Capitolo 33: Costellazioni sconosciute (1/2)


Rose trasse un profondo sospiro di sollievo. Non avrebbe mai creduto che un bagno avrebbe potuto essere tanto piacevole. Si sentiva come se l'avessero racchiusa in un uovo e stesse becchettando il guscio per uscirne, di nuovo incuriosita dal mondo, piena di nuove energie e speranze.

La ragazza scostò il piccolo asciugamano di morbide alghe azzurre che le ninfe le avevano posato sugli occhi e cercò di guardare oltre la radice che separava il suo laghetto da quello dove stavano facendo il bagno Wulfric e Artri. Loro erano andati a divertirsi assieme ai Tritoni e ai Selkie maschi, mentre lei era rimasta dall'altra parte, assieme alle Selkie femmine e ai loro cuccioli. In genere le fate non facevano quel genere di distinzioni, ma, subito dopo la nascita dei piccoli, le Selkie femmine tendevano a diventare più possessive riguardo i loro cuccioli, al punto da essere intrattabili nei confronti dei loro compagni, e allora si rinchiudevano nelle polle per insegnare alle piccole foche fatate a nuotare.

Quelle creature avevano una pelle lucida che sembrava ricoperta di pietre preziose, con colori che andavano dallo zaffiro al bianco perla, e scivolavano nell'acqua come lontre. Erano le maestre del loro elemento, assieme alle Sirene e alle Ninfe, e dovevano passare almeno sedici ore al giorno in ammollo per crescere in modo salutare e, in seguito, impedire alle squame di cadere o per prevenire il rischio di evaporare. Nessuna fata, come le aveva raccontato Martin lo Gnomo, riusciva a sopravvivere a lungo lontano dal posto in cui era nata. Forse era per quello che ad Avalon c'era una prevalenza di creature acquatiche, a parte le Piote Vaganti, gli Elfi e i Puck, che erano assai più versatili e tendevano a essere dei vagabondi. In quanto agli Urchin e alle Silfidi, erano nati dall'aria e quindi sempre vicino a casa. Le altre fate, però, non erano riuscite ad allontanarsi troppo dalla loro casa. Il fiume di Avalon era la stessa linfa che scorreva nelle vene del Mondo dell'Azzurro, e aveva permesso loro di fare avanti e indietro fra la loro casa e quel distaccamento creato da Nimueh nel mondo degli umani.

Ma ora il passaggio creato dalla Dama che consentiva alle fate del Mondo dell'Azzurro di raggiungere velocemente la Terra era stato chiuso da uno spesso strato di ghiaccio, impossibile da percorrere in alcun senso. Quello era stato l'ultimo atto di Nimueh per proteggere le sue fate predilette, assieme all'aver inviato Rose e Wulfric a parlare con Finvarra.

«Noi cerchiamo di mantenere il posto com'è sempre stato», le aveva detto la Ninfa che li aveva accolti all'ingresso, Ilioputli, «ma senza la fonte vitale che è ancora imprigionata nel corpo della Dama, presto questo mondo si essiccherà, come le Volte Varianti collegate a esso. E senza acqua noi moriremo. Le prime a scomparire saremmo proprio noi, le Ninfe. Poi sarebbe il turno delle Sirene e dei cuccioli delle Selkie, e infine di tutti gli altri.»

Rose si era immaginata le piccole foche che le sfioravano i piedi prive di vita, e si era sentita invadere dalla determinazione. Doveva fare qualcosa per quegli esserini. Non avrebbe sopportato di vederli morire. Possibile che Medb, che aveva tanto a cuore l'Oltremondo e diceva di fare tutto per le fate, non si rendesse conto che così stava uccidendo un'intera Sfera?

Per quanto fosse terribile, sarebbe stato meglio per le fate se Nimueh fosse morta, anziché distruggerle tutte quante. Gli altri mondi se la stavano cavando bene anche senza la loro Daone Sith, per quanto fosse evidente che si trattasse di un processo di entropia. Era come se il potere fosse destinato ad affievolirsi progressivamente, ridistribuendosi in porzioni sempre più vaste, al punto tale che prima o poi sarebbe scomparso. Chissà cosa sarebbe accaduto, se fossero morti tutti gli Gnomi... come si sarebbe ridistribuita la magia del loro mondo? Si sarebbe frammentata in tutte le altre sfere?

Rose deglutì e trasse un profondo sospiro. Era meglio non riflettere troppo su quelle cose. Era proprio vero che, se si tentava di ragionare troppo sul sesso degli angeli, si finiva per impazzire, come aveva detto Wulfric.

L'importante era salvare Nimueh e far sì che il Mondo dell'Azzurro fosse di nuovo al sicuro.

Rose accettò con un sorriso il fiore a forma di calice che Ilioputli le stava porgendo, e all'improvviso si ritrovò a pensare alla sua vecchia vita. Se un tempo le avessero detto che sarebbe finita a salvare un mondo sconosciuto, avrebbe pensato che forse non erano solo lei e suo padre ad avere qualche problema mentale.

Oh, Alan. Perché ci aveva pensato?

Rose si incupì e fece ondeggiare il denso liquido blu all'interno del calice.

«Qualcosa non va?» le chiese Ilioputli, accarezzandole una guancia con la punta delle dita.

Rose scosse le spalle e si nascose dietro un altro sorriso. Prese un sorso dal calice e assaporò la bevanda delle Ninfe. Sapeva di fragole, ma di fragole azzurre, proprio come il colore di quel mondo. Impossibile da spiegare, nell'Oltremondo si cominciava a ragionare in modo diverso, e lì esistevano persino cose come minuscoli elefanti a otto zampe, se lo si desiderava.

«A nulla. E' solo che ho talmente tante preoccupazioni. Mio padre... e poi Avalon... quello che è successo con Morgaine... e adesso anche Wulfric. Sono stata fredda con lui in questi giorni. Ho paura che si allontanerà da me.»

Ilioputli restò in silenzio e appoggiò il collo flessuoso sul braccio trasparente. Indossava un vestito impalpabile, simile ai tentacoli di una medusa, e galleggiava nell'acqua senza alcuno sforzo. I suoi corti capelli di vapore formavano delle nuvolette attorno al suo capo, e dall'orecchio destro le pendeva un orecchino a forma di nautilus, in ghiaccio puro.

Rose la osservò per qualche istante, poi bevve ancora dal calice. Le sembrava che quella roba la facesse stare un po' meglio, come se le scaldasse le viscere.

Raccontò a Ilioputli la storia di Alan, di come aveva richiesto a Nimueh di curarlo e si era allontanata dalla sua famiglia per non soffrire più, sperando di aver chiuso i conti con loro una volta per tutte e non dover più rivivere il passato, mentre in realtà si sentiva solo come se li avesse abbandonati. Le raccontò di come Avalon fosse diventata la sua nuova famiglia, com'era accaduto a Wulfric, e che per colpa di Myrddin ora l'aveva di nuovo persa. Le disse anche che aveva parlato con Morgaine e, contro ogni logica, non le era sembrata il nemico temibile dell'inizio, ma le aveva solo fatto una gran pena e l'aveva spinta a chiedersi quanto senso avesse quella guerra fra sorelle. E poi, riguardo Wulfric... non gli aveva detto di Morgaine, e gli aveva taciuto tutti i suoi problemi. Per quanto si fossero aperti l'uno con l'altra quel giorno, dagli Gnomi, e si fossero sentiti uniti durante il periodo in cui avevano dovuto proteggersi a vicenda, Rose si sentiva distante da lui e temeva che questo si riflettesse nel suo comportamento.

«Distante? E perché?»

«E' come se non riuscissi a condividere davvero tutto il mio dolore con lui... non voglio farlo soffrire. Wulfric ha già sofferto abbastanza con la sua famiglia e ha aspettato tanto per diventare un Mundbora, quando lo desiderava più di me. Non ha bisogno di sentirsi dire quanto io sia infelice. Ogni minuto che passa, mi sento sopraffare dalla sensazione di abbandonare tutti quelli che mi camminano accanto... proprio come Myrddin. Non riesco a essere aperta con loro, ma non voglio finire come lui, a cercare sollievo nella vendetta. Voglio potermi fidare, ma non ci riesco. Ho sempre paura che mi pugnalino alle spalle.»

Ilioputli giocherellò con l'orecchino mentre rifletteva. Rose bevve quello che restava della bevanda e liberò il fiore nell'acqua. Galleggiò come un'orchidea e venne portato via dalle correnti generate dai cuccioli di Selkie che giocavano ad acchiapparella.

L'acqua della polla in cui si stavano riposando era calda al punto giusto, avvolta dalle radici possenti di mangrovie cresciute oltre ogni misura, dai tronchi azzurro pallido e le foglie blu grandi quanto il braccio di Rose. Il fondale era ricoperto di sassolini colorati e alghe. L'intero bioma del Mondo Azzurro sembrava una città di piante sospesa sull'acqua. Rose provò un'altra stretta al cuore a immaginarselo inaridito.

«Ti fai carico di tutti i problemi del mondo, Rose» mormorò Ilioputli. La sua voce era come una leggera pioggia primaverile. «Artri mi ha detto che volevi salvare anche le fate prigioniere nelle miniere dei Nani...»

«Sì, è vero. E l'avrei fatto, se lui non si fosse messo in mezzo.»

«Ma come?» esclamò la Ninfa, come se Rose avesse appena confermato il suo punto. «Non hai abbandonato nessuno, Rose. Se senti di voler tornare da tuo padre, una volta che tutto questo sarà finito, fallo, ma non in preda ai sensi di colpa. Fallo perché gli vuoi bene, non perché ti senti intrappolata. Sei diventata una di noi perché amavi la libertà e ti sentivi soffocare dalla vita che avevi. Essere una Mundbyrnes è la tua natura, Rose, e non puoi combatterla. La cosa migliore che tu abbia mai fatto è stata scegliere di diventare una di noi. Sei rinata.»

Rose ascoltò in silenzio, tornando a coprirsi gli occhi con l'asciugamano umido. Le parole di Ilioputli risuonavano in lei più di quanto aveva immaginato.

«Il Vecchio Merlo ha fatto qualcosa di terribile, lo sappiamo tutti, e anche tuo padre, dalle emozioni che sento provenire da te, ha commesso un crimine simile. Ti ha fatto perdere la fiducia in tutto: in lui, ma soprattutto in te. Non riesci a fidarti, anche se ci provi, e lo stesso ti succede con Wulfric. Ma io ho visto quel bambino e penso sia l'umano meno torbido che abbia mai incontrato. Si fa mille problemi per nulla, proprio come te. Penso che sotto alcuni aspetti vi assomigliate molto, Rose... ma se lui si fida di te, perché tu non riesci a farlo con lui? Dagli una possibilità. Una vera possibilità. Lui ti vuole bene, si vede da come ti guarda. Morirebbe, piuttosto che pugnalarti alle spalle come hanno fatto Myr e tuo padre.»

Rose deglutì a fatica e non cercò di raccogliere l'asciugamano che le stava scivolando dal viso. La stoffa si perse nell'acqua e lei si pulì il viso dai rigagnoli che le stavano scorrendo sulle guance.

Parlare con Ilioputli le era stato di grande sollievo. Forse non conoscerla l'aveva aiutata ad aprirsi così tanto, e lei, dato che non aveva nulla a che fare con Rose, le aveva dato un parere imparziale.

«Grazie. Credo di avere le idee un po' più chiare, adesso. Avevo davvero bisogno di parlare con qualcuno che non mi dicesse le cose solo per farmi sentire meglio.»

La Ninfa le sorrise e il suo volto si addolcì. I suoi occhi trasparenti si illuminarono di luce blu. «Tu, Wulfric e il Grande Orso state facendo molto per noi. Il minimo che possiamo fare è darvi qualcosa in cambio. Io sono solo una Ninfa custode, non ho molto potere, ma ecco...» Ilioputli immerse una mano in acqua e, sotto il suo influsso magico, prese forma una minuscola carpa di cristallo, con una gocciolina blu dove si sarebbe dovuto trovare il cuore. «... quando ti sentirai prendere dalla paura, guardalo, e pensa a questo momento. Forse ti aiuterà ad avere di nuovo le idee chiare e a calmarti. E' un talismano da niente, ma...»

«Grazie» mormorò Rose, mettendoselo subito al collo. «E' bellissimo.»

Ilioputli tossicchiò, evitando il suo sguardo, e uscì dalla polla. Le porse un asciugamano nello tessuto d'alga morbida, e le sorrise.

«Vieni. Il banchetto per te e gli altri sarà pronto, ormai. Potete rifocillarvi e riposare un po', prima di ripartire. L'attraversamento del Mondo dell'Indaco non sarà difficile, le fate che vivevano lì un tempo sono scomparse e sono state sostituite dai Tritoni. Quella Sfera non la voleva più nessuno e la Dama l'ha riportata in vita, quindi ormai è quasi stata assorbita nel nostro mondo. Però dopo vi ritroverete ad affrontare il Mondo del Violetto, e quella sarà una sfida. E' l'ultimo prima della fortezza di Finvarra. Dovrete solo cercare di resistere fino ad allora.»

Rose annuì e, dopo essersi avvolta negli asciugamani, le venne spontaneo abbracciare Ilioputli. Quel talismano e qualcuno che la ascoltasse erano le cure di cui aveva avuto bisogno. Chi se ne importava del Mondo del Violetto; in quel momento aveva un'altra questione da risolvere, e sentiva che non sarebbe riuscita a proseguire se non avesse finalmente chiarito i suoi sentimenti per una certa persona, una volta per tutte.

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Il banchetto era stato organizzato in una strada sopraelevata che collegava le palafitte dove abitavano le fate. La tavolata era immensa e sembrava che tutti avessero deciso di parteciparvi. Persino le Selkie femmine coi loro cuccioli nuotavano sul fondale e di tanto in tanto riemergevano per farsi lanciare una leccornia e risprofondare in un nugolo di bolle.

L'area era stata decorata da festoni di alghe azzurre che emanavano un piacevole profumo di... sì, erano proprio biscotti, anche se Rose non aveva idea di come fosse possibile. Ma aveva rinunciato da un po' a tentare di comprendere come funzionava la logica dell'Oltremondo e aveva deciso di seguire il flusso e basta, divertendosi, quando le fate nemiche della Dama non tentavano di ucciderli.

L'acqua era pervasa da fiori dai pistilli luminosi, candidi come la spuma dell'onda. Nell'aria si diffondeva una musica fatta esclusivamente di strumenti a fiato adoperati da un gruppetto di Sirene. Le creature si erano raggruppate su una roccia, con la vita squamata immersa in acqua, e stavano soffiando in delle conchiglie dal dorso forato, che adoperavano come ocarine. La musica che usciva da quegli strumenti aveva lo stesso sapore di salsedine che Rose aveva avvertito nella costa di South Queensferry, in Scozia, e le dava l'impressione di essere tornata a casa.

La tavolata era stata interamente occupata da Ninfe dell'acqua, intervallate dai Selkie maschi in forma umana e dalle Selkie femmine troppo giovani per stare dietro ai cuccioli.

Gli unici posti liberi si trovavano alle due estremità della tavolata, ed erano stati riservati alla combriccola di salvatori.

Rose, che stava tenendo a braccetto Ilioputli, si fermò di fronte al banchetto e osservò le lanterne che galleggiavano sul pelo dell'acqua. Il tavolo traboccava di ogni sorta di prelibatezze, compresa la carne di qualche strano animale. Alcune fate amavano mangiare anche quella, malgrado la maggior parte di loro si nutrisse di alimenti alquanto insoliti, come nel caso di Urchin, che si pasceva, e come si pasceva, di profumi.

Il folletto le punzecchiò l'interno del nuovo borsello che le era stato donato dalle Ninfe; Rose l'aveva già agganciato in vita, accanto alla spada datale da un Tritone con i denti appuntiti e lo sguardo ammaliatore. "Con questa ci puoi anche affettare le zanne di un Unholda" le aveva detto, mettendo in mostra i muscoli. Rose l'aveva accettata e gli aveva dato un bacio su una guancia per farlo contento. Il Tritone se n'era tornato nell'acqua con un sorriso soddisfatto, dicendo che le avrebbe procurato anche una nuova armatura. Dato che gli Gnomi le avevano sottratto tutto l'equipaggiamento, ne aveva davvero bisogno.

«Come sei bella stasera» disse Urchin.

Il folletto era sotto forma di riccio e la stava guardando coi suoi luccicanti occhi neri, sorridente.

Rose sollevò lo sguardo e deglutì a fatica. «Io mi sento a disagio con questo vestito. Mi sembra di essere un salame» sussurrò, mentre tormentava l'elsa della spada, dato che non sapeva cosa fare.

Ilioputli l'aveva abbandonata lì ed era andata a parlare con qualcuno all'estremità opposta del tavolo. Indicava l'altro ingresso alla tavolata, opposto rispetto al percorso di legno dal quale erano arrivate, direttamente connesso alla zona lacustre.

«Macché, solo tu lo pensi» borbottò Urchin, scuotendo il muso. «Come al solito. Accetta il complimento e basta.»

Rose emise un mugugno e si guardò il vestito. Era un abito dal busto molto attillato che le copriva unicamente il petto e l'addome, scendendo fino a livello dei fianchi. Il tessuto di raffinate alghe blu in quel punto si tramutava in una specie di tulle di una sfumatura più chiara che sembrava costituito da petali di rosa. C'era uno spacco fin troppo audace lungo la gamba destra, e Rose tentava costantemente di chiuderlo per non mettere in mostra troppo di sé. Le avevano messo una cintura d'argento attorno alla vita, alla quale aveva agganciato il borsello azzurro, l'unico accessorio che la facesse sentire a proprio agio assieme alla collana con la carpa e la nuova spada. Di per sé quell'arma era un'opera d'arte: la sua lama era talmente chiara da sembrare composta da acqua compressa, e l'elsa era in argento intarsiato, con uno zaffiro a forma di pesce come pomello.

«Rose, vieni. Tu siederai vicino a Wulfric» le disse Ilioputli, riavvicinatasi mentre lei era stata assorta nei propri pensieri.

La ragazza si riscosse e si lasciò trascinare verso la tavolata. Wulfric e Artri, anche loro con indosso abiti nuovi, erano entrati dall'altro percorso, quello connesso alle terme dove si erano riposati. L'essere stati nelle mani delle Ninfe per un paio d'ore li aveva rimessi a lucido, e il risultato era più evidente in Artri. Secoli di noncuranza, barba tagliata a casaccio e igiene personale espletata a suon di aggressive sfregate nelle fonti delle Volte erano scomparse, sostituite da creme, profumi e vestiti eleganti che lo facevano assomigliare al re che era stato un tempo. A Rose fece venire in mente un cane barbone con il pelo pieno di gel, e dovette mordersi un labbro per non ridere, quando gli andò incontro.

Però doveva ammettere che era bello, con quegli occhi blu e la mascella ben definita. Non bello quanto Wulfric, che Rose stava cercando di non guardare per impedire alle sue mani di cominciare a sudare, ma molto attraente. Il fatto che gli avessero fatto indossare un paio di pantaloni veri e una casacca di velluto argentato al posto dei soliti stracci lo faceva sembrare un uomo del tutto diverso. E Artri, proprio come lei, non era a proprio agio, conciato in quel modo.

I due si scambiarono un'occhiata e non ebbero bisogno di parole per capire che avrebbero preferito avvolgersi in una striscia di tessuto qualunque, possibilmente poco attillata.

«Vedo che ti hanno insaccata per bene» sbottò il Grande Orso, tirando il tessuto dei pantaloni con una smorfia. «Per gli dei, mi sento tutto impacchettato. Mi hanno persino costretto a indossare delle mutande! La mia roba ha bisogno di respirare, per la miseria.»

«Per me è bellissima» borbottò Wulfric, fulminando il re con lo sguardo.

Non che a Rose importasse molto della propria bellezza in quel momento. Le sembrava di essere un tonno con indosso una minigonna. Così fuori luogo.

«Beh, perlomeno ora sembra una ragazza, tanto per cambiare» rincarò Artri. «Però la nostra Rose è come la mia sorellina, non è vero? Un uomo dentro. Capisco il tuo fastidio. Perlomeno spero non abbiano obbligato anche te a mettere le mutande! Per gli dei... per gli dei!»

Artri non riuscì più a resistere e scomparì nel buio. Quando tornò aveva una camminata molto più rilassata e Rose sospettò le sue mutande fossero finite sul fondale di un laghetto.

Ilioputli prese lei e Wulfric per un braccio e li fece sedere a capo tavola. «Quell'orso maleducato di Artri si può anche sedere dall'altra parte» brontolò. «Voi state qui. Siete gli ospiti d'onore.»

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N/A: vi lascio un po' sulle spine riguardo i prossimi avvenimenti del banchetto *w* Si capisce che adoro Artri e vorrei averlo alle cene per spaventare gli ospiti. Alla prossima!

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