(R) Capitolo 19: Corruzione (1/2)

Qualcuno le stava scuotendo un braccio con insistenza. Rose si svegliò con un sussulto e ricadde brutalmente nella realtà di tutti i giorni. Per un momento si sentì disorientata dal terriccio e dalle piante che la circondavano, poi si ricordò di trovarsi nell'antro di Myr e trasse un sospiro, premendosi una mano sul petto.

Ovviamente a svegliarla in quel modo era stato Wulfric. Chi altri avrebbe potuto essere tanto irruente?

Rose scacciò la sua mano con stizza e si mise seduta. «E smettila! Sono sveglia!» borbottò, premendosi le mani sugli occhi. Stava già per concedersi un altro pisolino, quando Wulfric le strinse di nuovo un braccio.

«Rose, devi venire subito» disse. La sua voce era più acuta del solito e trasudava urgenza. «E' successa una cosa molto grave.»

«E cosa?» farfugliò Rose. Si scrollò di dosso la sonnolenza in un solo istante e si stropicciò le palpebre.

La luce dell'alba scaldava i gradini dell'ingresso coi suoi timidi raggi. I primi canti degli uccelli avrebbero dovuto diffondersi nell'aria, eppure c'era un silenzio assoluto che fece sentire Rose a disagio. «Wulfric, dimmi cos'è successo!» lo incitò di nuovo la ragazza. Temeva che Nimueh avesse scoperto il suo doppiogioco.

Si infilò in fretta e furia l'abito da apprendista sopra il pigiama, seguito dal mantello in lana cotta. Rose gemette all'idea di uscire all'esterno scalza, ma non c'era tempo per lamentarsi. Se solo Wulfric non le avesse sequestrato le scarpe!

«Rose, è meglio che tu veda con i tuoi occhi. Myr mi ha detto di mandarti a chiamare. E' terribile.» Il volto di Wulfric era esangue, il respiro accelerato. Il ragazzo continuava a stringere e rilassare i pugni, come se non sapesse come sfogare l'agitazione, e cominciò a tormentare la tracolla della sua borsa di stoffa. Indossava un mantello blu slavato che strascicava sul terreno, raccogliendo foglioline e rametti, ma nemmeno quello riusciva a riscaldarlo.

«E' colpa di Medb? E' venuta a prendermi?»

Wulfric scosse la testa e Rose rilassò le spalle.

«Però questo può essere solo opera sua» mormorò il ragazzo, prima che lei riuscisse a riprendere fiato. «Medb e Morgaine sono le uniche che avrebbero potuto fare una cosa simile.» Wulfric deglutì e sollevò lo sguardo. I suoi occhi erano colmi d'angoscia. «Il fiume di Avalon è stato avvelenato con il sangue della Regina. Nessuno può più bere quell'acqua a meno che non voglia trasformarsi in un Unholda. L'unico luogo dove l'acqua sia ancora reperibile è il centro esatto, dove si trova la dimora della Dama; non appena superate le prime abitazioni, l'acqua è già troppo contaminata. Rose, senza acqua Avalon non può sopravvivere: i Sali sono la base della vita delle fate.»

Wulfric era talmente sconvolto che Rose rimandò a un secondo momento la rabbia nei suoi confronti.

«Non preoccuparti, sono sicura che Myr abbia in mente qualcosa. Avanti, fammi strada.»

Eppure Rose sapeva già chi era stato ad avvelenare il fiume, per quanto non riuscisse a crederci.

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Un'eterogenea folla di fate di varie dimensioni era radunata sulle rive del ramo principale del fiume di Avalon; ognuno degli anelli d'acqua riluceva di una leggera luce verde, tanto impercettibile da essere visibile solo nelle zone di penombra.

Rose seguiva Wulfric, che si faceva largo fra la folla a suon di vigorose gomitate. La sua stazza tornava molto utile a volte.

La felicità bambinesca che caratterizzava il popolo fatato era svanita, sostituita da un'angustia strisciante. Rose avvertiva frammenti di conversazioni, da quelle degli elfi dalle orecchie a punta fino ai cicalecci agitati di folletti non più grandi di un puntaspilli e ai grugniti di creature rocciose coi capelli di muschio, i Troll. Tutti loro erano terrorizzati: il fiume non era solo ciò che aveva dato la struttura ad Avalon, ma la loro fonte di vita.

I due apprendisti superarono le ultime fila che li separavano dalla riva. Wulfric si precipitò da Myr e si chinò sull'acqua per esaminarla, mentre Rose si bloccò, lo sguardo fisso sull'ampia schiena di Geodfrith, sulla quale dondolava la sua lunga treccia bluastra.

Il Mundbora anziano indossava una semplice tunica verde e nella mano destra stringeva un bastone nodoso che terminava con una pietra lucente in cima, trattenuta da quattro archi di legno. La pietra sembrava una goccia di luce e roteava placidamente come un piccolo pianeta.

Geodfrith le rivolse un sorriso, e il suo sguardo era talmente gentile e sincero che Rose si chiese se non si fosse solo immaginata gli eventi della notte precedente. Le fece cenno di avvicinarsi e lei ubbidì impettita. Delle gocce di sudore freddo le si radunarono sull'attaccatura dei capelli quando il Mundbora le passò una delle sue braccia robuste attorno alle spalle.

«Vedo che hai messo il mio mantello» le disse, come se ne fosse stato orgoglioso. Geodfrith stava cercando di metterla a proprio agio, ma la lasciò andare quando capì che quella tecnica non stava funzionando. «Wulfric ti ha già raccontato tutto?»

Rose annuì con fare rigido, nonostante stesse cercando di mostrarsi più rilassata. Geodfrith era fin troppo amichevole. Rose non aveva idea di cosa fare, e decise di assecondarlo e fingere di non sapere nulla. Avrebbe parlato con Myr una volta che fossero rimasti da soli. Doveva solo trovare un modo per allontanarlo da Geodfrith.

«Sì, mi ha detto che il fiume è fondamentale per Avalon... e senza di esso...»

Geodfrith annuì e curvò le spalle come se vi avessero calato un peso. «Non so se funzionerà, ma devo provare. Fai un passo indietro.»

Affondò la punta dello scettro nell'acqua e chiuse gli occhi. Le sue labbra si mossero rapide, recitando una preghiera. Delle onde concentriche di luce azzurra si diffusero dal suo scettro e pervasero l'acqua del fiume.

Myr, finora rimasto accucciato, si alzò con occhi sbarrati. Fece a malapena in tempo passare un braccio dietro la schiena di Geodfrith, che il Mundbora venne attraversato da uno spasmo e lasciò cadere il bastone magico. Le sue mani si contrassero ad artiglio e Myr lo accompagnò a terra con delicatezza. Slacciò la cintura che Geodfrith portava stretta in vita e fece cenno a una delle fate di mettergli un indumento appallottolato sotto la testa.

«State indietro!» gridò. Abbassò lo sguardo sul vecchio amico e scosse la testa. «Sei uno sciocco! Con la tua salute cagionevole, non avresti dovuto.»

Un silenzio attonito era calato sulla folla di fate, che contemplava la scena senza emettere fiato. Alcuni degli alunni di Geodfrith raggiunsero la prima fila e vennero trattenuti dalle fate più anziane.

«State fermi» ordinò loro un elfo, rimbrottando un ragazzino dai tratti femminei che Rose riconobbe: era Lys, il bambino che aveva passato tutte le lezioni a rendere la vita impossibile a Geodfrith.

«Ma vogliamo aiutare!» sbottò lui, tentando di superare gli adulti, che facevano da barriera. Sua madre, una donna affusolata dai capelli dorati, gli passò le braccia attorno al petto e gli sussurrò qualcosa in un orecchio.

Lys cessò di lottare e, come tutti gli altri, restò in attesa, malgrado una strisciolina di liquido verde si fosse radunata sull'orlo delle sue palpebre.

Il tempo della crisi di Geodfrith si estese all'infinito e, quando il Mundbora finalmente non fu più nella morsa delle convulsioni, tutti trassero un sospiro di sollievo.

Myr scostò i capelli dal volto di Geodfrith e lo mise su un fianco, tenendogli una mano posata sulla nuca. Poco dopo il Mundbora anziano aprì gli occhi con un fievole rantolo.

«Myrddin» sussurrò, nel vedere l'amico. Tentò di mettersi seduto, ma le braccia gli cedettero.

«Fai piano» lo ammonì Myr.

Un po' alla volta Geodfrith riuscì a sollevare la schiena, e incrociò le gambe. Respirò a fondo un paio di volte, si coprì il viso con le mani. Rose vide delle lacrime di umiliazione scintillare nei suoi occhi azzurri e le si gonfiò il cuore di compassione.

«Per gli dei, Myr» sussurrò il Mundbora. «Sono inutile.»

«Non lo dire neanche, amico mio» mormorò Myr. «Sei solo agitato. Tutto qui. Può succedere a chiunque che le energie magiche causino...»

«Sappiamo entrambi che non è vero!» lo interruppe Geodfrith, con una risata amara. «Avanti, aiutami ad alzarmi. Wulfric ti sarà più d'aiuto di quanto io non potrei mai esserlo.»

«Geodfrith, non dire...»

Il Mundbora scostò Myr con fermezza e si avviò da solo alla capanna. Lys uscì dalla folla e gli fece da stampella.

«Maestro, appoggiati a me» gli disse, guardandolo come se temesse che potesse venire colpito da un'altra crisi.

Geodfrith mormorò un ringraziamento e, con l'aiuto del ragazzino, si diresse verso la propria abitazione.

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«Avete qualche idea su come sia potuto accadere, maestro?» chiese Wulfric, depositando il mantello su una sedia.

Myr scosse la testa e si grattò la nuca. I suoi occhi continuavano a dardeggiare da un punto all'altro della stanza. Era preoccupato per Geodfrith e doveva gestire quella situazione da solo, come sempre.

«Tante, ma nessuna che sia certa. Le prime cui ho pensato sono state Morgaine e Medb, tuttavia non potrebbero mai entrare ad Avalon senza passare inosservate. La barriera magica eretta da Nimueh le bloccherebbe» spiegò il Mundbora, incrociando le dita, mentre tamburellava sul pavimento con le punte dei piedi. Si alzò e cominciò a camminare attorno al tavolo dell'osteria nella quale si erano temporaneamente stabiliti. L'oste, un gigante di cinque metri dalla parlantina vivace per avere il cervello delle dimensioni di una noce, aveva rivolto loro un sorriso tutto denti e si era ritirato nel retro del locale. Era uno dei pochi che non era sembrato turbato dall'avvelenamento del fiume. Forse era solo troppo stupido per rendersene conto, ma a Myr e agli apprendisti il suo atteggiamento pacioso andava più che bene.

Wulfric annuì e si appoggiò contro lo schienale della sedia, mentre allungava le gambe su uno sgabello. Trasse un profondo sospiro e piegò il collo all'indietro.

«Almeno abbiamo la certezza della barriera. Mi dispiace così tanto per Geodfrith» mormorò, in tono più cupo. «Come sta?»

«Vorrei andare a trovarlo, una volta che avremo finito qui» sospirò Myr. «Però, se la barriera è indistruttibile, come potrebbe qualcuno dall'esterno aver portato del sangue di Medb all'interno? Non sarebbe possibile, in nessun modo.»

Wulfric sollevò la testa e aggrottò le sopracciglia.

«State insinuando che qualcuno di noi abbia avvelenato il fiume?» sibilò. Scalciò via lo sgabello per posare le gambe a terra e si sporse in avanti con fare minaccioso. «Stiamo già insultando il ruolo di Mundbora permettendo a Rose di fingersi un'apprendista, quando non le importa niente di tutto questo! Un'accusa di tradimento è troppo: nessuno di noi tradirebbe mai. Nessuno.»

Myr si irrigidì e scoccò un'occhiata gelida all'allievo, che però sostenne il suo sguardo.

Rose, che era entrata in uno stato di sospensione fissando un punto del pavimento, era tornata in sé quando aveva sentito Wulfric nominare il proprio nome. Non aveva seguito tutta la conversazione; la sua mente si era fermata alla domanda di Myr e dunque non sapeva perché Wulfric sembrasse tanto arrabbiato e il maestro avesse le sopracciglia aggrottate.

«Cos'hai detto?» sussurrò, mentre tentava di non grattarsi la ferita alla schiena, ormai ricoperta da uno strato di tessuto cicatriziale.

Wulfric la guardò di sbieco, le labbra ancora contratte. «Ho detto» sibilò, calcando ogni parola. «Che tu non dovresti essere qui. La posizione di Mundbora è sacra, e tu la stai usando solo per i tuoi scopi!»

Quelle ultime parole di Wulfric furono come benzina sul fuoco sopito della sua rabbia. Aveva oltrepassato ogni limite. Non era mai stato tanto crudele con lei.

«Si può sapere qual è il tuo problema? Non vedo nulla di male nel cercare di salvare mio padre!» gridò Rose, stringendo forte i pugni. «E comunque mi importa delle fate che vivono qui, anche se tu credi il contrario. Adoro questo posto. Dovresti conoscermi ormai, sapere che non farei mai niente per danneggiare Avalon! Perché mi stai trattando come una sconosciuta, in questi giorni? Che cosa ti ho fatto?»

Wulfric la guardò con la mascella serrata, poi distolse lo sguardo. Rose capì che non aveva intenzione di risponderle, e allora decise di andarsene. Uscì sbattendo la porta e sperò che Wulfric si sarebbe stirato la mano nella serratura se avesse tentato di correrle dietro.

Si erano sempre detti tutto, e ora lui la trattava così, come se fosse un essere disgustoso solo perché stava cercando di aiutare suo padre e non solo le fate.

Bene. Se lui credeva di poterla guardare dall'alto in basso per le sue scelte, che lo facesse pure. Rose non avrebbe dato più nessun peso alle sue parole, ma non l'avrebbe neanche informato di quello che aveva visto la notte precedente. Ne avrebbe parlato solo con Myr. Lui, a differenza di Wulfric, le avrebbe dato ascolto.

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