Chapter VIII
James
«Ho capito, ma nemmeno uno straccio di telegiornale!»
Alzai di scatto il capo, tanto che quasi mi soffocai con i cereali dalla sorpresa. Quella ragazza era un vero e proprio terremoto.
Come potei prevedere, Melissa ebbe la mia stessa reazione, in quanto la guardò stranita. Poco dopo, Jo si portò la mano al viso per soffocare un riso divertito e, scusandosi, si congedò.
Quel suo modo di fare, per quanto antipatico e arrogante potesse essere, mi mise di buon umore, tant'è che uno spontaneo accenno di sorriso fece capolino sul mio volto fino ad allora spento e caratterizzato dall'espressione mattutina da cuscino.
«Che maniere rozze» si lamentò Melissa lanciando occhiate di disgusto alla figura dalla folta chioma ribelle che si accingeva a salire le scale con passo svelto.
«È la copia spuntata si suo padre » sputò con altrettanto disprezzo nella voce, mentre, quasi disgustata, masticava la sua colazione.
D'un tratto allontanò la scodella con uno scatto, producendo uno stridulo rumore di porcellana e posate.
«E questi cereali fanno schifo! Cosa c'è dentro, petrolio?!» sbottò acidamente e guardando male la povera cameriera che intanto si era fatta piccola piccola e, a capo chino, passava l'aspirapolvere sul vasto pavimento del salotto.
«Un'altra colazione del genere, e giuro che la licenzio» sbottò incrociando le braccia al petto, mettendo così in mostra le lunghe unghie laccate da uno smalto rosso acceso e lucido.
Quella donna aveva un carattere molto particolare, e certamente non uno dei migliori. Tuttavia, ciò slittava in secondo piano allorquando la si guardava, e non si poteva far altro che restare ammaliati dalla sua così rara bellezza femminile, accentuata dai grandi occhi verdi, dai morbidi e lunghi capelli neri che con sinuose onde le cadevano lungo le spalle, per non parlare poi della pelle liscia e delle curve prorompenti che spiccavano sul suo corpo asciutto e del tutto simile a quello di una ventenne.
Melissa era una dea. Una dea dal carattere quasi insopportabile, ma pur sempre una dea.
Perciò comprendevo quando diceva che sua figlia, Jocelyn, era la copia esatta di suo padre. Quella ragazzina non aveva assolutamente niente che potesse ricondurla somaticamente alla madre, e neanche caratterialmente. Erano due perfetti opposti pronti a gettare scintille e annientarsi l'un l'altra non appena si avvicinavano.
«Rilassati tesoro, questo non è il modo migliore per iniziare la giornata» affermai sorridendole in quel modo che lasciava trasparire tutto il mio desiderio verso di lei, in quel modo che le piaceva tanto.
Il suo volto mutò radicalmente espressione, la quale sfociò in un sorriso dal tratto malizioso.
Bisognava saperla prendere... Tutto qui. Ecco perché con me era sempre rilassata e calma.
Allungò una mano verso il mio braccio, che iniziò ad accarezzare delicatamente e con un tocco da mettere i brividi.
«Scusa amore mio, hai ragione. Tra l'altro ci sarà un motivo per cui si dice che il buongiorno si vede dal mattino» disse con voce calda e sensuale, intanto che si alzava dal suo posto e si avvicinava a me con passo lento fino a sedersi sulle mie gambe.
Sentii un fremito sotto la cintura. Sarebbe stato bello prenderla lì, sul tavolo della cucina, in quell'esatto momento.
Istintivamente portai le mie mani sulle sue gambe, mentre le sue accarezzavano il mio petto.
In quel momento puntai i miei occhi nei suoi. Lasciavano trasparire solo lussuria e desiderio, perciò perché non accontentarla?
Dopo un istante potei sentire le sue labbra morbide e carnose sulle mie, mentre potevo percepire le sue mani muoversi e scendere sempre più giù, complicando ulteriormente la situazione venutasi a creare nei boxer.
Doveva essere mia, in quel momento. Non avrei resistito.
Così afferrai saldamente le sue coscie e sollevai entrambi, per poi poggiarla delicatamente sul tavolo, senza rinunciare alla sua bocca che, ormai esperta, danzava insieme alla mia.
Piccoli gemiti venivano accennati da lei allorquando passai al suo collo, dal profumo inebriante e seducente. Era il bersaglio perfetto per i miei denti.
E proprio quando le sue dita slittarono sotto la mia maglia e con le unghie stuzzicava la mia pelle, pensai che razza di coglione doveva essere l'uomo che si era lasciato scappare una donna affascinante e sexy come lei.
«Signora Brown...»
Allontanammo i volti l'uno dall'altra e ci voltammo verso la timida voce che, timorosa, aveva chiamato Melissa.
Se possibile, avevo fatto scendere in terra tutto il calendario con le mie imprecazioni mentali.
«Oh, mi scusi tanto signora Brown!» si scusò timidamente la ragazza, cercando in tutti i modi di nascondere il suo evidente imbarazzo.
«Che diavolo vuoi?» domandò poco educatamente Melissa.
«È... è appena arrivata la... la signorina Scarlett» ammise con voce flebile, quasi sul punto di mettersi a piangere, mentre Melissa la guardava con disprezzo e rabbia.
La donna davanti a me sospirò pesantemente, come a voler tentare di calmarsi, e con un cenno non molto gentile della mano, invitò la ragazza a sparire.
Si voltò nuovamente verso di me, sorridendomi, e mi baciò nuovamente.
«Scusa tesoro, ma il dovere mi chiama» si scusò mostrando i suoi occhioni verdi.
«Non preoccuparti, c'è sempre tempo per soddisfare una donna come te»
Melissa mi sorrise e con una mano dietro la mia nuca, mi attirò nuovamente a sé per un ultimo bacio prima di andare via.
«A dopo» sussurrò sulle mie labbra prima di scendere dal tavolo e sparire dalla mia visuale.
Se n'era andata, e a me rimaneva sempre il medesimo problema da risolvere.
Ormai solo, decisi di salire al piano superiore per concedermi una bella doccia rilassante.
Tuttavia, quando fui sul punto di avvicinarmi alla porta del bagno, mi trovai davanti qualcosa di totalmente inaspettato, e che mi lasciò piacevolmente sorpreso.
Sobbalzò, la ragazza completamente nuda e avvolta soltanto da un asciugamano da bagno, e imprecò poco garbatamente.
«La puttana maledetta!» urlò prima si entrare velocemente nella sua stanza e chiudere la porta con un tonfo rumoroso.
Non potevo farcela, era stato troppo buffo vederla imbarazzata in quel modo, così scoppiai a ridere divertito.
La faccia che fece fu qualcosa di inspiegabile.
«Jason! O come diavolo ti chiami, quando uscirò da questa stanza con dei vestiti addosso inizia a pregare tutti i santi che conosci!» sbottò da dietro la porta, il che non fece altro che alimentare la mia risata, portando gli angoli degli occhi ad inumidirsi.
Ciò voleva dire che avrei fatto la doccia nel pomeriggio.
Scossi il capo per ricompormi e scesi nuovamente giù. Non volevo far scoppiare a piangere una ragazzina.
Una ragazzina niente male, a giudicare dallo spettacolo che mi ero trovato davanti.
Ovviamente non aveva nulla a che vedere con la madre, ma che tuttavia possedeva forme che non erano niente male.
Ma per essere all'altezza di James Maslow doveva ancora lavorare sodo, a cominciare dal suo seno. Non sapevo proprio che farmene di un busto piatto come il suo.
* * *
Delle voci si facevano sempre più vicine e intense. Doveva essere l'ora di pranzo.
Curioso, mi alzai dal divano sul quale ero comodamente intento a guardare la TV, e mi avvicinai alla porta.
La voce stridula di Melissa fece capolino, come sempre, aggredendo qualcuno che non riuscivo ancora a capire chi fosse.
«Sei tu che per la famiglia non ci sei mai stato. Ti sei mai chiesto perché il giudice...» e in quel momento, una voce maschile e piuttosto infervorata, si accavallò alla sua.
«Il giudice l'ha affidata a te solo perché sei ricca sfondata, ma ciò che né tu e né il giudice capite, è che ad un figlio serve l'amore di una mamma, non i suoi soldi!»
«E credi che io non voglia bene a Jo, sangue del mio sangue?»
«Non direi che ti interessi molto di lei, tenendo conto che la scuola mi ha telefonato per dirmi che la sua pagella dell'anno scorso non era stata ancora ritirata!»
E nel frattempo i due entrarono in casa. La prima fu Melissa, e dopo di lei... un uomo. Un uomo alto e dai capelli leggermente brizzolati, con gli stessi occhi di Jo. Tutto di lui faceva ricordare Jo. I tratti del viso, l'espressione...
Era suo padre. Doveva per forza essere lui, quindi, era anche l'ex marito di Melissa.
Appena quest'ultimo mi vide rimase a guardarmi, mentre io ricambiavo lo sguardo con piena sfida.
Melissa invece mi sorrise, si avvicinò a me e mi circondò il collo con le braccia.
«Edward, lui è James. Il mio nuovo compagno» gli disse con tono aspro. Dopo di che si rivolse a me con sguardo languido.
«Mentre amore mio, lui è Edward. Il padre di Jo» aggiunse quasi con disprezzo. Lo stesso disprezzo con il quale aveva guardato Jo quella stessa mattina. La tensione era palpabile, era chiaro che non stavo simpatico a quel tizio, e neanch'io stravedevo per lui.
Quindi era lui il coglione che si era fatto scappare dalle mani Melissa. Molto arguto, complimenti.
«Papá!»
Tutti ci voltammo verso Jo, la quale chiuse in fretta e furia il portone d'ingresso e, con un enorme sorriso stampato in faccia, strinse in un affettuoso abbraccio quell'uomo che tanto le somigliava.
E proprio in quel momento, il mio sguardo catturò il suo, che mutò nell'immediato. Che non era felice di vedermi, si era ben capito.
«Ciao piccola Einstein» la salutò teneramente suo padre alzandola lievemente da terra.
«Ah, ti prego. Non mi chiamare così» gli sussurrò piano lei, tuttavia tutti riuscimmo a sentirla.
«Che ci fai qui? Resti a mangiare?» chiede speranzosa una volta che sciolse l'abbraccio. Guardava suo padre come se fosse l'uomo più bello del mondo, con occhi pieni di ammirazione e affetto.
«Purtroppo no Jo, mi dispiace. Sono venuto qui per parlare a tua madre di una faccenda» rispose lanciando occhiate truci a quella che una volta era sua moglie.
Da una parte c'erano Jo e suo padre, apparentemente legati da affetto puro, e dall'altra c'eravamo io e Melissa che non avevamo nulla a che fare con loro, quasi come degli elementi ostili.
Eravamo due contro due, quasi come dei nemici, a giudicare dai numerosi sguardi di fuoco che lanciavamo senza pietà.
Melissa li osservava con un sopracciglio inarcato, intanto che si stringeva di più a me come a voler sottolineare la distanza fra lei e quell'uomo che una volta dormiva nel suo letto. Jo ed Edward lanciavano occhiatacce di sfida e fiamme a noi due, e al contrario, lui guardava quella ragazza dall'alto della sua statura con amore paterno.
Era qualcosa da far vomitare. Come poteva quell'insignificante uomo contare così tanto per lei? Come poteva avere una considerazione e una stima talmente elevate verso di lui? D'accordo sul fatto che fosse suo padre, ma guardarlo come un uomo talmente perfetto mi sembrava un po' esagerato. Un po' troppo.
«Di cosa si tratta?» chiese Jo portando una mano sul fianco.
«Oh, nulla si di così importante secondo tua madre. Soltanto la tua pagella di fine anno, concluso con una bella A...» diceva mentre tirava fuori un malloppo di fogli dalla giacca e lo porgeva alla figlia «...in scienze, un'altra A in matematica, una B- in storia e geografia, una B in condotta...» proseguì guardando Jo con rimprovero, la quale sorrise innocentemente «e una... D in francese?» chiese l'uomo mentre avvicinava il foglio bianco per squadrarlo meglio. «Che accidenti hai combinato a Miss Jeffrey stavolta?»
Jo infilò le mani in tasca con fare disinvolto e con un'alzata di spalle dichiarò: «E chi se lo ricorda? La pagella è dell'anno scorso»
Edward la guardò con finto rimprovero, dato che un sorriso gli si era formato sulle labbra. «Sei proprio figlia mia» dichiarò scoppiando a ridere «Anch'io odiavo il francese» aggiunse fra le risa, e a lui si unì anche Jo, che, con la sua sonora risata, riempì la stanza.
A tal punto una scintilla si accese in me, e non potei far a meno di risparmiare il mio parere. Insomma, cosa mai poteva farmi?
«Francese? Scusami, quando andavi a scuola non insegnavano qualcosa tipo "come cavalcare i dinosauri" o "in che modo costruire utensili di pietra"?»
Melissa mi scoppiò a ridere sulla spalla e nascose il volto su di essa, e nel frattempo Jo aveva mutato espressione, che era diventata furente e inferocita.
Oh, mi dispiace di aver offeso il tuo paparino.
«Ehi, di' un po', ci tieni alle tue palle?» sbraitó Jo che intanto, pateticamente, si avvicinava a me con passo veloce e pesante. Se pensava di mettermi paura si sbagliava di grosso. Tanto per cominciare sarebbe dovuta crescere di almeno 20 centimetri, e di una decina di anni.
Edward la fermò e la tirò indietro.
«Su piccola mia, lascia perdere» gli intimò con voce calma suo padre.
Poi si voltò verso di me.
«Giá, hai centrato il punto. Quando io andavo a scuola, tua madre ancora ti puliva il culo quando la facevi nel pannolino» affermò avvicinandosi a me, con il capo alto, tenendomi testa.
A quel punto, quasi meccanicamente, il mio pugno si chiuse. Tuttavia venni bloccato da Melissa che, con un dolce tocco sulla mano e lo sguardo talmente manipolatore, mi invitò a lasciar perdere.
Guardai prima lei, poi Edward che aveva alzato le sopracciglia, poi Jo, che mi fissava come se volesse uccidermi da un momento all'altro.
Mi voltai indietro e me ne andai, stringendo i pugni e con la rabbia che ancora ribolliva nelle vene.
Non sarebbe finita qui.
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