patetica scusa.
La sorella alza gli occhi al cielo e si precipita dentro. "Ma è quello che potrebbe essere se non cercasse di proteggere i nostri sentimenti come fa sempre. Lo sai, Jake."
Con un grande sospiro, chiudo la porta alle mie spalle e li seguo in salotto. Jinny nota il bagaglio quasi pieno.
"Te ne stai andando."
"Credo che sia la cosa migliore: Allontanarsi da qui."
"Penso che abbia ragione. Anch'io preferirei che restasse, ma ha una vita a Malibu. E quando mio fratello si sarà ripreso e tornerà finalmente in sé, potrà rincorrerla e tornare da lei."
"Io penso che dovrebbe restare. E se domani si svegliasse e ricordasse di nuovo TUTTO?"
"Ragazzi, non ho davvero parole per dirvi quanto significhi per me il vostro supporto. Vorrei poter restare… Il solo pensiero di andarmene mi fa venire voglia di strapparmi il cuore dal petto. Vorrei poterglielo dare, lasciarlo sul pavimento sperando che basti. D'altronde, León ha il mio cuore da molto tempo. Ma non è quello che vuole lui." Jinny apre la bocca per replicare, ma scuoto la testa per fermarla. "Ho aspettato troppo. La nostra relazione non ha delle fondamenta solide, non posso affrontare una cosa simile."
"Per me, ha perfettamente senso. Quindi… Che farai?" Domanda Paris.
"Lo aspetterò comunque. Pregherò ogni divinità disposta ad ascoltarmi di farlo tornare da me. Ma andrò in California, dove mi sento a casa."
"Sierra, promettimi che non ci lascerai soli perché mio fratello è un idiota che ha sparato un mucchio di sciocchezze."
La stanza si riempie delle nostre risate.
"Te lo prometto. Dopotutto avete tutti il mio numero di telefono, vero? Chiamatemi in qualsiasi momento. Anche perché non so come farò a superare tutto questo senza il vostro prezioso aiuto."
~~~
Dopo aver discusso degli ultimissimi dettaglio, i tre vanno via e resto sola nell'appartamento. Il mio volo è domattina presto. Paris ha specificato che manderà una macchina a prendermi per accompagnarmi in aeroporto.
Quella notte tiro fuori dall'armadio una maglietta di León e la indosso. Sento il suo profumo addosso, sulla pelle. Avvolta dal suo odore, riesco finalmente a riposare decentemente. Probabilmente, sarà l'ultima buona dormita per un po' di settimane.
Diversi mesi dopo
Gli ultimi quattro mesi si sono rivelati un inferno…
Ho provato a rivedere León svariate volte, solo per sapere come stesse, ma ogni volta ha rifiutato le mie visite.
Un mese fa ho visto Alyssa uscire dalla casa di sua madre.
Quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso…
Se León desidera andare avanti per conto suo, allora anche io ho deciso di smettere di piangermi addosso e continuare con la mia vita. Ho spostato le mie cose da casa sua e sono tornata a lavoro con una ferocia che ha sorpreso tutti.
Sento suonare il campanello dell'ufficio. Probabilmente è Nicole che ha dimenticato le chiavi, lo fa molto spesso.
Sbuffo. "Nicole, ti faccio cucire la chiave addosso, così non potrai dimenticarla di nuovo."
Ma al posto della mia sbadata amica, in piedi sulla soglia della porta c'è l'uomo che non avrei mai pensato di rivedere di persona. Ci vuole ogni grammo di autocontrollo per non gettargli le braccia al collo e baciarlo.
"León… cosa ci fai qui?"
Entra nell'ufficio senza neppure chiedermelo. Ha una strana smorfia sulle labbra carnose, ma... come di scherno.
"Quindi questo è quello che hai fatto con i miei soldi."
La rabbia nei suoi confronti divampa come un incendio, ma cerco di ripensare al León che conoscevo. Non a questo mostro.
"Ti ricordi quando mi hai detto che mi avresti amata per sempre? Che mi avresti protetta? E resa felice? Che ero la donna di cui avevi bisogno, che stavi aspettando da tutta la vita?"
Non risponde alla raffica di domande che gli ho posto un attimo prima, ma si avvicina a me.
"Quindi è questo che ero per te? Una specie di Sugar Daddy? Volevi la mia protezione?"
"Ma per favore, non montarti troppo la testa. Cosa vuoi, Léon?"
È difficile non arrendersi, specialmente quando assume quel tipo di atteggiamento.
Ma quando ero io ad aver toccato il fondo, Léon ha tenuto duro. Devo almeno fare un piccolo tentativo.
"Non capisco perché abbia investito in questo business. Non credo nel matrimonio."
"Sì. Lo so. Tuo padre ha mandato in pezzi ogni speranza di romanticismo per te. Me ne hai parlato." Concordo e sussulta, come se l'avessi spaventato. "Hai investito in questa attività perché credevi in me."
"Mi dispiace, Sierra. Questo… Non… funziona per me."
La sua voce è rotta, come se non fosse del tutto certo di quello che sta dicendo o facendo.
"C-Cosa?" Balbetto.
"Chiama il tuo avvocato. Cerchiamo di fare le cose il più semplice e veloce possibile. Voglio ritirare il capitale investito nell'attività."
Con un tempismo quasi divino, mio cugino entra nell'ufficio in quel preciso istante. I suoi occhi osservano la nostra scena.
"Van Woodsen. Immagino che non ti ricordi di me. Sono Adam Ackers, cugino di Sierra."
"Ackers come l'avvocato che ha eseguito i contratti per questa società?" Il diretto interessato annuisce. "Bene. Capiti proprio a fagiolo. Non ho idea di cosa mi stesse passando per il cervello quando ho deciso di investire in questa attività. Ma vorrei che annullassi quello che ho fatto."
"Certo." Adam è arrabbiato. "Se solo tu potessi annullare l'esserti fatto mia cugina." Lo dice sottovoce, ma io e León lo abbiamo sentito benissimo.
"Come, scusa?"
"Lascia perdere." Svia il discorso e riprende quello degli affari. "Per la cronaca, signor Van Woodsen, lei ha acconsentito a specifiche contingenze del contratto."
"Del tipo?" Chiede con un sopracciglio alzato.
"In caso di risoluzione del contratto, dovrà a Sierra due anni di stipendio da pagare al momento dello scioglimento."
"E ho firmato questo?"
"Le manderò una copia del contratto, se vuole. L'ha firmato più che felicemente. E mi ha anche assicurato che non le avrebbe fatto alcun male." Di nuovo si incupisce. "Che sciocco ad averci creduto."
León rivolge il suo sguardo duro verso di me.
"Adam, non sei tenuto a fare tutto questo."
Mi lancia uno sguardo compassionevole, ma sa bene che non farà mai un passo indietro davanti a León Van Woodsen. Allunga la mano verso di me, raccogliendo con le dita una lacrima ribelle sulla guancia.
"Lo so. Ma lo farò perché qualcuno deve prendersi cura di te, piccola."
"Voi due siete cugini, giusto?" Chiede León.
"Non proprio. Non siamo parenti di sangue, ma lei fa parte della mia famiglia a tutti gli effetti."
"Bene, allora puoi per favore toglierle le mani di dosso?"
Sia io che il ragazzo gli rivolgiamo uno sguardo scioccato per la sua richiesta.
E questa da dove gli è uscita?
Adam alza il sopracciglio e abbassa in automatico la mano.
"Redigi le carte per lo scioglimento del contratto. Riduci al minimo le mie perdite. Pagale la liquidazione che ritieni appropriata. Non voglio più avere niente a che fare con questa storia."
Gira i tacchi ed esce dalla porta d'ingresso, sbattendola.
"Sierra, stai bene?"
"Io…"sbatto le ciglia. "Non lo so…"
"Non c'è nulla di male nel non sapere. Cosa posso fare per farti stare meglio?"
"So che non sei esattamente un orsetto del cuore, ma vorrei che mi dessi un grosso abbraccio."
"Si può fare." Accetta.
"Ottimo, perché Nicole non arriverebbe in tempo per tirarmi su di morale. E ho davvero un disperato bisogno di un abbraccio."
Adam sospira e fa un passo indietro. I suoi occhi ispezionano l'ambiente in cui ho lavorato sodo per realizzare quel progetto.
"Cosa facciamo ora che vuole staccare la spina?"
"Quanto vuole? Quanto ha investito qui?"
"Così su due piedi non so dirti la cifra esatta. Ma se diamo un'occhiata ai rapporti possiamo trovare la cifra. Ho il mio portatile in macchina."
Passiamo le successive due ore a controllare dati finanziari. Nicole è già passata in ufficio, ma una volta visto che ero in compagnia di mio cugino ha trovato una scusa plausibile per andarsene.
"Sembra che tu abbia già recuperato il cinquanta per cento dell'investimento di León. Sono contati disponibili in banca."
"E se gli restituissi la metà mancante?"
"Sei proprio sicura di voler gestire l'attività completamente da sola? Voglio dire, gli affari sembrano andare bene, ma…"
"Ascolta…questo è il mio sogno. Non ho intenzione di arrendermi proprio ora che si sta avverando."
Adam a quel punto mi riferisce la cifra che mi servirebbe per restituire la punta al riccio: dovrei svuotare il conto in banca più ogni mio risparmio fino all'ultimo centesimo.
"Maledizione…" ringhio.
"So benissimo quanto desideri questa cosa e so per certo che avrai molto successo. Perciò se lo vuoi davvero, ti presterò io i soldi."
"Adam, no. Mi ci vorrebbe più di un anno per restituirteli."
"Hai Nicole, ora. Potrai iniziare a organizzare più matrimoni contemporaneamente. Io credo moltissimo in voi. Ma tieni presente che se il tuo fidanzato dovesse tornare in sé prima di allora, probabilmente ti pregherà in inginocchio di reinvestire."
Mi mordicchio il labbro inferiore e distolgo lo sguardo.
"Sono passati quattro mesi. Non credo che succederà più."
E pensare che era tutto diverso…
Il castano se ne va e torno al lavoro. Questa attività non andrà avanti da sola e mi costringo ad accantonare tutti quei pensieri che mi sono di intralcio.
~~~
Il sole è ormai tramontato da un pezzo e sto chiudendo a chiave l'ufficio, quando il cellulare rompe il silenzio squillando.
Chi sarà mai?
Non bado nemmeno a leggere il mittente sul display.
«Pronto?»
«Puoi venire a casa mia? Ci sono delle tue cose…»
«Leòn?»
La mia voce si fa quasi affannata, come se il respiro mi fosse inciampato fra i denti. Mi fa ancora male sentirlo parlare perfino attraverso una cornetta.
«Sí. Puoi venire a prendere le tue cose?»
«Sí, certo. Ti restituisco anche la tua chiave.» Aggiungo.
Non ha più senso tenerla.
«Ti ho dato una chiave?»
«Sí. A che ora ti trovo a casa?»
«Sono qui adesso. Starò qui tutta la sera.»
«Sarò lì tra circa dieci minuti.» Aggancio, fingendo di non provare alcuna emozione, esattamente come lui.
Il mio cuore batte forte mentre mi dirigo a casa sua.
"Stupido corpo traditore…"
Solo perché ha chiamato non significa che ti voglia, Sierra. Dacci un taglio con queste false speranze. Lui non tornerà più quello di un tempo.
Poi faccio alcuni respiri profondi prima di suonare il campanello.
Si presenta alla soglia e mi parla con tono monocorde.
"Sei venuta…"
"Ho detto per telefono che l'avrei fatto."
La luce proveniente dall'interno gli delinea le spalle, le braccia, il viso creando aspre ombreggiature. Vorrei poterlo sfiorare.
Lui fa un passo verso di me, come attratto da una calamita.
"Sierra…"
La sua voce improvvisamente è carica di desiderio e il mio cuore sussulta di gioia.
Forse inizia a ricordare?
Ma quando anch'io imito il gesto, lui indietreggia.
"Ho già preparato la tua roba."
"Cosa?"
"Che c'è, non mi hai sentito?"
"Sì. Speravo solo che…" mi blocco. "Non importa. Niente."
Mi sforzo di rivolgere un sorriso al ragazzo e lo supero, entrando.
Tutto è esattamente come l'avevo lasciato prima di raggiungere l'ospedale.
"Vuoi bere qualcosa?"
Mi volto. "Ehm… certo. Prenderò una vodka soda."
"Non so se ho…"
"È nello sportello alla destra del frigo. Ne ho fatto una scorta l'ultima volta che sono stata qui." Lo interrompo.
"Perché mai avresti dovuto farlo?"
"Perché ti piace, ma non ti ricordi mai di comprare gli ingredienti."
Si sofferma a guardarmi, con la bocca leggermente schiusa per lo shock. "Come… come fai a…"
"Eri l'amore della mia vita. Semplicemente, prestavo attenzione. Dove hai messo la scatola con le mie cose?"
Il mio cambio repentino di argomento lo destabilizza visibilmente, perché si guarda attorno smarrito.
È difficile trattenere un sorriso nel vederlo così vulnerabile.
"Sei sempre così?"
"Così, come?" Chiedo a mia volta.
"Così brava a confondermi?"
"Ehm, non direi? È esattamente il contrario, di solito. Sei tu quello che mi confonde e che mi spinge a mettere in discussione tutto."
"Ah…" dice facendo scorrere la mano sulla nuca, a disagio.
Mi prepara da bere e mi porta il cocktail. Quando le nostre mani si toccano, è come aver messo le mani nell'interruttore… è elettrizzante. Quanto mi manca il suo tocco delicato.
Sono stati quattro lunghissimi mesi…
Cerco di scrollarmi di dosso questi futili pensieri.
"Non mi hai ancora detto dove hai messo le mie cose."
"Le ho messe proprio lì, vicino alla porta scorrevole. Ma non devi andare via di corsa, se non vuoi. Ti ho appena versato il drink."
"León…" sospiro. "Cosa vuoi veramente? Vederti è già abbastanza emotivamente devastante."
"Non so di cosa tu stia parlando."
"Certo, come no…" Roteo gli occhi, divertita. "Avanti, dimmi che cosa vuoi veramente."
"Forse voglio solo capire."
Senza rispondere, bevo un lungo sorso tutto d'un fiato. Un'iniezione di coraggio liquido non ha mai fatto male a nessuno. È ora di prendere in mano le redini.
"Allora, vuoi che resti o che me ne vada?"
Rimane in silenzio, con il solito cipiglio pensieroso per svariati minuti, guardandomi con sguardo enigmatico che non mi rivelo un accidenti.
"Resta." Dice solamente.
"Perché?"
"Sono annoiato e mi farebbe piacere un po' di compagnia."
Le sue parole mi fanno sorridere, ma anche scuotere il capo.
"Stai mentendo. León Van Woodsen non fa mai niente per noia. Hai sempre uno scopo ben preciso in mente. Dovrai trovare una scusa migliore…"
"Usciamo in terrazza, avanti. È una notte bellissima." Propone.
"Dipende. La pianterai di comportarti da antipatico e sarai gentile con me?"
"Antipatico? Mi prendi in giro?"
Ride ed è la prima risata genuina che gli sento fare da mesi. È tanto meraviglioso quanto pieno di dolore, ma ricambio con un sorriso.
"Sì. Dico sul serio."
Lui annuisce. "Ok. La modalità antipatico è disattivata."
"Bene. Allora sì, mi piacerebbe sedermi in terrazza con te."
~~~
La luna proietta la sua luce biancastra ovunque e le onde del mare lambiscono la spiaggia sotto di noi. È una notte bellissima. Quando ci accomodiamo, i ricordi di tutte le notti trascorse accoccolati lì offuscano la felicità che provo in questo frangente.
"Allora, Sierra, quanto tempo fa ci siamo incontrati?"
"Circa undici mesi fa."
"Ma stavamo ufficialmente insieme solo da pochi giorni prima dell'incidente, giusto?"
"Esatto."
"E prima cosa eravamo?"
"Eravamo…" non so esattamente che parola usare per spiegarlo. "Una cosa complicata…"
"Che vuol dire?"
"Be', eravamo amici che non riuscivano a stare lontani o tenersi i vestiti addosso, diciamo così. Ho passato così tanto a negare la cosa." Gli rivolgo un sorriso malinconico.
"Ma tu ed io eravamo anche amici, no?"
"Sono assolutamente convinta che lo fossimo. Passavamo molto tempo a parlare, quando non eravamo impegnati a strapparci via i vestiti di dosso."
"Perché ci siamo messi insieme, alla fine?"
"Perché mi hai convinta. Sei stato così paziente… Io non sono un'arrampicatrice sociale. Non volevo qualcuno fuori dalla mia portata e pensavo che sarebbe finita male, se ci avessimo provato. Non volevo che nessuno mi accusasse di volerti per i tuoi soldi. Non sono fatta così. Hai fatto tutto il possibile per farmi cambiare idea." Lo guardo a quel punto e il suo viso è una maschera di agitazione. Sembra colpevole e molto confuso. Ma nutre ancora sospetti. Con un'alzata di spalle, mi rimetto in piedi. È ora di andare. "Ascolta, non ti chiederò di pagarmi due anni di stipendio. Sarò sempre in debito con te per avermi aiutata a rimettermi in piedi e a iniziare questo progetto. È più di quanto avrei potuto chiedere. Perciò non mi devi assolutamente niente."
Il ragazzo aggrotta la fronte.
"Io… Ehm… Cosa ti succederà adesso? Voglio dire, cosa accadrà alla società?"
"Penso che ripagherò il tuo investimento di tasca mia. E se dopo avrò ancora le risorse per farlo, vorrei continuare a gestire l'attività. Dovrò fare alcune modifiche, ma so che posso farcela. Questo lavoro è… quello che so fare meglio. E poi…" gli rivolgo un sorriso smagliante, in contrasto con il dolore che mi trafigge il cuore da parte a parte.
"Ho un bel po' di coppiette che aspettano di coronare il loro grande amore con stile. Non posso deludere tutte quelle persone."
"Hai intenzione di ripagarmi?"
"Sì, o almeno ci proverò. A proposito, è meglio che vada. Domani sarà una lunga giornata."
La porta scorrevole è a solo pochi passi di distanza, ma è come se mi stessi per recare al patibolo. Allontanarsi dal riccio non è mai stato nulla di semplice. Ma questa potrebbe essere l'ultima volta che lo vedo.
Mi si riempiono gli occhi di lacrime copiose.
Non posso permettergli di vedermi piangere.
"Sierra…"
"Cosa?" Proferisco.
"Guardami."
Voltandomi, sento una lacrima scivolare sul braccio.
Ormai è inutile provare a nascondere i miei sentimenti.
La sua espressione è carica di angoscia, come il suo tono.
"Al diavolo." Fa un passo avanti, posa una mano sulla mia nuca e mi attira in un bacio appassionato. Il mio cuore schizza nel petto, batte all'impazzata e ricambio il bacio con tutto quello che ho. Quando si stacca, lo fa imprecando. Il suo respiro è affannoso quanto il mio. È stato un bacio indimenticabile. "Dimmi di sì."
"Si?" Batto le ciglia. "A cosa?"
"Passa la notte con me."
"León… Non posso."
Mi accarezza con la punta delle dita diabolicamente per farmi cedere. "Perché no? So che mi vuoi anche tu. Siamo come due calamite, Sierra."
"Non è mai stato solo sesso per me, León. Non ti ricordi di me e non posso dare il mio corpo a un completo sconosciuto."
Una lacrima scivola sulla mia guancia. Il suo pollice scorre per cancellarla, come se potesse sistemare le cose. León ha un'espressione angosciata in viso.
"Non importa quanto amassi l'uomo che viveva nel tuo corpo. Adesso sei un estraneo per me."
In silenzio, recupero le mie cose insieme alla scatola e mi lascio alle spalle il riccio. Solo quando sono sicura di essere fuori dalla sua portata, scoppio a piangere.
È ora di dire finalmente addio.
E voltare pagina.
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