Capitolo 11- PROPRIETÀ



«Che ne dici?»
Stacia stese un cartellone davanti ai miei occhi.
La scritta " Car Wash" era talmente glitterata da rischiare di accecarmi.
Corrugai la fronte. «Non abbiamo qualcosa di più sobrio?»
Il sorriso di Stacia svanì. «Delle cheerleader in costume che lavano delle auto, ti sembra qualcosa che possa avere a che fare con l'aggettivo "sobrio"?» replicò critica.
Sospirai richiudendo l'armadietto. «Probabilmente hai ragione.»
Era arrivato l'annuale momento in cui le cheerleaders organizzavano un car wash per raccogliere fondi.
Esibirci in costume facendoci scolare addosso acqua saponata ci permetteva di raccogliere un cospicuo gruzzolo da investire per i vari tornei in giro per il paese.
A pensarci bene era una cosa abbastanza umiliante, ma remunerativa.
Stacia abbassò lo sguardo sul cartellone, passandoci una mano sopra. «E poi, ho passato l'intera notte a farlo» borbottò.
Roteai gli occhi. Certe volte mi sembrava di avere a che fare con un branco di bambine.
Sempre lì a cercare l'approvazione materna.
«È perfetto» decretai sforzandomi per sorriderle.
L'espressione di Stacia tornò ad illuminarsi. «Dici sul serio?»
Annuii. «Si vede che c'hai dedicato molto tempo.»
E molti glitter. Ma tenni per me questo appunto.
Stacia saltellò sul posto. «Non vedo l'ora.»
E poi c'erano quelle come lei, che aspettavano quell'evento per tutto l'anno. Preparandosi a sfoggiare i bikini come modelle alla fashion week.
«Adesso devo andare in classe» sentenziai iniziando ad allontanarmi.
«A dopo» trillò lei.
Mi mescolai alla folla della prima ora.
«Ciao, Laurel» mi salutò un gruppetto di ragazze.
«Ehi.»
Passai davanti ad una fila di aule chiuse, quando, improvvisamente una mano sbucò dal nulla afferrandomi per un braccio e trascinandomi con sé.
Ebbi appena il tempo di emettere un gridolino di sorpresa, prima di venire schiacciata contro la porta di quella che riconobbi essere l'aula di chimica.
Nick mi sorrise sghembo, puntandosi con entrambe le mani accanto al mio volto.
Gli rivolsi un'occhiata sbalordita. «Cosa -»
Le sue labbra misero a tacere le mie proteste.
Si mossero veloci come un battito d'ali, ma impetuose come un uragano.
In pochi secondi mi trovai avvinghiata a lui mentre approfondivo il bacio.
«Mmm» gemetti staccandomi appena per poterlo guardare negli occhi. «Siamo in un luogo pubblico» gli ricordai.
Le sue labbra, nel frattempo, avevano preso a stuzzicarmi il lobo dell'orecchio. «Tecnicamente, è un'aula vuota.» Le sue mani risalirono lungo le mie cosce, insinuandosi sotto l'orlo della gonna.
«Nessuno verrà qui, prima della terza ora» aggiunse contro le mie labbra.
Questa volta non attesi che fosse lui a chiudere la distanza.
Lo baciai con tutta l'avidità che riuscii ad imprimere in quel contatto.
Con una mano risalii la linea dei suoi addominali fino ad approdare lungo i pettorali, stringendo il tessuto della maglietta nei pugni.
Nick curvò leggermente la testa senza staccare il contatto tra le nostre labbra, rendendolo ancora più profondo.
Rinsaldò la presa lungo la mia coscia sollevandola leggermente per premere maggiormente il corpo contro il mio.
Mi ritrovai ad inarcare la schiena senza volerlo.
«Ok. Time out» ordinai senza riuscire a mantenere la voce ferma.
Per Nick fu come se non avessi parlato. Mi inclinò il collo con una mano, mentre la sua bocca iniziava a fare delle magie sul punto tanto sensibile sotto l'orecchio.
Odiavo che conoscesse quella debolezza, eppure non trovai la forza di lamentarmene.
«Nick» espirai socchiudendo gli occhi e arricciando le dita dei piedi quando i suoi denti raschiarono la pelle esposta.
Inspirai a fondo, provando a riacquisire un briciolo di lucidità e lo spintonai delicatamente. «Basta» ripetei emettendo un lamento frustrato. «Devo andare.»
Nick fece scorrere le dita lungo la mia mascella mentre i suoi occhi mi rivolgevano un'occhiata paragonabile solo al peccato originale.
«La lezione sarà già cominciata» replicò tornando a sorridere.
Lo guardai scettica. «Appunto.»
Il sorrisetto si intensificò sulle labbra mentre tornava a curvarsi verso il mio volto. «Allora, tanto vale rimanere qui.»
Sgusciai fuori dalla sua presa puntandogli un dito contro. «Fermo li» gli intimai.
Per tutta risposta, incurvò le sopracciglia con aria divertita. «Cosa vuoi farmi?» ribatté allusivo.
Oh tante cose. Era questo il problema.
Scossi la testa con fermezza. «Non qui. Non ora» sentenziai. «Siamo a scuola.»
La sua espressione rimase del tutto disinvolta. «E allora?»
Sospirai. «E allora, potrebbe vederci qualcuno, farsi un'idea strana-»
«Neanche più di tanto» asserì interrompendomi.
«E dirlo ad Amy» conclusi guardandolo torva.
Alla menzione della mia amica, il sorriso sul suo volto si spense.
Roteò gli occhi, infastidito. «Stupendo. Dobbiamo nasconderci da Nathan, da Amy e perché no, forse persino da qualunque entità ci sia lassù.»
Emisi una risatina sarcastica guardandolo beffarda. «Abbiamo iniziato a scopare da meno di una settimana e sei già in paranoia?»
«Sicuramente avrebbe aiutato avere qualche persona in meno sulla lista» sentenziò, poggiandosi contro la cattedra.
Esalai uno sbuffo scettico. «E di chi è la colpa?»
Si voltò a guardarmi di sottecchi. «Sono sicuro che finirai per dire che sia mia. Come al solito.»
Mi portai le mani sui fianchi guardandolo dritto negli occhi. «Chi è che ha ben deciso di uscire con una delle mie migliori amiche?» lo provocai.
«E chi mi ha dato questa imbeccata?»
Spalancai gli occhi incredula. «Ah, quindi adesso la colpa sarebbe mia?»
Nick mi fissò con tutta tranquillità. «Se solo non avessi giocato a fare la preziosa.»
«Attento, Evans» lo minacciai. «Potrei sempre decidere di tornare a farlo. E allora vorrei vedere come avresti intenzione di andare avanti.»
Dalle sue labbra fuoriuscì una risatina carica d'ironia. «Andiamo, ragazzina. Sai che queste minacce con me non attaccano» asserì con aria scaltra. «Non avrei nessun problema a trovare qualcun altra con cui allentare la tensione» sentenziò allusivo. «E poi.» Si spintonò dalla cattedra tornando a pararmisi davanti. «Sappiamo entrambi che non resisteresti più di tanto.»
Le sue dita passarono leggere sopra i contorni della mia gonna.
Indietreggiai con una smorfia caustica stampata sul volto. «E pensi che io avrei problemi a trovare qualcun altro?» insinuai sorridendo malevola.
Era più forte di noi, non riuscivamo a resistere alla tentazione di rispondere al fuoco col fuoco.
Ma probabilmente era anche questo a rendere il resto tutto più eccitante.
Eravamo puro fuoco, dentro e fuori dalle lenzuola.
Un lampo veloce attraversò lo sguardo di Nick mentre ascoltava le mie parole.
Studiò la mia espressione attentamente.
Per un attimo ebbi l'impressione di notare una sfumatura di fastidio sul suo volto.
Poi però, tornò a sorridere superbo. «È una sfida?»
Mi strinsi nelle spalle con indifferenza. «Se vuoi che lo sia.»
Con passi lenti e calcolati tornò ad avvicinarsi. «Sei libera dopo la scuola?»
Scossi la testa sospirando leggermente. «È il giorno del Car Wash» spiegai scocciata.
Nick inarcò un sopracciglio. «Siamo già in quel periodo dell'anno?»
«A quanto pare.»
Mi scostò una ciocca dal viso, mentre un altro sorriso cospiratore gli affiorava sulle labbra. «Magari passo a dare un'occhiata» propose mellifluo.
Ridacchiai scettica. «Pagheresti seriamente per vedermi in costume quando puoi vedermi gratis senza nulla?»
Il sorriso sulle sue labbra si intensificò facendo luccicare i suoi occhi. «Chi dice che verrei per te?»
Mi ci volle una buona dose di autocontrollo per non spalancare gli occhi, sussultare o mostrare qualsiasi altro segno di disagio.
Il pensiero che potesse seriamente flirtare, o peggio, con altre ragazze in mia presenza mi irritava.
Non ero mai stata tanto territoriale. E di sicuro non era il momento buono per iniziare.
Io e lui non stavamo insieme.
Scrollai le spalle costringendomi a mostrarmi indifferente. «Puoi fare quello che vuoi» asserii con tono neutrale. «Magari anche a me potrebbe capitare qualche occasione buona.»
Il suo sguardo si incupì leggermente. «Ah si?» ribatté inarcando un sopracciglio.
Sostenni il suo sguardo riuscendo a sembrare quasi ingenua. «Chi può dirlo.»
Sorrise senza che questo raggiungesse gli occhi. «Staremo a vedere, allora.»
Avevamo appena dato il via ad una sfida  che aveva tutti i presupposti per sfociare in una guerra.
«Devo andare in classe» tagliai corto sfuggendo al suo sguardo per raggiungere la porta, ma prima che potessi raggiungerla, la sua mano mi afferrò tirandomi nuovamente contro il suo petto.
La sua bocca si posò sulla mia imprimendomi un bacio nudo e crudo.
«E questo cos'era?» farfugliai quando ci staccammo.
Ecco nuovamente il ghigno uscire allo scoperto. «L'antipasto.»

***
Inutile dire che finii per saltare la prima ora e dovetti inventarmi un'emergenza familiare.
Per il resto, le altre ore filarono lisce e quando presi posto al solito tavolo in mensa, potevo ritenermi quasi soddisfatta dall'andazzo della giornata.
Tutto stava filando liscio come l'olio.
«Sei di buonumore» constatò Meredith sistemando il vassoio accanto al mio.
Sollevai le spalle con semplicità. «Che posso dire. Capita anche a me.»
«Bene» decretò  puntando lo sguardo su qualcuno alle mie spalle. «Perché per qualcun altro non è una giornata altrettanto buona.»
Mi accigliai leggermente, prima di seguire la direzione del suo sguardo.
Amy si aggirava per i tavoli della mensa con aria vacua.
Meredith sollevò una mano in aria facendole segno.
«Sembra averla presa meglio dell'ultima volta» commentai, mentre la mia amica avanzava verso di noi.
Meredith mi regalò un'occhiata dubbiosa. «Tu credi?»
Amy ci raggiunse, lasciandosi ricadere con disinvoltura sulla sedia vuota accanto a me. «Giorno» salutò con tono piatto. I suoi occhi erano leggermente arrossati, segno che, dopotutto, si era lasciata andare a qualche nottata di pianto. Ma c'era qualcosa nel suo sguardo di freddo e duro.
Non stava per nulla reagendo come aveva fatto per Brian, sembrava consumare una rabbia gelida.
«Come va?» domandò Meredith con fare titubante.
Amy le scoccò un'occhiata scura. «Sto benissimo.»
Lo sguardo di Meredith indugiò su di lei. «Beh, sai non ci siamo viste molto in questi giorni, da quando...» fece una pausa, lanciandomi una piccola occhiata in cerca di aiuto.
«Da quando Nick mi ha mollata?» concluse Amy sorprendendoci non poco.
La sua espressione rimase glaciale nella sua durezza. «Puoi dirlo. Non c'è problema.»
«Ecco io» iniziò a balbettare Meredith in difficoltà.
«Cercavamo solo di avere un po' di tatto» intervenni.
«Non ce n'è alcun bisogno» sentenziò tagliente. «È andata proprio per come mi avevi avvisata. Mi ha lasciato senza pensarci due volte» rise priva di allegria. «Peccato che sia successo ancor prima che facessimo sesso. A quanto pare, non andavo bene nemmeno per quello.»
«Ti ha dato una spiegazione?» domandò Meredith continuando a guardarla con apprensione.
Lentamente spostai lo sguardo su Amy, quasi aspettandomi che mi puntasse il dito contro.
Ovviamente ciò non accadde.
Sulle sue labbra si disegnò una smorfia sprezzante. «Ha detto che non voleva illudermi, che non se la sentiva di trattarmi come era abituato a fare con le altre» scosse la testa. «Ridicolo.»
«Ok, forse ora stai esagerando.»
A quelle parole entrambe si voltarono a guardarmi.
Gli occhi di Meredith erano spalancati come a segnalare un pericolo imminente. Amy invece assottigliò le palpebre guardandomi attraverso due fenditure taglienti.
«Come hai detto?»
Forse sarebbe stato meglio rimanere in silenzio e commentare la splendida giornata.
Peccato che riuscissi difficilmente a star zitta.
Sospirai rivolgendole un'espressione quanto più comprensiva possibile. «Non ti ha trattata come una delle tante. Questo è un bene, non un qualcosa da contestargli.»
«Lo stai difendendo?» sibilò. «Sul serio? Lo hai sempre voluto mettere sulla croce per qualsiasi cosa, ed ora lo difendi?»
Sostenni il suo sguardo, nonostante questo minacciasse di uccidermi. «Non difendo nessuno» chiarii. «Dico solo che poteva comportarsi da vero stronzo, portarti a letto e solo poi lasciarti. È stato onesto.»
Ok, anche io stentavo a credere alle mie stesse parole.
Avevo speso più di una sillaba per Nick Evans?!
Sentivo l'inferno ghiacciarsi sotto i miei piedi.
Amy scattò sulla sedia come se qualcosa l'avesse punta. «Mi ha illusa» sbottò. «Mi ha fatto credere che potessimo avere un qualcosa, per poi farmi crollare il mondo addosso.»
Ecco a cosa mi riferivo quando parlavo di esagerazione.
Le rivolsi un'occhiata critica. «Ed in che modo te lo avrebbe fatto credere?» replicai retorica. «Chiamandoti con qualche nomignolo, dandoti qualche bacio, accompagnandoti a qualche festa? Oppure non definendoti mai la sua ragazza e non affrontando discorsi seri su quello che eravate?» inarcai entrambe le sopracciglia con aria inequivocabile.
Amy sembrò sul punto di esplodere.
«D'accordo, perché non ci calmiamo?» propose Meredith facendo scorrere rapidamente lo sguardo tra di noi.
Tornai a trarre un piccolo sospiro dimesso. «È vero, ti avevo avvisato su di lui» concessi. «E, anche se hai voluto fare di testa tua, ignorando i miei avvertimenti, alla fine ha saputo gestire la situazione meglio di quanto non credessi. Troncare ora è stato un bene ti ha evitato di affrontare conseguenza ben peggiori.»
Non stavo cercando di giustificare me stessa ed il mio comportamento giustificando Nick.
Pensavo esattamente ciò che stavo dicendo.
Amy scostò bruscamente la sedia mettendosi in piedi. «Un bene» ripeté caustica. Irrigidì la mascella guardandomi fissò. «Se non te ne fossi accorta, sto già una merda. Quindi cosa mi ha risparmiato?» sbottò carica d'astio.
Le rivolsi un'occhiata in tralice. «E poco tempo fa, stavi male anche per Brian.»
Le posate di Meredith caddero sul tavolo echeggiando nel silenzio che si era venuto a creare.
Amy svuotò tutta l'aria che aveva nei polmoni. La sua espressione si era fatta un mix di atterrimento e shock.
Meredith mi fissava a bocca aperta, sgomenta.
Avrei voluto poter dire che mi era semplicemente sfuggito, ma non fu così.
Ero perfettamente cosciente di quanto detto.
Mantenni lo sguardo su Amy, osservandola farsi sempre più paonazza man mano che lo shock cedeva il posto alla rabbia.
Con la coda dell'occhio, vidi Nathan e Nick fermarsi a qualche passo di distanza dal tavolo.
Gli sguardi che si spostavano dal corpo teso di Amy all'espressione statica sul mio volto.
Amy sibilò serrando i pugni. «Sai» iniziò afferrando la borsa con gesti sbrigativi. «Non tutte riusciamo a scrollarci dalle spalle tanto facilmente una rottura.» Mi assestò un'occhiata secca. «Nessun altro ha il cuore di pietra come il tuo.»
Volò via senza più voltarsi, mentre gli sguardi di buona parte della mensa la seguivano.
Nathan fischiò sommessamente mentre prendeva posto. «E dire che per poco non ce lo perdevamo.»
Meredith lo guardò torva, mentre io mi limitai a sospirare.
Nick mi si sedette di fronte. Lo sguardo vagamente teso.
Ricambiai il suo sguardo scuotendo impercettibilmente la testa.
«Dovevi proprio?» domandò Meredith stancamente.
«Non iniziare» la avvisai.
Non avevo alcuna voglia di discuterne oltre.
«Le passerà» sentenziò Nathan con tranquillità.
«Cosa sono quelle facce cupe?» David Gardner, ala sinistra della squadra di basket, si accomodò nel posto lasciato vuoto da Amy, scambiando un cinque con mio fratello e assestando a Nick una pacca sul braccio.
I suoi occhi atterrarono su di me. «Come va, bellezza?»
«Ciao David» lo salutai abbozzando un sorriso.
Non volevo soffermarmi a pensare ulteriormente alla scenata di Amy.
Nathan aveva ragione, le sarebbe passata.
Il ragazzo portò un braccio dietro la sedia per guardarmi meglio.
«Allora, oggi è il gran giorno, mmm?» sorrise ammiccante.
«Ti riferisci al Car Wash?» domandò Mary arrivando giusto in quel momento con Davon ed il resto della squadra di Cheerleaders.
Ero grata che quella piccola folla non fosse stata presente qualche minuto prima.
David annuì. «A cosa, se no?»
Risi scuotendo appena la testa. «Allora esiste ancora qualcuno a cui piace questa tradizione.»
«Non è che mi piace, attendo proprio tutto l'anno impaziente di vedervi sfoggiare costumi succinti mentre insaponate per bene le auto.»
«Oh allora impazzirai per il mio costume» asserì Dylan con fare ironico. «Pensa, indosserò solo il pezzo di sotto.»
Tutti scoppiammo a ridere.
David tornò a guardarmi, il sorrisetto ancora in bella mostra. «Anche tu indosserai solo il pezzo di sotto?»
«Gardner» sbraitò Nathan lasciando ricadere il panino che aveva tra le mani.
«Che c'è?» replicò lui.
«È mia sorella.»
Davanti a me, Nick aveva lo sguardo fisso sull'altro ragazzo. La mascella rigida e le dita che giocherellavano insistentemente con un coltello.
Sembrava star silenziosamente decidendo come utilizzarlo.
Inarcai un sopracciglio nella sua direzione con fare critico, ma non sembrò neanche accorgersene, troppo intento a fissare David.
Quest'ultimo allargò le braccia. «Cosa vuoi che ti dica?»
Nathan assottigliò lo sguardo. «Lascia stare.»
David roteò gli occhi. «D'accordo. Dylan, credo proprio che dovrò accettare la tua proposta.»
Un altro coro di risate si librò nell'aria.
Scossi la testa ridacchiando, ma il sorriso si incrinò non appena i misi occhi tornarono a posarsi sul volto scuro di Nick.

***
Il cartellone di Stacia era stato affisso in bella vista davanti l'ingresso dell'autolavaggio.
Posai una seri di secchi davanti la mia squadra.
«Ok, ragazzi. Sapete tutti come funziona; riempite i secchi, aggiungete il sapone e mettetevi a lavoro.» Li guardai uno ad uno. «Mi raccomando, non voglio lavori approssimati. Trattate ogni macchina che vi porteranno con la dovuta attenzione, prendendovi il giusto tempo. So che molti di quelli che verranno non saranno realmente interessati alla pulizia della propria auto.»
Le ragazze ridacchiarono mentre Travor sospirava afflitto.
Alzai le spalle. «Ma comunque non deve importarci. Siate ugualmente professionali. Andate.»
Ad uno ad uno, raccolsero i secchi prima di sparpagliarsi nell'ampio piazzale dove già erano arrivate le prime macchine.
Dylan mi si avvicinò. «Ottimo discorso, capitano» mi schernì sorridendo divertito. «Peccato che molte di loro pensano già a come strofinare un parabrezza con le tette. Tutto nel modo più professionale possibile, si intende.»
Sospirai arrendevole. «Lo so benissimo. Ma ogni tanto mi illudo di non avere tra le mani una squadra di oche.»
Dylan sghignazzò prima di guardarsi intorno. «Amy non è ancora arrivata?»
«E non credo che arriverà mai» risposi, afferrando un secchio a mia volta. «Ti sei perso una bella sfuriata in mensa. È già tanto se non mi ha sbattuto i pon-pon in faccia.»
«Ho saputo. Dicono che ti abbia dato della Regina di ghiaccio» Mimò le virgolette con le mani continuando a sorridere.
Raccolsi il tubo iniziando a riempire il secchio. «In realtà era del "cuore di pietra". Ma la versione sfornata dalla fabbrica del pettegolezzo, credo mi piaccia di più.»
Tornai a sollevarmi, passando a Dylan il secchio stracolmo mentre raccoglievo due spugne.
«Cosa pensa Nick di tutta questa storia?» domandò a bruciapelo mentre ci avviavamo verso una delle macchine appena parcheggiate.
Sollevai le spalle con tranquillità. «Non ne ho idea. Non è che io e lui parliamo molto.»
Dylan mi rivolse un'occhiata sorniona. «Oh, certo. Siete troppo impegnati ad usare la bocca in altri modi.»
«Idiota» lo apostrofai secca, immergendo la spugna nel secchio.
«Parli del diavolo.»
Sollevai rapidamente il capo verso Dylan con un cipiglio confuso. Lui fece cenno con il capo, alle mie spalle.
Mi voltai giusto in tempo per godermi l'entrata trionfale di Nick.
Gambe fasciate in un paio di jeans neri, maglietta bianca appena visibile sotto la cerniera della felpa ed il classico ghigno disteso sulle labbra.
Mosse appena qualche passo nello spiazzale, prima di venir circondato da uno sciame di ragazze festanti in bikini.
Le potevo sentire starnazzare persino da lì.
C'era chi gli poggiava leggera una mano sul braccio, chi rideva facendo ondeggiare la chioma e  persino alcune che provavano a rendere ancora più evidenti i loro già eccessivi bikini.
Dylan emise un basso fischio. «Però, non hanno perso tempo. La carcassa di Amy è ancora calda e loro ci ballano sopra come iene.»
Sentii le mani formicolare mentre un'ondata di fastidio inoppugnabile si cementava nel mio stomaco.
Com'era ovvio che fosse, Nick non era per nulla infastidito da quelle ritrovate attenzioni. Se la stava godendo completamente, scambiando sorrisi sfrontati e occhiatine provocanti ad ognuna di quelle....
Ok, dovevo stare calma. Erano pur sempre ragazze della mia squadra. Amiche.
E avevo già stabilito di non poter essere territoriale con lui.
Una di loro avanzò di qualche ulteriore passo verso Nick. Vidi la sua mano giocherellare con la cerniera della felpa e a quel punto non ce la feci più.
Lanciai la spugna nel secchio, scattando in piedi e digrignando i denti.
«Oh-o» sentii Dylan esclamare alle mie spalle.
Ma lo ignorai.
Marciai decisa verso il piccolo gruppo, concedendomi appena qualche passo prima di simulare un sorriso stucchevole.
«Cosa sta succedendo?» esordii con tono colloquiale.
Gli occhi di Nick atterrarono su di me, mentre la ragazza continuava a giocherellare con la sua zip.
La cosa non sembrò preoccuparlo minimamente, anzi, il suo sorriso si intensificò incontrando il mio sguardo.
E no, non un sorriso caloroso da "quanto è bello vederti".
Intendo proprio l'insopportabile sorriso sghembo e soddisfatto.
«Stavamo salutando Nick» spiegò Sarah. Ossia colei che sembrava tanto affascinata dalla sua felpa.
Risi seccamente, incrociando le braccia sul petto. «Ma davvero?» Rivolsi a Nick un'occhiata truce. «Peccato che siate qui per lavorare e, se non sbaglio, Nick non ha alcuna macchina da lavare. Quindi....»
«Ma» provò a replicare Sarah, ma il mio sguardo la fece desistere dal terminare qualunque lamentela.
Lentamente tornarono a sparpagliarsi, ognuna con un'espressione abbattuta stampata sulla faccia.
«Ci vediamo, Nick» cinguettò Sarah abbassandogli completamente la cerniera con aria smaliziata, prima di sculettare oltre.
Nick la seguì con lo sguardo per un altro istante o due, poi tornò su di me.
«Ero passato a fare un saluto» spiegò continuando a sorridere.
«Lo vedo» replicai pungente serrando la presa intorno alle mie braccia.
Nick inarcò un sopracciglio con fare divertito. «Qualcosa non va?»
L'ironia del suo tono poteva essere affettata con un coltello.
Anche se avrei preferito affettare lui.
Evitai apertamente di rispondere a quella domanda.
«Hai intenzione di rimanere?» replicai, invece.
Si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, sollevando le spalle. «Forse.» Le sue labbra si curvarono ulteriormente mentre i suoi occhi mi sfidavano a ribattere qualunque cosa ampliasse la sua soddisfazione.
«Bene» sentenziai seccamente. «Cerca solo di non distrarre ulteriormente le ragazze. Devono lavorare.»
Ridacchiò scuotendo appena la testa. «Ci proverò.»
«Stupendo» borbottai tornando verso la macchina che avevo abbandonato a Dylan.
Il mio amico mi riservò un'espressione curiosa.
«Lascia stare» tagliai corto, ripescando la spugna e mettendomi a lavoro.

«Lo sai che Nick è ancora qui, vero?» si informò Dylan dopo un po'.
Continuai a strofinare il lunotto della macchina, senza sollevare lo sguardo.
«Si» ammisi.
Dylan inarcò le sopracciglia continuando a fissare il punto in cui si trovava Nick. «Ed il fatto che Sarah gli stia praticamente appicciata, non ti dà alcun fastidio?»
Sfregai con più forza mantenendo un'espressione tranquilla. «Perché dovrebbe?» replicai sollevandomi per passare ai fanali. «Nick può fare o farsi chi vuole» decretai.
Dylan mi lanciò un'occhiata critica. «Quindi, nessuna missione punitiva per Sarah?»
Sollevai lo sguardo puntandolo verso la ragazza. Le ci erano voluti pochi minuti prima di tornare all'attacco, ronzandogli intorno come un'ape con il miele.
Emisi un piccolo grugnito. «Come ho già detto, io e Nick non stiamo insieme. Può andare con chi vuole, anche qualora la sua scelta risulti scadente come in questo caso.»
«Uh, tagliente» esclamò Dylan mimando l'artiglio di un gatto.
Improvvisamente, un getto d'acqua fredda mi arrivò addosso.
E no, non era una metafora. Qualcuno mi aveva letteralmente svuotato un secchio d'acqua addosso.
«Travor» urlai, chiudendo gli occhi per evitare che il sapone vi finisse dentro, mentre il ragazzo se la rideva.
«Scusa, capitano» sghignazzò. «Ma è la tradizione.»
Tornai ad aprire gli occhi puntandoli su di lui come due fari.
«Amico ti conviene correre» sentenziò Dylan ridendo.
«Ed hai tre secondi» sibilai.
Travor abbandonò il secchio a terra iniziando a scappare.
«Tre» tuonai scattando in piedi e correndogli dietro.
Come prevedibile, si trasformò presto in una battaglia generale a colpi di secchiate d'acqua saponata e spugne zuppe.
Ai clienti non sembrò dispiacere; ragazze in bikini che lottano rimanendo zuppe, penso fosse il sogno erotico più condiviso subito dopo la guerra nel fango.
«Wo-wo.» Nick sollevò una mano indietreggiando di qualche passo. «Cosa vuoi fare?» domandò cauto.
Continuai ad avanzare con un secchio ricolmo, sorridendo pericolosamente. «Tu cosa credi?» lo provocai.
«Ragazzina, a differenza tua non sono in costume» provò a farmi ragionare.
Mi fermai corrugando le labbra con una smorfia pensosa. «Hai ragione» assentii.
Lui continuò a studiarmi guardingo ma smise di indietreggiare.
Sorrisi diabolica. «Quindi sarà ancora più divertente.»
Ebbe appena il tempo di sgranare gli occhi prima che strattonassi il secchio bagnandolo dalla testa ai piedi.
Alle mie spalle partirono dei fischi di approvazione.
Scoppiai a ridere, mentre Nick sollevava lentamente il volto.
Le goccioline ricadevano dalle punte corvine dei suoi capelli, gli occhi grigi, velati da una sfumatura pericolosa, lo facevano somigliare ad un angelo vendicatore.
Si passò la lingua sulle labbra. «Questo non avresti dovuto farlo.»
Fu il mio turno di spalancare gli occhi. «No, Nick» lo ammonii. «Non pensarci nemm-»
Non mi diede neanche il modo di terminare la frase, in un secondo mi fu addosso caricandomi di peso contro la sua spalla.
«Mettimi giù» protestai scalciando e picchiando i pugni contro la sua schiena.
«Ti avevo detto di non farlo» ricordò con tono quasi cantilenante.
Sapevo che stava ghignando, potevo praticamente percepire quel sorrisetto contorto.
«Nick» mi lamentai provando a sottrarmi dalla sua presa. Fu tutto inutile.
«Non ti sembra di essere troppo asciutta?» domandò falsamente colloquiale.
Vidi gli altri ridere e scostarsi al nostro passaggio. Nessuno che provasse ad aiutarmi.
Che banda di traditori.
«Mettimi giù» ripetei.
«Subito.» La sua presa si allentò permettendomi di toccare terra.
Stentavo a credere che mi avesse ascoltato, provai a balzare in avanti per scappare.
Ma, prontamente, lui mi riacciuffò immobilizzandomi con un braccio stretto intorno alla vita mentre l'altra mano armeggiava con il tubo.
«No, no» mi ribellai cogliendo le sue intenzioni.
«Troppo tardi, ragazzina» sussurrò prima di aprire il getto d'acqua puntandomelo addosso.
Mi dibattei come un'anguilla ma lui non ebbe alcun problema a trattenermi.
«Basta» annaspai.
Sentii il suo petto alzarsi e abbassarsi sotto la vibrazione della risata e finalmente quella tortura finì.
Mi tamponai la faccia con le mani mentre la pelle formicolava per il freddo.
«Sei uno stronzo» lo insultai scoccandogli un'occhiata stizzita.
Lui continuò a ridacchiare avvicinandosi nuovamente. «Non è certo la prima volta che ti bagno» sentenziò muovendo le sopracciglia con fare allusivo.
Assottigliai lo sguardo provando a tempestargli il petto di pugni ma lui me lo impedì senza alcuno sforzo, trovando pure il tempo per ridersela.
«Ma che bel quadretto.»
Ci voltammo contemporaneamente ed il mio stomaco si annodò.
Craig Lambert era davanti a noi e ci fissava, il capo leggermente reclinato da un lato ed il sorriso dal taglio predatore.
Sentii Nick irrigidirsi mentre mi lasciava i polsi per fronteggiarlo. «Cosa ci fai qui?»
«Calmo amico» replicò Craig dimostrandosi fin troppo divertito dal tono minaccioso utilizzato da Nick. I suoi occhi si spostarono su di me, mentre la lingua scattava contro i denti. «Ciao Laurel.»
L'espressione di Nick divenne ancora più dura. «Non costringermi a ripetermi» ringhiò serrando i pugni lungo i fianchi.
Gli occhi di Craig brillarono malignamente. «È un Car Wash, o mi sbaglio?» indicò alle sue spalle la propria auto coperta di fango. «E la mia macchina ha proprio bisogno di una bella pulita.»
Corrugai la fronte osservando l'auto con criticità. «Sei intenzionalmente passato sopra a delle buche infangate?»
Le labbra di Craig si curvarono ulteriormente. «Forse» ammise senza alcun problema. Ne sembrava proprio compiaciuto.
Mi guardò con maggiore insistenza. «Potreste pulirla?» si informò continuando a sorridere.
«Certo» risposi.
«No» mi fece eco Nick ignorando le mie parole. Lo sguardo ancora puntato su Craig, prometteva solo guai.
«Mi dispiace, amico. Ma l'ultima parola spetta a lei» asserì quest'ultimo stringendosi nelle spalle.
Il petto di Nick vibrò nell'anticipazione di un ruggito. «Non ti conviene sfidarmi.»
Ed io gli credetti, sembrava pronto a staccargli la testa da un momento all'altro.
Sospirai. «Nick, questo è un autolavaggio» gli ricordai muovendo un passo avanti per potermi inserire tra loro. «Facciamo soldi pulendo auto altrui» indicai Craig con un gesto del capo. «Compresa la sua.»
Craig batté le mani. «Stupendo» sentenziò. «Ho ancora un'altra richiesta.»
«Dimmi» replicai distrattamente, troppo impegnata a sostenere lo sguardo torvo di Nick.
«Vorrei che fossi tu a pulirla» specificò prima di sorridere predatorio. «Hai veramente un corpo da favola, piccola. Mi piacerebbe vederlo muoversi contro la mia macchina.»
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Nick gli fu al collo in un secondo, afferrandolo prepotentemente per la parte superiore della maglietta, appendendolo contro il muro.
«Nick» gridai sgomenta.
Il suo volto era deformato dalla rabbia. «Devi starle lontano» sibilò pericolosamente basso. «Non devi neanche guardarla.»
Craig continuò a sghignazzare confermando la sua follia. «Sei veramente esilarante, Evans» affermò con un tono da invasato.
Afferrai il braccio di Nick strattonandolo ma non servì a nulla.
Curvò il proprio voltò verso quello ridente di Craig.
«Lei è mia» ringhiò prepotentemente.
Rimasi di sasso spalancando gli occhi.
«Ma ti senti?» sbottai mentre la rabbia iniziava a montarmi dentro.
Nick sembrò ricordarsi solo allora della mia presenza.
Allentò la presa su Craig per voltarsi a guardarmi.
Scossi la testa emettendo una risata secca. «Io non sono un oggetto» esclamai infervorata. «E tanto meno una tua proprietà.»
Lo lasciai lì senza più voltarmi.
Se voleva picchiare Craig che facesse pure.
Ero stanca di sentirmi trattare come una bambola da Nick Evans

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