Capitolo 5- LA NOTTE DEL 31 OTTOBRE

«Io non sono la tua fottuta madre!»

Naomi Watts aveva appena affogato uno spirito, impossessatosi del corpo del figlio.

Continuai ad osservare la televisione con aria annoiata.

Avevo visto quell'horror talmente tante volte da aver perso l'effetto sorpresa originale.

Ormai, poteva farmi lo stesso effetto di una vecchia commedia.

Lo schienale del divano si incrinò leggermente sotto il peso di due braccia.

«Che guardiamo di bello?» 

Mio padre fissò il televisore con un misto di divertimento e curiosità.

Sospirai abbassando leggermente il volume. «Poteva definirsi bello un paio di anni fa, ora è solo noioso.» Come a sottolineare la cosa mi uscì un piccolo sbadiglio.

Alle mie spalle, mio padre ridacchiò. «A me sembra interessate.»

Thomas Vane era famoso in tutta la città  e anche fuori.

Discendente ed unico erede dell'impero edile Vane.

Gran parte della città era stata costruita proprio dai suoi antenati, ed ora lui provava a far altrettanto con il resto del Paese, spostandosi da uno stato all'altro per prendere accordi e seguire i lavori.

Era raro averlo in casa.

Aggirò il divano, mettendosi a sedere accanto a me. «Come fa quella bambina a vedere qualcosa con tutti quei capelli davanti gli occhi?» domandò critico.

Gli lanciai una piccola occhiata sorridendo divertita. «In realtà è una sorta di spirito, un'entità o fantasma se preferisci.»

Lui aprì la bocca a formare una piccola "O" muta.

Vederlo interessarsi ad un film horror era estremamente esilarante.

Il magnate dell'industria che si lasciava sorprendere da una bambina/spettro, era uno spettacolo da non poco.

«Buongiorno» salutò Nathan comparendo in salotto e stropicciandosi gli occhi ancora assonnati. 

Gli scoccai un'occhiata scettica. «Sono le dodici e mezza» gli feci notare.

«Di domenica» puntualizzò lui come se tanto bastasse a dargli il diritto di prendere residenza nel proprio letto.

«Buongiorno, figliolo.» Gli occhi di mio padre continuarono a rimanere puntati sullo schermo.

Batté una mano sul lato libero del divano. «Vieni a sederti con noi. Ti stai perdendo una scena proprio figa.»

Lo guardai con tanto di occhi per quella battuta così fuori dalle sue corde.

Nathan barcollò tra di noi fino a lasciarsi cadere sullo sprazzo vuoto del divano.

«Un film horror alle dodici e mezza, davvero?» domandò guardandomi critico.

«È Halloween» puntualizzai facendogli il verso.

«Shh» ci ammonì mio padre. «Vi state perdendo il meglio.»

Il rumore di un paio di tacchi a spillo ci raggiunse fino al salone.

«Cosa stata facendo qui impalati?» sbottò mia madre fissandoci spazientita.

«Guardiamo un film» spiegò mio padre ancora rapito dalle scene che si susseguivano sullo schermo.

«Un film a quest'ora?»

«È Halloween» sentenziammo io e Nathan all'unisono.

«Volete scherzare?» protestò mia madre. «Avete intenzione di friggervi il cervello davanti a questa cosa?» 

Inavvertitamente si posizionò davanti lo schermo coprendoci la visuale.

«No» esclamò mio padre saltellando sul posto e facendola sussultare. «Tesoro potresti spostarti da lì?»

Vidi gli occhi di mia madre farsi grandi come due piattini ed il suo orgoglio di donna venir calpestato da un branco di cavalli al galoppo.

«D'accordo» borbottò stizzita facendosi da parte.

«Perché non fugge?» domandò mio padre estremamente coinvolto.

Io e Nathan ci scambiammo uno sguardo divertito.

«Beh, perché vuole farla fuori una volta e per tutte» dichiarai portandomi le ginocchia contro il petto.

«Dal momento che è stata proprio lei a liberarla nello scorso film, si sente responsabile» aggiunse Nathan.

Mio padre ci guardò facendo saltellare lo sguardo sui nostri volti. «Vorreste dirmi che c'è un altro film prima di questo?»

Annuii. «Ed uno dopo.»

«Ma allora dobbiamo vederli tutti» sentenziò lui con tono estasiato.

Con la coda dell'occhio vidi mia madre punterai le mani sui fianchi e scuotere la testa. «Nessuno di voi ha qualcosa di meglio da fare?»

«Ma è domenica, ed è Halloween» protestò mio padre facendola sospirare.

Nathan si strinse nelle spalle. «Non al momento.»

Lo sguardo inquisitore di mia madre si spostò su di me.

«No» replicai con tutta tranquillità. 

«Non ti vedi con Amy?» Più che una domanda suonava come una proposta.

«Amy è a trovare la nonna in Florida» conclusi.

Arricciò le labbra. «Oh che peccato.»

«Però Meredith è possibile che passi in serata» asserii con tono colloquiale mentre la studiavo.

La vidi accusare il colpo. «Davvero?» replicò con voce tesa.

Sorrisi sentendo anche lo sguardo di Nathan su di me.

«Oh si. Davvero» confermai tornando a guardare il film.

Sapevo che per quanto le desse fastidio la presenza di Meredith in quella casa, non avrebbe mai osato ammetterlo davanti a mio padre.

Combatterla davanti a Nathan poi, era solo la ciliegina sulla torta.

Lo stregatto sarebbe stato invidioso del sorriso sornione che avevo stampato in volto.

Mio padre mi batté una mano sulla gamba mentre in TV erano partiti i titoli di coda. «Ottima idea. Non la vedo da un'eternità. Salutamela.»

Corrugai la fronte. «Perché, tu dove andrai?»

Si sollevò raggiungendo mia madre, cingendole le spalle con un braccio. «Ho intenzione di portare a cena fuori la mia splendida moglie.»

Il volto di mia madre si illuminò. «Una cena fuori solamente per noi due?» domandò con il tono di una ragazzina in preda alla sua prima cotta.

Improvvisamente il fatto che avesse preferito un film horror a lei non sembrava importarle più.

«Assolutamente tesoro! Ho già riservato un tavolo per due alla Petite Paris.»

Al mio fianco Nathan simulò un conato di vomito.

Ridacchiai mentre mia madre gli scoccava un'occhiata torva.

«Voi due ve la caverete, non è vero?» volle assicurarsi mio padre soppesandoci con lo sguardo.

«Certo» asserì Nathan con tranquillità. «Ci faremo venire in mente qualcosa da fare.»

Ripresi in mano il telecomando tornando a scorrere tra i canali. «Senza dubbio.»


Avevo iniziato con Venerdì 13, proseguito con i primi tre film della saga Nightmare, per finire con il più recente Insidious.

Quella maratona horror mi aveva assorbito per tutta la giornata.

Mi ero spostata dal divano solo per andare in bagno e mangiare qualcosa.

Ad un certo punto i miei genitori erano usciti così come Nathan, lasciandomi sola in casa.

Non che fosse un problema.

«È aperto» urlai quando nella casa echeggiò il rumore del campanello.

Avevo appena attaccato il secondo della trilogia di Insidious, neanche un ipotetico ospite mi avrebbe potuta distrarre.

«È permesso?» domandò Meredith da qualche parte in casa.

«Sono nel salone» urlai di rimando senza staccare gli occhi dalla TV.

«Dove sono tutti?» domandò raggiungendomi.

Feci spallucce portandomi un altro fiocco di popcorn in bocca. «I miei sono a cena fuori, Nathan è uscito per andare non so dove.»

Si accomodò cautamente sul bracciolo del divano, osservandomi come fossi una sorta di animale raro.

«Da quanto tempo stai così?»

«Cosa intendi?» domandai senza prestarle reale attenzione.

«Spalmata sul divano a mangiare porcherie e guardare roba scadente in TV.»

«Ehi» protestai lanciandole una manciata di popcorn. «Insidious è il miglior film horror degli ultimi tempi. Porta rispetto.»

«Sarà anche così» assenti spolverandosi la maglietta su chi erano atterrati i popcorn. «Ma tu sembri lobotomizzata.» Mi strappò il telecomando di mano spegnendo la televisione.

Aprii bocca per protestare ma un rumore sommesso mi azzittì.

«Cosa è stato?» domandò Meredith guardandosi intorno.

«Non ne ho idea» sentenziai voltandomi per studiare la casa.

C'eravamo solo noi due, il televisore era spento e le finestre chiuse.

Meredith scandagliò la stanza con lo sguardo. «Forse era solo il...»

Un altro colpo la mise a tacere.

Meredith scattò in piedi urtando il tavolino in vetro e facendo cadere la ciotola stracolma di popcorn.

«Laurel non è divertente» mi accusò, la voce incrinata per il nervosismo.

«Guarda che io sono qui con te. Come pensi che riuscirei a fare una cosa del genere senza fartene accorgere?» La guardai di sbieco tenendo i sensi ben allerta alla ricerca di un altro rumore.

Qualcosa tonfò a terra rotolando sul pavimento in parquet.

Sussultai sollevandomi velocemente mentre una palla di vetro rotolava verso di noi.

«Che diamine è?» esclamò Meredith.

«Uno dei soprammobili della cucina» sussurrai con voce rauca.

La palla cozzò contro il divano arrestando il proprio movimento.

«Sicura non ci sia nessuno in casa?» 

Guardai la cucina con sospetto. «Lo scopriremo subito» sentenziai dirigendomi a passo deciso verso l'altra stanza.

«Aspetta.»

Mi voltai appena per vederle afferrare uno dei costosi candelabri di mia madre.

Scrollò le spalle davanti la mia occhiata scettica. «Un'arma può sempre tornare utile.»

Roteai gli occhi riprendendo a camminare.

Vi fu un altro colpo secco che ci fece arrestare di botto davanti le scale.

«Magari proviene da sopra» suggerì Meredith guardando con circospezione il piano superiore.

Scossi la testa. «No. Viene da qui dentro» sentenziai.

Il rumore si ripeté nuovamente mandando le mie terminazioni in cortocircuito.

«Adesso basta» ringhiai attraversando l'uscio della cucina.

Mi ci volle appena un secondo per individuare la fonte del rumore: la portafinestra che dava sul giardino, era aperta.

Il vento continuava a sbatacchiarla facendola scontrare con il telaio.

Sospirai socchiudendo gli occhi mentre lasciavo che il panico e l'adrenalina del momento scemassero.

«Il nostro assalitore era la temibile portafinestra» scherzai lanciando alla mia amica un'occhiata divertita.

Meredith si rilassò visibilmente, il candelabro ancora stretto in mano. «Una prossima volta ricordati di chiuderla.»

Mi accigliai leggermente. «In realtà, era chiusa» commentai tornano a voltarmi verso la porta. «Ricordo perfettamente di averci fatto caso quando sono venuta qui a preparare i popcorn.»

Un brivido tornò a corrermi lungo la colonna vertebrale mentre osservavo la porta sbatacchiare.

«È impossibile» replicò Meredith con tono scettico.

«Ti dico che ne sono sicura» ribattei fermamente.

Meredith mi guardò per qualche secondo, senza riuscire a celare il leggero tremito di nervosismo che la percosse.

«Forse l'ha aperta il vento» ipotizzò con voce non troppo sicura.

Scossi la testa avvicinandomi ulteriormente alla porta. «Ha un meccanismo di sicurezza, il vento non avrebbe mai potuta aprirla.»

Meredith tornò a brandire il candelabro mentre mi seguiva. «Questa storia inizia a farsi troppo strana.»

Le feci cenno di tacere mentre afferravo il pomello bloccandolo.

Sporsi leggermente la testa fuori dalla porta perquisendo il giardino con lo sguardo.

Tutto taceva illuminato dalla fioca luce lunare.

Tornai dentro serrando la porta con uno scatto.

«Non c'è niente» decretai burbera.

Le persone reagiscono in modo diverso alla paura, io mi incazzavo.

«Torniamo in salone» sbuffai, decisa a non farmi coinvolgere ulteriormente da quella storia.

Meredith annuì. 

Qualcosa grattò contro la porta dello sgabuzzino.

Meredith fece un balzo indietro afferrandomi il braccio per trascinarmi con sé.

«Chiamiamo la polizia» sentenziò Meredith con il terrore stampato sul volto.

«Non essere sciocca» sbottai liberandomi dalla sua presa per avanzare nuovamente.

«Laurel» mi richiamò quando fui davanti alla porta dello sgabuzzino.

«Passami quel coso» le intimai indicando il candelabro tra le sue mani.

Me lo allungò con aria stravolta. «È una pessima idea.»

La ignorai, impugnando fermamente l'arma mentre con l'altra mano abbassavo cautamente la maniglia.

Prima che avessi il tempo di abbassarla del tutto, la porta si spalancò e delle figure saltarono fuori.

Mi si mozzò un urlo in gola e lasciai ricadere il candelabro.

Alle mie spalle, Meredith gridò atterrando al suolo con un tonfo.

Le figure perfettamente ammantate iniziarono a ridere.

Lentamente il ritmo martellante del mio cuore si andò calmando, permettendomi di realizzare ciò che stava accadendo.

Digrignai i denti scattando in avanti per abbassare il cappuccio della figura centrale.

Nathan era piegato in due dalle risate, ai bordi degli occhi delle piccole lacrime facevano capolino.

«È stato spassosissimo» sghignazzò Davon abbassandosi il cappuccio, a sua volta.

Dietro di lui, Mary gli fece eco ridendo a crepapelle.

«Siete impazziti?» sbraitò Meredith tirandosi in piedi e guardandoli con aria omicida.

Volsi il capo verso l'ultima figura ammantata.

Chiusi la distanza che ci separava, tirando giù il lembo della tunica con forza.

Il volto sornione di Nick fece capolino.

«Idioti» ringhiai puntando il mio sguardo dritto nel suo.

«E con questo cosa ci volevi fare?» domandò Nathan curvandosi per afferrare il candelabro dimenticato a terra. 

Lo sventolò in aria senza smettere di ridacchiare, così come il resto dei suoi compari.

Afferrai l'oggetto strappandoglielo di mano. «Dartene un colpo in testa.»

Meredith scosse la testa andando a sedersi dietro il bancone. «Non posso crederci.» 

Spostai lo sguardo sull'unica ragazza di quel gruppo di dementi. «Seriamente, ti sei lasciata coinvolgere in questa bambinata?»

Mary sbiancò leggermente davanti al mio tono minaccioso. «È stata un'idea di Davon» lo accusò come una bambina che prova a discolparsi.

Assottigliai lo sguardo. «Allora preparati a ringraziare il tuo ragazzo per gli addominali extra che farai in allenamento.»

«Quanto la fai lunga» replicò Nathan avvicinandosi a Meredith.

«Stavamo quasi per chiamare la polizia» lo informò questa, schivando un suo bacio e guardandolo truce.

«Sarebbe stata un'idea sicuramente migliore di affrontare un ipotetico intruso con un candelabro» sentenziò Nick curvando le labbra in un ghigno divertito.

Gli rivolsi un'occhiata in grado di incenerire un elefante, ma questo non fece che ampliare la curvatura tra le sue labbra.

«Idiota» tornai a ripetere.

«Dove le avete trovate?» domandò Meredith stringendo tra due dita un lembo della casacca nera di Nathan.

Nathan le rivolse un sorriso soddisfatto. «Le ha portate Davon.»

«Mia madre le ha cucite tempo fa per me e i miei fratelli» spiegò compiaciuto. «Non le avevamo mai usate. Ci sembravano troppo banali per Halloween. Ma, a quanto pare, funzionano.»

Roteai gli occhi voltandogli le spalle per tornarmene in salotto.

Mi fermai accanto alla palla di vetro ancora riversa a terra. «Se la mamma la trova sul pavimento darà i numeri» commentai riservando un'occhiata allusiva a Nathan prima di riposizionarmi sul divano.

«Che programmi abbiamo per la serata?» domandò raggiungendomi.

«Carey dovrebbe dare una festa a casa sua» ci informò Davon sedendosi sul tappeto e tirandosi in grembo la propria ragazza.

Arricciai le labbra in una smorfia tornando ad accendere il televisore. «Per Carey ogni scusa è buona per dare una festa. Mi rifiuto di passare l'ennesimo Halloween da lei.»

«Neanche a me va poi tanto» assentì Meredith sedendosi accanto a mio fratello.

Nick ci oltrepassò sistemandosi con la schiena contro il ripiano del televisore.

Lo fulminai. «Scusami, la stavo guardando» sbottai.

Per tutta risposta, accavallò le lunghe gambe coprendomi maggiormente la visuale.

Inarcò un sopracciglio con aria di sfida.

«Sei...»

«Un idiota» mi anticipò con tono ovvio. «Lo hai già detto.»

«Non iniziate voi due» si lamentò Nathan sospirando.

«Potremmo andare in qualche locale» tornò a proporre Davon.

«Non ci permetteranno neanche di bere» protestò Mary. «Per non parlare della quantità di ragazzini che gireranno per la strada con i loro ridicoli costumi.»

«A tal proposito, hai già tirato fuori il costume da principessa?» mi scherni Nick con falsa enfasi.

Ridacchiai seccamente affilando lo sguardo. «No. Ma vedo che tu hai già indossato quello da pagliaccio.»

«Ok. Time out» ci intimò Nathan. «Potremmo concentrarci tutti sul da farsi?»

Lasciò scorrere lo sguardo tra me ed il suo amico. «Potrete tornare a lanciarvi frecciatine una volta che avremmo deciso cosa fare.»

Lanciai un'ultima occhiata scura a Nick che ricambiò con il suo solito ghigno sbieco.

Che cretino.

Mi voltai, decisa più che mai ad ignorarlo per il resto della serata.

«Servirebbe qualcosa di nuovo» sentenziò Meredith legandosi i capelli in una coda.

«Qualcosa di nuovo e che faccia realmente paura» si aggiunse Davon. «Non le solite feste con le ragnatele finte e i pipistrelli di plastica.»

Nathan si illuminò scostandosi dal divano per poterci guardare. «La casa stregata» proruppe euforico.

Nick si accigliò. «Intendi andare alle giostre?» domandò cinico.

Nathan scosse la testa con gli occhi ancora luccicanti. «Mi riferisco alla casa che si trova al numero 4 della Murple. Proprio dietro la Pista.»

«La vecchia abitazione della signora Connely» asserii cogliendo il pensiero di mio fratello.

Questo si voltò verso di me annuendo con foga. «Esattamente quella.»

«Chi è la signora Connely?» domandò Mary corrugando la fronte.

Ci girammo tutti a guardarla come se fosse un alieno.

«Non conosci la storia della signora Connely?» ribatté Nathan sconvolto. «Ma dove hai vissuto finora?»

La ragazza si strinse nelle spalle. «Da bambina preferivo cenerentola a delle leggende su delle vecchie.»

Nathan mi diede un colpetto al braccio. «Forza, raccontagliela.»

Lo guardai di sbieco. «Perché proprio io?»

«Eri ru quella che costringeva nostro padre a raccontarla Halloween dopo Halloween.»

«E va bene» capitolai incrociando le gambe sul divano e schiarendomi la voce.

«Al numero 4 di Murple Street viveva la coppia Connely con i loro due figli. Il signor Connely lavorare nelle navi mercantili, così la signora spesso si trovava a trascorrere lunghi periodi di tempo da sola, in quella grande casa, con i suoi due bambini.»

«Erano gemelli» mi corresse Nathan.

Gli lanciai un'occhiata scettica. «Quella era una personale aggiunta di papà per farci ancora più paura.»

Ci rifletté per qualche secondo. «Probabilmente è vero.»

«Ad ogni modo» ripresi. «Era pieno autunno, ed il signor Connely generalmente tornava dai suoi viaggi in quel periodo. La signora aspettò e aspettò, ma le stagioni cambiarono, gli anni passarono ed il marito non fece mai ritorno.»

«Povera donna» squittì Mary.

«Aspetta, devi ancora sentire il resto» replicò Nathan con voce tetra facendo impallidire la ragazza.

«Alle soglie del 1916, la prima guerra mondiale imperversava. I figli della signora Connely erano ormai adulti e decisero di arruolarsi. Si racconta che la signora trascorse giorno e notte affacciata alla piccola finestra del piano più alto, aspettando il ritorno dei suoi ragazzi. Ma ancora una volta, la guerra finì ma nessuno fece ritorno. Non avendo ricevuto nessuna lettera che decretasse la loro morte, la donna si convinse che fosse solo questione di tempo ed i suoi ragazzi sarebbero tornati da lei. Il tempo trascorse e la donna, fattasi ormai anziana, li aveva spesi nel silenzio della propria casa. C'è chi dice che non abbia più messo piede fuori da quando i figli partirono per la guerra. Sempre pronta e allerta alla finestra. Nessuno in città ebbe più sue notizie e lentamente il ricordo della vedova Connely venne spazzato via dalle menti degli abitanti e delle nuove generazioni.»

«Non fa paura» sentenziò Meredith.

«Aspetta. Non è ancora finita» le anticipò Davon con un sorriso divertito.

Guardai Mary dritto negli occhi preparandomi a terminare la storia: «Una notte di molti decenni dopo, un gruppo di ragazzi giunsero in città. Si trattava di alcuni escursionisti che, non abituati alle fredde temperature del Maine, cercarono una calda sistemazione per la notte. Era passata la mezzanotte e le locande erano già tutte chiuse. Così, i ragazzi giunsero nella parte più remota della città, trovandosi proprio davanti casa Connely.»

«Era la notte del 31 ottobre» affermò Nathan.

Gli scoccai un'occhiata infastidita. «Anche questa è solo un'ipotesi. Ma prego, se vuoi continuare tu la storia» lo esortai piccata.

Scosse la testa. «Va pure avanti.»

Sospirai. «Comunque, era pieno inverno, mettiamola così. I ragazzi avevano bisogno di un alloggio per proteggersi dal freddo, così si decisero ad entrare in quella casa che sembrava a tutti gli effetti abbandonata. Scoprirono nel corso di quella notte che fu la scelta peggiore delle loro vite. Cosa sia successo lì dentro, non lo sapremo mai con precisione. Ma una sola ragazza uscì viva da quella casa. I capelli totalmente bianchi per la paura, non era più in grado di parlare. Solo molto tempo dopo, riuscì a raccontare la sua storia scrivendola sul taccuino del medico. Raccontò di una vecchia che li aveva accolti nella propria casa, e di come quella stessa vecchia li avesse fatti fuori uno ad uno.»

Mimai con le dita il taglio di una gola e Mary sussultò.

Sorrisi cupamente. «C'è chi dice trattarsi di uno spirito, altri sostengono che la donna abbia fatto un patto con il diavolo per poter rimanere in vita e attendere il ritorno dei suoi cari. Ma tutti concordano nel sostenere che se guardi verso la piccola finestra in cima alla casa, puoi ancora scorgere il suo volto spettrale.»

«Buuh » esclamò Nick e Mary saltò in aria con un balzo quasi animale.

Tutti scoppiammo a ridere.

«È solo una storia» provò a tranquillizzarla Davon.

Mi strinsi nelle spalle con tranquillità. «Ciò non significa che non sia vera.»

«Ma per favore» espirò Nick. «Non c'è nulla di vero.»

«E tu che ne sai?» ribattei guardandolo con superiorità.

Nick incrociò le braccia al petto sorridendo con indifferenza. «Sono passato un milione di volte davanti quella casa. Posso assicurarvi che non ho mai visto nessuna vecchia in trepidante attesa.»

«Si, ma ci sei mai entrato?»

Tutti ci voltammo a guardare Nathan. 

Nick corrugò la fronte. «Ovvio che no.»

Sulle labbra di mio fratello si disegnò un sorrisetto diabolico. «Facciamolo» propose. «Stasera.»

«Fare cosa?» replicò Meredith in allerta.

«Entriamo nella casa.» 

«Tu sei pazzo» sentenziai ridendo critica.

«Non esiste» mi fece eco Meredith.

«Pensavo che non ti facesse paura» mi punzecchiò Nick.

Assottigliai lo sguardo nella sua direzione. «Ed infatti non ho paura. Ma non sento il bisogno di andare ad importunare nessuna entità intrappolata in quella casa» sbottai secca.

«Laurel ha ragione» asserì Mary stringendosi le braccia intorno al busto. «Che facciamo se la signora Connely decide di farci fare la fine di quei ragazzi?»

«Piccola, è solo una leggenda» tornò a ripetere Davon.

«Allora chi ci sta?» Nathan ci guardò uno ad uno negli occhi.

Nick emise uno sbuffo canzonatorio. «A differenza di qualcuno» i suoi occhi si puntarono su di me, «Non mi faccio intimorire da certe cose. Io ci sto.»

«Anch'io» si aggiunse Davon.

«Neanche per sogno» protestò Meredith.

I miei occhi erano ancora fermi sul volto di Nick. 

Ci sfidammo con lo sguardo.

Non avevo altra scelta.

«E va bene» capitolai stringendo i denti. «Andiamo.»

***

Murple street era totalmente deserta.

Sembravamo essere gli unici esseri viventi del raggio di qualche chilometro.

«È questa la casa?» domandò critica Mary indicando l'imponente struttura davanti a noi.

Il numero 4 aveva visto sicuramente giorni migliori, ma non in tempi recenti.

La facciata, tipica dei primi del novecento, era appena visibile sotto quel cumulo selvaggio di rampicanti.

Le si annodavano intorno come serpenti, stritolandola in una morsa  lugubre.

Molti dei vetri alle finestre erano stati spaccati.

Per alcuni era evidente come fossero stati distrutti dal lancio di una pietra o simili, altri si erano crepati a causa della corrosione del tempo.

E la porta, quella sembrava trasudare marcio.

«Si» asserì Nathan pigiando la torcia sulla propria spalla e accendendola. «E quella è la famosa finestra.»

Il cono di luce illuminò la finestrella rotonda posta nella parte più alta e solitaria della facciata, proprio al di sotto del tetto spiovente.

Un brivido mi attraversò le braccia mentre ce ne stavamo tutti con il naso all'insù per osservare la finestra della leggenda.

«Non c'è nessuno» mormorò Mary con tono quasi deluso.

«Visto» sentenziò Davon strizzandole un fianco. «Te lo avevo detto. Si tratta solo di una storia.»

Nathan abbassò la torcia puntandola verso l'ingresso. «Non ci rimane che scoprirlo.»

«No.» Meredith fece un passo indietro scuotendo la testa con forza. «Io lì dentro non ci metto piede.»

Avrei tanto voluto darle man forte.

Il disagio che provavo nello stare anche semplicemente lì fuori, era solo una piccola anticipazione di quello che avrei potuto provare una volta varcata quella soglia.

Nathan sbuffò esasperato. «Mi sembra che ne avessimo già parlato.»

Meredith continuò a scuotere la testa. «Questo era prima che vedessi tutto ciò con i miei occhi» tornò a lanciare un'occhiata carica di panico alla casa silenziosa. «Fa paura solo a guardarla. Non esiste che ci entri.»

Nathan mi lanciò una muta richiesta di aiuto.

Avrei tanto voluto dirgli che la pensavo esattamente come Meredith, l'ultima cosa che volevo era entrare lì dentro.

Ma sapevo che Nick non aspettava altro per rinfacciarmelo a vita.

Piuttosto che dargli la soddisfazione di chiamarmi codarda, avrei attraversato quella porta senza lamentarmi.

«Coraggio Mer» la esortai lanciandole un'occhiata solidale. «Meglio stare lì dentro con tutti noi, che rimanere da sola qui fuori.»

Sembrò rifletterci per qualche secondo.

«Ci diamo una mossa?!» esclamò Nick palesemente scocciato.

Socchiusi gli occhi traendo un profondo respiro. 

«Hai fretta di farti inseguire da uno spettro?» lo schernii senza riuscire a trattenermi.

Emise una risatina critica. «Sei tu quella che crede a queste stronzate.»

«Va bene, ci vengo» sbottò Meredith staccandosi dalla macchina d avanzando impettita verso la casa. «Qualunque cosa, pur di farvi chiudere il becco.»

Gli altri sghignazzarono mentre io mi limitai a scoccare l'ennesima occhiataccia a Nick.

Mi avviai a mia volta verso le scalinate del porticato.

«Fate attenzione» ci consigliò Nathan tastando la consistenza di uno scalino con la punta della scarpa. Questo scricchiolò in modo poco rassicurante.

«Mentre stavate tutti a preoccuparvi per gli spiriti, nessuno ha valutato il problema più realistico di beccarci il tetano anche solo respirando» borbottò Nick abbassandosi per schivare una trave penzolante con annessi dei chiodi arrugginiti.

«E gli scarafaggi» squittì Mary disgustata da quell'opzione.

Roteai gli occhi.

Eravamo davanti alla casa infestate più famosa dell'intero stato, e loro si preoccupavano di chiodi e scarafaggi.

«Ci siete tutti?» domandò Nathan stringendo il pomello consumato in una mano.

«Vai» lo incitò Davon.

Trattenni il respiro mentre l'uscio veniva aperto facendo un rumore spettrale.

Percepii la pelle d'oca formarsi su ogni centimetro del mio corpo.

Nathan mosse un passo cauto all'interno, la torcia ancora ben puntata davanti a sé.

Ci fece cenno di seguirlo ed uno dopo l'altro avanzammo.

Nick e Davon accesero a loro volta le torce dei propri cellulari.

Mi pentii con tutte le mie forze di aver lasciato il mio in casa.

Una volta oltrepassata la soglia, lo spettacolo di decadenza che mi si presentò davanti bastò per farmi rizzare i peli sulle braccia.

La sala d'ingresso era buia e tetra. Al centro della stanza si trovava un pianoforte con più tarli che tasti, un lampadario antico penzolava da un lato e nessuno avrebbe saputo dire quanti anni gli restassero prima di abbattersi del tutto, alcune sedie erano sparpagliata qui e la, nei loro cuscini erano visibili i buchi formati dai denti dei topi.

Non mi serviva vedere altro.

Iniziai a indietreggiare velocemente. «D'accordo, siamo entrati. Ora possiamo andarcene.»

Feci un dietrofront esemplare scattando verso la porta.

Una mano mi afferrò per il braccio costringendomi a fermarmi.

«La chiamavano cuor di leone» sospirò Nick continuando a trascinarmi per la stanza.

«Mollami» sbottai piantando i piedi a terra. 

Nick mi liberò dalla sua presa senza nemmeno voltarsi a guardarmi.

Una folata di vento sferzò l'aria facendo richiudere la porta d'ingresso con un tonfo.

Sussultai aggrappandomi istintivamente alla prima cosa che mi capitò a tiro.

Nick abbassò lo sguardo sulla mano che gli avevo serrato intorno al braccio.

«Credevo mi avessi detto di mollarti» mi schernì inarcando un sopracciglio.

Abbassai velocemente le mani arrossendo leggermente e ringraziando quella penombra per aver mascherato il tutto.

«Dite che la casa fosse così spoglia anche in origine?» domandò Mary guardandosi intorno con curiosità.

Meredith sbucò da dietro la schiena di Nathan, osservando l'altra in tralice. «Ti stai veramente preoccupando dell'arredamento?» ribatté incredula.

Mary si strinse nelle spalle. «Beh, per avere una casa tanto grande mi aspettavo che avesse avuto un po' più di buongusto.»

Al piano di sopra qualcosa sbatté con forza cogliendoci tutti impreparati.

Lanciai a Mary un'occhiata al vetriolo. «Potresti smetterla di insultare uno spirito mentre ci troviamo in casa sua?»

La ragazza deglutì, gli occhi ancora spalancati rivolti verso il piano superiore.

«Che ne dite di dividerci?» propose Nathan.

Scattai a guardarlo come se gli fosse comparsa una seconda testa sul collo. «Scream non ti ha insegnato nulla?» 

Gli occhi di tutti si puntarono su di me.

«Le nozioni base per sopravvivere» spiegai come se fosse logico. «Non dividersi viene subito dopo evitare la frase "torno subito".»

Nathan sospirò. «Non ci troviamo in un film horror, Laurel!»

«Sicuro? Perché come scenario sarebbe perfetto.»

«La casa ha tre piani» commentò mio fratello ignorandomi platealmente. «Io e Meredith esploreremo questo piano. Nick e Laurel il piano superiore e Davon con Mary andranno al secondo piano.»

«Non esiste» sentenziai infastidita. «Con lui non vado proprio da nessuna parte» borbottai indicando Nick con un dito.

Dalle sue labbra fuoriuscì una risata secca. «Vuoi seriamente fare il terzo incomodo tra di loro?»

Sbuffai arrendendomi all'evidenza dei fatti.

«Ci rivediamo qui quando avremo finito» sentenziò Nathan prendendo Meredith per mano e trascinandola verso una delle stanze sul fondo.

Mary saltellò davanti a Davon salendo i gradini a due a due.

«Aspettami» sussurrò questo con il volto vagamente pallido. 

Adesso quello terrorizzato sembrava proprio lui.

Nick mi indicò la rampa di scale. «Dopo di te» offri elegante.

Se solo non fosse stato per il piccolo ghigno ad imperlargli le labbra, sarebbe risultato persino convincente.

Lo guardai di sbieco stringendomi le braccia al petto. «Hai tu la torcia. Quindi vai pure avanti.»

Lo sentii ridacchiare mentre iniziavamo a salire i gradini malmessi.

Ogni passo che compivo su quei così poteva essere l'ultimo per quanto scricchiolavano.

Lanciai un'occhiata veloce al corrimano, trovandolo impolverato e crepato all'inverosimile.

«Stupendo» borbottai tra me e me.

Ero rinchiusa in una casa degli orrori, in compagnia dell'ultima persona al mondo con cui avevo il piacere di passare del tempo.

Finalmente raggiungemmo il corridoio del primo piano.

Aveva le dimensioni di un cunicolo, diverse porte si stagliavano sulle pareti laterali mentre sul fondo era visibile una vetrata rovinata.

«Mi spiegate il motivo di questa ispezione completa?» domandai scura iniziando a camminare aiutata solo dalla luce proveniente dal cellulare di Nick.

Mi lanciò una piccola occhiata divertita. «Hai paura?»

«No.»

«Sicura? No, perché quando sei spaventata finisci per reagire in modo strano» replicò allusivo.

«Sto benissimo» ribattei a denti stretti.

«L'ultima volta che hai fatto qualcosa di pericoloso, hai finito per avventarti sulla mia bocca. Non che mi lamenti, ma vorrei essere preparato questa volta. Potrei persino cercare una stanza confortevole in cui appartarci» propose muovendo le sopracciglia su e giù suggestivo.

«Cresci» sbottai.

Le sue mani si posarono sui miei fianchi facendomi cozzare contro il suo bacino. «In che punto?» mi sussurrò all'orecchio.

Con un colpo di reni mi liberai dalla sua presa girandomi per spintonarlo. «Idiota.»

Rise di gusto mentre lo superavo di qualche passo.

Un boato si diffuse per tutto il piano facendomi arrestare di botto.

«Cosa è stato?» sussurrai sgranando gli occhi.

Nick mi affiancò, il volto improvvisamente serio. Fece scorrere il cono di luce della torcia verso le varie estremità del corridoio.

«Magari proviene da una stanza» suggerì.

Improvvisamente si udì uno scalpiccio sommesso.

Sembrava quasi che qualcuno stesse avanzando in punta di piedi.

«Chi c'è?» urlai voltandomi di scatto.

Avevo la sensazione che diverse paia d'occhi mi stessero scrutando dall'oscurità.

«Mer. Nathan» chiamai a gran voce.

Nessuna risposta.

Altri due botti riempirono l'aria facendomi fare un balzo degno di un gatto.

Agguantai il braccio di Nick, fregandomene altamente di passare per un coniglio.

«Andiamo via di qui» lo supplicai strattonandolo con prepotenza.

«È solo il vento, ragazzina» replicò abbassando lo sguardo su di me.

Scossi la testa con forza. «Non mi interessa. Troviamo gli altri e andiamocene subito.»

«Laurel, calmati» provò a tranquillizzarmi.

Ma il mio cervello ormai era partito per la tangenziale. 

«Davon. Mary» tornai a chiamare.

In tutta risposta arrivò un botto più forte dei precedenti.

Sentii le gambe tremare mentre la mia presa si rafforzava intorno al braccio di Nick.

«Nick» sussurrai traballante. 

Osservò la porta davanti a se facendosi scuro in volto. «I rumori vengono da qui dentro» decretò muovendo un passo in avanti.

«Fermo. Cosa hai intenzione di fare?» protestai trattenendolo.

«Voglio solo controllare di cosa si tratta» spiegò paziente.

«Non è una buona idea.»

«Solo un secondo. Poi ce ne andremo» promise.

Lasciai la presa, seppur controvoglia. «Poi andiamo via» ripetei.

Lui annuì poi tornò a voltarsi verso la porta.

Abbassò la maniglia con uno scatto secco.

La luce della torcia rischiarò la stanza vuota, non c'era neanche una finestra all'interno.

Nick mosse un ulteriore passo in avanti. «Che strano> sussurrò. 

Improvvisamente la torcia si spense e la porta venne richiusa intrappolando Nick all'interno.

«Nick» urlai avventandomi sulla porta.

«Laurel» lo sentii urlare di rimando.

I suoi pugni battevano contro il legno inutilmente.

Provai ad abbassare la maniglia, ma questa non si mosse di un millimetro.

«La porta è bloccata» strillai in preda al panico.

«Laurel.»

«Non si apre.» 

Provai a spingere la porta a spallate, ma era tutto inutile.

Un alito di vento si levò lungo il corridoio.

Portando con se un bisbiglio basso e graffiante. 

"Laurel.... Laurel"  cantilenò una voce che sicuramente non apparteneva a Nick.

"Laurel" ripeté la voce femminile.

Il mio cuore iniziò a battere come un tamburo.

"Laurel"

Schizzai attraverso il corridoio buio, gettandomi contro la rampa delle scale.

Scesi gli scalini a tre a tre attaccandomi al corrimano per non cadere.

«Nathan» urlai emergendo nell'ingresso.

«Meredith.»

Nessuno rispondeva. 

Mi sembrava di star uscendo pazza, sentivo il cuore nelle orecchie.

«Nathan» urlai a pieni polmoni.

Dal piano di sopra si udì una porta sbattere.

Corsi a perdifiato verso la porta dalla quale eravamo entrati.

Iniziai a tirare con tutte le mie forze il pomello, ma anche questa rimase chiusa.

Ero avvolta nella penombra più completa, senza nessuno che potesse sentirmi.

Ero in trappola.

Tornai al centro della stanza guardando in ogni direzione, alla ricerca di un qualsiasi movimento.

La porta d'ingresso si spalancò in un secondo.

Gettai un urlo raccapricciante indietreggiando fino a cozzare contro il pianoforte.

Serrai gli occhi, preparandomi a qualunque cosa fosse venuta a prendermi, quando sentii un fischio.

«Ragazzi, questo è stato persino più forte del primo.»

Spalancai gli occhi ritrovando le figure dei miei amici davanti l'uscio.

Davon continuò a ridacchiare. «Seriamente, Laurel. Avresti dovuto vedere la tua faccia.»

Battei le palpebre confusa. «Che cosa?!» balbettai senza riuscire ad articolare una frase più complessa.

Nathan mi si avvicinò massaggiandosi la testa con espressione colpevole. «Va tutto bene, sorellina. Era uno scherzo!»

Lo guardai con espressione stravolta. «Ma...»

Lui fece schioccare due dita e un paio di matricole lo raggiunsero. 

«Ricordi Tom e Philippe?! Sono le reclute della squadra di basket. Sono stati loro a fare tutto ciò. Ovviamente sotto mia esplicita richiesta.»

I ragazzi mi rivolsero dei sorrisi incerti.

Feci scorrere lo sguardo dai due esserini a mio fratello. 

«Ma, Nick» replicai indicando le scale.

Giusto in quel momento quelle scricchiolarono. Nick scesa trionfante con un sorriso compiaciuto stampato sul volto.

Lo guardai con tanto di occhi mentre si soffermava a metà della rampa. «Ero io a bloccare la porta dall'interno» spiegò continuando a sorridere come se nulla fosse. «E poi...» recuperò il cellulare dalla tasca e premette un tasto.

"Laurel... Laurel"

La voce spettrale tornò a diffondersi nella stanza, ma questa volta era ovvio che provenisse dall'apparecchio tra le mani di Nick.

«Un'applicazione che ho scaricato, fantastica, non credi?» mi provocò inarcando le sopracciglia.

Improvvisamente iniziai a capire perfettamente tutto quanto.

Mi girai lentamente tornando a fissare Nathan. «Avete fatto tutto voi. Le porte che sbattevano, le finestre aperte all'improvviso per far entrare il vento. Tutto quanto?»

Nathan annuì.

«Laurel, ti giuro che io non ne sapevo nulla» si giustificò Meredith facendosi avanti. «Nathan mi ha costretto ad uscire dalla casa non appena sei salita al piano superiore. Non ha voluto spiegarmi nulla.»

«Neanch'io ne ero a conoscenza» si aggregò Mary.

Sollevai una mano in aria zittendola mentre tornavo a guardare trova mio fratello. «Me la pagherai» sentenziai piatta. «Ognuno di voi» aggiunsi guardando ogni ragazzo in quella stanza.

«E tu.» Bloccai lo sguardo sul volto sornione di Nick. «La prossima volta, ti rinchiuderò in una stanza con le pareti imbottite e ti lascerò ad urlare lì dentro» asserii macabra.

Improvvisamente tutte le finestre presenti nella casa sbatterono facendoci sussultare.

«Non ne avete avuto abbastanza?» ringhiai verso mio fratello.

Nathan mi guardò pallido come un cencio. «Siamo tutti qui. Non può essere stato nessuno di noi.»

Dal piano di sopra arrivò un tonfo.

Ci servì solo un secondo prima di sfrecciare tutti fuori dalla casa.

Uscimmo alla velocità della luce. 

«Adesso non fai più il gradasso» urlai contro Nick che aveva fatto i gradini a quattro a quattro per uscire.

Mi scoccò un'occhiata piccata senza ribattere nulla.

«Andiamo. Andiamo» urlò Nathan infilandosi nella macchina.

Quando fummo tutti dentro, partì sgommando.

Mi voltai un'ultima volta verso la casa e per poco non sobbalzai per la sorpresa.

Non so se fosse adrenalina, suggestione, o qualsiasi altra cosa razionale.

Ma alla finestra rotonda, sul lato superiore della casa, scorsi la figura di una donna.

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