Capitolo 9- WEEKEND FUORI PORTA
« Laurel, vuoi darti una mossa?» urlò Nathan dal piano di sotto.
« Arrivo» ribattei frustrata da tutta quella premura.
Lanciai un'ultima occhiata alla stanza per assicurarmi di non aver dimenticato nulla.
Avevo provato a portare esclusivamente l'essenziale, ciò nonostante il mio borsone minacciava di esplodere.
Scesi al piano di sotto non con qualche difficoltà, a causa del peso di diversi chili che stavo portando sulla spalla.
« E quello cos'è?» domandò Nathan adocchiando con criticità il suddetto borsone.
« Cosa ti sembra?» replicai acida gettandolo ai suoi piedi.
« Ti avevo detto di non esagerare.»
« Ed infatti non ho esagerato» sentenziai con un sorriso stucchevole prima di tornare seria. « Mi sono limitata e di molto. Ringrazia.»
« Oh, sicuro» ribatté caustico sistemandosi il borsone sulla spalla e finendo per fare una smorfia. « Cosa ci hai messo dentro? Pietre?»
Roteai gli occhi scostandolo con una mano per uscire nel vialetto.
« Sono sicuro che Mary avrà tutto quello che ci serve» borbottò venendomi dietro.
« È una baita di montagna» protestai. « Quanti beni di prima necessità pensi che abbiano?!»
Nathan sollevò le mani tra di noi. « Ti prego, basta. Limitati a salire in macchina o non ce ne andremo più.»
« Ecco bravo» sentenziai infilandomi all'interno del Pick-up.
Potevo ancora sentirlo borbottare mentre andava sul retro per sistemare la mia borsa.
« Dove abbiamo appuntamento con gli altri?» domandai quando finalmente ci mettemmo in strada.
« Dobbiamo passare da casa di Meredith ed Amy. Gli altri ci aspettano direttamente alla baita.»
« E di grazia, come pensi di riuscire a trovare la strada?» replicai scettica.
Nathan sospirò mantenendo gli occhi puntati sulla carreggiata. « Giuro, certe volte sei insopportabile.»
Assottigliai lo sguardo carica di stizza. « Grazie tante. Perdonami se mi piace essere pratica.»
« Beh, signorina praticità» con una mano posizionò il cellulare sul braccio a ventosa del cruscotto. « Ho il gps con le coordinate. Soddisfatta?»
« Terribilmente» sentenziai atona.
Raggiungemmo casa di Meredith in una manciata di minuti.
Lincolnville era un reticolato perfetto per cui ogni strada, in un modo o nell'altro, era collegata alla precedente.
Meredith ci aspettava lungo il marciapiede.
Scesi dalla vettura per passare al sedile posteriore, ma non prima di aver riservato un'occhiata cupa alla mia amica. « È tutto tuo» mormorai facendola sorridere.
« Scusa per il ritardo» esclamò Nathan quando prendemmo posto. « Avremmo fatto prima, se solo Laurel non avesse deciso di portarsi dietro l'intera casa.»
« Pensa a guidare» lo liquidai guardandolo storto attraverso lo specchietto retrovisore.
Meredith si voltò a guardarmi. « Da quant'è che non hai una giornata buona?» domandò ironica.
Incrociai le braccia sul petto sbuffando. « Troppo tempo per potermene ricordare.»
Dalla bocca di Nathan fuoriuscì una risatina piccata. « So io cosa ti servirebbe e se non fossi mia sorella te lo avrei già detto.»
« È ancora contro legge picchiare il conducente di un'auto?» sibilai.
Nathan ridacchiò. « Assolutamente si.»
« E allora, taci.»
Continuò a ridere di gusto mentre accostava la macchina accanto al vialetto di casa Clarence.
« Qualcuno può avvisare Amy che siamo qui?»
« Ci penso io» asserì Meredith iniziando a scribacchiare un messaggio sul cellulare.
Guardai il giardino perfettamente tosato. Se ne occupava personalmente il signor Clarence nei periodi in cui era in casa.
Questo mi ricordò della nuova missione in cui era stato chiamato e provai un'infinita pena per la mia amica.
La porta d'ingresso venne aperta ed Amy fuoriuscì ridendo come non le vedevo fare da tempo.
Mi accigliai leggermente. Non mi aspettavo di vederla così felice in quei giorni.
Stavo quasi per esprimere la cosa ad alta voce, quando intravidi la figura che seguì Amy sul porticato.
« Cosa ci fa lui qui?» esclamai attonita mentre i miei occhi seguivano i movimenti di Nick.
« Sapevi che sarebbe venuto anche lui» replicò Nathan voltandosi per guardarmi con aria critica.
« Intendevo qui a casa di Amy» chiarii.
Lo sguardo di Meredith lampeggiò su di me.
Avrei dovuto contenermi probabilmente, ma ero troppo sorpresa per riuscirci.
Nathan scrollò le spalle. « Mi aveva detto che si sarebbe fatto trovare qui in modo tale da non dover allungare ulteriormente. Non vedo il problema» decretò tranquillamente.
« Nemmeno io» aggiunse Meredith, lo sguardo indagatore ancora puntato su di me.
Tornai ad abbandonarmi contro il sedile voltando lo sguardo dall'altra parte proprio mentre i due aprivano la portiera.
« Buongiorno» salutò Amy con voce squillante sedendomi accanto.
« Giorno» grugnì Nick a sua volta.
Il buonumore che aveva mostrato prima di salire in auto era evaporato.
« C'è una sorta di sit in contro l'allegria di cui non ero a conoscenza?» replicò Nathan facendo scorrere lo sguardo da me al suo amico.
Meredith fece altrettanto prima di roteare gli occhi. « Vi chiedo solo due giorni di tregua, ok? Lunedì ricomincerà la scuola e avrete tutto il tempo per portare avanti la vostra guerra. Ma almeno per questo weekend vedete di sventolare bandiera bianca» ci ordinò.
Io e Nick ci scambiammo appena uno sguardo per poi voltarci dai lati opposti.
Nathan accese la macchina facendola partire. « Beh, chi tace acconsente.»
La baita di Mary si trovava appena fuori città, proprio nella zona montana, dove lo 0 era la temperatura auspicabile e quasi calda.
« Ma è una reggia» esclamò Meredith premendo il volto contro il finestrino per ammirare la casa.
In effetti non potevo darle torto.
Quella che Mary si ostinava a definire una casa di montagna, era in realtà più una sorta di mini villetta su due piani.
Accanto a me, Amy ridacchiò. « E aspetta di vedere l'interno.»
Meredith si voltò per guardarci con aria stupita. « Quando siete venute qui?»
Ci riflettei per un momento. « Credo sia stato durante uno dei ritiri per cheerleader. Al primo anno. Shannon si era convinta che ci servisse qualche giorno lontano da qualsiasi distrazione per poterci preparare per i regionali.»
Nathan sollevò lo sguardo verso lo specchietto. « Vorresti dire che esiste qualcuno ancora più ossessivo-compulsiva di te?»
Inarcai le sopracciglia caustica. « Secondo te da chi ho imparato?»
« Posteggia li» sentenziò Nick dimostrandosi totalmente disinteressato per quella conversazione.
Quanto poteva essere odioso?
Ok, gli avevo lanciato contro un telecomando, ma lo aveva schivato.
Poteva andargli peggio.
Non appena la macchina venne spenta, Nick balzò fuori. Sembrava quasi che non avesse aspettato altro per tutto il tragitto.
« Lo chiamavano Mr Simpatia» borbottai.
« Per favore, potreste evitare di litigare almeno per oggi?» supplicò Amy riservandomi uno sguardo disperato.
« Non gli ho nemmeno rivolto parola» protestai. « Non è colpa mia se non sembra riuscire a tollerare neanche la mia presenza.»
« Strano» commentò Nathan. « Un tempo era esattamente quello che succedeva a te.»
Evitai di commentare tutta quell'irornia. Non avrebbero comunque capito.
Scesi dalla macchina e la pungente sferzata di gelo aiutò a lenire i nervi tesi.
« Era ora» commentò Dylan quando salii i gradini del portico dove si erano già riuniti gli altri.
Scoccai al mio amico un'occhiata torva. « Con chi sei venuto in macchina?»
« Ho preso la mia» rispose con espressione stranita.
« Bene» sentenziai perentoria. « Al ritorno vengo con te.»
Dylan continuò a fissarmi facendosi sempre più perplesso, ma non osò replicare nulla.
« Qualcuno mi aiuta con le borse?» si lamentò Nathan ancora fermo davanti il bagagliaio dell'auto.
« Vado io» affermò Dylan anticipando sul tempo la rispostaccia che stavo per fornire a mio fratello.
« Benvenuti» trillò Mary uscendo. « Sono così contenta di rivedervi» aggiunse stringendo Amy in un lungo abbraccio.
« Grazie a te per averci invitato» ribatté questa sorridendole. « Mi ci voleva proprio un weekend così.»
Oh si, pure a me.
Circondata da coppie con espressioni trasognanti ed individui di cui avrei fatto volentieri a meno.
Per lo meno, di uno di loro sicuramente.
« Dove portiamo queste?» si informò Nathan indicando con il capo i vari borsoni che lui e Dylan stavano trasportando.
« Ci sono quattro camere» spiegò Mary facendoci segno di seguirla all'interno. « Tutte al piano di sopra» indicò la rampa di scale in legno prima di iniziare a salire.
« Sembra una processione» commentai mentre procedevamo in fila indiana verso il piano superiore.
Dylan sghignazzò. Almeno qualcuno sembrava apprezzare ancora il mio umorismo.
Ci soffermammo lungo il corridoio del piano, mentre Mary indicava le varie camere. « Mi sono permessa di riservare per me e Davon la camera patrimoniale. Ma per il resto potrete scegliere a vostro piacimento.»
Amy sgusciò tra di noi per avvicinarsi alla prima porta sulla parete di sinistra.
La aprì infilando la testa dentro la stanza. « Questa mi sembra perfetta» commentò prima di volgersi verso Nick. « Che ne dici?»
Per fortuna ero appoggiata contro il corrimano della scala, altrimenti non sarebbe stato troppo difficile immaginare come sarebbe andata.
Sentii lo sguardo di Dylan posarsi silenziosamente su di me.
Nessun altro sembrò accorgersene.
Nick sollevò le spalle con noncuranza. « Per me va bene» asserì con semplicità.
Amy tornò ad annuire. L'espressione sempre più gioiosa.
Mi veniva da vomitare.
Avrebbero dormito insieme.
E quando dicevo, "dormito" ne intendevo il senso molto lato.
Era logico. Come avevo potuto non pensarci prima?
A parte me e Dylan, erano tutte coppie.
Praticamente era come una sorta di "isola dell'amore libero".
Fuori casa, senza genitori di mezzo, con una stanza a completa disposizione.
Il serpente tornò a muoversi impunemente nel mio stomaco.
Più mi fissavo sul sorriso di Amy, più avrei voluto soltanto fare marcia indietro e tornarmene a casa.
« Allora noi prenderemo questa» sentenziò Meredith aprendo la porta di fronte.
Qualcuno mi passò un braccio intorno alle spalle, scuotendomi dai miei pensieri.
« Mi dispiace, principessa» iniziò Dylan con tono grave. « Ci hanno battuti sul tempo. Dovremo accontentarci dell'ultima stanza ancora disponibile. Ma non preoccuparti» mi curvò leggermente in un accenno di casquet. « Saprò renderti ugualmente felice.»
Gli altri scoppiarono a ridere mentre io lo allontanano con un non troppo bonario "idiota".
Tutti tranne Nick. La sua espressione rimase del tutto neutrale.
Dylan tornò a prendermi sotto braccio, sistemandosi le nostre borse sull'altra spalla. « Forza, andiamo a vedere questa camera.»
Raggiungemmo l'ultima stanza sulla destra e vi entrammo.
« Molto carina» commentò Dylan facendo ricadere i borsoni sul pavimento in legno, per poter dare un'occhiata attorno.
« Pensi che le camere siano insonorizzate?» domandai picchiettando con una mano contro i pannelli della parete.
Dylan si voltò a guardarmi carico di sgomento. « Che intenzioni hai? No, perché mi sembra giusto informarti che io vado solo con altri uomini.»
Gli diedi un buffetto dietro la testa. « Cretino» lo apostrofai. « Seriamente. Non vorrei dover essere svegliata in piena notte da gemiti o altri rumori simili.»
Sul volto di Dylan comparve un sorrisetto acuto. « Gemiti di chi?» mi provocò.
Gli riservai un'occhiata ovvia. « Se non te ne fossi accorto, siamo circondati da coppie.»
« Oh, quindi non ti riferisci a nessuno in particolare?»
« Ovvio che no» replicai abbassandomi verso il borsone ed iniziando ad armeggiare all'interno.
« Davvero?» insisté Dylan mettendosi a sedere sul letto per guardarmi meglio. « E non te ne importa proprio nulla che Amy e Nick condividano una camera, in una gelida notte invernale, con un letto che, probabilmente, è grande almeno quanto questo» picchettò la mano sul materasso con un sorriso allusivo.
« Proprio nulla» gli feci eco estraendo il bikini che avevo preventivamente portato.
Dylan sospirò. « Sei un'ottima bugiarda. Devo riconoscertelo.»
« Non è una bugia» replicai con aria indifferente. « Nick Evans può sbattersi chi vuole.»
Mi diressi verso il bagno privato, socchiudendo la porta per potermi cambiare ed indossare il costume.
Dylan spalancò la porta in tutta tranquillità.« Si, ma stiamo parlando della tua migliore amica.»
« Ehi» mi lamentai coprendomi il seno. « Se non te ne fossi accorto, sono nuda.»
Lui fece roteare una mano in aria. « Laurel, se il corpo femminile mi fosse interessato a quest'ora non sarei gay.»
Digrignai i denti. « Ok. Ma a me piacerebbe un po' di privacy.»
« Va bene, va bene. Mi giro» sentenziò voltandosi le spalle.
« Potresti uscire, invece?» Strinsi maggiormente la stretta delle braccia contro il mio petto.
Dylan scosse la testa. « No, dobbiamo parlare.»
Sospirai carica di frustrazione. « Ti ho già detto che non mi interessa chi Nick si porti a letto. Neanche se si tratta della mia migliore amica. L'ho avvisata sul suo conto. Sono a posto con la coscienza.»
« Sai che non mi riferisco a questo.»
« Allora non c'è altro su cui discutere.» Infilai rapidamente il costume, per poi scostarlo e tornare nella camera.
« Sicura? Perché saresti ancora in tempo per impedire questo connubio.»
Risi scetticamente. « E sentiamo, in che modo?»
Dylan mi guardò facendosi serio. « Andando da Amy e spiegandole che ti dispiace tanto, ma sei arrivata a Nick prima di lei» sollevò le spalle. « Probabilmente non la prenderà benissimo, dato che hai aspettato tutto questo tempo per confessare. Ma meglio tardi che mai.»
« Sei serio?» mi assicurai guardandolo con tanto d'occhi.
Lui annuì risoluto. « Assolutamente.»
Sbuffai avvolgendomi un telo intorno al corpo. « Il fatto che abbia scopato qualche volta con Nick, non significa che lui sia una mia proprietà. Nè tanto meno che la cosa mi interessi. È successo e basta, ma la cosa non si ripeterà mai più.» Chiusi con forza la zip del borsone sancendo le mie parole.
La fronte di Dylan si corrugò. « Quando dici "qualche volta", esattamente cosa intendi?» domandò cauto.
« È davvero così importante?» sbottai guardandolo critica.
« Altroché. Quanto meno per soddisfare la mia curiosità.»
Roteai gli occhi. Era la peggiore delle pettegole. « Le due volte di cui sei a conoscenza più l'episodio di capodanno» lo accontentai.
« Ferma un attimo» esclamò sconvolto. « Intendi questo capodanno? Cioè, la scorsa settimana?»
« Ovvio che no» replicai risentita. « È successo due anni fa.»
L'espressione di Dylan si fece ancora più confusa. « Due anni fa? Ma non stavi con Jason?»
« È successo prima che mi mettessi con Jason.»
Le informazioni passarono nel suo cervello fin quando non sembrò coglierne esattamente il senso. « Ciò vorrebbe dire che...» fece una pausa per dare una forma ai pensieri che gli stavano affollando la mente. « No. Non è possibile» sentenziò scuotendo la testa. « Non può essere così. Significherebbe che la tua prima volta non è stata con Jason, ma con Nick. E questo non sarebbe possibile dal momento che hai sempre affermato di aver perso la verginità con Jason.»
Gli rivolsi un'occhiata colpevole.
« Sei seria?» strillò spalancando gli occhi.
« Vuoi abbassare la voce?» sibilai. Ci mancava soltanto che Nathan sentisse tutto.
O, peggio ancora, Amy.
Dylan continuò a guardarmi con occhi da invasato. « Hai mentito a tutti.»
« A fin di bene» replicai con semplicità.
Sbatté le palpebre. « Jason lo sapeva?»
« Ovviamente no.»
La mascella di Dylan rischiò di toccar terra.
« Va bene. Fine del discorso» decretai. « Adesso indossa il tuo costume e andiamo a rilassarci nella vasca idromassaggio. Ne ho bisogno.»
L'acqua era piacevolmente calda, al punto tale da rendere innocuo il venticello che trapelava sotto la tettoia.
Mi immersi fino al collo socchiudendo gli occhi. « Questo è il paradiso.»
Dylan sospirò beato. « E se non lo è, gli si avvicina molto.»
« Se dovessi addormentarmi, abbandonami qui» conclusi poggiando la testa contro l'imbottitura della vasca.
Sfortunatamente, quella pace non era destinata a durare ancora per molto.
Dei passi ci informarono dell'arrivo di qualcuno.
Aprii gli occhi per incontrare i volti dei nuovi arrivati e per poco non finii interamente sott'acqua.
« Ciao ragazzi» salutò Amy. Al suo fianco, Nick non fu altrettanto loquace.
« Ehi, piccioncini.» Dylan gli rivolse un sorriso a 32 denti.
Forse era meglio se annegavo lui.
« Possiamo unirci a voi?» domandò Amy.
« Sicuro.» Dylan si spostò facendo spazio. « Venite pure.»
Amy sorrise avvicinandosi per immergere un piede, ma Nick la fermò.
« Lascia stare» sentenziò lanciandomi un'occhiata fredda. « È troppo affollato, qui. Torniamo dopo.»
Amy lo squadrò confusa ma lui non parve neanche notarlo, intento com'era a lanciarmi occhiate di ghiaccio.
« Ok» farfugliò la mia amica. « A dopo ragazzi.»
Nick si era già voltato incamminandosi verso l'interno della casa.
Dylan agitò la mano in aria per salutarli. « Cosa mi sono perso?» domandò quando furono andati.
« È un idiota» sentenziai sprezzante.
Dylan continuò a fissarmi insistentemente. « Sicura non sia successo nulla che dovrei sapere?»
« Non di quello che pensi tu»scattai acida.
« E di che tipo?»
Sospirai carica di frustrazione. « Potrei avergli scagliato contro un telecomando» ammisi atona.
« Potresti?»
« Ok l'ho fatto. Ma non l'ho beccato.»
Dylan spalancò la bocca.
« Mi aveva dato della pazza» mi giustificai mettendomi sulla difensiva.
« Ed hai pensato bene di confermare la cosa.»
Lo squadrai truce. « Io non sono pazza.»
« Detto da una che scaglia telecomandi come fossero il cerchio di Xena, trovo difficile da credere» asserì.
« Sta zitto» bofonchiai.
Tornai ad appoggiarmi contro il bordo della vasca chiudendo gli occhi.
Non avrei permesso a Nick Evans di rovinare quel weekend.
Quando raggiungemmo gli altri al piano di sotto, trovammo le ragazze affaccendate in cucina mentre i ragazzi bighellonavano per la casa.
« Com'era l'acqua?» domandò Mary, impegnata a condire un'insalata.
Sorrisi con espressione pacifica. « Stupenda» decretai rubandole dal piatto una strisciolina di lattuga. « Senza persone fastidiose tra i piedi» aggiunsi lanciando un'occhiatina al punto in cui si trovava Nick.
Questo fece palesemente finta di non sentirmi, preferendo concentrarsi sul canale dello sport.
Che idiota.
« Hai un canestro?» esclamò Nathan poggiandosi con le mani contro la finestra che dava sul patio posteriore.
Mary sorrise. « Si, mio fratello ha costretto mio padre a montarlo. Ma non c'ha mai giocato troppo.»
Nathan non sembrò neanche cogliere le sue parole.
I suoi occhi brillavano pericolosamente per la gioia.
Si voltò lentamente, con un'idea ben precisa stampata sul volto.
« Oh no» lo anticipai puntandogli un dito contro. « Non se ne parla.»
« Eddai» replicò. Non ero neanche riuscita ad incrinare la sua euforia.
Scossi la testa con forza. « Toglitelo dalla mente.»
« Scusate» ci richiamò Davon. « Potreste far capire anche a noi gente senza super poteri da gemelli?»
Gli occhi di Nathan tornarono ad illuminarsi. « Facciamo una partita.»
« Tesoro, credevo che questa vacanza servisse per staccare la spina da tutto, compreso il basket» replicò Meredith guardandolo criticamente.
« Ma sarà qualcosa di facile, nulla di estremo. Prometto.»
« Le tue promesse valgono poco» borbottai.
Un sacco di volte mi aveva fregata con quelle scuse e alla fine si era sempre risolta in una sorta di finale del NBA.
« Io ci sto» asserì Amy stringendosi nelle spalle.
« Seriamente?» ribattei piccata.
Sorrise genuina. « Sembra divertente.»
« Ti assicuro che non lo sarà.»
« Laurel» sospirò Nathan sollevando gli occhi verso il soffitto. « Smettila di rovinare l'entusiasmo altrui.»
Nick si sollevò dal divano passandomi davanti senza neanche degnarmi di un'occhiata. « Va bene, amico» approvò battendo una pacca sul petto di mio fratello. « Vada per la partita.» Senza neanche aspettare gli altri consensi, aprì la porta che dava sul patio uscendo fuori con disinvoltura.
Chissà perché, ero abbastanza sicura che fosse una manovra per remarmi contro.
Non lo avevo mai visto tanto entusiasta di giocare a basket, neanche quando si trattava di una partita ufficiale.
« Prendo il pallone» trillò Mary correndo fuori a sua volta.
Iniziai a guardarli uno ad uno, pronta a giudicare con lo sguardo ogni traditore.
Davon era prevedibile.
Amy si era già detta d'accordo.
Ma Dylan.
« Che c'è?» domandò fermandosi con un piede fuori dall'uscio.
« Giuda» sibilai.
Nathan mi raggiunse, cingendomi le spalle con un braccio. « Coraggio, sorellina.» Iniziò a trascinarmi fuori.
Provai ad opporre resistenza puntando i piedi a terra, ma era tutto inutile. « No e no» mi lamentai cercando di sottrarmi alla sua presa.
« Non fare la bambina.»
« Non voglio.»
« Ti divertirai» tornò a ripetere.
Sospirai sconfitta. « Menti pur sapendo di mentire.»
Il sorrisetto che gli incurvò le labbra confermò i miei sospetti.
Come era prevedibile, si risolse in una sfida maschi contro femmine.
E non sarebbe andata neanche troppo male, se solo tre di quei maschi non fossero stati giocatori di una squadra ufficiale.
Dopo dieci minuti, ero già allo stremo delle forze.
« Passa qui.» Davon si sbracciò dall'altra parte del campo, tenendo a bada Mary senza alcuna difficoltà.
Nick scattò in avanti, evitando con magistrale bravura una Meredith del tutto fuori allenamento. Poi passò la palla all'altro che inevitabilmente andò a canestro.
« Ci stanno massacrando» commentò Amy con il fiatone.
« Ma davvero?» La guardai torva.
« È mia» urlò Nathan intercettando la palla.
Iniziai a correre senza più badare alla stanchezza.
Affiancai mio fratello provando a sottrargli il pallone.
Ma lui fu più veloce, ruotò appena il busto servendo Nick.
Quei due non avevano neanche bisogno di guardarsi.
Anni di allenamenti e partite li avevano resi una combinazione letale.
Nick si avvicinò al canestro senza che nessuna potesse fermarlo e schiacciò.
« Wo» esultò Dylan.
« Guarda che non sei nella tifoseria» gli ricordai critica.
« Laurel.»
Inspiegabilmente, Meredith era riuscita a metter mano sul pallone e me lo lanciò.
Scattai in avanti afferrandolo al volo per poi iniziare a correre tenendo sotto controllo il palleggio.
Riuscii a schivare la difesa di Davon. Mi trovavo quasi davanti il canestro.
L'adrenalina pompava nelle mie vene.
Stavo per farcela. Il canestro era proprio lì.
Poi, improvvisamente, un corpo entrò in collisione con il mio facendomi atterrare sul sedere.
Nick sorrise impunemente, guardandomi dall'alto in basso.
« Scusa» mormorò stampandosi un'espressione ingenua e angelica sul volto.
Ringhiai mentre i glutei si contraevano per il dolore. « Stronzo» lo insultai. « Era fallo.»
Nathan mi allungò la mano per aiutarmi ad alzarmi. La scacciai rimettendomi in piedi con le mie sole forze.
« Azione fallosa» ripetei.
Nick sbuffò roteando gli occhi. « Ti ho appena sfiorata. Non è colpa mia se sei tanto gracilina.»
« Gracilina» ripetei esterrefatta. « Mi hai seriamente definito "gracilina"?» ero sul punto di urlare.
Lui continuò ad osservarmi con espressione annoiata. « A quanto pare hai sentito bene.»
Il tono di sufficienza con cui mi parlò bastò a mandarmi su tutte le furie.
Avanzai rapidamente per colpirlo, ma Nathan me lo impedì afferrandomi per i fianchi e tirandomi indietro.
« Calma tigre.»
Nick continuò a ghignare con strafottenza.
« Lasciami. Voglio gonfiarlo» sbottai continuando a dimenarmi.
Dalle labbra di Nick fuoriuscì una risata scettica. « E come avresti intenzione di farlo? Colpendomi a morte con i tuoi pugnetti?»
Era troppo.
« Vieni qui che ti faccio provare questi pugnetti» lo provocai ribollente di rabbia.
« Basta» ripeté Nathan tirandomi ancora più indietro. « Ti stai rendendo ridicola.»
« Già ragazzina. Sembri pazza.»
A quelle parole fui sul punto di esplodere.
Dall'espressione soddisfatta stampata sul suo volto, seppi trattarsi di un insulto mirato.
« Va bene così.» Dylan mi si parò davanti allargando le braccia.
Evidentemente anche lui aveva colto l'allusione e voleva impedirmi di balzare in avanti come un gatto selvatico.
« Era fallo. Quindi sono tre tiri liberi a tua disposizione.»
Il volto di Nick si incupì. « Da che parte stai, amico?»
Dylan gli rivolse un'occhiata eloquente. « Dalla parte di chi vuole salvarti la vita.»
« Dylan ha ragione» sentenziò Nathan. Abbassò gli occhi su di me inarcando le sopracciglia. « Adesso ti lascerò, in modo che tu possa eseguire i tiri liberi ed il gioco possa proseguire.»
Mi guardò con maggiore insistenza. « Va bene?»
« D'accordo» sibilai.
Evitai di tornare ad incrociare lo sguardo di Nick. Qualunque espressione avessi letto sul suo viso, ero sicura che sarebbe servita solo a riaccendere la collera.
« Ecco.» Davon mi passò il pallone guardandomi con un mix di divertimento e paura.
« Forza Laurel» tifò Amy inneggiando come le avevo insegnato.
Mi avvicinai alla linea di campo con gli occhi fissi sul canestro.
« Sei troppo vicina.»
Socchiusi gli occhi inspirando a fondo.
Perché non volevo proprio lasciarmi in pace?
« Devi allontanarti.»
Sognai di poter rivivere l'episodio del telecomando e, questa volta, di prenderlo in piena faccia.
Certo, avrei potuto provare con il pallone, ma ero una signorina per bene e le signorine per bene non facevano certe cose.
Mi limitai quindi ad indietreggiare di qualche passo.
« Ancora» decretò con voce tranquilla. Eppure sapevo che si stava divertendo in un modo completamente sadico.
« Va bene così?» domandai a denti stretti scoccandogli un'occhiata di fuoco.
La sua espressione rimase indifferente. « Diciamo che può andare» replicò come se mi stesse elargendo una concessione.
« Ma è troppo lontana» protestò Meredith.
Sollevai una mano per frenarla. « Va bene così» affermai decisa.
Nick rise scettico e mi sembrò di sentirlo sussurrare qualcosa come "Certo".
Ma lo ignorai. Ero totalmente concentrata sul canestro.
Quando ero piccola, mio padre faceva esercitare me e Nathan costantemente nei tiri liberi.
Con il tempo però avevo smesso di provarci.
Speravo fosse come andare in bicicletta.
Socchiusi gli occhi per focalizzare meglio la traiettoria.
Inspirai a fondo piegando leggermente le ginocchia e quando tornai su spinsi la palla facendole disegnare un'ellissi.
Incredibilmente, andai a canestro.
« Wooo» urlò Mary saltellando dal bordo campo.
Sorrisi volgendo lo sguardo verso Nick.
Ovviamente, non mi diede alcuna soddisfazione. Si limitò a sollevare le sopracciglia. « La classica fortuna del principiante.»
Non riuscì comunque a smorzare la mia fiducia.
Palleggiai un paio di volte per poi tornando a puntare dritto al canestro, andando in porto per la seconda volta.
« Vai così» mi incitò Meredith.
« Non ci credo che riuscirà a fare tre su tre» asserì Davon con palese stupore.
Neanche il tempo di sentir pronunciare quelle parole e feci nuovamente centro.
« Credici» sospirò Nathan, mentre le ragazze mi si buttavano al collo, festanti.
« È colpa di mio padre. La faceva allenare insieme a me» borbottò accigliandosi.
Recuperai il pallone, incamminandosi tranquillamente verso il punto in cui si trovava Nick.
Il suo sguardo non sembrava avermi abbandonata neanche per un secondo.
Gli porsi il pallone corredandolo con un sorriso compiaciuto. « Chiamala pure fortuna del principiante» sussurrai dolcemente. « Qualunque cosa, pur di non danneggiare il tuo ego.»
Lasciai ricadere la palla che rimbalzò davanti a lui, girandomi e allontanandomi.
Quei canestri non bastarono per farci vincere la partita.
Venimmo comunque schiacciate.
Ma almeno funzionarono come balsamo lenitivo per i miei nervi.
Ero riuscita a prendermi una seppur piccola rivincita contro Nick.
Questo mi avrebbe sicuramente cullato nel sonno.
« Sono stanchissimo.» Dylan sbadigliò sostenendosi al corrimano.
Mi voltai appena per guardarlo di sottecchi. « Succede quando ti improvvisi campione di basket.»
Annuì devastato. « Ho l'anima della cheerleader. Non sono fatto per questi sport violenti.»
Risi, salendo l'ultimo scalino.
« Che programmi abbiamo per domani?» si informò Nathan fermandosi davanti la porta della propria stanza.
« Direi che potremmo anche riposare di mattina» sentenziò Mary con tono assonnato. « Avremo tutto il pomeriggio per organizzare qualcosa.»
« Concordo» decretò Dylan.
Nessuno di noi abbe nulla da ridire.
« Allora buonanotte.» Amy ci sorrise prima di sparire all'interno della stanza.
Una morsa mi strinse lo stomaco.
Ero stata talmente impegnata da dimenticare quella parte.
I miei occhi corsero a posarsi su Nick che si scostò dal muro per seguire la ragazza.
Una piccola parte della mia mente, quella del tutto irrazionale e priva di remore, sperò che facesse un retrofront.
Ma ovviamente non accadde.
Continuai ad osservare la porta della loro stanza finché non venne richiusa.
Dylan sospirò, cingendomi con il braccio. « Dai andiamo» mi esortò.
Annuii camminando come un automa.
Persino quando fummo nella nostra camera, continuai ad osservare il vuoto imbambolata.
« Laurel» mi richiamò Dylan guardandomi attentamente. « Vuoi parlarne?»
Quelle parole mi risvegliarono da quello stato di torpore.
Risi senza calore. « Non c'è nulla di cui parlare» replicai con tono leggero.
Afferrai il cambio dei vestiti spostandomi nel bagno.
Quando tornai nella stanza gli occhi di Dylan continuarono a seguirmi.
Girai intorno al letto fino a raggiungere il mio lato.
Mi infilai sotto le coperte con tutta la disinvoltura possibile.
« Buonanotte» gli augurai spegnendo la luce.
Ancora una volta Dylan sospirò. « Notte.»
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