Capitolo 2- CONTI IN SOSPESO

La Weirst High era stata invasa.

Ogni angolo della struttura, dal parcheggio agli edifici interni, era stato tappezzato di cartelloni e volantini.

Osservai Meredith, con braccia incrociate, mentre appendeva uno di quei così giganti nella bacheca dell'ala est.

Il nero e il rosso dello sfondo riflettevano doppiamente i caratteri lucidi e bianchi.

«"Fuoco e Ghiaccio"» lessi con evidente scetticismo. «Sul serio, non potevate trovare un tema migliore almeno quest'anno?»

Meredith mi scoccò un'occhiata scocciata, abbassando la puntaspilli. «È il ballo d'inverno, cosa ti aspettavi?»

Tornai a guardare il cartellone, prometteva una serata unica e speciale.

Praticamente la stessa promessa di ogni anno.

Mi strinsi nelle spalle. «È che questo tema suona un po' apocalittico. Sai, come la storia della fine del mondo nel ghiaccio o nel fuoco.»

Avevo smesso di parlare seriamente da almeno dieci minuti, ma l'espressione esaurita stampata sul volto della mia amica, era sufficiente per farmi divertire ancora un po'.

Pur provando a non farmelo notare, si voltò rapidamente verso il cartellone con occhi preoccupati.

«Trovi?» domandò con tono allarmato continuando a soppesarlo.

Scoppiai a ridere senza più riuscire a frenarmi.

Meredith tornò a rivolgermi un'occhiata ostile. «Molto divertente» sibilò.

«La tua faccia lo è sicuramente.»

«Sai quante ora di riunione mi è costata la scelta di questo tema?» domandò retorica sistemandosi sotto il braccio un'altra scorta di cartelloni ancora piegati.

«Oh ti prego, chiamami quando dovrete scegliere il tovagliato. Non voglio proprio perdermela» asserii con finto trasporto.

Meredith scosse la testa. «Giuro che sto pensando di farti pagare i biglietti almeno il doppio» mi minacciò.

Iniziammo a camminare tra i corridoi semi deserti.

Le lezioni erano finite da un pezzo, a quel punto a popolare la scuola erano rimasti solo quelli dei club extra e gli atleti.

Scrollai le spalle con tranquillità. «Non sarà un problema.»

Meredith mi guardò con sospetto. «Non avrai mica intenzione di non venire, giusto?»

«Ovvio che verrò. Ma almeno quest'anno non dovrò preoccuparmi della tirchieria del mio accompagnatore.»

Per quanti soldi potesse avere, Jason non era mai stato troppo di manica larga.

Aveva provato a risparmiare persino sul bouquet un paio di volte.

«Tu e Jason non avete ancora chiarito?» si informò, soffermandosi accanto all'ennesima parete vuota dove affiggere un altro manifesto.

Incrociai le braccia sotto il petto. «No, e non c'è un bel niente da chiarire. È finita.»

Meredith strappò con i denti una strisciolina di scotch ma non prima di avermi rivolto un sorrisetto. «Se lo dici tu.»

«E questo cosa vorrebbe dire?» replicai accigliandomi.

«Nulla» sentenziò sistemando con cura il cartellone prima di tornare a guardarmi. «Solo che, visto i trascorsi, sappiamo tutti che è solo questione di tempo prima che tornerete insieme.»

Inarcai le sopracciglia con una punta di fastidio. «È questo che pensi?»

«È quello che pensano tutti» chiarì.

Sbuffai. «Beh, grazie per la fiducia» borbottai.

«E dai, sai che avete perso credibilità dopo la terza rottura con pacificazione annessa» si giustificò abbandonando del tutto il cartellone per potermi guardare. «A scuola lo sanno tutti che fate così: litigate, vi lasciate, giurate di non ricaderci più e poi fate pace» mi sorrise per sottolineare come non si trattasse di un'accusa.

Ciò nonostante non riuscii a lasciarmi andare.

«Secondo te è un caso che, nonostante tutti abbiano saputo della vostra rottura, nessun ragazzo ti stia ronzando intorno?»

Quella domanda mi spiazzò.

Meredith mi guardò di sottecchi. «Seriamente lo hai creduto possibile?» aggiunse con tono ovvio.

«Non ci avevo neanche fatto caso» ribattei sentendomi cadere dalle nuvole.

Meredith annuì. «Beh, è perché sono tutti convinti che tornerete insieme. E come se non bastasse, Jason fa di tutto per confermare queste ipotesi.»

«Jason?» ripetei con un tono più alto di qualche ottava.

«Ho sentito che continua a dire in giro che vi siete semplicemente presi una pausa» mi informò studiando con attenzione la mia espressione.

Serrai i pugni con foga. «Quel figlio di...»

Potevo anche capire perché gli altri si fossero convinti del nostro imminente ritorno di fiamma, ma che proprio lui andasse in giro a fomentare queste convinzioni, era ridicolo. 

Durante quell'anno di relazione avevo sempre glissato le curiosità sui motivi delle nostre rotture.

Ma Jason sapeva bene cosa aveva fatto, non poteva realmente credere che ci sarei passata sopra un'altra volta.

Meredith mi guardò con preoccupazione. «Non prendertela, alla fine si tratta solo di voci.»

Annuii distrattamente. «Devo andare agli allenamenti» affermai monocorde iniziando ad allontanarmi.

«Ci vediamo dopo» mi salutò. «E sgambetta anche per me.»

Sorrisi brevemente salutandola con la mano.

Attraversai i corridoi deserti totalmente soprappensiero.

La mia mente era ancora focalizzato su quello che avevo appena scoperto.

Che Jason fosse un coglione patentato non era una novità, ma quello era eccessivo persino per lui.

Rischiai quasi di investire un tizio della banda uscito da una delle aule adiacenti alla palestra.

Questo si scusò al posto mio, dovevo proprio avere una faccia poco amichevole o, più semplicemente, la divisa da cheerleader bastava a intimorirli.

Mi introdussi all'interno della palestra avanzando verso la zona di fondo dove alcune ragazze stavano già facendo stretching.

Quel giorno il tempo era troppo instabile per permetterci di allenarci all'aperto.

Il che era un bene, dal momento che se così non fosse stato avrei dovuto condividere il campo con la squadra di football ed il loro adorabile capitano.

La palestra interna, invece, era territorio della squadra di basket.

Lanciai uno sguardo al campo individuando mio fratello mentre si esibiva in una finta.

Sorrisi brevemente salutandolo con la mano.

«Ehi sorellina» ricambiò urlando.

Il sorriso mi morì sulle labbra non appena individuai un'altra figura.

Sul versante destro del campo, Nick Evans avanzò correndo e sottraendo la palla a mio fratello andò a canestro.

Alle mie spalle le altre cheerleader emisero dei versetti estasiati e qualche fischio di incoraggiamento.

«Non è valido» protestò Nathan mentre Nick tornava a servirgli palla con un sorrisetto sfacciato a incurvargli le labbra.

«È proprio figo» cinguettò Stacia Miller.

Mi girai a fulminarla facendole ammutolire tutte di botto. «Concentratevi sul riscaldamento» ordinai torva.

Ci mancava solo che quel pavone si mettesse in mostra e loro arruffassero le penne in risposta.

Qualcuno buttò il borsone accanto ai miei piedi.

Sollevai lo sguardo per incontrare il volto sciupato di Amy.

«Scusate il ritardo> bofonchiò atona mettendosi a sedere.

La studiai con attenzione.

La divisa blu e  bianca le veniva leggermente più larga.

Era passata meno di una settimana dalla sua rottura con Brian, eppure già sembrava pronta a varcare un baratro senza ritorno.

Il rumore di una suola di scarpa che strideva con prepotenza contro il legno del pavimento mi fece sussultare.

Nick stoppò la palla a pochi centimetri dalla mia faccia.

Gli scoccia un'occhiata truce. «Due centimetri più in là e mi avrebbe beccata» ringhiai.

Sulle sue labbra comparve quel ghigno tanto fastidioso. «Allora sei fortunata che io sia un ottimo giocatore.»

Le altre sembrarono sciogliersi in un brodo di giuggiole questo non fece che accentuare il mio fastidio.

Nick non vi badò minimamente, si voltò invece rivolgendo la sua attenzione altrove.

«Ciao Amy.»

Non potevo crederci.

La mia amica sollevò lo sguardo carico di stupore mentre le altre ammutolivano.

«Ciao... Nick» salutò educata ma evidentemente incerta.

Lui le regalò un sorriso poi tornò a giocare.

Feci saettare lo sguardo dalla figura ormai lontana di Nick a quella ancora sbalordita della mia amica.

«Non posso crederci» trillò Mary. «Nick Evans ti ha mangiato con lo sguardo. Dio, quanto ti invidio.»

In un secondo fu uno sciamare di vocette e suoni estatici.

Tutte si accalcarono intorno ad Amy circondandola come un branco di oche.

«Ti ha già chiesto di uscire?»

«Pensi che ti inviterà al ballo?»

«Hai già deciso cosa indosserai per il vostro primo appuntamento?»

Amy continuò a guardare ognuna di loro carica di confusione.

«Adesso basta» tuonai sentendo la tempia iniziare a pulsare pericolosamente.

Tutte si acquietarono in un secondo senza però risparmiarmi dalle occhiate deluse.

Sospirai stancamente. 

Non avrei retto un'altra ora lì in mezzo.

«Forza in piedi» le esortai. «Iniziamo a provare.»

Un'ora dopo- condita da una quantità spropositata di flip e volteggi- decretai che la tortura era durata a sufficienza.

«Per oggi può bastare» sentenziai. «Dylan, devi lavorare di più sulla presa» puntualizzai rivolgendomi ad uno dei due ragazzi della squadra. 

Il mio amico si asciugò il volto sudato con un lembo della maglia. «Lo farei, se solo Corinne perdesse i chili raggiunti in questi mesi» bisbigliò in modo che potessi sentirlo solo io.

Ridacchiai. «Touchè.»

Mi sistemai il borsone sulle spalle. «A domani.»

«Aspetta.» Stacia si sollevò. «Stasera darò una festa per il mio compleanno, ci sarai?»

La guardai con perplessità. «Il tuo compleanno è tra una settimana.»

La ragazza si strinse nelle spalle. «I miei sono fuori per qualche giorno, ne voglio approfittare.»

Non ero sicura che funzionasse così, ma era inutile farglielo notare.

«D'accordo» conclusi.

Alle spalle della ragazza Dylan fece roteare il proprio dito indice intorno alla tempia mentre Trevor se la rideva.

Abbassai la testa mascherando una risata.

«Andiamo?» domandò Amy affiancandomi.

Sembrava vagamente più serena. 

«Si» assentii provando a non soffermarmi troppo sul motivo di quel cambiamento.

Ci avviammo fuori dalla palestra fianco a fianco.

«Pensi di venire alla festa?» le domandai mentre uscivamo nel corridoio.

Storse le labbra in una piccola smorfia. «Non saprei. Forse non sono poi tanto dell'umore giusto.»

Alle nostre spalle si udì uno scalpiccio sommesso.

«Amy.»

Nick era emerso nel corridoio, lo sguardo puntato sulla mia amica.

Amy batté un paio di volte le palpebre. 

Quel giorno le sorprese sembravano non voler finire mai.

Nick tornò a sorriderle sollevando il lembo destro delle labbra. «Ci sarai alla festa di Stacia?»

Per un attimo mi convinsi trattarsi di uno scherzo.

Avrei voluto ridere convinta che anche loro due mi avrebbero seguito.

Ma l'espressione di Nick non mutò.

Sembrava non essersi neanche accorto che fossi lì, troppo intento a guardare Amy con un ritrovato interesse.

Percepii le mani iniziare a formicolare mentre la mia bocca si asciugava.

Oddio, non era uno scherzo.

«Ehm» Amy balbettò in imbarazzo. «Certo.»

La guardai con tanto di occhi trattenendo per poco un "fai sul serio?"

Nick annuì compiaciuto. «Bene. Hai bisogno di un passaggio?»

«No. L'accompagno io» replicai di getto prima che Amy avesse la possibilità di rispondere da sola.

Lo sguardo di Nick sorvolò velocemente su di me rimanendo indifferente.

«Ci vediamo lì, allora» concluse tornando a rivolgersi direttamente alla mia amica.

Amy annuì sorridendo.

Nick tornò all'interno della palestra e lei liberò un soffio estatico.

«Non posso crederci» asserì non riuscendo a trattenere il sorriso.

«Nemmeno io» borbottai.

Amy non parve rendersi conto del mio tono, continuò a sorridere entusiasta.

«È assurdo, non è vero?» si voltò a guardarmi facendosi dubbiosa. «Non è che gli hai detto qualcosa?»

«Scherzi?» replicai vagamente offesa.

Gli avevo detto si qualcosa, ma non il genere di cosa a cui poteva riferirsi lei.

La conversazione tenutasi nella mia cucina, qualche sera prima, non avevo come scopo di creare quella reazione.

Volevo dissuadere Nick dal fare qualcosa di stupido qualora Amy avesse trovato il coraggio per farsi avanti.

Di certo non mi ero aspettata che fosse lui a prendere la palla al balzo.

Amy tornò ad illuminarsi. «Allora forse è un segno del destino.»

«Si» replicai secca.

Un segno di un'imminente tempesta.

***

«Sono a casa» urlai facendo ricadere pesantemente il borsone a terra.

Mia madre sbucò in quel momento. «Ciao tesoro.»

Il sorriso sulle sue labbra si sciolse come neve al solo quando il suo sguardo atterrò sul borsone. «Non avrai mica intenzione di lasciarlo lì.»

«Lo prendo tra un secondo» sentenziai superandola per dirigermi in cucina.

Il rumore dei suoi tacchi mi informò che mi stava seguendo. Che gioia.

«Papà non è in casa?» domandai versandomi un bicchiere di tè ghiacciato.

Mia madre si accomodò sullo sgabello davanti all'isola in marmo.

«È fuori città per lavoro» spiegò semplicemente.

Era sorprendente quanto poco le importasse dei continui viaggi lavorativi del marito.

«Stupendo» bofonchiai prima di bere un lungo sorso dissetante.

L'assenza di mio padre significava condividere lo spazio abitativo esclusivamente con lei -e con Nathan le rare volte che ci degnava della sua presenza-.

«Hai qualche programma per stasera? Avevo pensato di provare l'asporto di quel nuovo localino francese.»

Risistemai la caraffa nel frigorifero approfittando di darle le spalle per fare una smorfia.

I pasti biologici non le bastavano più?

«Non posso» decretai. «Ho una festa di compleanno.»

«Oh» esclamò facendosi improvvisamente entusiasta. 

Beneficiava più lei della mia vita sociale di quanto non facessi io.

«Molto bene. Ti passa a prendere Jason?»

Ed ecco che il sottile strato di ghiaccio su cui mi ero divertita a camminare si ruppe.

«No. Prendo la macchina» ribattei sperando che tanto bastasse a metterla a tacere.

Ma quella che avevo davanti era Melinda Vane, e Melinda Vane non avrebbe mai lasciato correre.

Il suo sguardo si fece sospettoso. «Come mai?» domandò senza neanche provare a fingere un tono neutrale.

«Ho voglia di guidare» mentii rimanendo atona.

Le sue unghie perfettamente laccate tamburellarono sul ripiano. «È da un po' che non vedo Jason da queste parti» asserì guardinga.

Annuii con convinzione sollevando lo sguardo. «E non lo vedrai per un altro bel po'. Abbiamo chiuso, abituatici.»

Feci per uscire dalla cucina ma lei fu più veloce di me. Mi si parò davanti, le mani puntate sui fianchi e lo sguardo estremamente torvo. «Come, scusa?»

Sostenni il suo sguardo ricambiandolo con uno carico di indifferenza. «È facile: quando due persone non stanno più bene insieme fanno una cosa chiamata "lasciarsi".»

«Non essere impudente» mi rimbeccò facendosi scura in volto. «Quando sarebbe successo?»

«Qualche giorno fa» sospirai stancamente.

Il suo volto tornò ad illuminarsi. «Oh ma allora è recuperabile.»

Assottigliai lo sguardo irrigidendomi. «Scusa?»

Sventolò una mano in aria con disinvoltura. «Risolverete la cosa e tornerete insieme.»

Non era un consiglio, era un imperativo.

Emisi una risata secca. «Non credo proprio.»

Il suo sguardo si fece spigoloso. «Laurel, Jason Sanders è un bravo ragazzo.»

«Volevi dire "un ottimo partito"» la interruppi pungente.

Il suo volto rimase impassibile. «Proprio così, mia cara. Ed un ragazzo del genere non si lascia scappare per delle inutili scaramucce.»

«Inutili scaramucce?» ripetei infervorandomi. «Non ti sei neanche presa la briga di chiedermi per quale motivo lo abbia lasciato.»

«Non ha alcuna importanza» sentenziò brusca. «Devi risolvere questa situazione.»

Scossi la testa. «Come no.»

«Il mondo non è un posto dorato, Laurel. Smettila di sognare e sì realistica. Stare con uno come Jason ti renderà la vita molto più facile.»

Le riservai un'occhiata carica d'odio. «E tu sei un'esperta di relazioni di convenienza.»

La superai uscendo dalla cucina senza voltarmi.

***

Parcheggiai la macchina davanti il vialetto d'accesso di casa Clarence.

«Continuo a trovarla una pessima idea» ripetei per la ventesima volta.

Meredith roteò gli occhi nel sedile del passeggero. «Ed io continuo a trovarti esagerata» sentenziò rivolgendomi un'occhiata caustica. «Credevo che il paternalismo fosse una prerogativa di tuo fratello.»

«Non sono paternalistica» protestai guardandola di traverso. «Nick Evans non è mai una buona idea. In nessun caso.»

«A tal proposito» tirò leggermente la cintura di sicurezza in modo da potermi guardare dritta in faccia. «Vuoi farmi credere che sia un caso questo suo interesse per Amy?!»

Picchiettai le dita sul volante con fare vacuo. «Non so a cosa ti riferisca.»

«Lo sai benissimo.»

Sospirai reclinando il capo verso il poggiatesta. «E va bene. Potrei avergli detto qualcosa» confessai.

Meredith annuì. «Come immaginavo.»

«Ma non gli ho mai detto di farsi avanti» aggiunsi bruscamente. «Non era minimamente mia intenzione arrivare ad un risultato del genere.»

Meredith mi guardò esasperata. «Vuoi piantarla di comportarti come se avesse un appuntamento con un serial killer.»

«Mi sembra di aver già chiarito di preferire Manson» borbottai.

«Non ne vedo il motivo. Nick non è così male ed Amy non è una sprovveduta.»

Ridacchiai caustica. «Amy non ha mai avuto a che fare con uno come lui. Lei crede ancora nelle storie d'amore holliwoodiane con un lieto fine struggente e strappa lacrime.» Scossi la testa. «Con Nick non avrà nulla di tutto questo. Cercherà di infilarsi nelle sue mutande alla prima occasione buona, dopodiché la scaricherà senza troppi complimenti» conclusi.

«Wow» espirò lei sistemandosi contro il sedile. «E la pubblica gogna arriva prima o dopo il terzo atto?» mi sbeffeggiò.

«Sono seria» la ammonii.

«Anch'io.» asserì caparbiamente. «È vero, magari Nick sarà abituato in un certo modo. Ma Amy è una del gruppo, un'amica in un certo senso, non si comporterebbe mai così con lei.»

Proruppi in una risata carica di amaro scherno. «Oh certo, contaci.»

Nick Evans non era abituato a farsi certi scrupoli.

In nessuna occasione.

Meredith mi soppesò per qualche secondo. «Ne parli come se ne avessi esperienza personale» commentò con una punta d'insinuazione.

La guardai con pazienza. «Conosco Nick da tutta una vita. Non ho bisogno di comprovarlo sulla mia pelle per sapere come agisce o pensa» tagliai corto.

Il portico dei Clarence si illuminò ed Amy venne fuori.

Nonostante la giornata ventosa aveva deciso di indossare un gonnellino a fiori non particolarmente lungo ed un top a mezze maniche con un abbondante scollo.

Non la vedevo mettersi così in tiro da tempi immemori.

«Comunque la pensi, cerca di non rovinarle la serata, ok?» domandò Meredith.

Osservai la mia amica attraversare il vialetto, con un sorriso tutto denti.

«Ok» capitolai.

«Buonasera ragazze» ci salutò fiondandosi sul sedile posteriore.

Meredith si voltò per rivolgerle un sorriso entusiasta. «'Sera a te, bomba sexy.»

Amy ridacchiò ed io accesi la macchina per attutire quel rumore.

Avevo promesso di non rovinare il suo umore, ciò non significa che dovevo cambiare il mio.

Le due iniziarono a parlare in tono spensierato mentre io mi concentravo sulla guida.

Stacia abitava in uno dei quartieri periferici.

Una zona che mia madre aveva ribattezzato "per i nuovi ricchi"; tutti coloro che beneficiavo dei soldi da una sola generazione.

Un colpo Fortunato agli affari, una piccola impresa che fa dei giusti investimenti e così via.

«Qui non c'è posto» bofonchiai scocciata superando il vialetto illuminato a giorno.

La maggior parte degli invitati doveva essere già arrivata dato che una ventina di macchine avevano tappezzato entrambi i fianchi della strada senza lasciare neanche un buco.

«Prova sul retro» propose Meredith.

Feci il giro della villa spuntando sulla stradina laterale costeggiata dal bosco.

Il Pick Up di mio fratello era parcheggiato proprio lì davanti.

Lo affiancai spegnendo la macchina.

«Finalmente» esclamai uscendo all'aria aperta.

Mi sembrava di guidare da ore.

«Come sto?» ci domandò Amy stirando nervosamente la gonna.

«Bene, finché non morirai di freddo» risposi in tutta tranquillità.

Meredith mi diede un pizzicotto senza farsi vedere dall'altra.

«Sei uno schianto, tesoro» soggiunse propositiva.

Amy sembrò soddisfatta ed iniziò a incamminarsi verso la casa.

Scoccai a Meredith un'occhiata torva. «E quello per cos'era?»

«Per la tua scontrosità» ribatté avviandosi a sua volta.

Come sempre, il portico era stato invaso dalla stragrande maggioranza dei presenti.

Delle volte ricordavano dei colombi nelle piccionaie.

«Buonasera, bellezze» ci salutò un ragazzo già particolarmente alticcio.

Gli rivolsi una smorfia schifata facendo partire un coro di risate dai suoi amici.

«Andiamo» mi esortò Meredith afferrandomi e trascinandomi per un braccio.

«Dove cavolo è sparita Amy?» sbottai entrando all'interno della villa.

Ci aveva precedute di qualche secondo e già risultava introvabile.

«Sarà andata a cercare Nick» replicò Meredith in tutta tranquillità.

Il suo sguardo fendeva la folla, alla ricerca di qualcuno che sapevo non essere Amy.

La sua risposta mi fece comunque storcere il naso.

«Ragazze, siete arrivate.» Stacia ci saltò addosso non appena raggiungemmo il salotto. «È così bello vedervi» asserì stringendoci in un abbraccio alcolico.

Alle sue spalle, Dylan ridacchiò. «Stac, se continui così le soffocherai.»

«Non dire scemenze» replicò lei, avendo però la premura di staccarsi. «Andiamo a ballare?» propose esaltata.

«Magari tra un attimo» sentenziò Meredith anticipando il mio secco "no".

«Uff» protestò questa facendo il broncio.

«Forza, festeggiata» si intromise Dylan senza smettere di ridacchiare. «Andiamo noi, le ragazze ci raggiungeranno dopo.»

Mi rivolse un'occhiata facilmente interpretabile come "mi devi un favore".

Ed io sorrisi divertita.

«Però» esclamò Meredith. «Il tasso alcolico è più alto che a casa di Carey.»

Annuii. «Si direbbe che Stacia non si sia risparmiata con le bottiglie di superalcolici.»

«E meno male. Non so come avrei retto la musica di Ariana Grande, senza.»

Nathan ci sorrise posizionandosi davanti a noi, accanto a lui Davon Murren ci salutò con un cenno del capo.

«Immagino che quella non sia acqua» sentenziò critica Meredith guardando il bicchiere stretto nella mano di mio fratello. 

«Quella l'abbiamo lasciata per domani mattina» ironizzò Davon facendomi sorridere.

«Sta tranquilla, tesoro» intervenne Nathan notando il volto cupo della mia amica. «Sai che lo reggo bene.»

Meredith inarcò un sopracciglio. «Sei venuto con la tua macchina quindi dovrai comunque guidare.»

«In realtà no. Nick ha detto che avrebbe guidato lui al ritorno, non ha intenzione di bere.»

Emisi una risata critica. «E lui poi come tornerà a casa sua?»

Nathan mi guardò con aria ovvia. «Rimane a dormire da noi.»

Oh no, quello era un incubo. Senza ombra di dubbio doveva trattarsi di un incubo.

«A tal proposito» proruppe Nathan. «Ho beccato Amy che cercava Nick, giusto un momento fa. Cos'è questa storia?» domandò confuso.

Meredith sorrise. «Hanno una sorta di mezzo appuntamento.»

«Cosa?» esclamò Nathan stupefatto.

«Dici sul serio?» si aggiunse Davon.

«Si» risposi io con tono più basso e scuro del dovuto.

Nathan mi guardò vagamente incredulo. «Nick ed Amy? Stiamo parlando delle stesse persone, giusto?»

«Perché ne sei tanto sorpreso?» domandò Meredith perdendo l'originario entusiasmo.

Nathan e Davon si scambiarono un'occhiata prima di scoppiare a ridere.

«Francamente, Mer. Credo che non possa esistere accoppiata più improponibile» affermò Nathan continuando a ridere.

«Non vedo quale sia il problema» ribatté Meredith guardandolo con scetticismo. 

Nathan provò a tornare serio. «Semplicemente, Amy non è esattamente il tipo di ragazza a cui Nick va dietro.»

«Intendi una ragazza per bene?» domandai con una punta di soddisfazione.

Non perché questo facesse di me una poco di buono, quanto perché serviva a confermare le mie teorie su tutta quell'assurdità gigantesca.

Nathan annuì. «Esattamente» assentì senza peli sulla lingua.

Meredith fece scorrere lo sguardo tra di noi. «Siete tremendi» sentenziò.

Nathan le si avvicinò curvando le labbra in un sorriso allusivo. «Mi trovi tremendo?» le sussurrò

seducente.

L'espressione di Meredith si ammorbidì leggermente riuscendo persino a sorridergli complice.

Roteai gli occhi davanti a quella scena da romanzo rosa.

«Credo che andrò a cercare Dylan» li informai. 

«No dai, resta qui» protestò Nathan passando il braccio intorno alle spalle di Meredith.

«Mi piacerebbe. Ma se lo lascio tra le grinfie di Stacia ancora un po', domani mi toccherà cercare una nuova Base per la squadra» sentenziai. «Ci bacchiamo dopo.»

Avevo mentito spudoratamente, avevo solo bisogno di allontanarmi da lì.

Tutti quei discorsi su Nick ed Amy mi avevano arrovellato le budella.

Volevo solo prendermi un attimo di pausa da tutti loro.

La casa di Stacia era abbastanza grande per perdersi ma per fortuna riuscii a raccapezzarmi fino a trovare uno dei bagni del piano.

Quello che non mi aspettavo era di trovare Nick accanto alla fila di persone in attesa.

Corrugai la fronte mentre lui sollevava lo sguardo carico di diffidenza su di me.

Decisi comunque di accodarmi alla fila.

«Non dovresti essere con Amy?» domandai con disinvoltura quando mi fu chiaro che non sarebbe stato lui ad iniziare una conversazione.

Mi guardò senza particolare interesse quasi si trovasse il vuoto davanti. «Infatti, sto aspettando che esca dal bagno.»

Risi seccamente. «Ma che cavaliere.»

Nick tornò ad ignorarmi spostando lo sguardo sulla porta del bagno.

Solitamente avrei apprezzato infinitamente la variante di Nick Evans che si limitava al mutismo selettivo, ma per qualche strana ragione, quella sera mi dava solo sui nervi.

«Spiegami una cosa» sbottai costringendo il suo sguardo a tornare su di me. «Qualche sera fa ti confesso che Amy è interessata a te. Magicamente oggi non solo le dimostri di essere a conoscenza della sua esistenza, ma la inviti persino a venire qui con te. Dovrei credere che si tratti di una coincidenza?» domandai caustica.

L'espressione di Nick rimase perfettamente composta. «Mai detto che lo fosse.»

Per poco non schiumai dalla bocca.

Che razza di stronzo.

«Quindi era solo un pretesto per farmi incazzare?»

Nick ridacchiò. «E per quale motivo ti dovresti incazzare?» rigirò furbamente la domanda.

Mi sentii punta sul vivo ed istintivamente mi ritrassi di un passo.

«Perché ti avevo detto apertamente di non trattarla come una delle tante» spiegai abbassando il tono di voce per non attirare attenzioni indesiderate.

«Non mi pare che me la sia portata a letto. Quindi, sicura sia questo il problema?» mi punzecchiò.

I suoi occhi rimasero freddi ed inespressivi.

Era dalla sera del nostro piccolo battibecco in casa mia che mi aveva riservato sempre e solo quello sguardo.

«Quale altro dovrebbe essere?» lo sfidai infiammandomi.

Si strinse nelle spalle senza staccarmi gli occhi di dosso. «Forse è perché siamo stati a letto insieme ed ora esco con la tua amica. Ma hai chiarito che in realtà si è trattato semplicemente di una vendetta, quindi non ne vedrei il motivo.»

Nonostante il suo tono fosse del tutto casuale ero in grado di leggere l'insinuazione in quelle parole.

Risi senza calore. «Non farti dei film mentali, Evans. Non hai tutta questa importanza al mondo.»

Prima che potesse ribattere qualcuno si intromise tra noi.

«Ehi, Lau.»

Mi voltai incontrando il volto del mio ex ragazzo, Jason.

Perfetto ci mancava solo lui.

Mi irrigidii di scatto. «Che cosa vuoi?» domandai freddamente.

Jason mi rivolse un'occhiata mesta. «Possiamo parlare?»

«No» sentenziai dura.

Lui fece un passo verso di me. «Per favore, Lau. Solo un minuto.»

«Mi sembra che abbia detto di no.» La mano di Nick si chiuse intorno al braccio del ragazzo costringendolo ad indietreggiare.

L'espressione di Jason mutò divenendo fumante. «Che cazzo vuoi, Evans?»

Nick ridacchiò. «Tante cose. Quindi forse dovresti essere un po' più specifico.»

Jason digrignò i denti. «Togliti di mezzo» ordinò con tono minaccioso.

Nick curvò le sopracciglia con aria di sfida. «Altrimenti?»

Giusto in quel momento Amy ci raggiunse guardando la scena a disagio. «Cosa succede qui?»

Sospirai. «Andiamo» sentenziai rivolgendomi a Jason con un gesto del capo. «Ti concedo due minuti, quindi ti converrà essere sintetico.»

Quelle parole parvero bastare per calmarlo. «Va benissimo» asserì seguendomi.

Nonostante ci stessimo allontanando era ancora in grado di sentire un paio di occhi puntati addosso.

«Allora, che vuoi?» sbottai secca non appena raggiungemmo il porticato esterno.

Lì la gente non avrebbe prestato attenzione a noi.

Jason si massaggiò la testa con aria mogia. «Mi manchi. Mi manchi da impazzire.»

«E quindi?» domandai carica di disinteresse.

Jason mi guardò sospirando stancamente. «Quanto deve durare questa storia?»

«Per sempre» sentenziai. «È questo che significa "lasciarsi".»

Scosse la testa. «Mi dispiace, veramente Lau. Ma non puoi semplicemente perdonare in modo che possiamo andare avanti?»

La mia espressione si indurì ulteriormente. «Tu non hai la minima idea di cosa mi hai fatto. Non fai altro che sminuirlo ed io come una stupida ti ho sempre creduto. Ma adesso basta, Jason. È finita sul serio.»

Si protese verso di me. «Non lo pensi davvero.»

«Mai stata tanto seria in tutta la mia vita. E sai un'altra cosa?» feci un passo verso di lui sorridendo ferina. «Sono stata a letto con un'altro.»

Vidi questa informazione registrarsi nel suo cervello e sentii il petto gonfiarmisi per la soddisfazione.

Gli mostrai un sorriso stucchevole. «Prova a pensarci quando vorrai continuare a dire in giro che torneremo insieme.»

Lo lasciai lì sul portico.

Era una magra consolazione rispetto a quello che mi aveva fatto.

Ma era pur sempre qualcosa.

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