Capitolo 32: La terra desolata (2/3)
Rose stava galleggiando in una pozza di inchiostro, con la sensazione di essere priva di peso. La sua bocca era arida e al posto della lingua le sembrava di avere un pezzo di velcro imbottito.
«Dove...»
Le palpebre le si erano incollate e per sollevarle dovette ricorrere a tutta la propria forza di volontà.
Davanti a lei c'era il buio più completo. Fra le nubi di nulla che circondavano la sua essenza incorporea intravide un nugolo di liane verde fango che si agitavano come alghe sul fondo dell'oceano. Il silenzio era totale. Si trovava davvero sul fondo di un mare, ma non era il suo. Era quello di qualcun altro, di una creatura che stava tentando di comunicare con lei, ma non riusciva a farle avvertire nient'altro che un sussurro, troppo lontano e confuso per essere percepito.
«...vi ...re... din.»
«Cos'hai detto? Non capisco...»
Fra le alghe emerse una lieve luce azzurra, debole come la fiamma di una candela sul punto di annegare nella cera.
«Devi fermare Myrddin» disse la voce, scandendo lentamente le parole.
Una stilettata di paura attraversò il petto di Rose, che allungò una mano verso le liane. Avrebbe voluto estrarre la luce azzurra dalla prigione che la avvinceva con tanta prepotenza, ma in quel luogo non aveva un corpo solido, in grado di lottare contro la materia. Era in balia dell'oceano della Dama.
«Lady Nimueh! Mi potete sentire?»
«Sì, ma non per molto. Fra qualche istante, non riuscirò più a comunicare con te. Tornerò a essere soltanto uno degli Unholdan di Medb.»
Nimueh fece una pausa e la luce fra le liane si affievolì. No, non poteva andarsene così. L'aveva chiamata per una ragione, doveva dirle perché.
«Mia sorella è instabile. Ha conquistato Avalon e gli Unholdan si sono impadroniti di ogni angolo della mia terra. Ci sono ancora poche fate libere che continuano a sopravvivere nascondendosi, ma non ci vorrà molto prima che i seguaci di Medb trovino anche loro. Io...»
La Dama si interruppe ed emise un gemito. La luce per un istante svanì del tutto. Rose era sul punto di gridare, quando il bagliore azzurro tornò a pulsare leggermente.
«Non c'è tempo. La mia prigione mi reclama. Ciò che volevo dirti è che malgrado Medb abbia il controllo di Avalon e Myrddin sia stato imprigionato, non significa che mia sorella sia al sicuro. Non ho mai voluto ucciderla, e non ho intenzione di permetterlo al Vecchio Merlo. Già troppe Daone Sith sono morte perché non riuscivano a convivere pacificamente, non ho intenzione di lasciare che io e Medb ci aggiungiamo a quella lista. Medb si sente al sicuro, e ha abbassato la guardia. Se c'è una cosa che so di Myrddin è che è più pericoloso proprio in questi momenti. Avrà un piano per attaccarla e, se la uccidesse, resteremmo solo io e Finvarra. Se l'incanto di Medb cessasse io sarei libera, ma sarei troppo debole per difendermi e temo che sarebbe finita anche per me. Rose, dipende tutto da te. Trova Finvarra... fai in fretta... digli di aiutarti. Non abbiamo altro modo.»
«Farò tutto quello che posso. E' una promessa.»
Nel sentirla pronunciare quelle parole Nimueh si rilassò e un fluido benefico emanò dalla sua fiammella azzurra. Rose socchiuse gli occhi, lasciandosi attraversare da quella sensazione. Era talmente bello, come l'abbraccio di una madre. A differenza di Artri, Nimueh nutriva una fiducia totale nei suoi confronti, al punto da spingere Rose stessa a credere di potercela fare.
Il volto di Myr aleggiò nella mente della ragazza. I suoi occhi penetranti, il sorriso furbesco, quello di un prestigiatore che ha sempre un asso nella manica. Ma ormai quell'immagine non le faceva più provare quel calore che le aveva riempito il petto ogni volta in cui l'aveva ascoltato parlare del passato o l'aveva guardato mentre insegnava come usare la magia. Le sembrava soltanto un velo di cartapesta, dietro il quale si nascondeva il vero volto di Myr.
Non gli avrebbe permesso di ingannarla un'altra volta, e nemmeno di uccidere le Daone Sith. Era vero che gli esseri umani avevano imboccato una strada diversa rispetto a quella delle fate, ma il loro mondo era talmente stupendo, una meraviglia così incredibile che uccidere quelle creature leggendarie sarebbe stato un crimine troppo orrido anche solo per immaginarlo. Erano troppo preziose. Forse era il punto di vista di Rose a essere cambiato, ma, dopo aver vissuto a contatto con loro tanto a lungo, era arrivata ad amare la vitalità pura del loro mondo al punto che non l'avrebbe barattata con nient'altro. Non avrebbe mai permesso a Myr di uccidere le Daone Sith, avesse anche dovuto porsi fra il filo della sua lama e una delle fate che aveva giurato di proteggere.
Sul volto impalpabile della Dama affiorò un sorriso, prima che venisse definitivamente inghiottita dalle liane.
«Sapevo che avevi a cuore il nostro mondo. Myrddin avrebbe potuto imparare molte cose da te.»
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Il rumore ritmico dei passi sulla pietra attraversò il bozzolo di torpore in cui Rose era avvolta. La ragazza avvertiva una superficie solida e calda premerle contro il petto e l'addome. Inspirò a fondo e riconobbe l'odore di Wulfric, con quella punta di sandalo che le fece venire voglia di tornare ad abbandonarsi sulla sua spalla. Non le dispiaceva affatto venire trasportata a quel modo, specie da lui.
«Rose, sei sveglia?»
Lei emise un grugnito e scosse la testa. Wulfric la depositò a terra e le posò una mano su una spalla. Le diede dei buffetti su una guancia finché non riuscì a farle aprire gli occhi. Rose mise a fuoco il suo volto roccioso, contratto in una smorfia di preoccupazione. Wulfric aveva la testa avvolta con delle bende, fra le quali emergevano ciuffi di capelli biondo pallido.
«Ti sei fatto male» sussurrò la ragazza, con voce flebile.
«Sto benissimo. Tu, invece, come ti senti? Il fianco ti fa male?»
Rose fece una ricognizione mentale del proprio corpo e si stupì nel percepire un'assenza totale di dolore. Era da quando Morgaine l'aveva ferita in battaglia che non si sentiva tanto rilassata. Chiuse gli occhi per un istante e attese che il cerchio verde riprendesse a stringersi attorno al suo cranio, ma non accadde nulla.
Non riusciva a crederci. Era guarita.
Rose sollevò la casacca stracciata sotto lo sguardo di Wulfric e si tastò il fianco con crescente foga. La pelle era liscia e morbida.
«Niente. Non sento niente.» Guardò il gigante e un sorriso le si allargò in viso. «La maledizione è andata via!»
Wulfric sgranò gli occhi e le passò una mano sul fianco per controllare di persona. Della cicatrice verdognola lasciata dalla spada di Morgaine non era rimasto altro che un pallino di pelle bianca.
Il ragazzo le sorrise e la strinse forte a sè. Rose chiuse gli occhi, godendosi l'abbraccio.
«Va tutto bene, adesso. Non dovrai più avere paura per me» lo rassicurò, accarezzandogli la testa.
«Sono così felice che tu stia bene. Credevo ti avessimo persa» le sussurrò Wulfric in un orecchio.
Sentire il suo alito sul collo fece rabbrividire Rose, ma si trattò di una sensazione molto piacevole. Le venne quasi da piangere, ma riuscì a contenersi e trasse un profondo respiro. Era così felice di averlo di nuovo con sè. Non sarebbe più stata un peso, da quel momento in poi.
Un colpo di tosse fece scoppiare quell'atmosfera come una bolla di sapone, e Rose notò che c'era anche Artri con loro. L'uomo se ne stava in piedi con le braccia incrociate sul petto, e la stava scrutando a fondo con quei suoi occhi blu, sempre arrabbiati. Aveva il solito cipiglio scontroso, malgrado un accenno di sorriso attenuasse la sua alterigia. Anche lui era felice di vedere che Rose stava bene, in fondo.
«Cos'è successo, mentre noi non c'eravamo?» le chiese il re, passandosi una mano fra i capelli. «Dopo il crollo ti abbiamo persa di vista. Abbiamo tentato di passare, ma l'unica soluzione era attraversare le grotte e fare il giro più lungo.»
«Era quello che volevo fare anche io» rispose Rose, sciogliendo l'abbraccio di Wulfric. Un po' alla volta si issò in piedi e non le parve vero di riuscire a camminare senza avvertire l'ormai familiare fitta al fianco. «Così mi sono rifugiata in una delle grotte lungo il passaggio fra le montagne. Il mio piano era aspettarvi lì finché non sareste venuti a cercarmi. Solo che è successo un imprevisto.»
Artri strinse gli occhi e Wulfric la guardò con aria interrogativa. «Che imprevisto?»
Rose esitò. Stava cercando le parole giuste, ma nel suo cervello si era creata una voragine. Qualunque cosa avesse detto, le sarebbe sembrata comunque priva di tatto, dunque decise di essere il più sincera possibile.
«Morgaine. Era rimasta bloccata sotto le rocce. Vittima del suo stesso incantesimo, pensa l'ironia. Aveva una gamba rotta, e così...»
«Non l'avrai curata» sbottò Artri. Stava già digrignando i denti, e Rose pregò che l'orso che c'era in lui riuscisse a mantenere la calma.
«Non proprio.»
«In che senso, "non proprio"?»
Rose abbassò lo sguardo. Le sue guance si erano trasformate in due mele caramellate. «Ecco, aveva una gamba rotta. Non potevo trasportarla in quel modo e così le ho dato solo un sorso d'acqua, per trasportarla fino da te.»
«Avresti potuto lasciarla lì, per gli dei! Che crepasse!» ruggì Wulfric, stringendo una mano tanto forte da sbiancarne le nocche. «Dopo quello che ti ha fatto, si meritava questo e altro. Perché sei stata così gentile con lei? Non lo sai che se dai della carne alla tigre potrebbe azzannarti il braccio?»
Rose sospirò e cercò di mantenere la calma. Quei due non la lasciavano mai parlare. La trattavano come se fosse stata un passerotto ferito. Era vero che lei si poteva trasformare solo in un pettirosso, che in quanto a offensiva lasciava a desiderare, ma non aveva importanza in quel momento.
«Sentite, ho fatto quello che ritenevo giusto, e Morgaine alla fine mi ha guarita. Questo è l'importante.»
«Ah, sì? E cos'è che le hai detto per convincerla a guarirti?» la pungolò Artri.
Quegli occhi blu vedevano fin troppo in là. Avevano intuito qualcosa, malgrado lei avesse cercato di essere ermetica. Rose non sapeva nemmeno perché stesse nascondendo parte della verità a entrambi.
La verità era che non avrebbero capito, specialmente Wulfric. Forsr Artri avrebbe mostrato compassione per sua sorella, ma Wulfric era ancora troppo furioso con Medb e i suoi seguaci per considerare la possibilità che Morgaine non fosse del tutto mostruosa.
«Abbiamo solo parlato del passato.» Rose aveva deciso di tagliare corto, in modo da non impelagarsi in discorsi che avrebbero potuto metterla in una cattiva luce. Aveva il timore irrazionale che Wulfric l'avrebbe ritenuta una traditrice, se fosse venuto a sapere che secondo lei Morgaine non era malvagia, per quanto pazza. Non potevano rallentare ancora il viaggio perché non si fidavano l'uno dell'altra. Il loro obbiettivo era Avalon. «Morgaine mi ha detto di Myrddin. Anche lei è furibonda con lui, e penso che abbiamo trovato un punto in comune, anche solo per un istante. Pensavo che le corde sarebbero state sufficienti a bloccarla con la gamba ridotta in quello stato, ma è guarita più velocemente di quanto credessi. Mi ha aggredita. Pensavo che mi avrebbe uccisa, ma alla fine mi ha soltanto guarita. Forse mi era grata per averle guarito la gamba e voleva sdebitarsi subito. In ogni caso, mi ha lasciato con un chiaro messaggio: quando la incontreremo di nuovo, non avrà pietà.»
Rose era felice di aver trovato la forza di raccontare più o meno tutto e annuì per complimentarsi con se stessa. Aveva solo glissato su quanto Morgaine le avesse fatto pena. Quello in fondo non era necessario dirlo, no?
Ma, dopo che ebbe incrociato lo sguardo di Artri un'ultima volta, Rose ebbe la netta sensazione che lui avesse capito tutto. Sul volto del Grande Orso comparve un sorriso triste, e all'improvviso i suoi occhi le parvero solitari come un lago fra i ghiacci.
Il re le strinse un braccio e diede un buffetto d'incoraggiamento a Wulfric, che si era messo a fissare il vuoto, intento a immaginarsi il momento in cui avrebbero dovuto davvero affrontare Morgaine.
La Mundbyrnes le era sembrata dispiaciuta per aver dovuto ingannare il fratello e complottare per ucciderlo. Doveva essere un peso che si trascinava ancora dietro dopo tutti quei secoli e che le aveva logorato l'anima al punto che non voleva nemmeno parlarne.
«Allora sarà meglio muoverci e pregare di riuscire a raggiungere il Mondo del Bianco prima di lei» disse Artri. Posò una mano sul pomello della spada e fece cenno a Wulfric e Rose di seguirlo. «Non manca molto all'uscita del Mondo del Verde. Peccato che voi vi siate persi lo spettacolo. Se solo foste arrivati una manciata d'anni fa, avreste potuto ammirarlo quando ancora non era stato del tutto ricoperto di liane e fango.»
Rose, che teneva a braccetto Wulfric, sollevò lo sguardo. Liane. Quella parola risvegliò delle immagini nella sua mente e le trasmise l'urgenza di porre una domanda ad Artri.
«Dimmi, Artri... oltre a Medb e Nimueh, sono esistite altre Daone Sith, vero?»
L'uomo rallentò il passo e si accostò a loro. Si passò una mano sul mento, mentre rifletteva.
«Sì, ma sono tutte morte prima che io nascessi. Per quanto ne so, le uniche Daone Sith rimaste sono Medb, Nimueh e loro fratello Finvarra. Forse lui saprà rispondere a questa domanda meglio di me.»
«Ma se i mondi sono sette più quello di Finvarra, il Verde appartiene a Medb e l'Azzurro a Nimueh... a chi appartenevano gli altri? Dovevano esserci altri dei, ne sono sicura.»
Artri sospirò e le rivolse un altro di quei sorrisi tristi. Rose cominciò a irritarsi. Era evidente che sapeva qualcosa, ma perché non voleva dire nulla?
«Hai ragione» intervenne Wulfric, come se fosse appena riemerso dalla sua preoccupazione per Rose e avesse ripreso a ragionare. «Ma io mi chiedo, alla fine della fiera, gli dei possono davvero morire? Le leggende dicono che solo Caladbolg sia in grado di uccidere una Daone Sith, ma... non lo so. Perché qualcuno avrebbe dovuto ucciderle?»
Erano giunti nei pressi di un'apertura circolare decorata da una serie di rune, sulle cui estremità riposavano due torce ardenti, le cui fiamme erano di un verde intenso.
Eccola. L'uscita dal Mondo del Verde, e l'entrata per la prossima Volta Variante.
«Vi dico soltanto una cosa» mormorò Artri, lo sguardo dritto davanti a sè.
«E cosa?» lo incalzò Rose.
Il vecchio re raccolse una delle torce e si chinò per entrare nel passaggio. La sua voce echeggiò nel tunnel, dando l'impressione che centinaia di persone stessero sussurrando la risposta. «Non abbiamo speranza di capire le Daone Sith. Loro esistevano da tanto, tanto tempo, e se si sono fermate accanto a noi è stato per un motivo specifico: avevano bisogno di una nuova casa.»
Wulfric strinse il braccio di Rose e la ragazza lo guardò intensamente. Stavano pensando la stessa cosa, lo sapeva. «Quindi quello che ci stai dicendo è che esistono altri mondi come il nostro nei quali le Daone Sith hanno messo radici?»
Artri si voltò quanto bastava per mostrare loro il profilo aguzzo dei suoi denti. Stava sorridendo.
«Beh, l'uomo è egoista, e ha sempre pensato di essere il centro dell'universo. Se vuoi proprio saperla tutta, le Daone Sith non sono nemmeno le uniche dee che esistono, là fuori, e non saranno le ultime ad arrivare nel vostro mondo. L'uomo è una specie giovane e, per quanto ancora debole, suscita molto interesse nei vari piani dell'esistenza. Io ho conoscenza solo del piano astrale e di quello materiale, ma ne esistono molti di più. La battaglia che noi stiamo combattendo oggi ci permetterà di andare avanti, ma nell'insieme delle cose non significa poi molto. E' solo una piuma sulla bilancia nelle mani di un gigantesco dio della giustizia. Sulla Terra si sta consumando un conflitto fra due forze opposte, la Ragione e la Magia. Da tempo la bilancia pende verso il primo piatto. Gli uomini si sono affermati come specie indipendente, per quanto siano ancora fragili, e le Daone Sith come Medb non riescono ad accettarlo. Gli dei hanno bisogno di un mondo materiale cui aggrapparsi, nel quale mettere radici e nutrirsi del credo dei suoi abitanti. Sono infinitamente potenti, eppure hanno una pecca: non sopportano la solitudine. Inoltre non apprezzano mai quando le specie cui hanno dedicato tanto amore finiscono per voltargli le spalle. Non per cattiveria, ma perché è arrivato il momento di crescere e camminare sulle proprie gambe. Gli dei, invece, non vogliono crescere: sono tutti bambini. Non c'è nulla di tanto intenso come il loro affetto, ma si può star certi che prima o poi si tingerà di rosso.»
Artri ridacchiò e tornò a concentrarsi sul percorso davanti a loro.
«Ma in fondo sono affascinanti queste creature, o dee, o comunque si voglia chiamarle, non è vero? La maggior parte degli uomini non ha il coraggio di guardare nel caleidoscopio della magia o nel microscopio della ragione. Uscire dai confortanti limiti del mondo materiale fa paura. Ma se voi foste dei codardi, piccoli miei, non sareste qui a tentare di salvare questo mondo pazzo venuto da Altrove. Come pochi altri, voi capite cos'è la bellezza e perché vale la pena di lottare per lei, sempre.»
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