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Per una volta niente levataccia. Credo sia da giugno inoltrato, quando per una settimana ha fatto troppo caldo anche solo per pensare di lavorare che i cavalli, che mi sveglio dopo le otto. Oggi mi sono potuta addirittura permettere di non mettere affatto la sveglia, dato che l'appuntamento con la mia migliore amica Remi era per mezzogiorno.

Non abbiamo fatto niente di eclatante, anche perché a Ennis non c'è molto da fare. Per sentire il brivido della vita cittadina avremmo dovuto guidare un bel po' e sinceramente ero disposta ad allontanarmi al massimo fino a Three Forks. Un'oretta di macchina solo per trovarmi in una cittadina altrettanto piccola, altrettanto deserta. Non fossi nata e cresciuta a Ennis a questo punto della mia vita avrei già mollato capre e cavoli – cavalli e mucche – per trasferirmi a... che ne so, Lewistown? Almeno Lewistown ha un aeroporto.

Comunque la giornata non è stata malaccio. Remi è passata a prendermi con la sua nuova macchina, un truck che le invidio un sacco, siamo andate a fare la spesa e poi abbiamo perso tempo da Willie's. Di solito ci andiamo di venerdì per goderci la musica live, ma questa settimana Remi non c'era e da sola non ho voglia di avventurarmi a Ennis a ora tarda.

«'Cause you can learn to flyyy...» Remi alza il volume della radio. Credo sia l'unica persona al mondo ad ascoltare Maddie & Tae con la serietà che normalmente si dedica a David Bowie. «On the way down!»

Che poi il problema non sono nemmeno Maddie & Tae, anzi, le rispetto. Il problema è che Remi non ha mai accettato di essere stonata. «Santa Maria...» dico, a mezza bocca, mentre mi ficco i mignoli nelle orecchie a mo' di tappi.

«On the way down!»

«Guarda, una curva a gomito.»

Remi mi lancia un'occhiataccia. «Siamo su un rettilineo, non possono esserci curve. You won't forget the heavy steps it took to let it go...»

Così, mi tocca sorbirmi ancora qualche minuto di karaoke improvvisato nell'abitacolo. Per fortuna il ranch è vicino e Remi sa di dover abbassare il volume, tanto della radio quanto della voce, quando ci avviciniamo al bestiame.

«Io a Ennis con te non ci vengo più.»

«Bene, non sapevo volessi diventare un'eremita.»

«Qualunque cosa è meglio dell'essere vittima delle tue doti canore.»

«Stronza.» Remi frena in mezzo al vialetto. Non ha senso preoccuparsi di parcheggiare, tanto oggi non aspettiamo nessuno, quindi scendiamo dal truck e lo abbandoniamo lì. «Che sta facendo Gecko?»

Un soprannome stupido, nato quando da bambine ci siamo rese conto che Jacko – il soprannome dato a Jackson dai nostri genitori – suonava molto simile ai geco, le creaturine che soprattutto in estate ci ritrovavamo ovunque ma non cacciavamo perché erano l'unica difesa contro le zanzare. Se ne vedono meno in giro, ultimamente. Fanno il loro lavoro nell'ombra.

Jackson sta uscendo dalla dépendance. La usiamo talmente poco che negli ultimi mesi abbiamo discusso sia di affittarla che di convertirla a magazzino, ma non siamo mai giunti a conclusione. È un argomento facile da rimandare, visto che non pesa molto sul costo già ingente del mantenimento del ranch.

Quando ci vede, Jackson si avvicina all'auto, un sorriso stanco sulle labbra e le braccia sudate. Sta pensando di mettere della distanza tra di noi? Di trasferirsi nella dépendance pur di non sentire più la mia sveglia alle sei e mezza del mattino quasi ogni giorno? Mi spezza il cuore.

«Bentornate, ragazze.»

Dal modo in cui si guardano quando pensano io sia distratta sono quasi certa che Jackson e Remi siano andati a letto insieme almeno un paio di volte, ma nessuno dei due lo ammetterebbe mai, se lo chiedessi, e in effetti non sono fatti miei. Finché non avrò le prove di questa disgustosa tresca tutto andrà bene.

«È successo qualcosa alla dépendance?» chiedo, perplessa quanto prima perché davvero non capisco il motivo della presenza di Jackson qui quando ci sono mille altre cose a cui pensare, lavori da anticipare, commissioni da fare. «Una perdita d'acqua?»

Jackson aggrotta la fronte. «La sto sistemando per domani.»

«Che succede domani?»

Non c'è nessuna festa obbligata nelle vicinanze, mi pare, e la lista di parenti che potrebbero venire in visita è molto esigua. I nostri genitori si stanno godendo la pensione in Oregon da anni, ormai, e il resto della nostra famiglia è sparsa tra il Montana e il Wyoming. È tanto se ci incontriamo per Natale, un miracolo se ci riuniamo per il Ringraziamento.

«Non te l'ho detto?»

Sbuffo. Perché tutto questo mistero? L'ha affittata a dei cocainomani?

«Non mi sembra di soffrire di perdite di memoria a breve termine, Jackson Steele.»

Remi mi dà una gomitata. «A lungo termine sì?»

Alzo gli occhi al cielo. Non è il momento. «Non ricordo.»

«Qualche mese fa mi ha scritto una ragazza italiana su Instagram» spiega Jackson, riferendosi al profilo del ranch che mi sono rifiutata di gestire. «Mi ha chiesto se avevamo lo spazio necessario per tenere un cavallo in pensione e se per caso conoscevamo un B&B o un posto dove rimanere a medio termine. Le ho proposto la dépendance, il suo budget mi sembrava adatto.»

Qualche soldo in più non fa male all'economia generale del ranch, e sì, avevamo già discusso la possibilità di un affitto a breve o medio termine, ma di solito Jackson finalizza queste azioni con me, non da solo.

«Sei arrabbiata?»

Mi rendo conto solo ora di essermi chiusa in un silenzio abbastanza prolungato da farlo preoccupare. Scuto la testa in segno di diniego. «Certo che no, ma quando pensavi di dirmelo?» Mi chiudo nelle spalle. «Di questo passo me la sarei trovata in casa senza il benché minimo avvertimento. Volevi farmi prendere un infarto?»

«Elettrocardiogramma sotto sforzo.»

«Vabbè, Remi.» Ma che ha oggi? Si è iscritta a un corso intensivo da comica e mi sta sfruttando per fare i compiti? Prendo il telefono e apro Instagram, inutilizzato da mesi. «Chi è questa qua?»

«Si chiama Rosalba Montoro.» Deve aver evocato qualche demone con questa pronuncia sicuramente scorretta dell'italiano. «È italiana, fa dressage da anni e se ho capito bene ha anche vinto delle competizioni importanti.»

«Rosalba Montoro...» Digito il nome, becco anche un paio di fanpage, quando trovo il profilo giusto è tutto in italiano. Le immagini per fortuna non mentono, e il "MI" seguito da bandiera italiana nella sua biografia mi fa immaginare che venga da Milano. La città della moda... «E che ci viene a fare qui in Montana una milanese?» chiedo mentre scorro il profilo. Molto curato, devo dire.

«Non mi ha detto molto, solo che aveva bisogno di staccare un po' dalla routine.»

Remi è migliore di noi con i social media e invece di limitarsi a scorrere il profilo ha aperto l'ultimo post, poi guardato le storie. «Ha da poco perso il suo cavallo da competizione e ha bisogno di un cambio di paradigma» sintetizza la traduzione offerta da Instagram. «Si è iscritta al...» Sgrana gli occhi, alza lo sguardo su di me. «Al Mustang Makeover.»

La reazione di Jackson arriva, straordinariamente, prima della mia. «Questa è scema.»

Scuoto la testa, affranta. «È pazza.»

Un Mustang Makeover non è un evento per tutti. Io per prima non ho mai partecipato e non penso sarò mai interessata a farlo: sostanzialmente, consiste nello scegliere un cavallo selvaggio, ridotto in cattività dal Bureau of Land Management, e domarlo in un periodo predeterminato di tempo che va, credo, dai novanta ai centoventi giorni. L'evento termina con uno show spalmato su più giorni e un'asta finale per vendere i cavalli ad acquirenti che hanno passato una preselezione.

Non ho mai davvero colto il fascino del Mustang Makeover. Non è nemmeno l'unico modo di ottenere un mustang, dato che è possibile sia adottarli che comprarli all'asta, addirittura online. Sarà che, in generale, non comprerei un mustang neanche se il prezzo fosse stracciato. Sono un'allevatrice per un motivo, mi piace prevedere il prodotto che otterrò facendo accoppiare determinati cavalli, e un mustang... Beh, un mustang è un cavallo selvaggio in tutto e per tutto. Imprevedibile. Forse adatto ai trekking, all'endurance, sicuramente non al lavoro che faccio io e che mi piace fare.

«Un'inglesina su un mustang.» Sarà divertente oppure tragico, non vedo come potrebbe esserci una via di mezzo. «Remi, sappiamo cosa fare questa sera.»

Pizza surgelata, birra poco costosa e il mio computer aperto sul profilo Instagram di Rosalba Montoro per una sessione approfondita di analisi e gossip. Meglio di qualunque serie televisiva, anche se rimandiamo da troppo tempo il rewatch di The Vampire Diaries.

«Io non ne voglio sapere niente.» Jackson alza le mani. È una persona migliore di noi.

«Tranquillo. Non mi sembra di averti invitato.»


*


Dovrò ricordarmi di togliere dal freezer tutte le pizze surgelate a gusti potenzialmente offensivi per un'italiana. Anche se la dépendance ha una cucina e un frigorifero, se la nuova arrivata avrà bisogno di congelare qualcosa dovrà rivolgersi alla costruzione principale, cioè casa nostra, e non so se voglio sorbirmi uno sfogo su quanto la mia amata Roadhouse Loaded sia in realtà una schifezza. Sarebbero basi giustificatissime per uno sfratto.

«Che categorie fa?» Armata della prima di una serie ancora indeterminata di pizze, mi avvicino al tavolo dove Remi ha appena fatto accesso al profilo Instagram del ranch. Se dovesse partire qualche "Mi piace" avremmo le spalle coperte da un certo anonimato...

«Le M.»

«E che categorie sono?»

Wikipedia ci viene in aiuto. Non mi sono mai interessata alle categorie della monta inglese, non penso di aver mai voluto investigare cose lontane da una sella americana e tre barili a cui girare intorno.

«E, F, M, D in ordine di difficoltà.» Remi passa abilmente da Wikipedia a Instagram, poi su Facebook, dove Rosalba ha taggato un brand in una quantità ingente di fotografie. Molto probabilmente uno sponsor. Remi trova un post con più testo scritto degli altri, aspetta che il traduttore faccia il suo lavoro e riassume: «A quanto pare era a un passo dalla D, che credo sia tipo un livello da Gran Premio, ma il suo sponsor le ha venduto il cavallo».

Uno dei motivi per cui ho lasciato le competizioni è proprio la poca affidabilità degli sponsor. L'equitazione è uno sport costoso in ogni sua declinazione e per quanto Blue avesse delle enormi potenzialità le vittorie non bastavano a coprire l'investimento richiesto per salire di categoria. «Bella batosta.»

«Bel cavallo.»

In effetti, il castrone sauro che appare nella maggior parte delle foto di Rosalba è un esemplare meraviglioso: balzano da tre – "cavallo da re", come mi hanno sempre detto – e con una lista frastagliata che attraversa il muso dalla fronte alla narice sinistra.

Investighiamo un po' per curiosità e scopriamo che il cavallo è uno Zangersheide, razza riconosciuta in Europa solo da 1992, ed è sorprendentemente figlio di un saltatore grigio, Caritano Z, e una fattrice piuttosto anonima. Insieme a Rosalba il cavallo, che si chiama Caro Amico Z, ha fatto qualche anno di completo per poi specializzarsi nel dressage e ora è stato venduto a un altro cavaliere che lo sta montando in delle categorie F, presumo per solidificare il binomio prima di salire di categoria.

«Lo montava da un sacco di tempo» dice Remi a mezza bocca. «Mi sento male per lei.»

Anche Remi avrebbe avuto un futuro brillante a livello competitivo, se non avesse mollato, ma lei è così, sensibile, empatica, e l'idea di dover cambiare cavallo per migliorare non le è mai piaciuta. Monta ogni tanto quando viene qui al ranch, ma si rifiuta di affezionarsi. Anche quando le giuro solennemente che se lei mi chiedesse di non vendere un determinato puledro allora io non oserei farlo.

«Scarica un po' una di queste categorie.» Non cambio argomento, non avrebbe senso, ma cerco di evitare che l'atmosfera si appesantisca troppo.

Una ricerca Google ci porta sul sito della FISE, la Federazione Italiana Sport Equestri, dove è possibile scaricare le riprese. Remi arriva alla pagina con le riprese appartenenti alla categoria M. «Sono tutte in italiano.»

«Usiamo un traduttore.»

«Quale scarico?»

Le categorie vanno dalla M100 alla M600, immagino in ordine crescente. Scarichiamo la più alta e passiamo il pdf attraverso un traduttore per avere almeno una mezza idea di quello che succede. Leggiamo in silenzio, la mia fronte sempre più aggrottata. In che senso?

«Sono praticamente solo transizioni. E questo è il livello più avanzato?»

«Quasi il livello più avanzato» mi corregge Remi. «E comunque non si insultano le altre discipline.»

Ora che abbiamo la ripresa sotto mano possiamo collegarla ai video degli allenamenti e delle gare che Rosalba ha caricato su Instagram. Generalmente non è male, è molto precisa e abbastanza delicata nell'uso del frustino e degli speroni, ma...

«Guarda.» Metto in pausa il video. «Il cavallo è sempre in rollkur.»

Avevo sentito dire che i dressagisti avessero la tendenza a portare il collo dei propri cavalli in iperflessione, fino quasi a far toccare loro il petto con il muso. Il caso che ho davanti di Rosalba e Caro Amico Z non è così eclatante, ma il cavallo è palesemente costretto e limitato nei movimenti.

«A casa» mi corregge Remi, che ha aperto un altro video. «Guarda in competizione che precisina. È una paracula.»

«Non mi piace» mi lamento. Non la voglio nel mio ranch.

Remi manda giù un paio di sorsi di birra. Eravamo talmente concentrate che ormai sarà diventata calda. «Non giudicare prima di averla conosciuta.»

«Io non la aiuto, sia chiaro» metto le mani avanti, tracanno metà del mio boccale.

«Forse non ne avrà bisogno.»

«Sì, certo, Remi. E domani Bonnie Lass non farà i capricci.»

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