"Now... am I the one to comfort you, carrot?"

(Immagine solo indicativa. L'età dei protagonisti nella foto non coicide con quella del sequel.)

"MY ANNE WITH AN E"


Era passata qualche ora dalla riunione a casa dei Barry e con una scusa credibile Gilbert Blythe aveva convinto Bash che una passeggiata gli avrebbe fatto bene, prima di aggiustare quella staccionata maledetta che non stava in piedi dallo scorso inverno.

Stava camminando con in mente una destinazione precisa, addentrandosi tra gli alberi mentre assaporava la sensazione di solitudine e libertà che circondava quel posto.

Si fermò quando avvertì uno strano rumore. Il suo cervello tentò di capire da dove giungesse e se fosse il verso di un animale, ma era troppo lontano e sembrava un suono soffocato.
Non era sicuro però di cosa fosse, conosceva ogni angolo di quel bosco e poteva escludere la possibilità di animali selvatici, se non la presenza di qualche volpe lo scorso inverno.

Conosceva solo una persona in tutta Avonlea, e ne era certo, che si sarebbe inoltrata nel bosco anche con un pericolo in agguato. Non aveva l'intenzione di seguire Anne nella sua intima esplorazione: si stava limitando a passeggiare con la testa occupata da molti pensieri, ma quando l'aveva intravista in quel sentiero Gilbert non aveva esitato ad imboccare la stessa direzione.

Spinto dalla curiosità, l'aveva seguita mantenendosi a debita distanza per non essere scoperto: per quale assurda ragione si trovava lì, se Green Gables era nella direzione opposta?

E ora quello strano suono, irriconoscibile. Si inoltrò ulteriormente nella foresta, seguendo il suono, e avvicinandosi di più si rese conto ch'erano singhiozzi.

No, non poteva essere. Qualcuno che piangeva nel bel mezzo della foresta.

Gilbert scosse il capo per l'assurda idea che gli era balzata alla mente. Oltrepassando parecchi alberi dal tronco spesso, si lasciò guidare dal suo udito volendo sincerarsi di quanto si stesse sbagliando. E poi, rimase impietrito, sbalordito dalla scena che gli si era parata davanti agli occhi.

Era vero.

Qualcuno stava piangendo... e non una persona qualunque ma Anne Shirley-Cuthbert.

Gilbert sbattè gli occhi, ma la visione non scomparve. Non stava sognando.

Anne era lì, confusa e abbattuta, con il viso nascosto contro il tronco di un grosso acero, le mani posate ai lati della testa e stava piangendo mentre confidava le proprie pene sottovoce a quella corteccia inanimata.
Per essere precisi, stava singhiozzando. Le sue spalle erano scosse da fremiti e nel vederla in quello stato, Gilbert sentì una stilettata di dolore stringergli le viscere.

Vederla così fantasma di sé stessa quando poi era una ragazza fantastica e non aveva nulla da invidiare alle altre ragazze di Avonlea, lo faceva sentire inutile come uomo.

Rapido, la raggiunse alle spalle, sperando che non rifiutasse il suo appoggio.

"Anne! Anne, cosa succede?" la chiamò allarmato.

Perché stava piangendo? Era successo qualcosa? Non stava bene? C'entrava con la questione a casa dei Barry? Tanti gli interrogativi che si facevano largo nella mente del ricciolo. Ma la soluzione non gli sarebbe piovuta di certo dal cielo.

Al suono di quella voce familiare, Anne si irrigidì, raddrizzò la schiena all'improvviso e smise di piangere, o almeno ci provò.

Gilbert.
Si disse mentalmente.
Cosa stava facendo nel bosco?
Non era tornato a casa con Bash per lavorare alla fattoria?
Perché era lì,
proprio lui fra tutti?

Le sarebbe andato bene chiunque - anche Billy Andrews... o Charlie Sloan - ma che ad averla vista in quello stato spaventoso fosse stato proprio Gilbert Blythe, era una vera e propria catastrofe. La sua parvenza di donna cresciuta era stata appena smantellata da quell'unico episodio.

Congratulazioni
Anne Shirley-Cuthbert.

"Vai via, Gilbert. Lasciami sola."
Ecco il suo brutto carattere era appena sgusciato fuori, anche se lui le aveva rivolto quella domanda per semplice preoccupazione. E lei l'aveva trattato di nuovo male come solo l'essere più ignobile del mondo potesse fare.

"Anne!" obiettò prontamente. Per l'ennesima volta, la rossa lo stava cacciando in malo modo, sfidando la sua pazienza, e lui era pronto ad accogliere quella sfida.

Non l'avrebbe mai lasciata, sopratutto se stava male e aveva bisogno di aiuto, perché lei era l'unica persona per cui fare il sacrificio di lottare, anche se fosse stato invano lui avrebbe continuato a provarci.

Il ragazzo era esausto, ma pieno di determinazione.

"Anne! Cos'è successo? Dimmelo."

Non era una domanda. Era un ordine. Avrebbe scavalcato qualsiasi ostacolo per poterle stare accanto e conoscere quel lato misterioso del suo carattere che la rendeva così bella ai suoi occhi.

"Gilbert, per favore! Vuoi che ti faccia lo spelling come a scuola?" lo pregò la giovane, inchiodando lo sguardo contro la corteccia per evitare i suoi occhi scuri, mentre le lacrime minacciavano di straripare come un fiume in piena.

Rendendosi conto di non star cavando un ragno dal buco, Gilbert mutò l'ordine in una supplica.

"Allora, posso chiamare qualcuno... la signora Barry. Oppure Diana. Anne, per favore, permettimi di aiutarti."

"No, non voglio vedere nessuno!" sbottò Anne allarmata: questo avrebbe ulteriormente peggiorato le cose, oltre a fornire ad Avonlea un ulteriore pettegolezzo su di lei e l'ultima cosa che le serviva era essere al centro dell'attenzione della comunità come un fenomeno da circo.

Gilbert tacque di fronte all'ostinazione dell'insegnante, guardando la sua figura fragile, che gli dava ancora le spalle.

"Va bene. Allora suppongo che dovrai accontentarti di me." tagliò corto con tono leggero, assolutamente privo di commiserazione.

Anne tirò su con il naso rumorosamente, la sensazione di imbarazzo era più pressante rispetto a prima. Gilbert non aveva nessuna intenzione di andarsene, e una parte piccolissima del suo cuore pensava fosse la cosa giusta.

Forse aveva davvero bisogno di qualcuno che la stringesse facendola sentire al sicuro. Ma sentiva di non poterlo ammettere ad alta voce, senza prima aver studiato un discorso adatto alla situazione.

All'improvviso, con la coda dell'occhio notò una macchia bianca vicino alla spalla sinistra. Ed era un fazzoletto.

Gilbert le stava tendendo un fazzoletto, ancora fresco di bucato. Anne tirò su col naso ancora una volta e lo prese, assicurandosi di cancellare tutti i residui di pianto. Una volta fatto, si girò per incontrare lo sguardo interrogativo di Gilbert Blythe.

"Sto benissimo, come vedi." annunciò, sollevando il mento in un gesto di sfida.

"Lo vedo." rispose di rimando lui.

A quell'affermazione poco convincente, inarcò dubbioso le sopracciglia mentre Anne cominciava la sua trafila contorta di scuse.

"Ero solo un po' nervosa per quello ch'è successo a casa dei Barry." spiegò gesticolando con entrambi le mani.

"Dai Barry?" Gilbert si girò leggermente, guardandosi le spalle. Cosa intendeva con quelle parole?
"Hai paura che la signora Bluitt possa reagire contro di te?" ipotizzò tentando di metterne insieme i pezzi. "Ma Anne." protestò. "Sono molto orgoglioso del tuo discorso. Tutta Avonlea si è schierata dalla tua parte e non c'è ragione di preoccuparsi."

Ma Anne stava già scrollando le spalle in un cenno di diniego mentre finiva di asciugarsi gli occhi.

"No, non mi riferivo a quello."

Sul viso del ricciolo, si dipinse un'espressione interrogativa.

"Allora, cosa?"

Anne tirò l'ennesimo sospiro e guardò il ricciolo con sguardo sincero.

"Ero... ero preoccupata... per Lizzy ed Henry... per la questione dell'orfanotrofio." spiegò sentendo quel peso insostenibile scivolare via silenziosamente dopo avergli confidato ad alta voce le sue paure.

"Ma loro non andranno all'orfanotrofio." precisò Gilbert.

"Non ancora... forse." confidò Anne pragmatica.

A dire il vero, non era stato deciso niente a quel proposito. Lei era solamente riuscita a far guadagnare del tempo a quei bambini, portando l'intera comunità a riflettere sugli aspetti negativi di quella decisione, nella remota speranza di riuscire a rintracciare un parente disposto a prendersi cura di loro.
Ma la battaglia era lunga e non facile, e di questo ne era cosciente, ma non si sarebbe mai arresa senza combattere.

Un lampo di comprensione saettò negli occhi di Gilbert, che cominciò a capire quali ingranaggi si stessero muovendo nella testa della rossa.

"E l'orfanotrofio sarebbe..." Non si preoccupò di terminare la frase, lasciando a lei l'onore di proseguire.

"... Sarebbe la cosa peggiore che potrebbe mai capitare a quei due bambini." tagliò corto; era quella la verità nuda e cruda, in quei posti la cultura era proibita e la pace dei sensi era l'ultima sensazione che, tra quelle mura, un orfano poteva trovare.

Ora che la verità era uscita fuori dopo tanti ripensamenti, Anne non poté far altro che continuare, con Gilbert che seguiva attentamente ogni movimento delle sue labbra.

"Loro non capiscono, Gil, la signora Bluitt e gli altri. Nessuno potrebbe, neanche Marilla... o Diana... e nemmeno... tu." balbettò lei. "Nessuno sa cosa vuol dire vivere in un orfanotrofio. Nemmeno l'immaginazione più florida saprebbe arrivare così in alto."

Gilbert fissò Anne, pensoso. "Ma tu sì, Anne, tu sai cosa significa. E lo puoi dimostrare da combattente. Hai le carte in regole per cambiare il mondo. Sono sicuro che ci riuscirai."

Quelle parole giunsero così dolci alle sue orecchie.

Era troppo scortese chiedergli di ripeterle ancora una volta?

Avrebbe voluto custodirle per sempre insieme al ricordo della loro eterna amicizia. Era certa che Gilbert avrebbe sempre occupato un posto importante e che il loro legame non si sarebbe mai reciso. Neanche se lui fosse partito per una meta sconosciuta, lontano da Avonlea.
Il pensiero della sua prossima partenza non fu piacevole, ma cercò di toglierselo dalla testa in fretta prima che un'espressione sofferente si palesasse sul suo viso.

Anne incontrò - forse per la prima volta dalla proposta di quella sera -  i suoi occhi e in quella profonda oscurità, vi lesse qualcosa.

Lentamente, annuì.

"Sì, so cosa vuol dire. Per tutti quegli anni non ho fatto altro che chiedermi per quale motivo fossi finita lì con tutti i posti in cui sarei potuta andare."

"E com'è vivere in orfanotrofio?" chiese Gilbert, volendo scandagliare l'anima di Anne, ora che la ragazza gli stava fornendo l'opportunità giusta.

A quella domanda, Anne esitò chiedendosi se la sua risposta avrebbe potuto soddisfare la curiosità dell'aspirante medico.

Era strano, davvero: tutto quel tempo trascorso ad Avonlea e nessuno le aveva mai fatto quella domanda così esplicita, credendo si sarebbe offesa per una tale leggerezza.

Qualche volta aveva parlato delle esperienze avute da bambina, ma di solito si trattava di aneddoti buffi, ma nessuno le aveva espresso quella domanda senza peli sulla lingua. 

Nessuno...
tranne Gilbert Blythe.

Non poteva essere altrimenti dato che possedeva una mentalità aperta, come pochi ad Avonlea. Apoteoesi di intelligenza e bellezza racchiuse in quell'unico magnetico sguardo.

Di fisico non aveva niente di anomalo, a parte gli orribili rossi e le efelidi, ma nella sua mente era un conflitto di visioni raccapriccianti: le punizioni, le vessazioni delle sue compagne e le violenze subite tutte cicatrici che avevano contribuito a creare la donna coraggiosa e onesta che Anne Shirley-Cuthbert non aveva smesso di essere.

Nessun orfanotrofio era stato la sua casa, ne tantomeno le varie famiglie con le quali aveva vissuto, neanche il tempo di rendersene conto e tornava di nuovo fra quelle mura e l'incubo cominciava di nuovo.

Anne aveva perso il conto di quante volte aveva sperato di non essere più sballottatata da una parte all'altra, e quando aveva smesso di desiderarlo era arrivata ad Avonlea e aveva incontrato Matthew. Oh, quel giorno era al settimo cielo mentre percorreva per la prima volta il sentiero della sua nuova vita.

All'epoca non poteva immaginare che di quella piccola isola si sarebbe innamorata. Avonlea, la sua unica e vera casa, i suoi angoli incantevoli che toglievano il fiato, circondata dal mare irlandese.

Ma Gilbert stava aspettando una sua risposta con pazienza. Anne lo sbirciò da sotto le ciglia, cercando di leggergli la mente, ben sapendo che non avrebbe sopportato di suscitare pena, tanto meno da parte di Gilbert.

Non trovando alcun segno di commiserazione, solo gentilezza mista a curiosità, Anne trovò a stento le parole da dirgli.

Eppure era sempre stata brava con i "paroloni", non doveva sforzarsi per descrivere un salone in marmo oppure i meravigliosi, divini lampi della sua immaginazione; aveva però qualche incertezza nel rispondere a quella semplice domanda.

"È ... freddo... e... solitario..." pronunciò quelle parole crude con voce strozzata. "Gil non capisci! Sarebbe ancora più doloroso per Lizzy ed Henry. Io non ho mai conosciuto i miei genitori, non ho mai conosciuto Avonlea. Loro invece sì! Questo posto è diventata la loro casa e lasciarlo per andare all'orfanotrofio potrebbe traumatizzarli." continuò, preda di un nervosismo incontrollabile che la faceva addirittura tremare. "La mia infanzia è cominciata solamente con Green Gables a tredici anni. La loro finirebbe a sette e quattro. Non lo posso sopportare, Gil! Sarebbe un'ingiustizia!"

Improvvisamente, da un contatto fatto di sguardi e silenzi prolungati, Gilbert avanzò di un passo e appoggiò la mano sul braccio di Anne, premurandosi di essere più delicato.

Sapeva che era preoccupata per quei bambini e voleva evitare una crudele ingiustizia e di questo lui l'ammirava più di quanto non avesse fatto prima, ma le sue parole avevano rivelato al giovane Blythe molto più di una giustificata preoccupazione nei confronti dei due orfani.

Capì che Anne non era stata mai una bambina, e le situazioni di certo avevano impedito che lo fosse, e a distanza di qualche anno sentiva la nostalgia della sua infanzia perduta riaffiorare attraverso quella delle altre.

Le sue parole così tristi gli avevano fatto venire un desiderio irrefrenabile di consolarla e proteggerla.

Ma aveva paura e perciò ogni passo che compiva nei confronti della rossa era frutto di riflessioni e lotte contro sé stesso, che si dibattevano senza sosta nel suo cervello.

La loro relazione era strana.
Erano amici, sì. "Amici di penna" - le aveva ricordato prima di partire per Toronto, dove lui aveva scritto e ricevuto molte lettere da parte di lei.

Ma da quando era tornato sull'isola e si era dichiarato, i suoi sentimenti per Anne non solo non erano appassiti, ma avevano messo radici nel suo cuore.

C'era un altro pezzo importante che si aggiungeva al puzzle della loro storia. Quel qualcosa che Gilbert Blythe non avrebbe mai potuto esprimere, attraverso quei gesti di amicizia.

Si limitò a starle a pochi centimetri di distanza, facendo scivolare le mani sulle braccia di Anne per consolarla, combattendo contro il bisogno di avvolgerla in un abbraccio.

Dopo aver terminato il suo racconto, Anne abbassò gli occhi distogliendo lo sguardo da Gilbert.

Avvertiva le sue mani sul suo corpo, il calore che producevano le sue dita e sapeva che voleva soltanto consolarla, mantenendo un atteggiamento dolce.

Gilbert era il suo amico ed era stato un grande sollievo potersi sfogare e riuscire ad esprimere il turbamento che aveva sempre tenuto nascosto nel suo cuore. E, nonostante avesse deciso di fingere fino ad allora... era come un libro aperto per Gilbert Blythe.

Mentre stava ringraziando mentalmente il ricciolo, Gilbert si spinse all'improvviso nella sua direzione, annullando la minima distanza fra i loro corpi. Non aveva pensato alla possibile reazione che avrebbe innescato, nè al fatto che poteva essere irrispettoso che stesse abbracciando proprio Anne, la donna a cui aveva fatto una proposta qualche settimana prima. La stava stringendo così forte temendo che potesse svanire nell'aria in qualsiasi momento. Ma Anne restò fra le sue braccia paralizzata da quel gesto, e solo in seguito si decise ad allungare le mani verso le sue spalle.

Gilbert chiuse gli occhi seppellendo il volto tra i suoi lunghi capelli rossi. Riusciva ad avvertire il calore del suo corpo e il battito del suo cuore mentre erano avvinghiati in quell'intimo abbraccio. Se qualcuno si sarebbe trovato davanti quella scena avrebbe subito capito che entrambi stessero provando le stesse emozioni.

"Mi dispiace, Gil" si scusò Anne, alzando le punte delle scarpe mentre fortificava il contatto fisico. "Probabilmente starai pensando che mi sto comportando come una bambina viziata."

Quello era l'ultimo pensiero che gli sarebbe venuto per descrivere Anne Shirley-Cuthbert con una frase.

"Non penso niente del genere." la contraddisse spostando le labbra verso il suo orecchio. "Io penso che tu sia una persona molto generosa ed altruista che non vuole far attraversare a nessuno quell'inferno." Gilbert s'interuppe dopo essersi reso conto che l'essersi riferito agli anni infelici che Anne avesse passato prima di arrivare ad Avonlea forse era una questione troppo delicata.

Ma Anne non sembrò farci caso o prendersela, come suo solito e questo gli fece tirare un sospiro di sollievo.  

"Grazie, Gil. Per tutti questi anni in cui mi sei stato vicino, anche se... avrei potuto agire con più coscienza." mormorò la ragazza, riferendosi indirettamente al suo rifiuto.

Era rassicurante che la sua opinione non fosse cambiata, che lui non pensasse a lei come a una bambina stupida e sentimentalista. Il suo orgoglio ne avrebbe risentito.

Si staccò leggermente intercettando il suo sguardo, cosa che le provocò subito un evidente rossore sulle gote.

Chinò la testa fissando il terreno sotto di loro. Come poteva aver accettato quell'abbraccio senza opporre resistenza, rischiando di illuderlo e farlo soffrire? Cosa che aveva sempre fatto da quando aveva memoria.

Ad un tratto, si sentì stringere un braccio e sollevò lo sguardo.

"Posso accompagnarti a casa, Anne? Non vorrei che tornassi a Green Gables con tutti i pericoli che ci sono in questo bosco." chiese teneramente il ricciolo, sorridendo.

Era la seconda volta, quel giorno, che le faceva quell'innocente proposta. Inaspettatamente questa volta Anne gli sorrise di rimando ed annuì.

Si, aveva davvero bisogno della vicinanza di Gilbert Blythe anche solo per far ritorno a Green Gables.

"Now... am I the one to comfort you, carrot?"










***spazio autrice***

Posso dichiarare con assoluta certezza che questo capitolo è uno dei miei preferiti assieme al primo.

Come promesso, abbiamo avuto una scena di Anne e Gil molto significativa quasi quanto quella nella serie, ma stavolta a prendere l'iniziativa è il nostro caro Gil. E mi duole dirlo, ma Gilbert Blythe per un po' abbandonerà la scena per qualche capitolo e ho voluto "salutarlo" per il momento, con questo momento dolce e speciale. Ritroveremo come già detto nei precedenti capitoli la nostra cara zia Jo e il nostro amato Cole che non vi faranno rimpiangere l'assenza del dottore. Ma quella non sarà l'unica sorpresa per i fan... poiché l'imprevisto è dietro l'angolo e la vita potrebbe portare Anne in un'altra direzione.

Molto presto farà il suo esordio un personaggio che porterà un po' scompiglio nella routine noiosa dell'isola e nel cuore della nostra rossa preferita.

Come sempre: il capitolo è stato scritto ispirandosi al brano "take me home" di Jess Glynne.

Non dimenticate di lasciare un commento o una stellina nel nuovo capitolo.

Considerazioni? Quali sono le vostre opinioni? E i prossimi sviluppi?
Chi sarebbe il personaggio che sta facendo parlare tutti...

E, inoltre, se non l'avete fatto (cosa gravissima) per chi ha abbonamento a Netflix vi invito ad attivare i vostri hashtag su Twitter #RenewAnnewithanE e #SaveAnnewithane per poter avere una nuova stagione e un risvolto positivo per tutte le storie.

Noi non ci arrenderemo!?

Ci tenevo a ringraziare per il profondo affetto che ogni giorno dimostrate a me e il fandom.

Ci vediamo al prossimo capitolo!-

- Love

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