(R) Capitolo 22: Il nuovo Mundbora (2/2)
La piccola pianura che si trovava fra la roccia e il ramo principale del fiume di Avalon era stata allestita con dei tavoli in solido legno di noce, sui quali erano stati aggiunti addobbi e cornucopie traboccanti di ogni tipo di cibo. Elfi coppieri si aggiravano fra la folla, servendo nettare e Sali speciali ai presenti, creati appositamente per la festa. Creavano una particolare euforia in chi li assumeva, dando degli effetti simili a quelli di un paio di bicchieri di vino a un essere umano.
Una piccola orchestra stava suonando in un angolo, e fra di loro spiccava una fata di fattezze femminili, con indosso un lungo vestito dei colori dell'inverno. Il suo canto pervadeva l'intera pianura, e il pubblico la ascoltava in un silenzio assoluto, puntando le orecchie in sua direzione per non perdersi neanche un suo respiro.
Il lato destro della pianura, proprio sul ciglio del fiume, era occupato da un trono di ghiaccio sul quale era seduta Nimueh. Era vestita a festa, e dove i suoi piedi toccavano terra nascevano scie di brina tanto pura da sembrare cristallo. Nella mano destra reggeva la sua lunga bacchetta con la coda di sirena, e i suoi capelli d'acqua erano stati decorati da dei pesci lucenti, che si avvicinavano gli uni agli altri, per formare una corona argentea.
Davanti al trono si allargava una strada di ghiaccio, che si apriva in una pista da ballo, dove i festeggianti danzavano in coppia o in gruppo, tenendosi per mano. La danza delle fate era frenetica e seguiva la musica dell'orchestra. Ogni volta in cui li vedeva ballare in quel modo, Rose avvertiva una frenesia fiorirle nell'anima, e veniva pervasa dalla tentazione di unirsi a loro, malgrado fosse consapevole di essere aggraziata quanto un elefante con indosso delle scarpe di piombo.
Ai piedi del trono di Nimueh c'erano due figure familiari. In un angolo, quella imponente di Wulfric e, ai piedi della regina d'acqua, Myr. Il Mundbora era in ginocchio col capo chino, e stava conversando con Nimueh.
Rose si fece largo fra la folla e raggiunse il trono appena in tempo per sentirli discutere della nomina di Wulfric.
Il giovane, che indossava un abito maschile molto elegante con degli spacchi lungo i fianchi e pantaloni in tessuto argenteo, fu sollevato nel vederla e alzò una mano per salutarla, rischiando di far cadere il pesante mantello che portava sulle spalle. Rose sorrise a sua volta e si permise di trarre un sospiro di sollievo. Ce l'aveva fatta.
Si avvicinò a Wulfric fino a far scivolare il proprio braccio nel suo.
«Dove diavolo eri finita?» gemette lui, continuando a sorridere alle altre fate, malgrado la stesse fulminando con lo sguardo. «Myr sta litigando con Nimueh da almeno mezz'ora. Vi siete messi d'accordo o cosa?»
«Perché? Che gli prende?»
«Il solito. trattando con Nimueh per rimandare, e deve farlo proprio adesso! Non so più che fare. Spero solo che Nimueh lo convincerà a...»
La voce di Wulfric si spense, quando la Dama permise a Myr di salirle su un palmo per poterlo guardare negli occhi. «Myr, non abbiamo tempo. Lo capisci, questo, vero? Abbiamo bisogno di nuovi Mundboran per proteggere Avalon.»
«Ma mia signora...»
«Senza questi poteri, il ragazzo sarebbe troppo esposto. Sapevi che sarebbe successo, prima o poi: è per questo che l'hai allenato in questi due anni. Ormai Wulfric è pronto, e tu, come maestro, dovresti lasciare che percorra la sua strada.»
Myr strinse i pugni, ma abbassò il capo in segno di accettazione. Nimueh lo posò di nuovo a terra e fece cenno a Wulfric di avvicinarsi. Il ragazzo sussultò e Rose gli strinse una mano per dargli un incoraggiamento. Gli diede una spintarella e Wulfric avanzò con passo esitante.
Myr stava evitando il suo sguardo e, dopo aver tratto un sospiro, si ritirò nella folla.
Rose lo vide scomparire fra le fate e provò un fiotto di rabbia per lui. Come poteva lasciare Wulfric da solo in un momento tanto importante?
Il ragazzo aveva un'espressione smarrita, e Rose tentò di inviargli delle sensazioni positive, che si traducevano in un "non avere paura, ci sono io con te". Non aveva bisogno di Myr: il maestro aveva terminato il suo compito ormai, come aveva detto Nimueh. Non era giusto che gli impedisse di andare avanti.
Wulfric la guardò e Rose gli sorrise.
Saperla al suo fianco lo tranquillizzò e il ragazzo sorrise a sua volta. Si inginocchiò davanti a Nimueh e la Dama si allungò verso di lui, raccogliendolo con delicatezza.
Un capannello di fate si era radunato attorno al trono, in attesa della nomina di Wulfric. Tutti osservavano la scena col fiato sospeso.
«Oggi, Wulfric, diventerai un Mundbora di Avalon. Giuri di proteggerla per sempre, non importa quale sia il costo, e di essere un amico delle fate fino al termine dei tuoi giorni?» disse Nimueh in tono solenne.
Il ragazzo si affrettò ad annuire, portandosi un pugno al petto, e chinò il capo.
Nimueh sorrise, e allungò con delicatezza una mano verso il suo viso. Gli posò un pollice sull'occhio e Wulfric emise un grido soffocato.
Le viscere di Rose si contrassero e corse verso di lui, una volta che la Dama ebbe posato il suo corpo inerte a terra. Le fate si strinsero attorno alla coppia di Mundboran, col cuore in gola: temevano che qualcosa potesse andare storto, com'era successo con Geodfrith.
Rose raccolse la testa di Wulfric in grembo e gli accarezzò i capelli. Esaminò il suo volto, in attesa di un cenno di vita.
Dal ragazzo provenne un fievole gemito e, lentamente, sollevò le palpebre. Il suo occhio destro riluceva di un azzurro palpitante e si focalizzò sul viso di Rose. Wulfric abbozzò un sorriso e Rose lo abbracciò, ringraziando tutti gli dei che le vennero in mente per la sua salvezza.
«Sto bene» farfugliò lui, cercando di rassicurarla. Lei lo aiutò ad alzarsi e le fate esultarono, lanciando nastri colorati e luci nel cielo.
La musica dell'orchestra riprese e la cantante si fece da parte, lasciando posto a una melodia festaiola.
«Ce la fai a camminare?» chiese Rose a Wulfric.
«Credo di sì.» Il ragazzo si guardò attorno e aggrottò le sopracciglia. Si strofinò l'occhio, che doveva bruciargli parecchio. «Dov'è?»
Rose capì subito che si riferiva a Myr e trasse un profondo sospiro. «Non lo so.»
«Perché è scappato?»
«Ha importanza? Questa è la tua festa, Wulfric. Ce l'hai fatta, te ne rendi conto? Adesso pensa a te, per una volta, e lascia che il Merlo brontolone se ne stia per conto suo, se non vuole vederti felice» mormorò Rose, prendendolo per un braccio.
Gli occhi di Wulfric si fecero meno tristi e le sorrise. Rose aveva ragione, doveva festeggiare. Se non fosse stato per il dolore all'occhio e il lato destro del viso che ancora pulsava, avrebbe pensato che si fosse trattato solo di un sogno; ma la nuova energia che gli scorreva nelle vene era reale. Il suo viaggio da apprendista era terminato.
Finalmente, era un vero Mundbora.
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Gli archetti slittavano sulle corde dei violini, dando vita a una melodia che faceva venire voglia di danzare. Rose stava sorseggiando del nettare da una coppa a forma di fiore, quando venne interrotta da Wulfric. Il ragazzo aveva le guance arrossate, e le rivolse un sorriso sghembo. I capelli gli erano cresciuti fino ad accarezzargli le spalle ed erano stati raccolti in una rigida acconciatura rituale; dopo un paio d'ore si erano già ribellati a pinzette ed elastici e lo facevano sembrare uno spaventapasseri.
Le porse una mano. «Andiamo a ballare?»
«Sai che sono impedita» mormorò Rose. Prese un dolcetto a forma di castagna e ci diede un morso, masticando lentamente. Col cibo delle fate non si era mai abbastanza cauti: potevano nasconderci dentro qualche scherzo, come una dose massiccia di Sale Cangiante che avrebbe causato al consumatore una metamorfosi istantanea in criceto.
«Ma no, so che vuoi venire anche tu» disse Wulfric. Senza badare alle sue proteste, le ingabbiò un braccio e la trascinò sulla pista da ballo.
Rose gemette e cercò di aggrapparsi a qualche fata di passaggio, ma nessuno voleva salvarla. Sembrava trovassero divertente la sua resistenza.
Si ritrovò bloccata in mezzo alla pista con Wulfric. Il ragazzo le rivolse un altro sorriso brillo e le mise una mano su una spalla e l'altra sulla vita. Tentò di fare un passo in avanti per cominciare a ballare, ma ottenne solo di dare una testata a Rose.
«Scusa!» farfugliò Wulfric, con una risatina. Le massaggiò la fronte con una mano ricoperta di calli; la sua goffaggine suscitò dei commenti divertiti nei presenti.
«Wulfric, non siamo in grado di ballare» gli fece notare Rose, con una smorfia.
«Ma no, dai. Solo cinque minuti.»
«Sei ubriaco.»
«Non è vero. Non sono ubriaco! Neanche un po'» ribatté lui.
Le afferrò le mani e cominciarono a roteare nella pista, tenendosi per mano come due bambini.
Rose non seppe perché, ma all'improvviso si ritrovò a ridere. Il resto del mondo si sfocò in quel moto a spirale, e loro girarono come in un carosello. Rose non riusciva più a distinguere niente tranne il volto di Wulfric, che le stava parlando. Non sapeva nemmeno cosa le stesse dicendo, era solo felice di averlo davanti a sé e che ci fossero solo loro due al mondo.
Tuttavia la musica cambiò e il loro girare lasciò posto a dei passi misurati. Rose non era mai stata il tipo da ballare un lento, ma con Wulfric non le dispiaceva. Il ragazzo era silenzioso e le passò un braccio attorno alle spalle. Rose si appoggiò contro di lui e chiuse gli occhi. Le piaceva la sensazione di essere più bassa di lui, come se Wulfric avesse potuto circondarla completamente con le sue braccia.
Rose accostò l'orecchio al suo torace e ascoltò il suo respiro. Wulfric piegò il capo fino a far collidere la sua guancia con la testa di Rose. Restarono così, senza dire niente, perché non ce n'era bisogno.
Era come se fossero entrati del tutto in sintonia per la prima volta da quando si erano conosciuti. Rose non avrebbe voluto interrompere quel momento per niente al mondo, però la canzone finì e l'orchestra cominciò a ritirarsi. Era l'una di notte, e la maggior parte delle fate era già tornata a casa. I ritardatari si erano riuniti attorno a dei piccoli falò, dove stavano chiacchierando.
Rose e Wulfric sciolsero la stretta all'unisono. Lui la guardò in viso e fece per dire qualcosa. L'effetto del nettare però stava svanendo, e il coraggio che aveva mostrato nel chiederle di ballare era evaporato. Qualunque cosa avesse da confessarle, non ci riuscì, e abbassò lo sguardo.
A Rose venne spontaneo accarezzargli il viso. Le sue dita scivolarono sulla barba che presto avrebbe smesso di crescergli, dato che il sangue di Nimueh avrebbe cominciato a mutare il suo corpo.
Wulfric all'improvviso non le sembrò più un ragazzo, e questo non la fece sentire alla sua altezza.
Rose fece un passo indietro. Fu Wulfric a trattenerla, quella volta, e le sollevò il mento con una mano.
«Cosa c'è?» le chiese, aggrottando le sopracciglia pallide. «Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
«No. No, va tutto bene» mormorò Rose, cercando di sorridergli, nonostante gli occhi le pizzicassero.
Non sapeva nemmeno lei cosa le stesse prendendo. Si sentiva una codarda. Aveva avuto l'occasione di dirgli quello che provava, ma se l'era lasciata sfuggire, anche se, forse, era meglio così: aveva paura che Wulfric sapesse. Aveva una tale paura di essere rifiutata, da esserne paralizzata. Finora era andata bene così, perché rovinare tutto? Nonostante i momenti in cui si abbandonava all'affetto per Wulfric le dessero una felicità tanto intensa da spaventarla, non poteva fare quel passo. Non era pronta.
Wulfric la osservò in silenzio e trasse un sospiro. Rose provò un profondo senso di vergogna. «Sei arrabbiato, vero?»
«No. Perché dovrei esserlo?»
«Perché sono così.»
Wulfric scosse la testa e la prese per mano. Le fece da guida fra i falò.
«Non è colpa tua. Mi dispiace solo che tu abbia paura di me» mormorò, lo sguardo che si perdeva nelle fiamme del fuoco più vicino.
«No! Non è questo» riuscì a dirgli Rose, col cuore in gola.
«E allora perché temi così tanto che io possa ferirti? Dopo tutto questo tempo, pensi che io non riesca a capirti?»
«No. No...» In quel momento Rose avrebbe dato qualunque cosa per avere un briciolo dell'eloquenza di Myr. «Mi dispiace. Mi dispiace, sul serio. E' che io ho paura di restare ferita da chiunque; nel tuo caso non so se mi riprenderei.»
«Ma perché dovrei, Rose? Io non vorrei mai, mai causarti alcun dolore. Mi dispiace se mi sono comportato male in passato, ero solo frustrato per la mia carriera di apprendista. Cercavo di non lasciare che questo avvelenasse il mio modo di comportarmi con te, ma non ce la facevo. Io ci ho provato a non fartelo vedere, ma so che te ne accorgevi.»
Rose gli posò una mano su una guancia. «Non sono arrabbiata con te per questo. Capivo perché soffrivi. Non sai quanto io mi sia sentita in colpa per averti rubato il posto. Non pensavo davvero di diventare una Mundbyrnes... è stato più forte di me. Nel momento in cui mi sono trovata davanti a Nimueh, è stato come se una voce mi chiamasse.»
Wulfric abbozzò un sorriso, facendo sì che lei si sedesse al suo fianco davanti a uno dei falò. «Io penso che fosse il tuo destino diventare una di noi. Non che io ci creda davvero in cose come il destino, ma penso che tu sia molto più felice da quando sei arrivata qui. Forse sono stato duro con te perché temevo che non ti avrei più rivista, una volta che fossi tornata nel mondo degli umani. E invece sei qui, assieme a me. Abbiamo tutto il tempo del mondo davanti per parlarci. Io non ho fretta, ti aspetterò.»
Tutto ciò che Rose riuscì a fare fu annuire, e gli posò la testa sul petto.
«Non sono impedita solo nel ballo» mormorò, abbandonandosi a uno sbuffo liberatorio.
Wulfric rise e le passò un braccio attorno alle spalle. Rose accarezzò i ricami del suo mantello di lana, senza riuscire a togliersi il sorriso dalla faccia. Le sembrava ridicolo che qualcuno potesse essere tanto felice: con Wulfric al suo fianco scacciare la malinconia era così semplice. Avrebbe dovuto affrontare da sola i problemi con Alan, ma sapere che Wulfric l'avrebbe aspettata era come scoprire di avere una stampella d'acciaio pronta a sorreggerla.
Passarono il resto della serata chiacchierando di argomenti più leggeri, godendo del reciproco contatto.
Rose chiuse gli occhi e lasciò che il mormorio delle voci altrui la cullasse. Solo quando ne udì una familiare, intenta a lanciarsi in un racconto, sollevò le palpebre. Al loro stesso falò c'era Myr, ancora avvolto nel suo abito rosso bruciato, trattenuto in vita da una fascia dorata.
«Maestro» mormorò Wulfric.
«Scusa se sono sparito, prima. Ho avuto un momento di...» bofonchiò Myr, traballante. Sorrise a Wulfric e gli strinse un braccio. Aveva le guance paonazze e gli occhi lucidi; Rose non l'aveva mai visto in quello stato. Doveva aver bevuto parecchio, dato che le rivolse un sorriso affettuoso e le accarezzò la testa, come se si fosse dimenticato che fra loro c'erano stati degli screzi. «... beh, non ha importanza. Ora è passato. E' tardi, forse sarebbe il caso che andassi a letto, per una volta. Credo di aver bevuto troppo nettare, per non parlare dell'idromele di Geodfrith.»
«Maestro, ti prego, resta» lo supplicò Wulfric, trattenendolo per la tunica. «Perché non...» guardò Rose in cerca di un'idea e si illuminò. «... perché non ne approfitti per raccontarci dei tuoi vecchi allievi? Non mi hai mai detto molto su Artri, ed è l'occasione perfetta.»
Rose pensò che Myr avrebbe rifiutato, ma l'alcol gli aveva sciolto sia la lingua che le ginocchia. Il Mundbora si lasciò cadere accanto a loro e afferrò una borraccia colma d'acqua. La aprì e ne versò il contenuto sulla testa per svegliarsi.
«D'accordo. Questa sera ti racconterò la storiella della buonanotte, Fritz. Ma solo perché è la tua festa, non abituarti a questo trattamento.»
«Certo che no, maestro» mormorò Wulfric, facendo l'occhiolino a Rose.
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