(R) Capitolo 5: Avalon (1/2)
Delle canzoni lontane echeggiavano nel muro di nebbia, accompagnate da grida lontane di uomini in battaglia e nitriti di cavalli, portati via dal vento, assieme a una musica lontana di lire e liuti
Rose strinse una manica della tunica di Myr, guardandosi attorno. «Cosa sono questi rumori?»
«Non avere paura. Sono solo gli echi del passato. Avalon è un'estensione dell'Oltremondo sulla Terra, e fra gli spazi tra un mondo e l'altro ci si può perdere, se si dà troppa retta alle voci. Stai sempre lontana dai posti dove vedi la Nebbia: lì il tempo perde di significato, è dove la magia si concentra di più.»
La voce del Mundbora giunse flebile sino a lei, come se ci fossero state centinaia di metri a separarli.
Con la coda dell'occhio, Rose vide un profilo di un cavaliere a bordo di un cavallo che si stava impennando, prima che la figura si dissolvesse di nuovo nella nebbia. Tornò a guardare in avanti e deglutì a fatica. Meglio non guardare di nuovo.
Dopo qualche istante la nebbia cominciò a diradarsi, e Rose trasse un sospiro di sollievo quando poté di nuovo vedere l'erba sotto i propri piedi. Sollevò lo sguardo e il suo cuore ebbe un sussulto. Non aveva mai visto un luogo del genere.
«Benvenuta ad Avalon» mormorò Myrddin, sorridendo della sua espressione stupefatta.
Rose avrebbe voluto dirgli che era stupenda, ma quella parola era troppo debole per descrivere la bellezza dello spettacolo che le si parava davanti. Si trovavano su una roccia sopraelevata a strapiombo su una valle circolare. All'interno di essa scorreva un unico, grande fiume, il cui percorso designava un motivo a interlace con tre rami di colori diversi che separavano altrettante fasce di capanne a punta, simili a castagne.
Sottili nuvole di fumo si levavano dai focolari e delle creature antropomorfe cantavano e danzavano attorno a essi gettando delle polveri fra le fiamme, che assumevano le tinte più improbabili. Qualcuno stava suonando un'ocarina, e il sussurro morbido di quello strumento arrivava fino a loro.
Al centro esatto della valle c'era una porzione sopraelevata su cui si stagliava una quercia di sessanta metri. Sotto di essa c'era un nucleo centrale tondeggiante, da dove sgorgava l'acqua del fiume: i tre rami del corso d'acqua si espandevano a raggera da quel punto. Se si guardava dritto davanti a sé, sembrava quasi che il mondo si piegasse, e Rose avvertì un senso di vertigine. Un forte scrosciare suggeriva che erano vicini a un'immensa cascata o a un mare, ma non aveva alcun senso. Non c'era nessun mare!
Myrddin le diede un buffetto sul braccio per catturare la sua attenzione. «Ti ricordi tutti quei discorsi sul fatto che la Terra fosse piatta? Per pura coincidenza, la terra delle fate lo è, dato che non risponde alle vostre leggi della fisica. Il rumore d'acqua che senti adesso è il fiume di Avalon che cade nel vuoto.»
«Tutto normale» farfugliò Rose. «Tutto... nella norma... non mi farò prendere dal panico.»
Le vertigini di Rose si intensificarono e la ragazza si aggrappò al tronco di un pino. Non aveva mai avuto alcun genere di problemi nello stare in posti sopraelevati, ma il rollio di Avalon era nauseabondo, come se si trovassero a bordo di una nave. Quella terra si muoveva, era viva.
«C'è un leggero movimento... non me lo sto immaginando, vero?»
Myrddin batté le mani per elogiarla o, più probabilmente, per prenderla in giro. «Complimenti, Rose. Hai una sensibilità molto spiccata. Ma non sognarti nemmeno di dire queste cose davanti a Nimueh, o puoi star certa che ti costringerebbe a restare qui.»
«Non sembrerebbe poi così male.»
«Oh, tu non hai la più pallida idea di cosa sia male!»
Rose borbottò a mezza voce, tentata di fargli il verso, ma aveva bisogno di chiedergli altre cose, quindi era meglio fare la brava.
«Quindi stai dicendo che io ho un pizzico di, come dire, sesto senso?»
Myr incrociò di nuovo le braccia sul petto e sospirò. «Purtroppo per te, sì.»
«Fantastico! Quindi io... io potrei fare le magie?»
«No.»
«E perché no?»
«E' una lunga storia. Le fate bevono e consumano delle sostanze particolari per compiere magie, è da lì che viene la forza per creare qualcosa o scagliare un fulmine.»
Rose strinse una mano a Myr e lo guardò con aria adorante. «E io non potrei imparare?»
Il mago sottrasse bruscamente la mano dalla sua presa e la guardò inorridito. «Assolutamente no! Puoi scordartelo. E non farmi altre domande sulla magia. Come ho detto, meno sai e meglio è, e con la tua parlantina finisce che prima o poi ti dico qualcosa anche se non voglio. Quindi pensa solo a camminare, che è meglio.»
«Almeno dimmi chi è Nimueh.»
«Se solo ascoltassi, l'avresti capito. E' una Daone Sith, come Medb. Per la precisione, sono sorelle, anche se in realtà i legami di sangue fra le fate non esistono. Sono più legate dal fatto di appartenere alla stessa specie. E ora zitta e non fare altre domande, o giuro che ti trasformo in un rospo.»
Rose fece una smorfia e riprese a camminare nella scia di Myr con aria mogia. Non era giusto che, una volta scoperto un mondo magico tanto affascinante, non le permettessero di accedervi. Era tutta colpa di quel brontolone.
Certo però che era incredibile. Una terra piatta che si muoveva nel vuoto. Se non fosse stato per quel rollio nauseante, sarebbe stato stupendo viverci.
Rose si premette una mano sulla bocca e soffocò un ruttino.
«Quando avremo raggiunto la valle starai meglio. Lì si sente di meno l'ondeggiare» la incoraggiò Myrddin, facendole cenno di seguirlo lungo un sentiero che scendeva lungo il lato destro del promontorio.
Rose arrancò nella sua scia e, in effetti, si sentì meglio, una volta al livello della valle. Deglutì e tentò di sorridere a Myrddin, ma venne scossa da un singhiozzo improvviso che la fece arrossire.
Myr sospirò e disse qualcosa riguardo i giovani d'oggi. Rose non ci fece caso e lo tallonò, col vestito che si impigliava continuamente fra le foglie. Si ritrovò a imprecare a mezza voce, cercando di liberarlo da delle spine nelle quali si era incastrato. Le sfuggì un grido di sorpresa, quando dal ramo colpevole dell'imbrigliamento provenne un lamento.
«Attenta a dove metti i piedi!» gemette una voce soffocata. Una zolla di terra emerse dal terreno assieme a un paio di braccine seguite da una minuscola schiena dalla quale sporgeva il ramo in cui si era impigliata Rose. La creatura sollevò un pugnetto minaccioso, gli occhi a capocchia di spillo colmi di rabbia. «Guarda che la prossima volta ti faccio smarrire la strada! Prova a darmi un altro pestone e vagherai in tondo per ore senza capire cosa stia succedendo! Hai capito bene muso rosa?»
«Io... scusa, non ti avevo visto» farfugliò Rose, troppo stupita per risponderle per le rime.
La creaturina incrociò le braccia sul petto e sollevò il mento con fare offeso. Poi la esaminò attentamente e aggrottò le sopracciglia muschiose.
«Niente orecchie a punta, niente luccichio... tu non sei una fata. Che strana creatura sei?»
Myr eruppe in una risata nervosa e afferrò Rose per un braccio, strattonandola via. «Ci scusi per il disturbo, signora. Non volevamo pestarla!» Poi, rivolgendosi a Rose, sibilò: «Attenta a dove metti i piedi! Quella è una Piota Vagante. Ti fanno smarrire la strada, e la foresta ne è piena. Spesso al confine trovo un sacco di elfi confusi che non hanno idea di come tornare a casa, ed è tutta colpa delle Piote... si sono riprodotte a non finire, e sono pure permalose.»
«Piota» annotò mentalmente Rose, fissando il vuoto. Si rese conto solo in un secondo momento di quanto dovesse sembrare stupida e scosse la testa. «Certo, starò attenta.»
Myrddin la guardò con aria dubbiosa, ma la lasciò andare. Riprese a camminare e aumentò il passo: i suoi piccoli piedi, aggraziati per appartenere a un uomo, saltellavano da un punto all'altro come quelli di un Peter Pan impazzito. A Rose invece cominciava a dolere la milza, e stava seriamente rivalutando di iniziare a fare jogging con Wulfric anziché stravaccarsi sul divano.
Quando uscirono dalla foresta la frescura dell'aria le ravvivò i sensi e scacciò la poca nausea rimasta. Myrddin aveva già attraversato il sottile ponte che collegava la foresta alla terra interna, e Rose fece lo stesso.
Il legno chiaro scricchiolò sotto i suoi piedi, e la ragazza guardò in basso. Si immobilizzò, quando vide due foche ricambiare il suo sguardo. Erano molto piccole, con musi rotondi e occhi grandi; sembravano dei cuccioli, ed erano gli affari più carini che Rose avesse mai visto. Stavano nuotando contro corrente, senza avanzare di un centimetro, e si godevano il massaggio dell'acqua. Quando la videro, la fissarono intensamente, proprio come aveva fatto la Pixie.
«Cosa sei tu?» le chiese una di loro, prima di abbandonarsi a dei piccoli versi interrogativi.
«Ti hanno limato le orecchie?» rincarò l'altra, spruzzandole contro un po' d'acqua con la punta della coda.
Myrddin decise di intervenire e agitò le braccia in aria per spaventarli. «Sciò! Lasciatela in pace! Vostra madre sa che siete qui? Non dovreste essere a scuola da Geodfrith?»
«Geodfrith è noioso» brontolarono all'unisono le due foche, i lunghi baffi blu che vibravano per lo scontento.
«Non mi interessa se è noioso. Dovete andare a lezione, o sarò io quello da cui verranno a lamentarsi. "Eh, il mio bambino non sa un bel niente", "eh, ha preso zero in storia delle fate"! Sono l'ufficio lamentele di questo posto, per gli dei» li rimbrottò Myrddin. «E se qualcuno verrà a dirmi qualcosa a vostro riguardo, mi aiuterete a staccare ricci dal didietro dei giganti per un'intera giornata.»
La minaccia fu sufficiente perché le due foche emettessero un verso di spavento e si lasciassero trasportare dalla corrente, sparendo alla loro vista.
«Ragazzini» sbuffò Myrddin.
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