L'uomo incappucciato
[Nome Cognome]
Mi misi alla guida senza avere in mente alcuna destinazione, l'unica cosa che volevo era allontanarmi il più possibile da quella casa e dai suoi orrori. Guidai ad una velocità piuttosto elevata per delle strade urbane: sfogavo la tensione sul pedale dell'acceleratore, schiacciandolo con così tanta foga da far impennare la freccia sul tachimetro.
Non era mia abitudine guidare in modo così spericolato, ma in quel momento non ero affatto lucida. Non prestavo la giusta attenzione alla strada, limitandomi a superare le altre macchine incurante di dove ciò mi avrebbe condotta. Degli automobilisti, costretti ad una brusca frenata per evitare di fare un incidente, ci andarono giù pesante con i clacson manifestando la loro rabbia nei miei confronti.
Quel gesto mi riscosse e mi fece notare la folle velocità a cui stavo andando. Immediatamente iniziai a rallentare fino a che non parcheggiai al primo posto che riuscii a trovare. Una volta spento il motore mi resi conto di avere il fiato corto e il battito accelerato, come se quei chilometri li avessi percorsi correndo. Avrei fatto meglio a interrompere quella fuga, almeno fino a quando non fossi riuscita a calmarmi un po'.
Si stava facendo buio per cui, una volta scesa dalla macchina, mi avviai a passo veloce alla ricerca di un posto dove stare. Non ero mai stata da quelle parti, sembrava di essere su una via commerciale poiché, uno vicino all'altro, vi erano tanti negozi di ogni tipo. Dato l'orario la maggior parte erano chiusi, gli unici a continuare la loro attività erano i ristoranti. Promettevano bene e le persone che continuavano a entrare e ad uscire erano indubbiamente un buon segno sulla qualità del cibo che offrivano; peccato che quella sera il mio stomaco non avrebbe gradito un solo boccone.
Decisi quindi di addentrarmi in uno dei numerosi vicoli alla ricerca di qualcosa di meglio. Al buio quelle strade, collocate tra due file di edifici, avevano un aspetto quasi spettrale. I rari lampioni erano lontani gli uni dagli altri, ma ad essere più opprimente era il silenzio che regnava. Nessun suono di poco prima riusciva ad arrivare fin lì, proprio come un seme che prova a germogliare in un terreno arido: per quanti sforzi faccia, non riesce a levarsi dal suolo e a fiorire.
Un rumore improvviso mi gelò sul posto. Rimasi in ascolto con il fiato sospeso: evidentemente non ero sola come credevo e la cosa non mi piaceva affatto. Purtroppo non era raro che qualche ragazza rimanesse vittima di qualche malintenzionato, ciò accadeva prevalentemente di sera e in strade poco frequentate, esattamente dove ero io in quel momento. Per frenare il fenomeno le autorità si limitarono a sconsigliarci di andare in giro da sole una volta buio. Un provvedimento, a mio avviso, inutile ed ingiusto: invece di limitare la nostra libertà dovrebbero garantircela rafforzando i controlli e punendo i malviventi.
Con il cuore in gola mi voltai di scatto, pronta a fronteggiare qualsiasi minaccia; ma con mio grande sollievo non vidi nessuno. Iniziai a ridacchiare e mi passai una mano tra i capelli.
"Devo avere i nervi a fior di pelle se arrivo perfino ad immaginarmi le cose."
Con il cuore più leggero ripresi a camminare fino a che, finalmente, raggiunsi una meta. Davanti a me c'era la porta d'ingresso di un pub.
L'aspetto lasciava un po' a desiderare, per nulla paragonabile ai ristoranti che avevo visto poco prima. L'edificio era piuttosto malridotto, presto o tardi avrebbe avuto bisogno di una ristrutturazione. Nonostante tutto decisi di dargli una possibilità, anche perché non avevo più voglia di camminare.
Aperta la porta scoprii, con mia grande sorpresa, che l'interno era decisamente meglio. Il colore predominante era il marrone con tutte le sue tonalità, fatta eccezione per gli sgabelli vicino al bancone che, invece, erano bianchi. Le luci erano soffuse e i tavoli, collocati ai lati del locale, erano tutti occupati. Nessuno sembrò far caso alla mia presenza, tranne un uomo dai capelli brizzolati. A differenza di tutti gli altri non era in compagnia e ignorava totalmente il bicchiere che aveva davanti poiché le sue mani erano impegnate ad accendere una sigaretta e i suoi occhi, dietro le lenti scure che indossava, a fissarmi dalla testa ai piedi.
Ignorai le sue attenzioni e andai a sedermi su uno sgabello libero vicino al bancone, dietro al quale un uomo di mezza età era intento a ripulire dei bicchieri.
-"Qualcosa di forte." dissi, anticipando la sua domanda.
Dopo un momento di esitazione lo vidi afferrare un bicchiere pulito nel quale versò un liquido trasparente. Incurante di cosa fosse, lo mandai giù tutto d'un fiato e ciò mi causò un forte bruciore in gola.
-"Ehi, vacci piano!" mi ammonì lui divertito. -"Ti fa male bere in quel modo!"
Mi portai una mano davanti alla bocca cercando in tutti i modi di non tossire. Lentamente il fastidio diminuì e gli porsi il bicchiere ormai vuoto. Quel gesto era più che chiaro, ma sembrava non voler esaudire la mia richiesta silenziosa, temendo forse che ci sarei andata giù pesante.
-"Questo è l'ultimo." lo rassicurai.
Ero consapevole che più tardi avrei dovuto riprendere la macchina. Bere qualcosa di così forte serviva solo per calmare i nervi.
Quelle parole eliminarono ogni suo indugio. Afferrò la bottiglia di poco prima e versò nuovamente il suo contenuto. Mi portai il bicchiere alle labbra decisa, questa volta, a gustarmela piano piano. L'odore era pungente, ma piacevole; più forte di qualsiasi altro liquore che avevo provato.
Un cliente attirò l'attenzione del barista, obbligandolo ad allontanarsi. Rimasta sola iniziai a bere in santa pace. Preso a piccoli sorsi non mi procurò alcun bruciore e inoltre potei assaporare la sua aroma sul palato. Quando il barman tornò, mi porse una ciotola di noccioline.
-"Non ho chiesto nulla." gli feci notare.
-"Te le offre quel signore laggiù." mi rispose lui.
Mi voltai confusa e sobbalzai quando scoprii che si trattava della stessa persona che era rimasta a fissarmi nel momento in cui ero entrata e che, mio malgrado, stava continuando a fare mentre fumava la sigaretta che si era acceso. Piuttosto perplessa da quanto accaduto, decisi di porre fine a quella situazione così imbarazzante. Afferrai il mio bicchiere insieme alla ciotola di noccioline e mi avvicinai al suo tavolo.
-"Non è saggio consumare alcolici a stomaco vuoto." disse lui con uno strano sorriso sul volto.
-"Non lo è nemmeno flirtare con quelle molto più giovani." risposi io senza peli sulla lingua.
Alle mie parole, iniziò a sghignazzare. Fece il suo ultimo tiro di sigaretta per poi spegnerla nel posacenere.
-"Ti assicuro che non era mia intenzione, [Nome Cognome]."
Rimasi di stucco. Quell'uomo, che non avevo mai visto in vita mia, conosceva la mia identità.
-"Chi sei? Come fai a sapere chi sono?"
-"Conoscevo i tuoi genitori." rispose lui senza scomporsi troppo. -"Probabilmente ti avranno parlato di me. Ti dice niente il nome Giran?"
Il mio cuore perse un battito. Non mi avevano mai parlato di lui, ma avevo avuto modo di "conoscerlo" grazie al quaderno che avevo letto quel pomeriggio. Davanti a me c'era l'uomo che forniva ai miei genitori le cavie per i loro esperimenti. Senza mascherare il mio stupore mi sedetti vicino a lui.
-"Quel Giran?"
-"In persona." rispose lui con una nota d'orgoglio, per poi ricomporsi e assumere un'espressione seria. -"Le mie condoglianze. Ho saputo cosa è successo ai tuoi..."
Chiunque intorno a me mostrava del dispiacere per quanto accaduto ed era ironico pensare che io, al contrario, non ne provavo minimamente. Non erano mai stati così tanto presenti da farmi sentire la loro mancanza e dopo aver saputo la verità potevo aggiungere che, forse, la cosa mi risollevava.
-"Erano molto in gamba. Sentirò la loro mancanza."
-"Più che altro sentirai la mancanza dei soldi che ti sganciavano."
Mi era uscito di getto, forse per colpa dell'alcol che avevo ingerito, il quale rendeva difficoltoso tenere a freno la lingua.
-"Beh... Non hai tutti i torti, ma di questo non mi preoccuperei. Immagino che tu voglia continuare ciò che..."
-"Assolutamente no!" lo interruppi io decisa.
Sembrò sorpreso dalla mia risposta, anche se fece di tutto per non farlo notare.
-"La cosa mi stupisce. Mi hanno parlato molto di te ed erano certi che avresti portato avanti le loro ricerche."
-"Perché dovrei? Sai cosa facevano agli animali che gli procuravi?"
-"No e francamente non mi importa. So solo che desideravano cavie in ottima salute."
-"Tentavano di creare animali in grado di comportarsi come gli esseri umani, proprio come è stato fatto al preside del liceo Yuuei!"
Erano passate ore da quella scoperta e ancora non riuscivo a capacitarmene. L'immagine di quegli animali abbandonati lì sotto si ripresentò nella mia mente e dovetti fare di tutto per tenere a bada il mio stomaco che voleva rigettare ciò che aveva ricevuto.
-"Avevano un proprio ideale."
Non volevo credere alle mie orecchie. Come poteva dire una cosa del genere dopo ciò che gli avevo rivelato?
-"A guidare le loro azioni non c'era alcun ideale, piuttosto una mente malata."
Mandai giù ciò che restava nel mio bicchiere e feci per alzarmi, ma Giran mi bloccò con un gesto della mano.
-"Stando così le cose, che cosa hai intenzione di fare?"
-"La verità? Non ne ho la più pallida idea." ammisi senza troppi giri di parole.
-"Capisco che adesso tu sia scossa, ma non gettare all'aria il loro intero lavoro."
Schioccai la lingua infastidita, ma prima che potessi dire la mia lui riprese la parola.
-"Per rispetto nei tuoi genitori, ti comunico che per qualsiasi cosa potrai contare su di me." detto ciò, fece un cenno con la mano attirando l'attenzione del barista. -"Metta sul mio conto ciò che ha consumato la signorina."
-"Perché mai dovrei chiedere il tuo aiuto?"
-"Perché sono l'unico che può esaudire qualsiasi richiesta, ovviamente dietro il giusto compenso. Se sei interessata, mi troverai qui venerdì sera."
Detto ciò andò a pagare al bancone per poi uscire di lì. Quella conversazione mi aveva lasciata senza parole. Davvero si aspettava che sarei andata a chiedere il suo aiuto? Si sbagliava di grosso. Non avevo alcuna intenzione di immischiarmi con i suoi loschi affari. Dopo un po' mi alzai da quel tavolo ed uscii dal locale. Appena fuori, la fresca aria notturna mi fece rabbrividire e decisi che avrei fatto meglio a raggiungere il prima possibile la macchina. Ormai mi ero calmata e quindi avrei potuto mettermi alla guida senza problemi, inoltre avevo una destinazione: l'appartamento vicino all'ateneo che avevo preso in affitto.
Ero a metà strada quando sentii qualcuno gridare. La sua voce, piena di dolore, mi fece accapponare la pelle. A differenza del rumore che credevo di avere sentito prima, questo era reale: qualcuno aveva bisogno di aiuto e non sembrava troppo lontano. Non potevo ignorare la cosa, per cui andai alla ricerca della sua fonte. Improvvisamente lo udii nuovamente, più forte di prima, così iniziai a correre fino a che, svoltando un angolo, non mi si presentò davanti un terribile spettacolo.
Un ragazzo agonizzante con il volto tumefatto era immobilizzato al muro da un uomo incappucciato altissimo e possente. La vittima respirava a fatica e quando si accorse della mia presenza vidi un bagliore di speranza nei suoi occhi.
-"... Aiu... Aiutami... Ti... Prego...!"
Il suo carnefice seguì il suo sguardo, notandomi a sua volta. I suoi occhi erano nascosti dal cappuccio, ma non la sua bocca sulla quale c'era un sorriso carico di sadismo. Ero terrorizzata, incapace perfino di ragionare. La mia mente, di fronte a quello spettacolo, sembrava incapace di dare qualsiasi comando al corpo.
Ad un tratto l'uomo sferrò un pugno violentissimo al viso del ragazzo e udii chiaramente qualche osso spezzarsi. Avrei voluto gridare, ma la voce mi morì in gola. Mi portai, inorridita, una mano sulla bocca mentre quel corpo senza vita si afflosciava a terra lasciando una scia di sangue sul muro.
-"Ti sei persa?" mi domandò l'uomo con tono divertito.
Volevo fuggire, ma le gambe sembravano pezzi di cemento troppo pesanti da spostare. Terrorizzata lo vidi fare un passo verso di me.
-"Vieni qui. Sarà un vero piacere occuparmi di te."
Quelle parole mi procurarono una scossa che dalla testa raggiunse i piedi, rendendomi abbastanza lucida da girarmi ed iniziare a correre. Il cuore martellava così violentemente che lo sentii pulsare nelle orecchie, ma riuscii comunque a sentire i suoi passi che mi seguivano e la sua voce che mi chiamava.
-"Non mi sfuggirai!"
[Muscular]
Il ragazzo di poco prima non mi aveva divertito abbastanza, non aveva nemmeno provato a difendersi in qualche modo. Adoravo vedere la persone lottare disperatamente per la propria vita, ancor di più nel momento in cui realizzavano che non ci fosse niente da fare.
Quella ragazza era veloce, ma non abbastanza. Potevo anche non usare la mia Unicità. Riuscii a raggiungerla e la afferrai per un braccio. Lei quasi perse l'equilibrio, ma ciò non le impedì di cercare di liberarsi con tutte le sue forze. Era una preda niente male, mi sarei divertito un po' prima di ucciderla.
Era diverso tempo ormai che non assapporavo il corpo di una donna. L'ultima volta non ero stato affatto soddisfatto: la ragazza in questione aveva pianto per tutto il tempo, per cui, stufo di ascoltarla, la uccisi subito.
Azzerai la distanza che ci separava e la sollevai senza alcuna fatica. Lei iniziò a divincolarsi violentemente.
-"Lasciami! Aiuto!"
Le tappai la bocca con una mano mentre iniziai ad indietreggiare.
-"Risparmia il fiato. Tra poco ti darò un buon motivo per gridare."
Continuò a dimenarsi fino a che non riuscì a mordermi due dita.
-"Maledetta putt...!?"
Mi accorsi troppo tardi dello sgambetto che era riuscita a farmi. Fui colto di sorpresa e così persi l'equilibrio. Caddi all'indietro, ma appena toccai terra mi mancò il fiato: la ragazza sembrò pesare una tonnellata. Doveva aver usato la sua Unicità.
Accadde tutto così in fretta che per lo stupore mollai la presa. Lei ne approfittò per rimettersi in piedi e riprendere la fuga.
Mi alzai e osservai per un momento le dita sulle quali c'era il segno del suo morso. Era la prima volta che qualcuno riusciva a sfuggirmi, ma non le avrei dato la possibilità di raccontarlo.
-"Torna qui!" le gridai furioso mentre riprendevo l'inseguimento.
Era riuscita a guadagnare del tempo prezioso, quando uscii dal vicolo, infatti, la vidi salire su una macchina e fare manovra.
-"Non ti lascerò scappare!"
A quanto pare l'avevo sottovalutata, per cui decisi di sfruttare la mia Unicità. Le mie gambe divennero molto più forti e mi permisero di raggiungere in un baleno la strada. Lei non sembrò preoccuparsi che fossi sulla sua strada e non accennò a frenare... Come se ciò avesse potuto fermarmi.
Sentii le fibre musculari crescere sulle mie braccia: non avrei avuto alcun problema a distruggere una macchina in corsa con un solo colpo, anche se ciò significava che l'avrei uccisa all'istante. Non mi importava più nulla, quella ragazza mi aveva solo fatto perdere tempo. L'auto si fece sempre più vicina, attendevo impazientemente il momento giusto per attaccare.
Ad un certo punto accese gli abbaglianti. Ancora una volta era riuscita a cogliermi di sorpresa: i miei occhi erano ormai abituati al buio, perciò quella luce, così forte ed improvvisa, procurò un fastidio così grande che fui costretto a coprirli con le mani. Avevo perso la concentrazione e le mie braccia erano tornate normali, in quelle condizioni non avrei avuto speranze.
Fui costretto a scansarmi, evitando per un pelo quella macchina che si allontanò a tutta velocità.
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