Chapter VI
Jocelyn
Bene, spaccare qualcosa non sarebbe stata la soluzione più appropriata. Non avrebbe causato altro che strillate isteriche di mia madre, il che mi avrebbe portato a spaccare altra roba... sarebbe stata una catena senza fine. Pessima idea.
Mi limitai quindi a scaricare parte della rabbia sbattendo la porta di legno, utilizzando più forza che potei. Non mi sarei sorpresa se i cardini, che qualche volta avevo fatto riparare, avessero ceduto. Di nuovo.
Cercai con il tatto il pulsante per accendere la lampadina dell'abat jour poggiata sul comodino, e ciò non fu difficile. Avrei attraversato la mia stanza ad occhi chiusi.
Era un'abat jour appartenuta una volta a mio padre, e poi tramandata a me. Aveva una deliziosa base in porcellana che raffigurava un sorridente orsacchiotto bianco intento a sgraffignare del miele dal un barattolo giallo. Il copri lampada era semplice, di un azzurro opaco in completa sintonia con le sfumature blu dell'orsetto golosone, e presentava chiaramente i segni del tempo che aveva trascorso e che l'aveva consumata.
Amavo quella lampada, appartenuta a mio padre, poiché mi riportava a lui. Tante volte me l'ero immaginato con i capelli scuri, il viso da ragazzo e il fisico agile, intento a leggere sotto la fioca luce giallognola di quella lampada, ma non ci riuscii mai. Quell'immagine stonava troppo con quello che era mio padre: un uomo forte, risoluto e testardo. Ma chissà se un tempo era stato come cercavo di immaginarmelo, pieno di giovani sogni e speranze, vagante tra le pagine di un libro e sotto la luce di una lampada a forma di orsacchiotto.
Appena la luce soffusa invase la stanza, il mio occhio cadde sulla mia bacheca personale, in cui tenevo tutte le mie foto: erano molte, foto mie, mie e di Kendall, mie e di mio padre... ma il mio sguardo andò a posarsi su quella che forse era l'unica foto a cui proprio non dovevo far caso in quel momento, quella che credo fosse l'unica nota stonata.
Era un'immagine di qualche anno prima che ritraeva una me quattordicenne con mia madre, al luna park. Si poteva benissimo scorgere sullo sfondo il profilo di una ruota panoramica. Lei era sorridente, come sempre, come se i problemi che normalmente affliggono tutte le madri del mondo non la sfiorassero nemmeno.
Con uno scatto di puro istinto scippai quell'immagine cartacea dalla bacheca e la strappai nettamente in due, gettando poi gli ormai due pezzi di carta per terra, in un violento impeto.
Ero arrabbiata con lei, ce l'avevo a morte con lei, io la odiavo.
Molte volte litigavo con lei, pesantemente anche, ma sentivo che stavolta era diverso. Stavolta nutrivo molta più rabbia rispetto alle altre volte. E come al solito, il perché ancora mi sfuggiva.
Lanciai un sospiro di rassegnazione e mi sedetti sul letto, percependone fin da subito la morbidezza.
Com'era possibile che tutte le cose belle capitassero a lei? Perché puntualmente a me andava tutto storto?
Eppure non mi sembrava che avesse fatto un granché per meritarsi tutta la felicità che aveva.
Senza neanche pensarci mi sdraiai sul letto, afferrai il mio laptop dal comodino e me lo portai sul petto. C'era una sola persona che in quel momento avrebbe potuto aiutarmi.
To Kendo:
Dimmi che hai ancora il tirapugni che ti ho comprato in quel negozio con la cassiera ninfomane.
Le mie dita si mossero quasi meccanicamente, e la risposta non tardò ad arrivare, emettendo il solito bip.
From Kendo:
Hai appena rievocato il peggior ricordo che ho... riesco a sentire i conati di vomito salire su per la gola... 😷😰
Comunque sì, ce l'ho ancora. Su chi devi usarlo?
To Kendo:
Sulla mia fantastica madre, e poi anche su quell'idiota di James.
From Kendo:
James?
...
...
Che mi sono perso?
To Kendo:
Le ho lanciato il telefono addosso;
Le ho dato della falsa;
Le ho gridato in faccia che sono felice di non essere come lei, e... si, ho urlato anche a James, il suo nuovo "fidanzato".
From Kendo:
Una cosetta da niente, insomma. Ti sei saputa trattenere... Ottimi progressi💪😂
To Kendo:
Kendall, sarei capace di scendere giù anche ora a darle un buon paio di scappellotti.
From Kendo:
Come non detto. Taccio. 🙊
To Kendo:
Bravo bambino👧👧
From Kendo:
Ehm... quella è una bambina. 😒
To Kendo:
Lo so😊😊😁
From Kendo:
Farò finta di ignorare, e mi berrò una buona birra.
To Kendo:
Potresti evitare di parlare di qualsiasi cosa che sia commestibile? Per colpa di quella trota non ho neanche cenato.
From Kendo:
Ora capisco perché sei così acida. 😳😶
Ma dimmi un po'... hai capito?
To Kendo:
Che sei idiota? Sì, da molto tempo😂
From Kendo:
Idiota ci sarai tu🙅 e comunque sai benissimo a cosa mi riferisco, non ci provare vecchia volpe... Ora che hai visto questo James, hai trovato le tue risposte?
E stetti lí ferma, davanti lo schermo del PC, a fissare la tastiera, come se i tasti neri che spiccavano dal grigio del fondo potessero magicamente suggerirmi la risposta da digitare al mio migliore amico.
From Kendo:
Ci sei?
Mi affrettai a rispondere, non volevo che pensasse che me ne fossi andata lasciandolo lì senza alcuna risposta.
To Kendo:
Si si, sono qui...
Vado a dormire, sono stanca. Buonanotte Kendall. E grazie.
From Kendall:
Ho capito. Buonanotte splendore. Ti voglio bene. Forse... chi lo sa 😝😊
Chiusi il PC con il sorriso stampato in faccia e lo posai sul comodino, per poi avviarmi a sbarazzarmi dei vestiti, non senza soffrire il freddo di novembre, per inserirmi in un comodissimo pigiama blu, adatto ad un'escursione che ha come meta il Polo Nord.
* * *
Non c'è niente di così potenzialmente snervante quanto il rumore dello stomaco che inizia ad esibire le sue doti canore nel silenzio piú assoluto, nel bel mezzo della notte, e puntualmente quando stai cercando di prendere sonno perché all'indomani hai una maledettissima giornata di scuola.
Mi girai e rigirai nel letto, scompigliando coperte e lenzuoli.
Chiedo umilmente scusa alle domestiche che domani dovranno rifarmi il letto.
"Okay, al prossimo brontolio mi alzo e vado a mangiare" dissi a me stessa tirando le coperte fin sopra il naso. Chiusi gli occhi, pronta a sprofondare nel più profondo dei sonni, ma dopo qualche minuto nel silenzio più assoluto, ecco che il mio stomaco ritornava a reclamare a gran voce il cibo che gli era stato negato.
«Oh, santa Madonna» imprecai sbuffando e allontanando con un impeto la coperta blu di Super Mario -la mia preferita-.
Senza neanche perdere tempo a cercare le ciabatte, scesi dal letto.
Speravo soltanto di non imbattermi in qualcosa di osceno, calcolando l'orario. Speravo davvero di non attraversare le scale accompagnata da una colonna sonora composta puramente da gemiti e ansimi.
Non avevo intenzione di rimettere ciò che sarei andata a scofanarmi.
Aprii perciò la porta della mia camera con cautela, e affacciai il viso da essa, guardandomi attorno. Dunque, c'era silenzio. Avrei potuto attraversare il corridoio in santa pace, e senza assistere passivamente ad un accoppiamento tra mammiferi in calore.
Scesi velocemente le scale senza far rumore, il che fu abbastanza semplice calcolando che i miei piedi erano fasciati soltanto da morbide calze di lana.
Accesi la luce della cucina e per poco non mi venne un colpo. Balzai dallo spavento.
«Porca puttana, avevo pensato che fossi un pazzo maniaco» sbottai portandomi una mano sul cuore che pulsava impazzito.
Notai come la sua espressione sfociò in un sorriso divertito.
Il fidanzato di mia madre si diverte nel veder morire la gente di infarto.
Appuntai questo dettaglio nella memoria, chi lo sa, sarebbe potuto servire.
Quindi, ricapitolando, lui si trovava in cucina insieme a me, nel bel mezzo della notte. Non avevo neanche idea di che ore fossero. Perfetto.
Quella non era proprio la mia giornata. O forse si?
Aprii il forno e mi si illuminarono gli occhi.
Avanti, fatti sotto arrosto di carne.
Senza neanche pensarci due volte afferrai il vassoio contenente un paio di bistecche dall'invitante profumo e dall'aspetto paradisiaco. Sembrava che mi dicessero: "vieni Jo, ti stiamo aspettando".
Potrei giurare di aver avuto le bave agli angoli della bocca.
«Ho davvero la faccia da maniaco?» domandò con un ghigno particolarmente fastidioso stampato in volto. E quel che più dava fastidio era che mi fissava con aria divertita. Ero davvero così ridicola? Aveva nettamente l'aria di prendermi per il culo.
Allora questo qua è stronzo quanto sexy...
E ciò lo dedussi in neanche quindici secondi.
Non parlai, ma gli lanciai un'occhiataccia che esprimeva più significato di qualsiasi frase che avrei potuto ribattergli.
No, hai una faccia da coglione.
Avrei voluto rispondergli, ma era meglio evitare. Kendall mi sbatteva sempre in faccia e mi accusava di avere una particolare capacità di inimicarmi la gente. Per una buona volta volevo abbandonare la Jo scorbutica e infilarmi nei panni di una persona civile.
Facile a dirsi, dopo un po' i nervi prendono il sopravvento e poi il comando.
Decisi perciò di concentrarmi solo sulla mia bistecca succulenta, almeno lei non parlava a sproposito.
Presi perciò un coltello e una forchetta dal cassetto delle posate, e mi avventai sulla bistecca come se fossi ad un Ramadan di primavera, al termine di un digiuno durato giorni.
«Devo dire che è davvero una cosa usuale scofanarsi una bistecca all'una di notte» commentò sarcastico poggiando i piedi sulla tavola e incrociando le braccia dietro la nuca.
«Se proprio vuoi saperlo, la tua donna mi ha fatto passare la fame» ammisi alzando per un secondo lo sguardo dal piatto.
Lui alzò le mani al cielo, arreso, e iniziò a fissarmi insistentemente.
Era leggermente fastidiosa la sensazione di avere uno sguardo puntato addosso mentre mangiavo.
Alzai perciò lo sguardo, lentamente, incontrando il suo che mi fissava beffardo.
«Ho qualcosa sulla faccia?» domandai guardandolo torva.
Lui scosse il capo.
«Sei talmente commovente mente mangi con una tale grazia...» mi schernì dall'alto del suo intelletto, guardandomi con aria di sfida.
Il fidanzato di mia madre è un amante delle risse, fa di tutto per cercarsene una.
Annotato.
«Senti tesoro, io sono a casa mia, e in casa mia io faccio come mi pare, mangio come mi pare e quando mi pare. Chiaro?» ribattei duramente lanciando sguardi infuocati.
Mr.-so-tutto-io parve svegliarsi dal suo apparente sonno, a giudicare dal cambio radicale della sua espressione. Divenne seria, evidentemente qualcosa nella mia frase doveva avergli dato fastidio.
Bello, succede questo quando si gioca con il fuoco: ti bruci, e nel mio caso sono ustioni di primo grado.
«Se non ti sta bene, la porta è da quella parte» aggiunsi indicando con la forchetta la direzione dell'uscita. Aveva capito che non incuteva alcun timore con quello sguardo del cavolo, no?
Avvicinò la sedia al tavolo con una spinta, e allungò il suo viso vicino al mio, guardandomi con sfida.
Avevo già caricato il pugno, perciò non mi avrebbe colta impreparata.
«Tu ti credi tanto sicura, tanto forte...» iniziò avvicinando ancora di più il suo volto, fino a trovarmelo a pochi centimetri.
Okay, io avevo intenzione di evitare il carcere, ma la mia pazienza stava cominciando ad essere messa a dura prova.
«Sei solo una ragazzina viziata» disse con un pizzico di disprezzo nella voce, mentre io non abbassavo il mio sguardo ma tenevo testa al suo, fissandolo torva e rendendogli dieci volte la sfida che lui a sua volta mi lanciava con i suoi occhi.
Poi si alzò di scatto e sparí sulle scale.
Potessi rotolare giù per due rampe di fila e romperti il cranio.
Rimasi a guardare fisso un punto impreciso del tavolo.
Che diavolo voleva da me? Insomma, questo pretendeva di entrare in casa mia da padrone e mettersi a dettare legge?
Non aveva ancora fatto i conti con la sottoscritta.
Perché io, Jo Kenneth, non mi sarei mai, nel modo più assoluto, fatta mettere i piedi in testa da un tipo come lui, non mi sarei mai fatta sovrastare da lui, da James.
Mi aveva dichiarato guerra, e guerra avrebbe avuto. Non mi sarei di certo tirata indietro.
Ma avevo l'impressione che quella fra noi due sarebbe stata una guerra particolare.
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