(R) Capitolo 24: L'alfiere della Regina (2/2)
A Rose ci volle solo un istante per capire che quella era Morgaine. Non l'aveva mai vista prima d'ora, ma la reazione di Myr davanti a lei e il modo in cui quella donna bambina lo puntava fecero suonare un campanello d'allarme nella sua mente.
Myr non ce l'avrebbe fatta da solo. Forse una volta era stato un avversario pari a lei, ma Morgaine aveva incrinato qualcosa in lui quando l'aveva ferito mortalmente. Myr aveva paura e non riusciva a essere il suo solito sé, sicuro, sempre in prima fila. Davanti a Morgaine indietreggiava, i suoi colpi diventavano imprecisi e non riusciva ad avere un chiaro quadro della situazione.
Rose guardò Geodfrith e si morse un labbro. Il vecchio Mundbora non poteva aiutare Myr. Il suo corpo estenuato cominciava a manifestare gli effetti dei Sali concentrati, nonostante stesse cercando di contenere il tremito nelle mani e le contrazioni che gli attraversavano il collo.
«Resta qui» gli disse Rose, brandendo il pugnale con la mano sinistra. Strinse e riaprì le dita della destra un paio di volte; era rigida, ma almeno riusciva a muoverla.
Morgaine e Myr si inseguivano nello spiazzo appena sgombrato. La prima saltellava da un punto all'altro come un folletto, piena di energia. Stava brandendo una spada simile a un ago, dalla lama di un verde brillante. Gli occhi di Myr erano puntati su quel fioretto, come se lo temesse più di ogni cosa.
Morgaine lo stava surclassando un centimetro alla volta, confondendolo con i suoi movimenti rapidi e le sue chiacchiere pungenti.
«Non riesci a starmi dietro» gli ripeteva fra una risatina e l'altra, l'occhio destro che riluceva nel buio. Il sangue di Medb scorreva incandescente nella sua iride, ed era l'unico modo per capire dove si trovasse mentre si nascondeva nella boscaglia. «E' come quella volta, Myr. Te lo ricordi? Allora eri molto più forte, ma hai abbassato la guardia. Volevi salvare il tuo Artri a tutti i costi, non è vero? Se solo fossi stato più concentrato, il ragazzo sarebbe ancora vivo.»
«Stà zitta!» ringhiò Myr. La sua voce aveva una nota stridula, come se fosse stata sul punto di spezzarsi.
Non si rese nemmeno conto che Morgaine lo stava per aggredire alle spalle, e fu allora che Rose si intromise. Morgaine si voltò per fronteggiarla, ma non fu abbastanza rapida. Il pugnale di Rose la ferì leggermente a un fianco, prima che Morgaine sollevasse una mano e le scagliasse contro un lampo verde. Rose riuscì a evocare uno scudo a malapena sufficiente a fermare il fulmine, che lo fece esplodere in mille pezzi lucenti.
La ragazza cadde in ginocchio ansimando, senza allentare la stretta sul pugnale. Aveva le mani sudate e il cuore le batteva tanto rumorosamente da stordirla.
Myr approfittò della distrazione di Morgaine per riprendersi, e la attaccò alle spalle.
Morgaine lo schivò con facilità e lo colpì con un potente calcio alla base della schiena. Myr rotolò nell'erba e schivò a stento la spada dell'avversaria, che si conficcò a pochi centimetri dalla sua gola.
«E tu chi sei, ragazzina?» chiese Morgaine in tono vivace, gli occhi che dardeggiavano in continuazione verso Rose. «Sei la nuova allieva del Vecchio Merlo? Nimueh deve essere davvero disperata, se pensa che gli umani siano ancora in grado di darle un aiuto. Le comodità della vita di tutti i giorni vi hanno rammolliti. Non sareste mai in grado di essere una minaccia. Scappa finché puoi, ragazzina, e lasciami finire il mio lavoro.»
Rose però non si mosse: non avrebbe rivolto le spalle a Morgaine per niente al mondo. Sarebbe stato ancor più pericoloso di affrontarla a viso aperto.
Morgaine sembrò divertita dalla sua reazione e le rivolse un sorriso esaltato. Myr ruggì di rabbia e le afferrò un piede, tirando forte per rovesciarla. Tentò di bloccarla in una delle sue prese, ma Morgaine scivolò fra le sue membra come acqua e si avvicinò a Rose.
La ragazza si alzò in piedi e cercò di trovare una posizione stabile. Quell'ultima scarica di Sali aveva quasi svuotato le sue scorte di energia. Morgaine era talmente forte che era ridicolo con quanta facilità riuscisse a tenere in scacco un'apprendista.
La serva di Medb si avvicinò a Rose e Myr gridò una seconda volta, avventandosi su di lei. «Stalle lontana, mostro! Non ti permetterò di farle del male!»
Il Mundbora le inviò contro un fulmine, che emise un sordo crepitio, abbattendosi su Morgaine come un coltello di luce.
Rose per un attimo restò accecata e pensò che Myr avesse vinto. La nebbia creata dal fulmine si diradò e rivelò una Morgaine sogghignante, che lo guardava in modo del tutto diverso.
«Adesso stai facendo sul serio» mormorò, perdendo il suo fare giocoso. I suoi lineamenti infantili assunsero una sfumatura più inquietante, mentre tornava a concentrarsi su Myr, come se reputasse Rose una minaccia troppo insignificante per essere degna della sua attenzione.
«Vattene da qui» sibilò il Mundbora, rivolto a Rose. «Corri.»
«Pensi davvero che correre possa salvarla?» lo schernì Morgaine, mentre lasciava cadere il mantello per essere più libera nei movimenti. Non aveva nessuna traccia di seno, e anche in lei c'era qualcosa di deforme: era una Mundbyrnes da talmente tanto tempo, da aver perso ogni somiglianza con una donna, fatta eccezione per il volto. I suoi lineamenti affusolati avevano un che di affascinante, malgrado non rientrassero entro i comuni canoni di bellezza. «Medb si prenderà Avalon, Myrddin. Stanotte. E tu non potrai farci proprio nulla. Non hai mai potuto niente contro la tua padrona. I tuoi stessi poteri derivano da lei. Come puoi illuderti di essere libero? Credi davvero di aver scelto da solo di avvelenare il fiume di Avalon?»
Myr sbiancò e guardò Rose, che ricambiò l'occhiata, ammutolita. La sua memoria venne attraversata da un flash di luce verde e, all'improvviso, ricordò tutto. Rammentò Myr chino su di lei, quel giorno al fiume, e di come le aveva chiesto perdono per quello che avrebbe fatto. Lei aveva scoperto la verità e, se l'avesse riferita alla Dama o a chiunque altro, avrebbe distrutto il suo piano. Non aveva avuto scelta.
«Ho detto qualcosa che non va?» sussurrò Morgaine, seguendo il loro scambio silenzioso con un sorriso. «Non sapevi quello che ha fatto il tuo maestro? No... no, tu lo sapevi. Ma lui... ah, ho capito quello che è successo. Tipico di Myrddin. Pensa di agire per il bene, e invece i suoi piani non fanno altro che seminare distruzione attorno a sé, annientando proprio ciò che giura di proteggere. Non è vero, Myr? La situazione ti è sfuggita di mano. Pensavi di poter mettere Medb e Nimueh l'una contro l'altra senza perdite?»
L'espressione di Myr a quella domanda fu una risposta più che soddisfacente, e Morgaine ridacchiò, scuotendo la testa.
«Sei talmente prevedibile. Medb sapeva che avresti tentato qualcosa del genere prima o poi. Ti conosce troppo bene» sussurrò, avvicinandosi a lui con la spada in mano. «Mi ha detto di lasciarti in vita. Vuole occuparsi personalmente di te, e il mio unico compito è quello di catturarti. Non ha detto però cosa dovrei fare a chi si intromette nella mia missione.»
E, con uno scatto repentino, invertì la rotta. Rose se la vide arrivare addosso e non seppe cosa fare, se non sollevare il pugnale. Tentò di deviare la spada di Morgaine verso l'alto, ma la lama della Mundbyrnes tagliò attraverso il vetro evanescente.
Rose non avvertì nemmeno dolore, quando la lama le trapassò il fianco sinistro, penetrando nella sua carne fino a metà del filo. Morgaine la stava guardando negli occhi, e la sua espressione di gioia selvaggia si impresse a fuoco nella memoria di Rose.
«NO!» Myr cercò di avvicinarsi a loro, ma Morgaine abbandonò la spada e glielo impedì, ostruendogli la strada.
«Penso che questo sarà un buon incentivo» mormorò Morgaine, ridendo di gusto, prima di dare fondo alle scorte di energia e rivolgere dei fulmini contro Myr.
Rose, che era scivolata fra le radici dei pini tagliati, si premette le mani contro la ferita. Non riusciva a muovere niente dalla vita in giù. Se provava a mettersi seduta, le faceva talmente male da provocarle dei conati. La spada si dissolse sotto il suo sguardo incredulo, ma il dolore al fianco non svanì; pulsava e si contorceva, divorandola dall'interno. Il calore attaccaticcio del sangue le inzuppava la maglia sotto l'armatura. L'usbergo non era servito a niente, la lama l'aveva attraversato come se fosse stato fatto d'aria.
"E' una ferita grave", pensò Rose, avvolta dalla nebbia della paura e del dolore. "Non voglio... non voglio morire..."
Non voleva farlo lì, in quel campo di battaglia, lontana da tutto e tutti.
Myr le aveva detto di andarsene. La sua unica speranza era raggiungere le retrovie, dove le Silfidi l'avrebbero portata al sicuro. Non c'era altra via.
Ma Geodfrith?
Rose lo cercò con lo sguardo. A tratti le si appannava la vista, mentre si trascinava sulle radici. Non poteva singhiozzare, o la ferita le avrebbe solo fatto più male.
Geodfrith era scomparso. Forse si era ritirato nella buca dalla quale erano emersi, in preda agli atroci dolori che gli avrebbero causato i Sali concentrati. Non appena avesse raggiunto le retrovie, Rose avrebbe mandato qualcuno a prenderlo.
La ragazza arrancava nel fango e nell'erba. La terra era stata smossa dalle zampe dei servi di Medb, che l'avevano trasformata in una poltiglia grigia.
La ferita era un fuoco nel fianco, come se stessero passando ripetutamente un filo spinato nel foro lasciato dalla spada.
Rose si aggrappò a un pino caduto e si sostenne sulla gamba destra per proseguire. Ogni volta in cui provava a far affidamento sulla sinistra, rischiava di cadere. Abbassò lo sguardo sul fianco ferito. Gli anelli metallici dell'usbergo erano stati resi viscidi da una sostanza verde. Rose deglutì a fatica e scosse la testa. Non voleva sapere cosa fosse. L'unica cosa certa era che non si trattava del sangue di Medb: non percepiva quella sensazione di morte interiore che l'aveva pervasa nel momento in cui il sangue della Regina le era entrato in circolo.
"Non mi trasformerà", si disse, stringendo i denti per non gridare. "Le retrovie. Devo raggiungerle... ci sono quasi. Mi vedono? Ti prego, fà che mi vedano. Vi prego!"
«Aiuto» rantolò Rose. Un sapore metallico le aveva invaso la bocca, ma non era quello del sangue. Le si stava gonfiando la lingua, e faceva fatica a respirare. «Aiuto...»
Vide le luci di Avalon, e un'ombra le venne incontro. Rose accolse con immenso sollievo la possibilità di abbandonarsi fra le sue braccia.
Una mano le si posò su una guancia. «Rose! Rose, rispondimi!»
La ragazza batté le palpebre e mise a fuoco il volto di Wulfric.
«Cosa ci fai qui? Myr... ti aveva rinchiuso...» sussurrò, con un filo di voce.
«Sono riuscito a rompere il sigillo. Si è indebolito» farfugliò il gigante, mentre armeggiava col suo elmo. Riuscì a toglierglielo e le accarezzò fugacemente i capelli, prima di cercare la sua ferita.
«Nel fianco» sussurrò Rose. «Morgaine...»
«Morgaine?» ripeté Wulfric, col cuore in gola.
«Myr la sta combattendo... devi prendere Geodfrith... è da solo. Sta avendo una crisi, e nessuno lo sta aiutando. Ti prego.»
«Lo aiuterò. Lo aiuterò io, sì. Ma tu... com'è successo?»
«Una spada sottile, verde... forse aveva delle proprietà magiche. Non mi sento più le gambe. Wulfric, chiama le Silfidi» sussurrò. «Intanto vai. Vai da Geodfrith e Myr. Hanno bisogno di te.»
Wulfric la guardò con occhi lucidi, le labbra gonfie e arrossate. «Non voglio lasciarti sola» mormorò. «Non posso.»
«Io sto bene, mi cureranno. Myr e Geodfrith hanno bisogno...»
«No, io resto con te.»
Senza attendere una sua risposta, il ragazzo si alzò e, stringendola forte a sé, la portò nelle retrovie di persona. Superò capannelli di fate che si scostavano attonite al suo passaggio, come se l'idea stessa della morte fosse inconcepibile per loro.
Il mondo attorno a Rose si sfocò. Il corpo della ragazza entrò in contatto con la superficie dura di un tavolo di legno. Mise a fuoco il volto di due elfi dai capelli chiari che la guardavano con apprensione; le sfilarono con cautela l'armatura e tagliarono la tunica, esponendo la ferita.
Rose non riusciva a sentire più niente, dunque quella pratica non fu dolorosa. Un'intensa debolezza le aveva pervaso le membra, e riusciva a stento a tenere gli occhi aperti. Wulfric le sosteneva il capo per aiutarla a respirare.
«Andrà tutto bene» le ripeteva, forse per convincere anche se stesso. «Ti cureranno, vedrai.»
Rose annuì a fatica. «Adesso sono al sicuro» gli disse. «Vai.»
Wulfric fece finta di non sentirla. Rimase finché gli elfi non ebbero pulito la ferita e l'inquietante intorpidimento di Rose non fu sostituito da una debolezza che rientrava nella norma, dovuta unicamente alla ferita.
Gli elfi le somministrarono delle pozioni purificanti per eliminare la sostanza che era stata introdotta nel suo organismo, e la nausea cessò di torturare le viscere di Rose. La ragazza riuscì a rilassarsi nella brandina e si abbandonò alle loro mani esperte.
«Vai» sussurrò a Wulfric, stringendogli le dita un'ultima volta.
Lui esitò ancora, poi annuì. «Qualunque cosa accada, se avrai bisogno, ti prego, chiamami.» Strinse le dita di Rose attorno al suo Evocatore, e uscì di corsa dalla tenda.
La ragazza strinse il fischietto a forma di airone e chiuse gli occhi. Adesso non aveva più paura. Il talismano di Wulfric non l'avrebbe mai lasciata morire.
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