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[Nome Cognome]

La strada era sgombra e silenziosa, mentre la mia testa era intasata da mille pensieri. L'intera città dormiva, ognuno al sicuro nel proprio letto e ignaro di ciò che accadeva fuori. Neanche nei loro peggiori incubi potevano immaginare il terrore che avevo appena vissuto.

"Quell'uomo voleva uccidermi!"

Non riuscivo a smettere di pensarci e, nonostante il pericolo fosse ormai passato, sentivo ancora le sue mani immobilizzarmi ed impedirmi di gridare. Era una sensazione così orribile da togliermi il fiato, ritrovandomi a respirare a pieni polmoni alla ricerca disperata di ossigeno che non sembrava mai sufficiente.

Non avevo idea di quanta strada avessi percorso quando mi fermai. Accadde all'improvviso, l'istinto mi aveva suggerito che fosse giunto il momento di sostare.

Mi slacciai la cintura di sicurezza e mi lasciai scivolare sul sedile cercando, in qualche modo, di allentare la tensione. Mi feci coraggio e guardai lo specchietto retrovisore: alle mie spalle non c'era nessuno, ma non bastò per tranquillizzarmi. La paura di vedere quell'uomo spuntare da un momento all'altro era ancora viva.

-"Non può avermi seguito fin qui!" esclamai, cercando di rassicurare me stessa. -"Devo per forza averlo seminato."

Per quanti sforzi facessi non riuscivo a convincermene del tutto, poteva non aver avuto alcun problema a stare al passo. Mentre tentavo di fuggire, infatti, aveva raggiunto la strada in pochissimo tempo. Doveva essere stata la sua Unicità a renderlo così veloce, ma non era tutto: sembrava non avere alcun timore, come se avesse potuto contrastare una macchina in moto. Fortunatamente avevo acceso gli abbaglianti facendogli, probabilmente, perdere la concentrazione e costringendolo a scansarsi.

Un brivido di terrore mi percorse la schiena al pensiero di ciò che mi avrebbe fatto se qualcosa fosse andato storto.

Per quanto terribili, accantonai quei pensieri non appena mi accorsi dove mi trovassi. Davanti ai miei occhi si ergeva la casa dei miei, la stessa da cui ero fuggita poche ore prima. Come mai, fra tanti posti, ero giunta proprio fin lì? Evidentemente il mio cervello, durante la corsa, era stato attratto da quel posto familiare. L'idea di entrare non mi piacque affatto, ma non mi rimaneva altra scelta: in quel solo giorno avevo percorso molti chilometri e non volevo correre il rischio di restare a piedi in mezzo alla strada e con un assassino in libertà.

Scesi dalla macchina e mi diressi, a passi incerti, verso la porta d'ingresso. Era spalancata, testimonianza del fatto che me ne fossi andata in fretta e furia senza preoccuparmi di chiuderla. Arrivata sulla soglia diedi un'occhiata veloce all'interno: le luci erano tutte spente ad eccezione di quelle di una stanza. Vicino a quest'ultima c'era la libreria che, per anni, l'aveva tenuta nascosta.

Sentii l'impulso irrefrenabile di sigillarla nuovamente e nascondere i suoi orrori. Girata la chiave nella toppa, la tirai fuori per poi lanciarla con tutta la forza che avevo. La sentii sbattere contro il muro e poi cadere sul pavimento. Quei rumori, per quanto brevi, al buio sembrarono sinistri. Avrei tanto voluto che non fosse mai esistita. Perché non avevo ceduto a quell'esitazione che si era fatta viva nel momento in cui avevo fatto scattare la serratura? Se avessi saputo ciò che avrei scoperto, non mi sarei mai preoccupata di scoprire i segreti legati a quella chiave.

Cosa avrei dovuto fare ora che sapevo tutto?

Non ne avevo la più pallida idea e non ero nelle condizioni per pensarci. Sarebbe stato meglio provare a dormirci su e trovare una soluzione il giorno dopo.

Mi diressi nella mia vecchia camera e, non avendo con me i miei effetti personali, mi buttai sul letto senza cambiarmi. Addormentarsi si rivelò arduo, non appena chiudevo gli occhi rivedevo il ragazzo del vicolo. Nonostante le ferite, il suo sguardo pieno di speranza era riuscito a catturare la mia attenzione. Vedendomi doveva aver pensato di essere salvo... Purtroppo non fu così. Ricordavo il suono delle sue ossa rompersi dopo quel colpo e il suo corpo, privo di vita, afflosciarsi a terra lasciando una scia di sangue sul muro.

Quelle immagini mi costrinsero ad alzarmi dal letto e correre in bagno. Odiavo vomitare, insieme al saporaccio in bocca che lasciava ogni volta. Rimasi inginocchiata a terra per diversi minuti, respirando profondamente per calmare la nausea che, lentamente, si attenuò.

"Sarà una lunga notte..." pensai e subito dopo udii un tuono che annunciò l'inizio di un temporale. Sospirai, sconfitta da quella situazione. "Una lunghissima notte..."

Tornai in camera e mi stesi nuovamente sul letto. Il sonno non voleva accogliermi tra le sue braccia preferendo lasciarmi fissare la finestra, sui cui vetri la pioggia aveva iniziato a picchiettare. Era un rumore incessante e, data l'intensità, sarebbe durato a lungo. Mi accorsi di stare tremando così mi coprii nonostante sapessi che quei brividi non fossero dovuti al freddo. Era un po' come tornare bambina, quando si credeva nell'esistenza di un mostro che viveva sotto il proprio letto. Per non farsi attaccare era sufficiente rifugiarsi sotto le coperte senza far uscire alcuna parte del corpo dal proprio giaciglio. Con il tempo mi lasciai quella paura alle spalle e, senza rendermene conto, non ebbi più alcun problema ad addormentarmi.

Non credevo più nell'esistenza dei mostri, almeno fino a quella notte. Avevo scoperto che in realtà esistevano per davvero e avevano le sembianze degli esseri umani.

Alla fine riuscii a dormire solo per qualche ora, svegliandomi, con il cuore in gola, ad ogni minimo rumore. Fu un sonno privo di sogni e per nulla ristoratore. La mattina seguente, infatti, mi sentii per nulla riposata, in compenso avevo preso una decisione. Mi alzai dal letto ben consapevole di non avere un bell'aspetto, indossai gli occhiali da sole per nascondere il viso stravolto e, una volta pronta, uscii di casa.

Aveva smesso di piovere, ma il cielo era comunque coperto da nuvoloni scuri, soltanto pochi e timidi raggi di sole riuscivano a penetrarli. Le poche persone in giro mi lanciarono delle occhiate interrogative per via delle lenti scure che indossavo: con quel tempo non erano affatto necessarie.

Trovavo le loro attenzioni tutt'altro che piacevoli, ma non avevo né tempo né voglia di preoccuparmene. Le ignorai e continuai per la mia strada fino ad arrivare davanti ad un supermercato, uno dei più riforniti. Di fronte all'edificio c'era un furgone bianco dal quale i dipendenti scaricavano pesanti pezzi di carne che sarebbero andati a finire nelle mani del macellaio e poi esposti al banco gastronomia.

Improvvisamente sbucò fuori un Kai Ken dal pelo chiaro che si avvicinò agli uomini. Questi erano troppo impegnati per prestargli attenzioni, ma non sembravano infastiditi dalla sua presenza. Non ottenendo nulla, lo vidi correre verso di me.

Mi paralizzai sul posto, ignara delle sue intenzioni, ma quando iniziò a saltare e appoggiare le zampe anteriori sulle mie gambe capii tutto: voleva solo giocare.

-"Ciao, piccolo!" esclamai intenerita, iniziando ad accarezzarlo.

Il suo pelo era umido per via, probabilmente, del temporale della notte prima, tuttavia la cosa non mi importò minimamente. Sembrò apprezzare le mie coccole ed iniziò a leccarmi il viso strappandomi una risata.

-"È vostro questo cane?" domandai ai dipendenti del supermercato.

Uno di loro scosse la testa. -"Credo che sia randagio. Mi raccomando, non lo faccia entrare."

-"Lo hai sentito?" domandai al cane che mi fissava scodinzolando. -"Devi stare qui fuori."

Come se avesse capito, il cucciolo si fece da parte e si sedette.

-"Che bravo che sei!"

Quel punto vendita era molto grande e non mancava di nulla. Non aveva soltanto prodotti alimentari, ma anche quelli per la casa. La merce era disposta ordinatamente sugli scaffali e quest'ultimi erano raggruppati in diverse sezioni. Dovevo prendere poche cose, per cui il carrello non mi serviva.

La maggior parte dei clienti era composta da casalinghe: alcune intente a studiare la lista che avevano preparato alzando, di tanto in tanto, gli occhi alla ricerca di ciò di cui avevano bisogno; altre, invece, erano impegnate a scovare i prodotti con i prezzi più bassi.

Raggiunsi la sezione che faceva al caso mio e presi: dei sacchi per l'immondizia, una confezione di mascherine e un paio di guanti in lattice.

Avevo tutto ciò di cui avevo bisogno, ma, mentre mi dirigevo verso la cassa, uno scaffale contenente cibo per animali attirò la mia attenzione. Mi fece venire in mente due cose: la prima era il cane che avevo visto poco prima e la seconda era il fatto che non mettevo nulla sotto i denti già da un bel po'. Non avevo fame, ma avrei fatto meglio a sforzarmi.

"Se è davvero randagio deve essere affamato..."

Scrutai le varie scatolette senza avere la più pallida idea di quale scegliere. Non avevo mai avuto un cane, non sapevo nulla sulla loro alimentazione. Chissà se anche loro avevano un cibo preferito. Non avendo alcuna esperienza in merito, ne afferrai una a caso, quella che aveva la confezione più invitante.

-"Delicato paté con tonno e tacchino." recitava l'etichetta sulla quale c'era l'immagine di un cagnolino dall'aria allegra. -"Che bontà!" commentai sarcastica.

Sperai di aver fatto la scelta giusta. Mancava solo qualcosa per me: vicino alla cassa vidi delle confezioni di dolciumi e, dopo un'occhiata veloce, afferrai una confezione di biscotti al cioccolato.

Il mio stomaco era chiuso e molto probabilmente non li avrebbe graditi preferendo, al massimo, qualcosa di più leggero.

Pagai il conto e una volta fuori vidi il Kai Ken di poco prima corrermi incontro. Ero felice di rivederlo: volevo sdebitarmi con lui visto che era riuscito a farmi ridere e allontanare, per un po', i brutti pensieri.

-"Ho una sorpresa per te!" lo informai mentre aprivo la scatoletta. Incuriosita provai a sentire l'odore del paté, ma, non appena lo feci, lo allontanai disgustata.

Non feci in tempo a poggiare a terra la scatoletta che il cane iniziò a mangiare con gusto.

-"Vedo che ho fatto centro!" esclamai risollevata. Lo accarezzai un'ultima volta per poi lasciarlo consumare il suo pasto in pace.

Arrivata a casa mi sedetti sul divano stringendo tra le mani la mia confezione di biscotti. L'aprii e ne tirai fuori uno. L'odore era invitante, ma non abbastanza da farmi brontolare lo stomaco. Diedi un morso e, come era prevedibile, il gusto non mi sembrò un granché. L'unica cosa che mi spinse a continuare era quella debole nota di cioccolato che si diffondeva nel palato. Riuscii a mandarne giù due prima di sentire il mio stomaco lamentarsi e minacciarmi di rigettare tutto.

Dato che dovevo aspettare che si facesse buio accesi il televisore per ingannare il tempo. Nonostante la varietà di programmi trasmessi, niente riuscii a catturare il mio interesse. Sentii le palpebre farsi sempre più pesanti reclamando il riposo che non avevano avuto la notte prima. Mi accoccolai meglio sul divano e chiusi gli occhi.

"Conterò fino a sessanta, giusto per riposare un po' gli occhi." pensai. "Uno... Due... Tre..."

Quando li riaprii vidi che la stanza era più buia di quanto ricordassi e la luminosità della TV mi infastidì parecchio. Mi sentivo molto intontita e mi ci volle un po' per rendermi conto di aver dormito per ore.

Era giunto il momento di agire.

Spensi il televisore ed andai nello sgabuzzino per recuperare la pala che i miei comprarono anni fa per spalare la neve durante gli inverni più rigidi.

Adesso veniva la parte più difficile. Dovevo farcela a tutti i costi, solo così avrei potuto voltare pagine e guardare avanti. Una volta indossata la mascherina e i guanti recuperai la chiave del seminterrato. Non appena la serratura scattò esitai un momento proprio come la prima volta, con la sola differenza che adesso sapevo cosa avrei trovato lì sotto. Scesi le scale e mi addentrai.

L'odore di morte che impregnava l'aria mi investì, ma la mascherina riuscì ad attutire il colpo rendendolo, per quanto possibile, sopportabile. Feci del mio meglio per non far cadere gli occhi sulla sua fonte e, non appena la raggiunsi, aprii il sacco per l'immondizia che mi ero portata dietro. Sforzandomi di non usare la vista, ma solo tutti gli altri sensi, infilai mano mano le carcasse di quei poveri animali al suo interno.

-"Perdonatemi!"

Una volta finito lo chiusi facendo un nodo e tornai di sopra. Mi sbarazzai dei guanti e della mascherina, recuperai la pala e caricai il tutto in macchina. Non avevo tanta benzina, ma fortunatamente la mia destinazione non era lontana: il parco che frequentavo quando ero più piccola.

Una volta arrivata, scesi giù portandomi dietro tutto il necessario ed iniziai a scavare. Il terreno non era arido, ma quell'azione si rivelò molto più ardua di quanto non sembrasse in realtà. In poco tempo sentii un forte dolore tormentare le mie mani e la schiena. Strinsi i denti e cercai di sopportare l'agonia fino a quando non scavai una buca abbastanza profonda, lasciando cadere al suo interno il sacco. Senza perdere tempo e ignorando il male che provavo, feci lo stesso procedimento al contrario.

Non appena ebbi finito sentii dei passi farsi sempre più vicini. Sbiancai per lo spavento e mi immobilizzai sul posto. Speravo che nessuno mi vedesse. Non avevo idea di come uscire da quella situazione. Cosa avrei dovuto dire?

Chiunque fosse mi raggiunse e si fermò a qualche passo da me. Iniziai a sudare freddo e, istintivamente, strinsi la presa sulla pala. Improvvisamente sentii abbaiare.

-"Eh!?"

Mi voltai di scatto e vidi un cane. Lo osservai attentamente e lo riconobbi: era il Kai Ken che avevo incontrato quella mattina fuori dal supermercato.

-"Ciao, cosa ci fai qui?" gli domandai. -"Sei venuto a trovare i tuoi simili?"

Mi accovacciai a terra e quello azzerò la distanza che ci separava cercando le mie carezze. Era così affettuoso che assecondai la sua ricerca di attenzioni.

-"Resterei volentieri a giocare con te, ma è molto tardi..."

Mi alzai e mi incamminai verso la macchina, ma dopo pochi passi mi accorsi che il cane mi seguiva. Mi bloccai e rimasi a fissarlo: scodinzolava e non sembrava avere alcuna intenzione di andarsene.

"Perché no? Dopotutto è randagio. Siamo entrambi rimasti soli."

-"Ehi, piccolo! Ti va di venire a casa con me?"

A quelle parole iniziò a saltare e ad appoggiare le zampe anteriori sulle mie gambe, come nel nostro primo incontro.

-"Lo prendo per un sì."

Lo presi in braccio e, felice, raggiunsi la macchina.

[Muscular]

Le sue urla strazianti erano cessate da un pezzo e insieme a loro ogni suo tentativo di liberarsi. Il ragazzo doveva essere morto da un pezzo, ma nonostante ciò non lo lasciai andare continuando a tempestarlo di pugni e rendendo il suo volto sempre più irriconoscibile.

Uccidere le persone e infierire sui loro corpi mi aveva sempre divertito, ma da ieri notte qualcosa era cambiato. Ero furioso e ogni mio colpo portava con sé tutta la rabbia che avevo dentro. Non riuscivo ad accettare che quella ragazza fosse riuscita a sfuggirmi. Era la prima volta che mi succedeva una cosa simile.

L'avevo in pugno, ma era riuscita a cogliermi di sorpresa.

Lasciai cadere a terra la mia ultima vittima, neanche la sua morte era riuscita a rimediare al mio orgoglio ferito. La cosa non mi stupì, sapevo cosa avrebbe fatto al caso mio: trovare quella ragazza e portare a termine ciò che avevo iniziato.

-"Ovunque tu ti nasconda, non potrai sfuggirmi in eterno." dissi, come se potesse davvero sentirmi. -"Prima o poi ti troverò e ti ucciderò con le mie mani."

L'idea mi allettava parecchio, non vedevo l'ora che arrivasse quel giorno.

-"Chi va là?" domandò qualcuno alle mie spalle.

Mi voltai e scoprii che si trattava di un poliziotto. Dalla sua espressione colma di terrore capii che aveva visto il cadavere della mia ultima vittima.

-"N-Non ti muovere...!"

Prima che potesse fare qualcosa ero su di lui. Nessun altro sarebbe riuscito a sfuggirmi.

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