Capitolo 35: Incubo violetto (3/3)
L'alba aveva l'onere di arrivare troppo presto, e i suoi raggi rossicci svegliarono bruscamente Rose. La ragazza aveva tentato di coprirsi gli occhi con un braccio e di rannicchiarsi su un fianco, cercando conforto nell'ombra offerta dal mantello di Wulfric, ma non era servito a niente.
Alla fine rinunciò e si mise seduta, stropicciandosi le palpebre. Aveva i capelli ricoperti di foglioline e ramoscelli, e passò i cinque minuti successivi a liberarli dalla foresta che aveva deciso di stabilirsi sulla sua testa.
Rose raccolse Urchin, che si era messo a pisolare sul suo grembo, e lo infilò con delicatezza nel suo borsello, dove il riccio si rannicchiò su se stesso in cerca di una posizione più confortevole. Rose sorrise e gli accarezzò la pancia con un dito.
La ragazza si guardò attorno e non fece in tempo a chiedersi dove fosse finito Artri che una figura imponente si fece largo fra le frasche con un fagotto nella mano destra.
«Guarda chi ha aperto gli occhietti» brontolò il re. Lanciò il fagotto a Rose e andò a svegliare Wulfric.
Il ragazzo ricevette un calcetto sul fianco e si svegliò con un grido soffocato, stringendo il manico del martello che aveva tenuto con sé tutta la notte.
«Buongiorno» disse Artri, inarcando le folte sopracciglia. «Scusa se ti ho spaventato, principessa. Metti qualcosa sotto i denti, vedrai che ti passerà.»
Rose lo guardò storto e aprì il fagotto che le aveva lanciato. Traboccava di more, lamponi e noci crude, dal guscio umido. La ragazza si ammorbidì e dispose la colazione su una roccia, attorno alla quale si radunarono per mangiare.
«Possibile che pure quando fai il gentile riesci a terrorizzare la gente?» sospirò Wulfric, risentito per il risveglio traumatico.
«Voglio che siate pronti a reagire» disse Artri con aria contrariata, come se non riuscisse a capire perché se la stesse prendendo tanto.
Rose posò una mano sul braccio di Wulfric, facendogli intuire che era meglio lasciar perdere. Il ragazzo sospirò e si dedicò alla colazione assieme a lei, rompendole delle noci.
«Come sei galante» mormorò Rose, sgranocchiando i gherigli puliti. «Sei diventato proprio un cavaliere, Wulfric.»
Si scambiarono un'occhiata, all'inizio seri, poi entrambi scoppiarono a ridere. Rose non riusciva nemmeno a capire perché stesse ridendo, ma ne fu felice, perché aveva un disperato bisogno di alleggerirsi l'anima.
Rose appoggiò la spalla destra contro la sinistra di Wulfric e lo prese a braccetto.
Poco dopo finirono di mangiare, e fu di nuovo momento di mettersi in cammino. La ragazza trasse un profondo sospiro e si alzò in piedi, avvolgendosi nel mantello blu che le avevano fornito le Ninfe. La sensazione del rivestimento in pelliccia sulla pelle le diede un po' di coraggio e seguì Artri, che si stava già allontanando nella selva, con Eftwyrd sotto mano. Sembrava non volersi più staccare da quella spada, come se allontanarsi avesse potuto portare sfortuna.
Rose si voltò e attese che Wulfric si affiancasse a lei, prima di proseguire. Il ragazzo allungò una delle sue mani callose da sotto il mantello e strinse la sua.
«Sei stanca, non è vero?»
«No, no. Sto bene. Ho dormito, Artri mi ha dato il cambio...»
«Non mi riferisco a questo.»
I limpidi occhi di Wulfric, sinceri come solo i suoi potevano essere, le guardavano dritti nell'anima. Non serviva a niente nascondergli quello che pensava.
«Sì. Hai ragione. Sono stanca... tanto stanca. E tu?»
La presa di Wulfric sulla sua mano si strinse. «Anche io. Vorrei solo poter tornare a casa e stare tranquillo, senza i continui pericoli, senza aver paura che Geodfrith e tutti quelli che abbiamo lasciato indietro possano restare prigionieri di Medb. E poi vorrei sistemare le cose con i miei genitori.»
Rose sollevò lo sguardo, trattenendo il respiro.
«Non ci sono mai andato d'accordo, è vero. Dio, a volte ho pensato persino di essere nato nella famiglia sbagliata, che io fossi una specie di alieno per loro. Però, almeno per il mio bene, voglio dirgli addio come si deve.»
«Lo stesso vale per me. Magari tornerò a trovarli ogni tanto. Non sarò una codarda, non di nuovo.»
Wulfric le sorrise e la attirò a se, dandole un buffetto su una guancia.
«Non sei una codarda, avevi solo bisogno di schiarirti le idee e capire cos'era davvero importante. Ed è quello che ho fatto anche io» disse, stringendole la mano. «Sei tu la mia famiglia, adesso. Tu e Avalon.»
Rose si concesse di stringerlo in un abbraccio, interrompendo la marcia. Poi lo prese di nuovo per mano e si inerpicò lungo un sentiero sassoso in salita, al termine del quale li attendeva Artri.
La fitta rete di alberi cespugli del sottobosco si diradò, trasformandosi in un colonnato. La terra venne sostituita da pietra candida come neve fresca, sulla quale erano affiorati dei contorti rampicanti. Alcune delle colonne si erano sgretolate col passare del tempo e altre erano state butterate dalle intemperie. Sembrava di trovarsi in un tempio a cielo aperto, una costruzione architettonica senza dei precisi confini.
Rose si guardò alle spalle e si rese conto che del bosco dove avevano camminato fino a qualche secondo addietro non c'era più traccia. Era stato tutto divorato da un azzurro chiarissimo.
Quando la ragazza si sporse oltre il pavimento in marmo per guardare in basso, ebbe una vertigine che per poco non la fece cadere di sotto. Si trovavano su una piattaforma sospesa nel vuoto, in quell'assurdo, onirico vuoto di quell'azzurro bambinesco, privo di nuvole. Dove diavolo era finito il resto dell'Oltremondo? Non c'era più nessun paesaggio. Erano caduti in un disegno a pastelli a cera senza uscita. La strada dalla quale erano arrivati non era più percorribile; ora potevano solo andare avanti, e davanti a loro, oltre la foresta di colonne, c'era uno spiazzo circolare al termine del quale si stagliava una parete bianca che si allungava nel cielo, fino a venire divorata dall'azzurro, come quando il mare si confondeva con l'orizzonte.
Al centro della parete bianca li attendeva una faccia di marmo, dotata di un'immensa bocca che teneva spalancata grazie alle dita in pietra, che affondavano nelle labbra e le tiravano indietro. Era talmente realistica che Rose non provò nessuna gioia all'idea di dover mettere piede sulla lingua di pietra che portava in quel buco nero.
«Fammi capire» sussurrò Rose, tirando leggermente il mantello di Artri. «Noi dovremmo entrare lì?»
«Già» mormorò il re. «Questa è solo l'anticamera del Mondo del Bianco. Poi c'è l'ingresso vero e proprio, dove la magia di Finvarra fa da padrona, sovvertendo tutto ciò che vi mette piede, e infine le terre del Re Candido... e in alto, su una collina, c'è il suo palazzo di nuvole, assieme al suo trono.»
«Quella bocca non sembra per niente incoraggiante, però. Siamo sicuri che non sia una trappola?»
Artri ebbe un moto di fastidio e scosse la testa. «Ma quale trappola! Finvarra non cercherebbe mai di ucciderci. Non così, perlomeno.»
«In che senso, "non così"? Intendi dire che potrebbe prendergli lo sghiribizzo di farlo, allora?» esclamò Wulfric, a bocca aperta.
Artri si tolse i guanti e cominciò a giocherellare con un buco nella stoffa all'altezza dell'indice destro. «Beh, ecco. Diciamo che gli piacciono le partite a scacchi. In effetti, Finvarra ne va matto, e ha così pochi ospiti che quando arriva qualche faccia nuova non può fare a meno di sfidarla. Ed è successo, insomma, che se qualcuno volesse qualcosa da Finvarra, se lo dovesse giocare in quella partita. Il problema è che se la tua richiesta è grande e vuoi qualcosa di grosso, Finvarra ti chiede qualcosa di altrettanto grosso in cambio. La tua vita, ad esempio. O un'eternità di servitù. O di diventare il suo poggiapiedi. Cose così.»
«Cose così! Cose così, dice lui. Oh, Dio. Se l'avessimo saputo prima...»
«Volete salvare Avalon o no? Lui è la vostra sola possibilità.»
Rose e Wulfric si guardarono e, dopo aver tratto un profondo sospiro, annuirono.
«Sì, vogliamo salvarla. Speriamo solo che in due avremo qualche chance, contro di lui. Io non sono un granché a scacchi» disse Wulfric, grattandosi la testa.
«Io ho giocato ogni tanto, ma sono solo una principiante» sussurrò Rose. «Speriamo che Finvarra decida di aiutarci comunque... magari avrà pietà della nostra incapacità.»
«Finvarra non è cattivo. Per quanto sia il più potente fra le Daone Sith, è anche il più ingenuo e giocherellone... ma il fatto che sia un grosso bambinone che non capisce quando deve finire uno scherzo lo rende pericoloso, alle volte. Cercate di non annoiarlo e andrà bene. Può anche essere che non vi chieda nulla! Diciamo che è un tipo imprevedibile. Però, dato che ci sarò io con voi, potrebbe essere più clemente.»
«Speriamo» sospirò Rose.
Guardò Artri e annuì. Sarebbe andata lei per prima.
Si avvicinò alla bocca con passo esitante. Sembrava così profonda. Le grotte del Mondo del Violetto non erano nulla in confronto a quel pozzo. E se ci fosse stato un fondo e si fosse spiaccicata da qualche parte? Forse l'indole bambinesca di Finvarra poteva implicare anche quel genere di conseguenze. Magari il Re Candido si sarebbe fatto una risata, per poi chiedersi perché i suoi giocattoli si rompessero tanto facilmente.
«Dove credi di andare, ragazzina?»
Una spada emerse dal nulla e Rose riuscì a ritrarre la mano appena in tempo per impedire che venisse ferita. Wulfric la sostenne e sfoderò subito il martello, pronto a fracassare il cranio a chiunque si fosse avvicinato. Lo agitò in direzione del nemico senza nemmeno guardarlo in faccia, ma si ritrovò un coltello premuto contro la gola.
«Lascialo stare!» gridò Rose, ripresasi dallo spavento.
«Metti giù il martello, marmocchio» sbottò la figura incappucciata dalla quale emergevano due braccia sottili, avvolte attorno al petto di Wulfric. «Non vorrai mica morire così, vero? Sarebbe brutto, davanti a lei.»
Wulfric deglutì a fatica e lasciò cadere la sua arma. Rose estrasse la spada e la puntò contro la figura. Sapeva già di chi si trattava. L'aveva capito dal primo istante in cui l'aveva vista.
«E' con me che ce l'hai, non è vero, Morgaine?» disse, con voce tremante. «Allora vieni. Prendimi, se ci riesci.»
Da sotto il cappuccio emerse un sorriso affilato, e la presa della donna su Wulfric si allentò. Il coltello scivolò dalla sua gola e il ragazzo si afflosciò leggermente, finalmente libero di respirare. Morgaine però non gli lasciò tempo di diventare pericoloso e lo colpì sul collo col taglio della mano, con forza. Wulfric si accasciò senza emettere suono e il mantello gli andò dietro, allargandosi sul pavimento.
Rose sgranò gli occhi e provò l'urgenza di correre da lui, ma non poteva farlo. Non con Morgaine che la fissava in quel modo.
La donna si era abbassata il cappuccio, scoprendo il volto di quella bellezza cristallina che la circondava come un'aura.
Morgaine estrasse la sua spada, dalla lama più larga e spessa rispetto a quella di Rose, e la sua lunga treccia nera le ricadde lungo il fianco destro.
«Non nasconderò che un po' mi dispiace, combattere contro di te» mormorò. «Non sei come Myrddin. Non hai mai voluto questa guerra. Ma, come ti avevo detto, sei dalla parte sbagliata.»
Morgaine saltò verso di lei a una velocità allarmante. Rose sollevò la spada per difendersi, sapendo che non sarebbe servito a niente. Era senza magia, non ci sarebbe stato modo di dare battaglia contro una Mundbyrnes potente come Morgaine.
Però il dolore che si era aspettata e il sangue non arrivarono. Rose ci mise qualche istante per capire che Artri si era parato davanti a lei e aveva bloccato il colpo di Morgaine col piatto di Eftwyndr.
Il Grande Orso era rimasto nell'ombra per tutto quel tempo, nascondendosi dietro una colonna mentre Morgaine era impegnata con Rose e Wulfric, e l'aveva colta di sorpresa. La donna non si era nemmeno accorta di lui, o forse aveva tentato di ignorarlo.
«Tu» sussurrò Morgaine. La sua voce era più debole del solito. «Levati di mezzo.»
«Sorella, non ci vediamo da secoli» disse Artri, abbassando lentamente la spada. Eftwyndr portò con sé la lama di Morgaine in un gesto gentile, come una mano che abbassava un pugno. «E' così che mi accogli?»
«Questo scontro non ti riguarda. Levati dalla mia strada, o ti ucciderò, Artri.»
«Mi ucciderai?» ripeté Artri, come se non riuscisse a capire il significato di quella parola.
I lineamenti di Morgaine si indurirono e la donna emise un ringhio minaccioso.
«L'ho già fatto una volta, e posso farlo di nuovo. Sai bene che la morte qui è molto peggio che nel mondo degli umani. Ti ucciderò per tutte le volte in cui deciderai di tornare, Artri, finché di te non resterà solo polvere, se dovrò! Adesso spostati!»
«No. Non credo che lo farò» disse il re, lasciando cadere la spada.
«Artri, me la caverò da sola! Fai come dice» lo supplicò Rose, cercando di superarlo.
Morgaine cercò di intercettarla e scavalcare Artri a sua volta, ma l'uomo si mise di nuovo in mezzo, afferrando la sorella per un polso.
La donna reagì d'impulso e lo aggredì con la spada. Rose soffocò un grido, quando la punta della lama di Morgaine emerse dal mantello di Artri, lasciando dietro di sé una chiazza scura.
Morgaine e lui restarono immobili, come se il tempo si fosse fermato a guardare. Il re non riuscì più a reggersi sulle gambe e scivolò a terra, portando con sé la spada di Morgaine, rimasta conficcata nel suo addome. La Mundbyrnes lo stava guardando con occhi sgranati, e una serie di emozioni contrastanti scorrevano sul suo viso privo di imperfezioni, creando delle crepe nella sua maschera impassibile.
«Artri» sussurrò, facendo per avvicinarsi a lui. Scosse la testa, come se avesse voluto ritrovare la sua risolutezza, ed estrasse la spada dalla sua ferita con un gesto secco, che gli strappò un gemito. «Che stupido. Mettersi in mezzo... e per cosa? Non è la tua battaglia, questa! Sei sempre stato solo un idiota, e ti meriti tutto quello che ti è successo. Sei morto perché eri un debole, hai capito? Un debole! Sarei dovuta essere io la regina, non tu.»
Artri emise una fievole risata, mentre un rivolo di sangue gli scivolava dalle labbra. Tossì debolmente e si premette le mani sulla ferita, strizzando gli occhi per il dolore. Una chiazza color vino aveva intriso la sua tunica e lasciava delle strisce rosse sul pavimento.
«Sorella, mi dispiace che tu sia dovuta restare sola in quel palazzo con Medb e nostro padre, senza la mamma... senza nessuno che ti volesse bene. So che non mi crederai, ma mi dispiace sul serio.»
«Sono solo bugie. Lo dici perché stai morendo, codardo. Sii uomo e crepa senza supplicare, stavolta... non come quando hai pianto di fronte a Mordred. "Non voglio combattere contro di te", dicevi. Che povero, povero stupido» sibilò Morgaine, posandogli la punta della spada sotto il mento.
«Sapevo che non mi avresti creduto» sussurrò Artri, con voce flebile. Rise piano e sollevò gli occhi al cielo. «Ma, anche se non vuoi ascoltarmi, non sono arrabbiato con te per quello che mi hai fatto. Sono solo triste, Morgaine. Forse se ci fossi stato io al tuo posto, le cose sarebbero andate meglio per tutti. Però è successo, e mi dispiace. Voglio solo che tu sappia che ti voglio bene e che non ti incolpo. Stavi solo servendo Medb, e lei è l'unica famiglia che hai mai avuto.»
Gli occhi di Morgaine, uno verde e l'altro dello stesso blu di quelli di Artri, lo trapassarono come aveva fatto la sua spada.
«Per favore, lascia stare i ragazzi» sussurrò Artri. «Sono solo dei bambini. Non sarebbe una vittoria... sarebbe un massacro... io so che non sei crudele, nonostante tutto, Morgaine. So che...»
«Tu non sai un bel niente!» urlò Morgaine.
Sollevò la spada. L'avrebbe colpito, se una lama sottile non avesse intercettato la sua. Prima che Morgaine riuscisse a riprendersi dallo sgomento, Rose ritrasse la spada e la ferì a un fianco. La Mundbyrnes emise un sibilo e fece un salto indietro, tenendosi la ferita come se non riuscisse a credere di averla subita.
«Dannata ragazzina!»
Morgaine guardò Artri e nei suoi occhi affiorò una luce diversa, che sfreddò la rabbia.
«Ringrazialo per averti difeso, perché altrimenti ci saresti tu su quella pietra, adesso» sussurrò Morgaine. Parlava più a se stessa, come se stesse recitando una preghiera. «Ho fermato il nemico, per oggi. Ho svolto il mio compito. Non devo fare nient'altro.»
Li guardò un'ultima volta, il viso congelato in una maschera divisa fra due bisogni opposti, e corse verso il limite del pavimento. Saltò nell'azzurro e scomparve nel nulla, inghiottita dal cielo.
Rose lasciò cadere la spada e si chinò su Artri. Due gocce salate scivolarono dal suo viso e caddero su quello esangue del Grande Orso, che respirava a fatica e la stava guardando con aria sofferente.
«Sto bene» le disse. «E' meno grave di quello che sembra.»
«Meno grave!» ripeté Rose, incredula.
Si strappò una manica della tunica e la tagliò con un pugnale. Scoprì la ferita di Artri. Il taglio era netto. Aveva leso degli organi interni, ma non lo stomaco, grazie al cielo. L'intestino era stato danneggiato, e per quello non poteva fare molto, ma almeno avrebbe cercato di fermare l'emorragia.
Rose strinse forte la benda attorno all'addome di Artri e gli pulì il viso. Gli mise il mantello arrotolato sotto il collo per aiutarlo a respirare e a stare dritto, e lo rassicurò accarezzandogli una guancia.
«Andrà tutto bene» gli disse. «Siamo vicini alla nostra destinazione. Finvarra ti aiuterà. Non ti lasceremo morire qui.»
«Finvarra... non esce mai dal suo mondo» rantolò Artri, battendo lentamente le palpebre. Si inumidì le labbra con la lingua. «Ho sete... mi sa che sto morendo. Ci sono già passato una volta.»
«No, no» balbettò Rose, stringendogli le mani per farlo sentire al sicuro. «Andrà bene, vedrai. Dammi qua le mani.»
Artri la guardò con aria confusa. «Parsifal?» sussurrò, cercando di toccarle il viso.
«Sì?» mormorò Rose, deglutendo le lacrime che le scorrevano in gola. «Dimmi... dimmi, mio re.»
«Sei qui» disse Artri, e il suo volto si distese in un sorriso. Strinse la sua mano e se la premette sul petto. «Resta, vecchio amico.»
«Ma certo. Non ti lascio solo. Però tu devi resistere. Non è la fine.»
Artri non rispose. Aveva chiuso gli occhi, con ancora quell'espressione sognante in viso. Fu in quel momento che Eftwyndr cominciò a vibrare, e dal pomolo provenne una luce bianca tanto intensa da accecare. Rose si coprì gli occhi con una mano, mentre con l'altra continuava a stringere quella di Artri.
«Dammi la mia spada» rantolò il re, a un tratto. «Voglio morire con la spada in mano.»
Rose si allungò verso la lama e gliela porse. Era calda, come se fosse stata viva. Quando Artri se la poggiò sul petto, la luce di Eftwyndr divenne più sopportabile e affondò nel corpo del re, come se la sua carne la stesse assorbendo.
Rose sollevò la sua tunica e sgranò gli occhi, quando vide che il sangue aveva smesso di scorrere. Attese che la luce di Eftwyndr si fosse esaurita, poi sciolse le bende. La ferita di Artri si era ridotta a una striscia rossa. C'era ancora, ma non era più così grave.
Ma chi era stato a salvarlo? Eftwyndr non poteva essere solo una spada. Era un artefatto magico, come uno scettro o una bacchetta. C'era un forte potere racchiuso nel pomolo di quella lama.
Rose inclinò la testa e guardò attraverso la pietra nel pomello della spada. Solo per un istante intravide un volto barbuto nel pomolo, che le rivolse un sorriso a trentadue denti, ma scomparve subito dopo.
«Finvarra?»
Allora era vero che al Re Candido importava di qualcosa.
Rose sistemò le bende e accarezzò il volto di Artri, che, nonostante il pallore, non era più sofferente. Il suo battito era regolare.
La ragazza allora si permise di cedere alla tentazione che l'aveva tormentata fino a quel momento e corse da Wulfric. Il ragazzo non era in pericolo di vita, a differenza del re. Era solo svenuto. Eppure nel momento in cui Morgaine l'aveva colpito Rose si era sentita come se lo avessero appena pugnalato al cuore e lei non avesse potuto fare niente per impedirlo.
«Wulfric» sussurrò, baciandogli le guance, la fronte, le labbra. «Wulfric, mi senti?»
Gli umettò il viso con l'acqua della borraccia. Qualcosa si mosse nel borsello di Rose, e il muso di Urchin fece capolino.
«E' finita?» balbettò il folletto. «Credevo che ci avrebbe fatti tutti a fettine. Per gli dei... quella donna è pazza. Completamente pazza.»
«Pazza, sì, ma soprattutto distrutta. Menomale che non ha ucciso nessuno» mormorò Rose, mentre tentava di rianimare Wulfric. «Perché credimi, avrebbe potuto riuscirci con estrema facilità. Non l'ha fatto solo perché non ha voluto. Qualcosa gliel'ha impedito. Che fosse la presenza di Artri o perché ho parlato con lei, non lo so. Però... ha avuto compassione, e questo l'ha spaventata.»
Da Wulfric provenne un debole grugnito e Rose lo strinse forte, travolta da un'ondata di sollievo.
«Oh, grazie! Sei vivo» balbettò la ragazza, con le lacrime agli occhi. «Stai bene? Senti dolore?»
«Il collo» sussurrò lui, con un sorriso ebete. Era in brodo di giuggiole per tutte quelle attenzioni, e la sua memoria su quanto era appena accaduto era nebulosa. «Che è successo? Ti ho presa, e ho fatto un salto indietro. Poi...»
«Sei stato aggredito da Morgaine. Ti ha colpito al collo, a tradimento, e sei svenuto.»
«Svenuto?»
Wulfric si incupì. «Che bel guerriero che sono. Svenire come un povero cretino. Tu stai bene?»
«Sì, sto bene. Sono riuscita a ferirla.»
Il ragazzo sgranò gli occhi e le sorrise. «L'hai scacciata tu?»
Rose annuì.
«Morgaine?»
Rose annuì una seconda volta, e Wulfric la strinse forte. «E' incredibile! Poi mi dici che non sai fare abbastanza, eh? Sei proprio una piagnona.»
Incredibile non era il termine con cui Rose avrebbe descritto ciò che aveva fatto. Non si sentiva per niente orgogliosa di aver ferito Morgaine. Era solo triste. Come Artri.
L'importante però era che fossero tutti e tre vivi.
«Artri è ferito» sussurrò Rose. «Dobbiamo trovare un posto sicuro.»
Wulfric tornò a essere serio e annuì. Aveva qualche vertigine, ma riuscì ad alzarsi e la aiutò a trasportare il corpo del re addormentato, che stava ancora stringendo la spada.
La bocca oscura dopo aver affrontato Morgaine non faceva più così paura. Esitarono solo un istante, prima di attraversare la soglia e scivolare nel Mondo del Bianco, tenendo ben stretto Artri.
---
N/A: spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Finalmente, siamo arrivati al mondo del bianco e a Finvarra XD Secondo voi li aiuterà o no?
P.S: purtroppo Mundbora non ha passato l'ultima selezione dei Wattys. Speravo che quest'anno ce l'avrei fatta, dato che anche l'anno scorso ero nella rosa dei candidati, ma niente. Spero sarà per la prossima volta, vedrò se partecipare o meno.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top