(R) Capitolo 21: L'armatura (2/2)

«Signorina, forse non capisci ancora la gravità della situazione» mormorò il Mundbora, l'occhio verde che lampeggiava. «Le forze di Medb potrebbero tentare un altro attacco in qualunque momento, e tu sei qui, intenta a distrarre l'unico Mundbora addestrato che io abbia a disposizione.»

Ah, lo rimarcava sempre. Era vero, lei non aveva un addestramento ampio quanto quello di Wulfric, ma Myr non poteva negare che anche lei riuscisse a cavarsela. Se solo le avesse permesso di affrontare le forze di Medb in prima fila! In quei mesi c'erano stati diversi attacchi di Unholdan al confine, e si stavano intensificando.

Rose aveva visto da lontano i lampi verdi e azzurri della battaglia e aveva atteso col cuore in gola che Myr e Wulfric tornassero. Si era sentita talmente frustrata per non essere là con loro ad affrontare il nemico. Avrebbe preferito aiutarli e rischiare di essere ferita, piuttosto che affrontare il logorio interiore che la tormentava quando loro non c'erano. Non riusciva a capire se le facesse più paura venire di nuovo infettata dal sangue di Medb o che riportassero Wulfric o Myr in una barella. Quella era la stupida vendetta di Myr. Tenerla da parte con la scusa che non era pronta, malgrado fosse una Mundbyrnes a tutti gli effetti e i suoi poteri fossero più saldi rispetto a quelli di Wulfric.

Ma ormai nemmeno Myr sarebbe riuscito a tenerla da parte. L'aveva sottoposta a degli allenamenti che le avevano fatto sudare sangue, e non aveva più nessuna scusa per impedirle di partecipare. Rose aveva appreso tutto ciò che Myr poteva insegnarle, e aveva seguito anche le lezioni che Geodfrith impartiva ai Quercini, durante le quali si era fatta un'intera cultura sul mondo delle fate.

Myr sosteneva che il suo punto debole fosse la sua gentilezza nella battaglia. Che stupidaggine. A Rose non piaceva combattere per uccidere, ma si sarebbe difesa, se fosse stato necessario. Era solo un'altra delle scuse di Myr per tagliarla dalla difesa di Avalon.

Quei periodi di inattività però avevano avuto i loro pregi: Rose aveva avuto il tempo di assumere diversi Sali, specie del tipo Rafforzante. Il risultato finale era stato il suo nuovo corpo, un insieme di nervi e muscoli scattanti che non avrebbe mai pensato di essere in grado di raggiungere. Quando si guardava allo specchio e percorreva il profilo del proprio corpo con le mani, le sembrava di essere un animale selvatico, pronto a scattare da un momento all'altro. Il suo seno si era ridotto e la sua figura si era affusolata. Di giorno in giorno assomigliava sempre più a un'elfa, fatto testimoniato anche dalle sue orecchie, al termine delle quali si intravedeva un accenno di punta. Il suo volto per fortuna era rimasto più o meno lo stesso, e questo le dava conforto. L'unico cambiamento visibile era stato nella sagoma degli occhi, che ora erano leggermente più grandi e a mandorla.

«Anche l'armatura è importante, Myr! Quella che gli avevi dato tu era troppo leggera: adesso Wulf sarà più protetto» disse Rose, rossa in volto. «Devi pensare a come combatterebbe lui, non tu.»

Myr serrò la mascella e si avvicinò a Rose, rigido come una statua. La guardò dritta negli occhi.

«Lascio che mi critichino sotto molti aspetti senza dire niente, Rose, tuttavia non permetto a nessuno di dirmi come svolgere il mio lavoro» sibilò. «Ci sarà un giorno in cui Wulfric non potrà contare unicamente sulla sua forza per sopravvivere: adottare il mio metodo gli è utile. Io faccio il meglio per voi, quando si parla di insegnarvi come difendervi. Non puoi negarmi questo, mia cara.»

Rose sostenne il suo sguardo, ma alla fine abbassò la testa. Voleva solo aiutare, ed era stanca di venire attaccata da lui. Perché non poteva essere più gentile, per una volta?

Myr non le diede il tempo di scusarsi e uscì dalla capanna di Geodfrith. «Datti una mossa, Fritz! Abbiamo molto da fare.»

Il ragazzo si tolse l'armatura più in fretta che poté e la consegnò a Rose.

«Scusalo. E' solo...» sussurrò. Scosse la testa. «Torno da te prima che posso, okay?»

Lei annuì e cercò di sorridergli. Wulfric esitò ancora un istante, poi si aggiustò la tunica da apprendista e corse dietro al maestro, chiudendosi la porta alle spalle.

Non appena Rose fu rimasta sola, si sedette su una delle poltrone di Geodfrith e trasse un profondo sospiro. Fu allora che avvertì una mano sulla spalla. Sollevò lo sguardo e vide che Geodfrith le stava porgendo una tazza di the.

L'uomo si sedette sulla poltrona libera. «Togliti quella tuta da palombaro. Ce ne occuperemo più tardi.»

Rose si pulì il viso su una manica della tunica e gli sorrise. «Me l'hai fatta almeno di due taglie più grande. Avevi paura di prendere male le misure?»

«Non si sa mai. Sono abituato a lavorare con la massa muscolare di Wulfric, che corrisponde come minimo a quella di tre rinoceronti; Myr invece non mi ha mai permesso di forgiargli un'armatura. Crede che il suo gonnellino di cuoio e metallo sia sufficiente a proteggerlo!» Geodfrith sbuffò. «Secondo me hai fatto bene a dirgli quello che pensavi. E' giusto che Wulfric esca dal suo elemento, su questo non c'è dubbio, ma Myr deve ricordarsi che il suo allievo non è lui. E non è nemmeno Artri.»

«Parlate sempre di Artri, eppure nessuno mi ha mai raccontato la storia intera.»

«Ah, no?»

«No. L'ho sempre sentita a pezzi. Myr non me l'ha mai spiegata di persona e, ora che mi guarda come se fossi un pezzo di carta sul bordo di un water, non credo lo farà mai.»

«Lui non ti detesta, Pettirosso» mormorò Geodfrith, mentre giocava con una ciocca dei suoi lunghi capelli. Nonostante anche Rose stesse cominciando a emanare un'aura simile alla sua, la ragazza restava ancora ipnotizzata dalla loro lucentezza. Erano come fili di cristallo bluastro. «Anzi, credo ti voglia molto bene. Myr però è complicato. Diciamo che, per quanto detesti le Daone Sithe, gli assomiglia molto, in particolare alla sua vecchia padrona, Medb: è sempre stato molto esclusivo nei suoi affetti e, quando si sente tradito, tende a essere più aggressivo di quanto dovrebbe. Non capisce che questo contribuisce solo ad alienarsi ancora la persona amata. In effetti Myr non capisce un sacco di cose.»

Geodfrith rise piano e appoggiò la testa contro lo schienale della poltrona. Spostò lo sguardo sulla finestra e trasse un profondo sospiro.

Rose sapeva cosa lo tormentava. Voleva uscire ed essere libero di girare ad Avalon come un tempo, senza avere bisogno di chiederle sempre il permesso. Alla sua malinconia si sommavano i dolori alle articolazioni, che si erano incattiviti dopo il soggiorno nel palazzo di ghiaccio.

Rose frugò nella borsa accanto al caminetto. «Vuoi che ti metta un po' di pomata sulle ginocchia, Geodfrith?»

Lui disse che non era così vecchio da non poterci arrivare da solo, ma fu molto docile quando Rose raccolse le sue gambe e lo aiutò a distenderle su uno sgabello. Cominciò a massaggiargli le ginocchia con la lozione guaritrice, e Geodfrith socchiuse gli occhi per il sollievo. Malgrado fosse una persona mite e in genere apprezzasse l'aiuto altrui, c'erano momenti in cui, come la nonna di Rose, Geodfrith nascondeva il suo male. Voleva dare un contributo significativo ad Avalon e starsene rinchiuso era una tortura per lui, malgrado Rose lo mettesse di buon umore.

«Pettirosso?» mormorò Geodfrith, sollevando una palpebra.

«Dimmi, Falco» rispose lei.

Il vecchio Mundbora sorrise nel sentirsi chiamare a quel modo. Rosemary era l'unica che si riferisse a lui col suo epiteto formulare. Il Falco Pellegrino era il volatile in cui si trasformava, così come Rose assumeva la forma di un Pettirosso, ma era da anni che il Mundbora non volava, perché gli dolevano le ali.

«Stavo pensando alla situazione che stiamo affrontando. Gira voce che le scorte di Acqua Cangiante siano quasi finite. E' vero?»

Rose si morse un labbro. Non avrebbe dovuto fornire quelle informazioni a Geodfrith: era ancora considerato pericoloso, dato che non si sapeva fino a che punto e in che modo Morgaine avesse corrotto la sua mente. In teoria gli effetti della malia erano scomparsi, però non si poteva mai essere del tutto sicuri. Ciononostante, Rose non se la sentiva di tenerlo all'oscuro. Geodfrith era una brava persona e la sua preoccupazione era genuina. Pensava solamente ai Quercini, che trattava come se fossero suoi figli. A Rose si scaldava ancora il cuore, ripensando a come i bambini lo seguissero ovunque e venissero a portargli doni o a offrirgli la loro compagnia non appena ne avevano l'occasione. Erano molto dispettosi, ma lo adoravano.

«E' vero, sono agli sgoccioli. Abbiamo arginato sia il ramo dell'Acqua Cangiante che di quella Rafforzante, ma non riusciamo ancora a estirpare il sangue di Medb dall'acqua» spiegò Rose, con un sospiro. «A casa mi sono rimaste solo un paio di botti, e devo prendere un bicchiere al giorno di Acqua Rafforzante, se voglio rendermi utile. La Cangiante tento di risparmiarla, ma ultimamente ne bevo un cucchiaino ogni giorno, nel caso dovessi trasformarmi all'improvviso. Ed è comunque poco. Myr sostiene che ci voglia almeno un bicchiere se si vuole mantenere la trasformazione a lungo.»

Geodfrith annuì con aria grave. Si grattò il mento glabro, come se stesse riflettendo.

«Puoi prendere le mie scorte per il momento, Rose» le disse, indicandole una botola della quale si scorgeva il profilo sotto il tappeto.

«E se ti servissero? Non ce n'è altro!»

«Pensi che io sia nelle condizioni di usare del Sale Cangiante? Ti prego, Rose. Prendilo. Serve più a te che a me.»

I suoi occhi azzurri la supplicavano di permettergli di darle almeno quell'aiuto, e Rose non poté rifiutare. Guardò nella botola e ci trovò quattro botti, due di Acqua Cangiante, e due di Rafforzante.

«Le tengo da parte da molti anni» sospirò Geodfrith. «Ma, in fondo, chi voglio prendere in giro? Non le ho mai usate. Per me quella roba è veleno.»

Rose avvertì un groppo in gola e abbracciò Geodfrith. Il Mundbora le accarezzò i capelli col suo fare quieto, sorridendo.

«Mi dispiace tanto» gli disse la ragazza, stringendolo forte. «Davvero.»

«Lo so. Ma è andata così. Sono solo felice che non sia dovuto toccare anche a te» mormorò il Mundbora, dandole un pizzicotto affettuoso su una guancia. «Sei una Mundbyrnes perfetta.»

Geodfrith esagerava sempre coi complimenti, però a una parte di Rose piaceva che lo facesse: era bello che qualcuno credesse a tal punto in lei. Se solo l'avesse fatto anche Myr, forse sarebbe stata più fiduciosa nelle proprie abilità.

«Ora devo andare, Falco. Devo preparare la cena, e ci sarà una montagna di Fiskoldi sulla mia finestra da ributtare in acqua. Non imparano mai.»

«Che invenzione assurda, quegli affari. Però mi hanno tenuto compagnia con le loro chiacchiere mentre ero nel palazzo, quindi non sono poi così male. Vero, Philip?»

Il Fiskoldo che Geodfrith ospitava nella vasca da bagno si profuse in un verso d'approvazione. Di tanto in tanto i pesci venivano a fargli compagnia risalendo lungo le tubature e gli lasciavano un sacco di regalini deliziosi come muschio e molluschi morti, oltre alle loro canzonacce da osteria.

«Verissimo, vecchio marmittone» disse Philip a Geodfrith, salutando con una pinna.

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