Capitolo 28: L'ospitalità degli Gnomi (2/2)


Rose non aveva mai osato definirsi innamorata di nessuno, ma non avrebbe saputo descrivere in altro modo quello che provava per Wulfric. Non era come se l'era immaginato. Non era affatto ciò che tanti dicevano accadesse in un istante, ma un lento entrare nella vita dell'altro, finché ci si rendeva conto quanto si tenesse a quella persona, e che porzione davvero occupasse nel proprio cuore. Innamorarsi era come accorgersi di ciò che già c'era, di ciò che non avrebbe potuto essere altrimenti.

«Io invece non te l'ho mai detto perché pensavo che non sarei mai stato abbastanza per te» sussurrò Wulfric, raccogliendo una mano di Rose con la propria. Lei adorava avvertire le sue mani ruvide sotto le dita. Erano callose, le mani di uno spadaccino, ma per Rose non avrebbero potuto essere più perfette. «Credevo di dovermi accontentare solo di essere tuo amico. Di fronte a Myr, poi, chi avrebbe preferito me? Lui è affascinante e sa sempre cosa dire, mentre io...»

«Allora è per questo» sussurrò Rose, provando un fiotto di tenerezza per lui.

Wulfric sembrò imbarazzato e guardò altrove, deglutendo rumorosamente.

«Non riuscivo a capire perché fossi tanto freddo, alcune volte. Eri davvero geloso?»

«Insomma, mi sentivo avvilito perché pensavo di non avere nessuna chance. In ogni caso, tu saresti tornata nel mondo degli umani e avresti continuato la tua vita. Ti saresti dimenticata di me. Non sono nemmeno certo di cos'avrei fatto, se tu fossi andata via. Avrei persino potuto seguirti.»

«E rinunciare ad Avalon?»

«Ci ho pensato molto, e mi sono detto che, anche se avessi avuto una vita lunga quanto quella di Myr e avessi potuto fare ciò che amavo di più, avrei sempre sentito che mancava qualcosa, senza te al mio fianco. Dopo aver visto il suo rimpianto, è diventato un pensiero sempre più logorante. Non hai idea di quanto io sia stato felice, il giorno in cui sei diventata una Mundbyrnes. Talmente felice che mi sento un bastardo a raccontartelo» rispose Wulfric, con un sorriso che sapeva di disprezzo verso se stesso. «Voglio dire, tu avevi la tua famiglia. Non era giusto che io ti imponessi la mia presenza, se tutto ciò che volevi da Avalon era curare Alan. Sarebbe stato troppo meschino costringerti a scegliere fra me e la tua vita da umana.»

Rose pensò che lei non avrebbe mai avuto la sua forza. Lasciar andare qualcuno, perché così sarebbe stato più felice? Lei era rimasta nell'ombra perché era una codarda, non perché avesse avuto un tale spirito di sacrificio.

«Ma a un certo punto non ce l'ho più fatta» continuò Wulfric. «Ho cominciato a starti più vicino, e pregavo che restassi. Ero così felice quando camminavamo assieme per le strade di Avalon. Mi sembrava di essere in un mondo dove tutto andava a meraviglia. Poi è arrivata la Festa dell'Inverno, e finalmente ho terminato il mio addestramento. Abbiamo ballato, e ho provato a dirti quello che sentivo, ma ho visto che non stavi bene. Qualcosa non andava. Allora ho deciso di rimandare finché le cose non fossero andate meglio. E ora, nel momento peggiore che si possa immaginare, vengo a raccontarti queste cose. Non c'è limite a quanto io possa essere cattivo, non trovi?»

«Io sono egoista e stupida, e tu sei bastardo e meschino. Che bella coppia» mormorò Rose, con un sospiro.

«Forse stiamo solo esagerando, e siamo melodrammatici.»

«Io sono melodrammatica. Mi ricordo il periodo in cui ascoltavo musica deprimente, e sono venuta a condividere con te il mio disagio.»

Wulfric rise, e quel suono fu come una cascata purificatrice che sciolse la tensione che si era creata fra loro.

Quando Rose lo guardò, scoprì che gli luccicavano gli occhi, e aveva un gran sorriso sulle labbra. Si era tolto un peso dal cuore, e forse anche la faccenda di Myr gli avrebbe fatto meno male, da quel momento in poi. Almeno non avrebbe più affrontato quel peso da solo. In quanto a Rose, si sentiva come se avesse trovato un fiore dorato in un mare di petrolio.

«Martin ci starà aspettando per la cena» mormorò la ragazza, deglutendo a fatica. «Forse dovremmo uscire dalla vasca.»

Anche Wulfric deglutì, passandosi una mano dietro la nuca. «Forse sì.»

Rose pensò di aver rovinato il momento, ma per quanto fosse felice di stargli vicino, non potevano abbandonarsi proprio in quel momento.

La ragazza uscì dalla vasca e si avvolse nell'asciugamano. Wulfric la seguì e salirono le scale assieme, in silenzio. Rose aveva la sensazione di percepire ogni centimetro del corpo di lui alle proprie spalle. Era difficile restare concentrata su quello che stava facendo, ma cercò di indossare i vestiti puliti forniti loro da Martin il più velocemente possibile.

«Aspetta» le disse Wulfric, vedendola uscire dalla stanza.

Rose si voltò e lo vide avvicinarsi. Le passò le braccia dietro la schiena e la attirò a sé. Un attimo dopo Rose avvertì le proprie labbra sulle proprie. Pensò che quella fosse davvero una pessima idea, ma non riuscì a mandarlo via. Chiuse gli occhi e si godette la sensazione delle labbra morbide di Wulfric che esploravano le sue. Lasciò scorrere le mani sul suo petto e gli artigliò la schiena, coperta solo da una canottiera. Le labbra di Wulfric scesero lungo la sua mandibola e le baciarono il collo.

«Wulfric» balbettò Rose, aprendo gli occhi. «Wulfric, non possiamo, adesso.»

Lui sembrava improvvisamente afflitto da sordità selettiva, e continuò a baciarle il collo in un modo che le faceva venire le gambe molli. Quando decise di lasciarla andare, Rose trasse un sospiro di sollievo. Aveva appena scoperto di non avere una tempra molto forte in sua presenza, e non ci sarebbe voluto molto per farla capitolare di fronte a lui.

«Vado ad aiutare Martin, sì» farfugliò Rose, ancora ricoperta di brividi.

Wulfric annuì, cercando di dirle qualcosa, ma riuscì solo a emettere un balbettio, prima di riprendere a vestirsi. Rose avvertì il suo sguardo sul proprio corpo finché non ebbe raggiunto l'uscita, e si chiese perché diamine avesse aspettato tanto a dirgli ogni cosa. Se solo fossero stati altrove, avrebbero potuto stare più vicini di così.

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Martin la aspettava al piano superiore, ed era intento a sistemare un'altra sedia per Wulfric. Non appena Rose emerse dalle scale coi capelli umidi e lo sguardo sognante, lo Gnomo le chiese se stesse bene.

«Tutto a posto» mormorò la ragazza, rivolgendogli un sorriso. Scese con un balzo dalle nuvole su cui stava galleggiando, e si avvicinò al tavolo per aiutarlo a preparare la tavola. «Cos'hai cucinato di buono?»

Martin le fece l'occhiolino. «Uno stufato di verdure che è la fine del mondo. Anche se in realtà l'ho solo riscaldato. Me lo sono fatto passare da Nefren, il mio vicino di casa. Sai, il capo villaggio, quello con cui hai parlato quando eri arrivata.»

«Quello con la scaletta?»

«Proprio lui. Non gli piace essere più basso dei suoi interlocutori.»

Rose si avvolse in una coperta e si accomodò. Soffocò uno sbadiglio. Era talmente stanca, avrebbe solo voluto riposare. In effetti avrebbe voluto anche fare altro, se ci fosse stato Wulfric coinvolto, ma non appena quel filmino cominciò a scorrere nella sua testa, lo scacciò con un mugugno. Doveva restare concentrata sulla loro missione.

«Ti ringrazio molto per la tua ospitalità, Martin» disse allo Gnomo. «Mi dispiace ancora di aver preso l'acqua dalla fonte, ma Wulfric era ferito. Non sapevo cosa fare, e Urchin mi ha... a proposito, dov'è Urchin? E' da quando siamo arrivati che non lo vedo.»

Il folletto si era allontanato da loro per andare a seguire degli Gnomi che gli avevano promesso di mostrargli i profumi più deliziosi della loro terra. Quel golosone ovviamente li aveva seguiti, dicendo che sarebbe tornato presto.

«Sarà qui a momenti» le disse Martin, mentre versava delle generose mestolate di stufato di verdure in due scodelle. Le sistemò in tavola, accompagnandole con del pane rosso e dei bicchieri di vino, più delle fette di formaggio rosa.

Rose afferrò il latticino e lo guardò da ogni angolazione. Lo morse con cautela: sembrava formaggio, ma aveva un curioso sapore di peperoni. Anzi, di peperoncino. Rose si attaccò al bicchiere del vino e lo svuotò in pochi sorsi. La bocca le andava a fuoco, e supplicò Martin per dell'acqua. Lo Gnomo, stupito dalla sua reazione, gliela fornì, e lei bevve finché la lingua non smise di sembrarle una brace ardente.

Proprio in quel momento arrivò Wulfric, con indosso una tunica rossa dalle pieghe morbide e un paio di pantaloni che gli stavano un po' larghi. «Cosa succede?» chiese, vedendo il volto paonazzo di Rose.

«Il formaggio» esalò lei. «Non mangiarlo, è piccantissimo.»

Wulfric si sedette a tavola, e la sedia scricchiolò sotto il suo peso, mentre raccoglieva la sua porzione di formaggio. Ci diede un morso e lo inghiottì come se nulla fosse. «Ma è buonissimo.»

«Forse la percezione dei cibi fatati cambia da persona a persona» ipotizzò Rose, fra un sorso d'acqua e l'altro.

Fu molto più cauta col resto del cibo, ma, una volta appurato che lo stufato non era piccante, riuscì a colmare il vuoto nella sua pancia.

«Questo era molto buono» approvò, tendendo la scodella vuota a Martin. «Non è che ce n'è ancora un po'? Sto ancora morendo di fame... sai, la battaglia.»

«Tu stai sempre morendo di fame» la prese in giro Wulfric.

«Non è vero!»

Martin si torse nervosamente le mani e scoccò un'occhiata al pentolone sul focolare. Esitò, poi raccolse la scodella di Rose e la guardò come se non ne avesse mai vista una.

«Se non ce n'è abbastanza, non importa» cercò di tranquillizzarlo la ragazza. «Mangerò un po' di pane.»

Martin scosse la testa e le servì un'altra porzione di stufato.

Wulfric, che aveva divorato il formaggio e appena terminato di aspirare la zuppa, osservò quello scambio con le sopracciglia inarcate. «Qualcosa non va?»

«No, tutto a posto» rispose Martin, rivolgendo loro un sorriso.

Qualcosa stonava nel suo comportamento e, quando lo Gnomo porse la ciotola a Rose, lei la posò sul tavolo senza toccare la zuppa. «Martin, che ti prende?»

Lo Gnomo sembrava a disagio, e i suoi occhi schizzavano da una parte all'altra della stanza. Non era molto bravo a nascondere la propria agitazione.

Rose spinse indietro la sedia e tentò di alzarsi, ma il cambiamento di posizione le fece girare la testa. Si aggrappò al muro per non cadere. Le sembrava che il pavimento stesse ondeggiando.

Wulfric tentò di soccorrerla, ma anche lui, non appena si alzò, cominciò ad avere gli stessi sintomi.

Si avvicinò a Rose, che si era seduta per terra e si stava puntellando sui gomiti. La ragazza guardò l'immagine sfocata di Martin che danzava davanti ai suoi occhi; si sfocava sempre di più, malgrado lei stesse battendo le palpebre.

«Mi dispiace, bambini» disse la voce lontana dello Gnomo, che si stava tormentando la barba. «Non potevamo fare altrimenti. Mentre eravate laggiù, ci è arrivato un messaggio della Regina. Ha mandato un messaggio a tutte le Terre dell'Oltremondo. Sostiene che non dobbiamo mettere il naso nelle sue faccende, se non vogliamo venire puniti. E noi... mi dispiace, ma non possiamo immischiarci in questa faccenda. Finvarra non ci aiuta. Non aiuta nessuno da secoli, se ne sta da solo, rinchiuso nel suo confine, e non si preoccupa di nient'altro. Siamo da soli contro Medb, e lei è troppo potente.»

«Maledetti...» gorgogliò Wulfric. Si allungò per afferrare l'orlo dell'abito dello Gnomo, ma la sua mano inerte scivolò sulla stoffa.

«Non preoccupatevi. Non vi consegneremo alla Regina» disse lo Gnomo, pensando che questo li avrebbe rincuorati. «Ma dobbiamo rendervi inoffensivi. Non c'è altro modo.»

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