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L'erba è umida di rugiada ma non tanto da congelarmi i piedi, forse merito dei calzini in lana che ho finalmente tirato fuori dall'armadio; il sole è alto ma coperto da nuvole chiare e placide; è venerdì e non ho piani per il fine settimana che non consistano nel dormire mezz'ora in più ogni mattina e andare a fare una passeggiata a Ennis con Remi domenica pomeriggio.
Questa sarebbe la giornata perfetta se solo questa imbecille di Bonnie Lass non fosse in vena di scherzi. Si lascia avvicinare, lo sguardo fisso sulla capezza che ho in mano, e all'ultimo ecco che si gira, mi mostra i quarti posteriori e schizza via solo per fermarsi a una decina di metri di distanza da me. È un giochetto che mi propone da giorni, ormai, riprova che faccio bene a detestare i puledri nella loro fase adolescenziale e lasciare che sia Thomas a occuparsi di loro.
The Bonnie Lass o' Fyvie ha un'ottima genealogia, ben distinta da molte puledre che ho visto in giro di recente. Con il suo sangue irlandese farebbe faville alla prossima asta locale di Quarter Horse se solo non fosse intrattabile... e se riuscissimo a farle accettare la sella, prima. Che ho fatto di male per meritarmi una puledra così, con delle ottime potenzialità ma ahimè lunatica?
Il suo mantello nero splende alla luce del sole, mette in mostra i riflessi castani che sono l'unica nota di colore in Bonnie Lass. Se non dovessi riuscire a venderla chiederò di cambiare il suo nome in The Phantom Blot, come il personaggio di Mickey Mouse. Hanno entrambi una spiccata attitudine al crimine.
Una risatina mi costringe a girarmi e, nell'atto, mi immagino perfettamente vista dall'esterno, la frustrazione chiarissima in viso: le labbra tese in una linea che tende appena all'ingiù, una ruga di fastidio che attraversa la fronte e si ferma tra le sopracciglia, le narici allargate che se fossi un drago fumerebbero. Chiudo il pugno intorno alla capezza e la lunghina, piazzo l'altra mano sul fianco in un moto di rabbia che non devo esprimere davanti a Bonnie Lass. Se i cavalli capiscono che stanno avendo la meglio è finita, posso chiudere il ranch.
Mio fratello minore mi fissa, tutto il peso abbandonato contro la staccionata. Quasi vorrei che si sfondasse, che la sua faccia da angioletto, incorniciata da riccioli biondi, si macchiasse di fango e sterco. I giovani d'oggi direbbero che è stato il karma, non il legno ammuffito che gli dico di sostituire da settimane.
«Non hai niente di meglio da fare?» urlo con tutta l'aria che ho nei polmoni. Non mi ero accorta di essere arrivata quasi al centro del campo pur di inseguire Bonnie Lass. «Ieri le mucche sembravano sul punto di esplodere, poveracce.»
Investire in mucche da latte invece che da carne sembra un'ottima scelta dal punto di vista etico finché non devi mungerle. In questo momento ne abbiamo solo una trentina, preferiamo offrire prodotti di qualità piuttosto che in quantità, ed è Jackson a essere responsabile del loro benessere, la loro salute e in generale questo aspetto del nostro lavoro.
Richiamato all'ordine, Jackson si piazza in testa il capello da cowboy, tutta scena, che aveva abbandonato sulla staccionata. Un ghigno divertito gli dipinge quell'adorabile visino da schiaffi.
«Stavo giusto andando. Tu cerca di non farti pestare da Bonnie Lass, sarebbe una pessima pubblicità per il ranch. "Bailey Steele ammazzata da puledra selvaggia" non porterebbe molti clienti.»
I fratelli minori sono tutti così o sono sfigata io?
«Ti piacerebbe.»
Il confronto tra me e Jackson ha incuriosito Bonnie Lass, che si è avvicinata al passo, lentamente, forse nella speranza che io non la sentissi arrivare. Povera illusa, si tratta pur sempre di una bestia pesante più di quattrocento chili, sarebbe strano non rendersi conto della sua presenza a giusto un paio di metri.
Avessi un lazo mi metterei nei panni di Indiana Jones: farei una piroetta, lancerei il lazo e quello centrerebbe perfettamente la testa di Bonnie Lass, scivolando lungo il collo fino ad assicurarmi una presa certa sulla cavalla. Peccato che io non abbia un lazo ma una lunghina piuttosto corta.
Mi giro e Bonnie Lass deve essersi stancata di giocare ad acchiapparella, tant'è che si lascia mettere la capezza e mi segue, docile, mentre la conduco verso la staccionata. L'ho detto e lo ripeto, questa puledra è lunatica e spero che i futuri acquirenti si fidino abbastanza di me e del mio cognome da comprarla a scatola chiusa. Non accadrà.
Bonnie Lass sta ferma mentre apro il cancello, ma quando vede l'apertura comincia a tirare e cercare di alzarsi sui posteriori in un'impennata. La correggo e costringo a rimanere ferma, nel recinto, finché non si calma. Solo poi usciamo e ci incamminiamo verso i campi da lavoro.
Thomas Gibson e Raelynn Morgan mi vengono incontro.
Thomas ha ventun anni ed è lo studente più giovane a cui abbia mai insegnato, ma è un portento. È qui da tre mesi e già mi fido di lui abbastanza da lasciarlo lavorare in autonomia con i puledri, anche se non lascio a lui le prime messe in sella. Non so se la mia assicurazione coprirebbe delle vertebre spezzate da un puledro focoso. Con la sua zazzera di capelli castani e lo sguardo azzurro, birichino, sempre nascosto da un paio di occhiali da sole è un giovane cowboy in tutto e per tutto.
«Buongiorno!» Thomas ha la bocca sporca di cioccolato. Mi auguro che abbiano riportato almeno una donut anche a me, o potrei decidere di scaricare entrambi.
«Buongiorno, cadetto.» Gli passo la lunghina di Bonnie Lass, che allunga il muso per annusargli le tasche in cerca di qualche zuccherino. «Hai qualcosa per me?»
Il braccio destro, nascosto fino a questo momento dietro la schiena, si svela, armato di un sacchetto bianco. «Boston cream e cannella.»
«Avevano finito le donut alla cannella, abbiamo dovuto aspettare l'infornata successiva» specifica Raelynn mentre accarezza il naso vellutato di Bonnie Lass.
I miei gusti preferiti. Questi due mi conoscono bene.
Prendo il sacchetto con un sorriso soddisfatto. «Oggi potete staccare un'ora prima. Thomas, prima di pulire i box porta Bonnie Lass nel tondino e lavora un po' sulle transizioni, soprattutto quelle dal galoppo al passo. Ieri tendeva a perdere l'equilibrio.»
Thomas annuisce e si avvia verso il tondino. Deve correggere Bonnie Lass solo un paio di volte lungo la strada, ed è quasi un record per una cavalla che fino alla scorsa settimana si piantava solo per il gusto di farlo.
Resto sola con Raelynn, cosa che sta diventando una brutta abitudine. Che poi, "brutta" non direi, ma di sicuro è un vizio e i vizi vanno corretti finché è possibile farlo. Mi ficco le mani nelle tasche e faccio per andarmene. Raelynn è autonoma abbastanza da trovarsi qualcosa da fare.
«Potrei lavorare io con Bonnie Lass.» Sento i suoi passi sul brecciolino alle mie spalle. Vengono nella mia direzione. «Sai che ne sarei capace.»
Lancio un'occhiata alle mie spalle, alle ciocche tinte di indaco che scappano dalla treccia di Raelynn. «Non ne ho alcun dubbio, ma non sei tu la mia working student. È a Thomas che devo dare la possibilità di mettersi in gioco e di imparare.»
«E cosa sono, allora?» Il tono di Raelynn è frustrato.
«Lo sai solo tu.»
La verità è che definire Raelynn Morgan potrebbe essere una missione su cui basare un dottorato di ricerca. Venticinque anni, qui da quando ne aveva appena compiuti ventiquattro, è una cowgirl promettente con un carattere niente male. Ed è stato il suo carattere, tanto tagliente quanto irresistibile, il problema. Insieme a una bottiglia di whisky lasciata aperta, tentatrice, quando abbiamo passato entrambe le vacanze di Natale sole, a orbitare intorno al ranch. Jackson era in Virginia con la sua giovane fiamma di allora, Thomas ancora non era nei piani, e io mi ero da poco lasciata con la mia compagnia. Raelynn non so perché non fosse con la sua famiglia, ma era qui ed è questo che conta. Il resto è storia e un paio di avventure al sexy shop più vicino.
«Non dovevi restare solo per un semestre?» mi lascio sfuggire.
«Questo è il mio semestre aggiuntivo, era scritto nel contratto.»
«Mh. Devi averlo firmato con Jackson, perché non ho memoria di nessun semestre aggiuntivo.»
A questo punto, Raelynn è al mio fianco e riesco a intravedere il suo sorriso sornione. «Guarda che quella clausola l'hai fatta aggiungere tu...»
Sì, per tenere al ranch dei working student promettenti in caso avessi bisogno di dipendenti. Non ce la posso fare, oggi.
Entro nella scuderia, i box vuoti che aspettano solo di essere tirati a lucido prima che i cavalli rientrino per la stagione invernale. La rotazione con i paddock continuerà, ma preferisco non avere a che fare con degli orsi a forma di equino e investire un rene in coperte e in energia elettrica per poter tosare tutti i cavalli che dovranno lavorare quest'inverno.
Ecco, cavalli che dovranno lavorare. Cambiamo argomento. «Come sta Blue?»
Paint Yourself Blue è stata la mia cavalla da competizione per anni, prima che decidessi di lasciare il barrel racing e dedicarmi all'allevamento. Punta di diamante del ranch, è ora che si goda il pensionamento anche dal suo secondo lavoro, quello di fattrice. Se vorrò altri suoi puledri, il trasferimento di embrioni sarà ancora un'opzione per almeno qualche anno.
Sento Raelynn sospirare. «Pronta a essere rimessa a lavoro.»
«Bene. Appena Thomas ha finito con Bonnie Lass puoi montarla un po' nel tondino e vedere se si ricorda come fare il suo lavoro.» Non che io abbia dubbi. «Mi hanno chiesto una cavalla adatta alla scuola in un maneggio qui vicino.»
«Blue morirà di noia.»
«Sottoscrivo, ma purtroppo Blue non si guadagna da vivere solo esistendo. Saremmo tutti più felici se il mondo funzionasse così.» Afferro una pala solo per lasciarla nelle mani di Raelynn. «Prepara i box sulla destra. Quelli sulla sinistra puoi lasciarli a Thomas. Vienimi a cercare quando hai finito di montare Blue, così mi aggiorni.»
Detto questo, mi dirigo verso il magazzino, situato alla fine della scuderia. Oggi è giorno d'inventario, e non mi sorprendo di trovare Jackson lì e non nell'area dedita alla mungitura delle mucche. Come minimo c'è del fieno da ordinare, quindi tanto vale svenarci ora con le provviste per l'inverno.
Jackson non alza lo sguardo ma sa che sono io. Si vanta di riconoscere la cadenza del mio passo.
«Hai finito di bullizzare Rae?»
Vado dritta verso l'armadietto con le medicine. Tolto il kit di primo soccorso, a cui mancano i cerotti che praticamente consumiamo come le donut del negozio qui vicino, abbiamo abbastanza di tutto.
«Io non bullizzo nessuno.»
«Di mandarle segnali contrastanti, allora.»
Mi giro a guardarlo mentre controlla il catalogo del mangime. Non so, e non sono certa di voler sapere, quanto Jackson sappia della mia avventura con Raelynn, quindi non so nemmeno quanto espormi a riguardo. Mi limito a offrirgli un'occhiata confusa quando finalmente mi guarda in faccia anche lui.
«Dai, Bailey. Raelynn ha deciso di rimanere qui al ranch perché le piaci, tu te la porti a letto quando ti va e il resto del tempo fai finta di niente.» Jackson scuote la testa. «Da quando Darcy ti ha mollata sei diventata l'incrocio tra un playboy e una misogina.»
Sa di aver colpito dove non avrebbe dovuto e che Darcy è ancora una ferita aperta.
Mordo il "Ma vaffanculo" prima di urlarglielo contro e gli do le spalle come ha fatto con me Bonnie Lass questa mattina. Ho tutt'altro a cui pensare e non sarà Raelynn Morgan a farmi sfruttare mio fratello come psicologo occasionale.
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