Chapter III

Jocelyn

«Sono a casa!» urlai in tono scocciato, gettando lo zaino a terra a peso morto.

Prestai orecchio per i seguenti cinque secondi, ma ovviamente non ottenni alcuna risposta. Avrei dovuto sapere che era tecnicamente impossibile che miss Melissa fosse a casa a quell'ora. Ma la cosa non mi dispiaceva affatto.

Mi buttai letteralmente sul divano a penisola, sdraiando interamente il mio corpo, e accesi la televisione di fronte a me.

Appena qualche minuto dopo, udii la porta sbattere e subito dopo una voce stridula.

«Tesoro, sono a casa!»

Roteai gli occhi al cielo e la ignorai completamente. Non sentii altri passi oltre ai suoi. Wow! Era da sola, e senza il suo solito fidanzato di turno. Che evento, avrei dovuto subito correre a scriverlo sul calendario!

Io odiavo tutti i suoi fidanzati, che il 99,9℅ delle volte, per non dire sempre, erano "tutto muscoli e niente cervello", nel senso piú letterale della frase. Odiavo fingere di essere una figlia amorevole e ubbidiente durante le numerose cene di presentazione, ma soprattutto, odiavo loro perché nessuno tra essi avrebbe mai potuto sostituire mio padre.

Si pensi che uno dei tanti, il più sfortunato oserei dire, fu vittima di uno degli elaborati scherzi di me e Kendall.

Il soggetto in questione si chiamava Bryan e qualcosa, e per una sera, che poi fu anche l'ultima, cenò in casa nostra.

Chiesi a mia madre di invitare anche Kendall, e mi inventai la scusa di "provare imbarazzo di fronte a Bryan", quindi Kendall sarebbe servito "per rompere un po' il ghiaccio". Seppur com titubanza e dopo mille raccomandazioni di ogni genere, mia madre alla fine accettò.

Non potete immaginare la felicità che provai nel momento in cui disse "Sí".

Perciò digitai subito il numero di Kendall sulla tastiera, che ormai conoscevo a memoria, e lo chiamai, spiegandogli brevemente le mie intenzioni, ovvero regalare al nostro amico una cena con i "fiocchi".

Ero sadica? Si, forse lo ero, ma poco mi importava.

Pochi minuti dopo sentimmo bussare alla porta, andai ad aprire ed era Kendall, che salutò con un timido ed incerto "Buonasera".

Lo trascinai letteralmente in camera mia, dove gli chiesi se aveva portato ciò che gli avevo comandato. Lui rispose annuendo lentamente con un sorriso malizioso, e mi mostrò ciò che aveva portato con sé dalla cucina di casa sua.

" Quanto ti occorre? " domandò

"Tre minuti bastano" risposi.

Non appena sentimmo il campanello suonare, io e Kendall ritornammo giù in cucina, giusto il tempo per fare tutte le presentazioni necessarie, ovvero la solita tiritera che si ripeteva ogni qual volta che mia madre trovava in fidanzato nuovo, cioè una o due volte al mese. Certo che lei era davvero il top degli esempi che una madre può dare a sua figlia!

Quando mia madre si assentò per andare in bagno, poco prima della cena, telegrafai con lo sguardo il segnale a Kendall, il quale si avvicinò, e senza dare nell'occhio, mi diede la boccetta di salsa messicana piccante. Dopo di che si rivolse a Bryan con un'amichevole " Ehi, amico. Ti va di dare un'occhiata al giardino? Ha delle orchidee fantastiche".

Il povero Bryan non ci capì molto, ma annui ugualmente, ed insieme uscirono dalla casa, dopo che Kendall mi ebbe mandato un'ultima occhiata.

Furtivamente mi avvicinai alla teglia di lasagne che mamma aveva fatto preparare alla domestica per "l'occasione", in quanto Bryan aveva dichiarato di essere un amante della cucina italiana, presi rapidamente quattro piatti dalla credenza che riempii, e in uno di essi ci versai un bel po' del contenuto della boccetta rossa, che, per mia fortuna, passò inosservato in quanto si mischiò con il resto della salsa in mezzo agli strati di pasta.

Feci appena in tempo a nascondere in uno stipo la boccetta non appena sentii i passi di mia madre dietro di me, che, per fortuna, non si accorse di nulla.

"Mamma, ho impiattato la pasta" dissi con finta aria da brava bambina.

"Oh, grazie tesoro" rispose con tono dolce che non ingannava proprio nessuno.

"Ma di niente"

Non ringraziarmi, fidati, non farlo.

Poco dopo che i ragazzi entrarono, e quindi tutti presero posto a tavola, insistetti per servire le portate.

Ovviamente non fu una cena normale, ma qualcosa di simile al cenone che si fa alla vigilia di Natale. Ci fu un antipasto, un primo e, finalmente, la pasta.

"Hai fatto le lasagne! Sai che io le adoro, grazie amore" gli occhi di Bryan si illuminarono alla vista di quel piatto fumante che gli consegnai a tavola.

Qualcosa mi dice che queste le adorerai ancora di più.

Io e Kendall ci scambiammo un'occhiata e per poco non scoppiammo a ridere.

"Tesoro, per te questo e altro" rispose mia madre con aria civettuola, avvicinandosi a lui per poi baciarlo. Quel momento "talmente romantico" fu interrotto da un colpo di tosse di Kendall, e finalmente quei due si staccarono.

"Grazie amico" gli sussurrai.

"Di niente"

Osservammo attentamente il momento in cui Bryan addentò la pasta, e in cui cambiò radicalmente espressione.

"Ti senti bene?" gli domandò mia madre preoccupata.

All'assunzione di un colore rosso sul volto del povero malcapitato, io e Kendall non ci sapemmo contenere, e gettammo per terra i tovaglioli iniziando a ridere come non mai.

"Acqua, acqua!" implorava il ragazzo, mentre sventolava una mano per crearsi aria.

Credo di non aver più riso come feci allora.

"Siete due delinquenti! Due criminali! Siete due diavoli!" fu il diluvio di imprecazioni che mia madre ci disse quella sera, che non provocavano altro in noi che le più sonore risate.

Il resto della serata trascorse più o meno così: mia madre buttò fuori Kendall, Bryan si congedò nonostante le continue suppliche di mia madre, e io continuai a ridere per i seguenti quindici minuti, mentre lei mi lanciava rimproveri di ogni tipo.

Alla fine, stanca di avere la sua voce nelle orecchie, me ne andai in camera mia dove feci una chiamata a Kendall, che iniziò con scoppi di risa anziché con il consuetudinario "pronto; ciao".

«Ciao Jocelyn, scusa il ritardo ma ho avuto da fare giù in azienda» mi salutò senza neanche rivolgermi uno sguardo mentre si toglieva di dosso borsette e giacchettine di seta. Già, era ancora l'unica persona a chiamarmi con il mio nome per intero.

«Che novità» borbottai cambiando canale alla TV. Appena mi convinsi che in TV non trasmettevano nulla di interessante, mi alzai dal divano per andare in camera mia.

«Joceylin...» a metà scala mi fermai.

Grugnii dal fastidio.

«Che ca-, che c'è? » grazie a non so quale santo in cielo, mi seppi trattenere.

«Cosa vuoi per pranzo, lo dirò alla domestica»

«Qualsiasi cosa sia commestibile » risposi e feci per andarmene in camera.

«Ti dispiacerebbe essere un tantino più specifica? » ancora una volta quella voce insopportabile si insinuava nei miei timpani. Neanche le unghie strisciate alla lavagna provocavano più fastidio di quanto non lo facesse la sua voce.

Sospirai pesantemente, non mi avrebbe lasciata in pace finché non le avrei detto qualche stupido cibo.

«PASTA» urlai, e finalmente la misi a tacere.

Sono libera pensai.

Filai dritta in camera mia chiudendo la porta a chiave, dopo aver percorso il resto delle scale.

Camera mia era l'unico luogo della casa in cui mi sentivo veramente a mio agio, al mio posto, poiché avevo convinto mia madre ad arredarla in modo semplice, al contrario del resto della casa, come una cameretta qualsiasi, con tanto di poster appiccicati alle pareti. Entrando in camera mia, non avreste giurato di trovarvi in una villa. Ecco il segreto: camera mia mi faceva scordare di essere ricca, mi faceva sentire una ragazza normale, con le sue pareti azzurre, l'orologio da parete posto accanto alla TV e di fronte all'armadio, cui sotto giaceva il letto, la scrivania accanto alla porta, scarabocchiata più che mai, e per finire, un balcone alla destra del letto che dava al giardino e ad una vista dall'alto di New York che, di tanto in tanto e durante le ore prossime al tramonto e in cui il cielo si colorava di arancione, portava a galla la parte più meditabonda e pensierosa di me.

Mi sedetti alla scrivania e accesi il mio laptop.

Una notifica.

From Kendo:
Ehilá, come te la sei passata in questi... tredici minuti senza di me? 😂😀

To Kendo:
Malissimo😒

From Kendo:
Ha sbraitato eh?

To Kendo:
Non preoccuparti, ci metto solo un secondo a farla smettere 😈

From Kendo:
Sai che sarebbe violenza su disabili, vero?

Sorrisi divertita a quest'affermazione. Kendall aveva un superpotere per farti ridere, ne ero certa.

To Kendo:
😂😂😂 Muoio.

From Kendo:
La signora ha rimpiazzato Gordon? Non può mica stare un mese senza battere chiodo...

To Kendo:
😂 lol, comunque fino ad ora non ha menzionato nessuno. Ma ci scommetto tutto quello che vuoi, che se lo è già trovato.

From Kendo:
E va bene, accetto la sfida.😎 Cosa ci scommettiamo?

To Kendo:
Fammi pensare... Ah! Kendall, mi devi venti dollari per quello stupido skate che hai preso la settimana scorsa...

From Kendo:
😑😑😑

To Kendo:
...che poi ti si è pure rotto il giorno dopo.

From Kendo:
😑😑😑😑😒😒

From Kendo:
Quindi, anche anche se vinco la scommessa, i soldi te li devo comunque, giusto?

To Kendo:
Giusto😊☺

From Kendo:
Al diavolo la scommessa, te li do domani mattina. 😑😒

To Kendo:
Ti ringrazio😉

«Jocelyn, è pronto a tavola! Scendi giù!»

Sbuffai rumorosamente e ritornai al PC.

«Arrivo!»

To Kendo:
Senti Kendall, ora devo andare. Satana ha chiamato...😂😂

From Kendo:
Ma Satana non era Miss Jeffrey?

To Kendo:
No, ti sbagli. Quella è Satana 2.😀

From Kendo:
Va bene, ora sbrigati prima che Satana venga a prenderti con il forcone.

To Kendo:
Sai dove può infilarselo il forcone?

From Kendo:
JOCELYN KENNETH, CHE LINGUAGGIO È MAI QUESTO?😱
Ma è ovvio, lí dove non batte il sole.😂😏

To Kendo:
Vedo che hai capito😝
Ora vado, ci vediamo Kenidiota! 😋😁

From Kendo:
Ci vediamo Jos... Joc... JOCRETINA!

Chiusi il PC con un sorriso stampato in volto e, a malincuore, scesi le scale per andare a sedermi a tavola con lei. Comunque già era qualcosa che fosse da sola, era già qualcosa che io non dovessi recitare un copione interamente scritto da lei.

Presi posto di fronte a lei e letteralmente mi immersi negli spaghetti fumanti.

«Ah tesoro, stasera sono via»

Venti dollari in arrivo.

«Davvero? Troppo occupata con il lavoro?» domandai, anche se sapevo benissimo che non era così.

«Oh no. Ho un appuntamento per le dieci con una persona»

Cara mamma, fai prima a dire "alle dieci vado a scopare con un ragazzo di vent'anni"

«Mh, sono felice per te. Hai finalmente trovato l'anima gemella »

Si mise a ridere. Dio. Qualcuno la faccia smettere. Non sopportavo affatto la sua risata.

«Ma no, siamo appena agli inizi, ma sento che è quello giusto»

«Sai che dici così tutte le volte, vero?»

Per un attimo mi guardò, colta alla sprovvista.

Non te l'aspettavi eh?

«Si, hai ragione, ma stavolta è diverso. Vedrai, te ne accorgerai anche tu quando te lo presenterò»

Roteai gli occhi mentalmente.

Dio, ti prego no! Ancora una cena formale in compagnia di un idiota con la tartaruga.

Ma che ho fatto di male? Ditemi cosa!

«Fantastico!» esclamai sarcasticamente rimescolando la pasta nel piatto.

«Può venire Kendall? » domandai divertita.

Mamma mi mandò un'occhiata truce, e dovetti abbassare il volto per nascondere la curva birichina che si formò sulle mie labbra.

Poggiai la testa sul palmo della mia mano e lasciai un sospiro pesante.

"Sarà uno dei soliti ventenni effeminati, simili in tutto e per tutto ad una barbie: biondo, occhi azzurri, senza barba e senza peli."

"Rilassati, è soltanto una cena, dopo ciò non ne sentirai più parlare."

E mentre le vocine della mia coscienza ricordavano la loro presenza nella mia mente, io concordavo in tutto e per tutto con loro. Ero fermamente convinta di ciò che pensavo, ero convinta che egli fosse uno come tanti.

Fino ad allora.

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