17 • CALCIO A OTTO
A questo punto mi sembra evidente che continuerà a piovere per sempre. Questo pomeriggio non so proprio come ammazzare il tempo. Me ne sto, quindi, seduta sul divano accanto a Luigino a riflettere sul da farsi con il telefono in mano.
Leggo velocemente alcune notizie nefaste (i Fruit Salad Recipe hanno di nuovo superato i PC/SC nelle classifiche di gradimento) eppure non riesco a soffrirne quanto dovrei. La verità è che continuo a pensare a Molly e a quello che ha combinato.
Ciò che Danny ha fatto a Peter, ovviamente, rimane ingiustificabile. Però... non lo so. Sarei curiosa di sentire anche la sua versione, forse. Sono tentata di mandargli un messaggio. Mi ha lasciato il suo numero, l'altra sera.
Anche se, a conti fatti, si è offerto di darmi una mano nell'indagine ma, finora, non mi è stato di nessun aiuto. Non mi ha ancora detto per quale motivo abbia deciso di mentire, per dirne una. Quindi, pur non volendo entrare nel merito di ciò che è successo con Peter, cosa dovrebbe interessarmi di lui?
Sobbalzo quando il telefono inizia a squillarmi in mano.
Cazzo. È Peter.
«Non rispondi, Peppa?» mi domanda la nonna, che è seduta al tavolo alle nostre spalle a leggere una rivista.
«No, deve essere una pubblicità» replico alla svelta e, intanto, tolgo la suoneria. Continuo a fissare lo schermo finché Peter non decide di mollare il colpo, poi sospiro affranta.
Non so cosa dirgli. Non so neanche se ho ancora voglia di vederlo, sinceramente. E questo è... beh, è molto strano, quantomeno. Cioè lui è Peter Potato e...
Miseria. Sono stata appena aggiunta a un gruppo su whatsapp. Partita calcio a 8, si chiama il gruppo, ed è stato Fox Davies a crearlo. Mentre Fox sta scrivendo qualcosa, controllo i partecipanti con il cuore in gola. Ci siamo tutti e otto. Tutti noi.
«Hai finito di agitarti?» mi domanda Luigino, infastidito, senza distogliere lo sguardo dal televisore.
Non gli rispondo. Mi alzo in piedi, mi avvicino alla finestra dai vetri schizzettati con il telefono stretto nella mano sudata e fisso lo schermo finché Fox non finisce di digitare e invia.
Cazzo, lo sapevo. Lo sapevo. Ha delle novità. Vuole vederci questa sera stessa e propone il capannone di Danny come luogo dell'incontro.
Esco dalla chat e cerco Peter tra i contatti. Improvvisamente, se questa è l'alternativa, una serata passata a cavalcioni su un Peter Potato privo di sensi mi sembra quanto mai allettante.
Mi scuso per non aver risposto, gli spiego che sono da mia nonna e che...
Una notifica dall'altra chat. Danny ha accolto la proposta di Fox di incontrarci nel suo capannone.
Torno a concentrarmi su Peter, che sta già digitando. Mi dice di non preoccuparmi e mi chiede se stasera voglio uscire a cena con lui...
...ma una raffica di notifiche dall'altra chat mi costringe ad abbandonare di nuovo il povero Peter a se stesso.
È una sfilza di assensi. Che palle. Sono tutti d'accordo, manco solo io.
Mi faccio coraggio e lo chiamo.
«Peter» dico, afflitta. «Ti prego di perdonarmi, ma stasera ho un impegno improrogabile».
«Grazie per essere passata» mi dice Aveline, saltando a bordo della Volvo. «Non smette più di piovere, è incredibile».
«Figurati» le rispondo.
L'ho fatto con piacere. Anche perché ho urgente bisogno di condividere con qualcuno le informazioni che ho da poco appreso.
«Ah, a proposito di Molly Turner» esordisco, come se fosse stata appena casualmente nominata da qualcun altro. «Ieri non avevo focalizzato bene. Poi mi sono ricordata. È una modella, vero?»
«Sì» risponde Aveline, impassibile. «È piuttosto famosa. Si fa chiamare Tender Molle».
«E, che tu sappia... è vero che ha tradito Danny con Peter Potato?»
«Non amo i pettegolezzi, Peppa» mi risponde e non avverto alcuna acidità nelle sue parole, ma solo sincerità. «Puoi parlarne direttamente con Danny, però».
«Non voglio parlargli» ribatto, secca. «Men che meno di una cosa così personale. Chiederò a Peter, piuttosto».
«Ah» esclama, voltandosi a guardarmi, sorpresa, «mi sembrava di aver capito che tu e Danny andaste d'accordo».
«Beh, sì» ammetto anche se, così, a occhio, ho l'impressione che la sua idea di andare d'accordo, in quanto penosamente sprovvista di chiavi inglesi e spericolate evoluzioni in mezzo ai pitosfori, sia un filo divergente dalla mia. «Lo pensavo anch'io, prima di scoprire ciò che ha fatto».
«Perché, che cosa ha fatto?» mi domanda.
«Ha picchiato Peter, che era un suo amico, per esempio».
«Non so cosa ti abbia raccontato Peter, ma ti assicuro che non esiste persona più seria e leale di Danny. Picchiare gli amici non è proprio da lui».
«Picchiarli non è da lui? E lasciare che vengano picchiati da altri senza muovere un dito, invece?» ribatto, stizzita, perché il solo pensiero mi fa orrore. «Lui cosa ha fatto per aiutarti, quando Suzy ti bullizzava?»
«Oh, Peppa» sospira Aveline, tornando a guardare davanti a sé. «Succede sempre così quando le cose vengono riferite a metà».
«Cioè?» chiedo e, improvvisamente, mi sento pervasa dalla speranza di aver frainteso.
«Nessuno sapeva niente, perché io mi vergognavo e non ne parlavo» risponde. «Danny, però, ha intuito lo stesso qualcosa. Sembra che non si faccia coinvolgere da nulla ma in realtà vede tutto. Alla fine mi sono confidata con lui e lui l'ha fatta subito smettere».
«Davvero?»
«Sì» conferma. «Lui e i ragazzi sono molto popolari anche adesso, come avrai potuto vedere alla festa. Immagina alle superiori. Per lui è stato facile convincerla a smetterla».
Ah. E quindi non avevo capito niente, come al solito.
«Possiamo parlarne dopo, se vuoi» bisbiglia. «Siamo arrivate».
Risalgo il vialetto ignorando deliberatamente i subdoli cespugli che lo costeggiano e fermo la Volvo davanti al capannone di Danny che, ora che è pieno di gente, non sembra più tanto enorme.
Ci sono sempre tutti quei marchingegni dall'aria malvagia che ho visto anche l'altra volta, e qualcosa di molto grosso è ancora sollevato su un cavalletto meccanico e coperto da un telo. Forse Danny sta aggiustando un camion, chissà. Lui, però, non è ancora arrivato.
La signora Blacksmith ci invita più volte a entrare in casa, visto il tempo e la temperatura e, all'ennesimo cordiale rifiuto di Fox, ci obbliga almeno a farci servire una tazza di tè caldo. Tè caldo che stiamo ancora sorseggiando intrattenendoci in chiacchiere del tutto prive di importanza quando, con fare circospetto, mi avvicino a Zoe.
«Senti, a proposito di Molly Turner...» le sussurro.
Dio, sto diventando patetica, vero?
Oppure c'è dell'altro? Se questa ossessione che mi sta venendo nei suoi confronti fosse un segnale? Se contrapporre un'antagonista a Ronja fosse la svolta narrativa che Belinda stava aspettando per approvare la mia manovra di trasformazione del librodimerda?
«Molly Turner?» mi chiede Zoe, mentre l'antipatico doppio malvagio di Ronja (Minnie? Mottie?) sta appena prendendo forma nella mia mente. «Non la vedo da una vita. Ha fatto qualcosa?»
Ma non faccio in tempo a rispondere che Zoe, come colta da improvvisa illuminazione, esclama:
«Ah! Sei preoccupata perché è la ex del tuo ragazzo?» mi domanda, ammiccando.
«Beh, sì, un po'» mento. «Mia nonna mi ha raccontato una storia, ma non so se crederci...»
«Ti ha detto che ha tradito Danny con Peter?» chiede, poi soffia sulla sua tazza di tè bollente e manda giù un sorso. «Purtroppo è la verità».
Non so che cosa dire, così Zoe continua.
«Guarda che roba, aspetta».
«Se ti riferisci al vestito con le Smarties, lo ricordo bene» provo, ma lei mi zittisce con un gesto della mano, continuando a digitare e scorrere sullo schermo.
«Ecco, guarda questo servizio» ridacchia, e anche Raisa, incuriosita, si avvicina per sbirciare sul suo telefono.
Beh, oddio. Cioè... è un filo più... non so... osceno... di quello che avrei voluto vedere. C'è Molly adagiata... impostata... contorta, in una lunga serie di fantasiose posizioni, con indosso vari... pezzettini di neoprene... appartenenti, credo, a una linea di costosi costumi da bagno.
«Questa è la mia preferita» sghignazza Zoe.
Cazzo, io non capisco neanche da che parte si guardi.
«Ah, e anche questa qui. Raffinatissima» dice, e persino la seriosa Raisa soffoca una risatina.
Ok, basta. È arrivato il momento di ristabilire i ruoli, qui. Io non sono una provinciale biogotta che avverte l'esigenza di farsi il segno della croce davanti a un costume un pochino... un pochino tanto sgambato. Io sono una scafatissima londinese, e trovo che in questi scatti non ci sia assolutamente nulla da ridere nonostante siano... lievemente... pornografici, diciamo. Non è questo il punto, comunque.
Molly Turner non merita di essere disprezzata o odiata per quello che, a tutti gli effetti, è il suo lavoro. Molly Turner merita di essere disprezzata e odiata perché è stata con Danny.
«Dai, Peppa» mi esorta Zoe. «Allora guarda questa. Visto che eleganza?»
«Sì, beh...» farfuglio, «non mi sembra niente di che...»
«Ma dai» risponde lei. «È una posa che tu assumeresti mai, in pubblico?»
Ovviamente no, non l'assumerei mai né in pubblico né in privato perché, sfortunatamente, l'avanzato stato di mummificazione dei miei muscoli flessori dell'anca non mi consentirebbe una tale divaricazione delle gambe neanche dopo ore e ore di stretching disperato.
«Sì, ogni tanto...» ribatto, ostinata. «Per esempio quando... ehm...»
Sto ancora cercando di ragionare su quale motivo potrebbe spingermi ad assumere una posizione del genere oltre a un'ecografia transvaginale, quando Danny arriva a lunghe falcate.
«Scusate il ritardo» esordisce, irrompendo nel capannone.
Indossa una tuta da meccanico grigia e nera di quelle integrali, però calata per metà, e sotto una felpa nera con il logo dell'autofficina. Chissà se sotto quella tuta indossa anche i pantaloni, oppure...
«Ciao» dice, lanciandomi un'occhiata preoccupata, quando si accorge che lo sto fissando.
«Ciao» rispondo e mando giù una sorsata di tè incandescente.
Non è colpa mia. È lui che sceglie sempre il momento sbagliato per essere così prepotentemente sexy.
«Bene, ora ci siamo tutti» comincia Fox, poi indica il vassoio che la mamma di Danny ha poggiato su una sedia di plastica. «Quello è per te, Danny. Tua madre è un angelo».
«Fox» lo interrompe Raisa, seria come sempre. «Mi sono presa un'ora di permesso per venire qui. Ma tra mezzora devo andarmene, se voglio tornare al supermercato in tempo. Vieni al dunque, per favore».
«Bene» risponde lui, con il massimo della calma. «Potrebbe esserci un piccolo problema con le indagini. Non è ancora ufficiale, ma pare che Susan abbia riportato una frattura della scatola cranica non compatibile con la caduta dalla finestra».
Nessuno risponde e a me torna alla mente quel bruttissimo rumore di schiaccianoci. Rumore che, senza ombra di dubbio, dentro quello studio, hanno sentito tutti.
«Deve esserci un errore» dice Raisa.
«Certamente» conferma Fox e, intanto, alza su di me uno sguardo decisamente eloquente. «C'è, però, la possibilità che, nei prossimi giorni, decidano di interrogarci di nuovo».
«Possono interrogarci anche altre cento volte» dice Zoe, decisa. «La nostra versione non cambierà, visto che abbiamo detto la verità».
Lancio un'occhiata furtiva a Aveline, ma lei tiene lo sguardo fisso sul pavimento, come suo solito.
«O forse no» echeggia nel capannone e, con mio sommo stupore, mi accorgo che a parlare è stato Paul.
«Forse no cosa, Paul?» gli domanda Fox.
Paul è agitato. Sposta continuamente il peso da una gamba all'altra, poi appoggia la schiena contro uno dei macchinari non identificati di Danny e sospira. È strano. È sempre stato strano ma ora lo è in modo diverso. Ora si guarda intorno come se sperasse di scorgere qualcuno che possa suggerirgli la cosa giusta da dire e continua a strofinarsi le dita delle mani con dei movimenti ripetuti, come se stesse cercando di ripulirle da qualcosa.
«Fox» interviene Gerald, sottovoce, e mi balza alla mente l'idea che lo stia facendo per distogliere l'attenzione da Paul. «E se ci fossimo... sbagliati?»
Non sono in grado di formulare un'opinione su Paul, ma Gerald non è cattivo, di colpo ne sono sicura. Glielo leggo negli occhi afflitti, nella postura derelitta che ha assunto e che, all'improvviso, lo fa apparire il più basso di tutti e, soprattutto, nello sguardo pieno di amore sofferente che Aveline ha alzato su di lui. Gerald non vuole mentire. Eppure lo ha fatto e continua a farlo. Che sia stato costretto?
«Non ci siamo sbagliati» risponde Fox e sembra quasi... rassicurante. Il tono della voce, il modo in cui poggia una mano sulla spalla di Paul. Poi, senza un motivo apparente, si volta verso di me. «Vero, Peppa?»
Lo sguardo affilato di Fox è puntato nel mio. E anche quelli di tutti gli altri.
Tutti stanno mentendo, tutti lo sanno, ma nessuno lo dice. È come se fosse una recita.
«Anche perché, Peppa, cambiare versione adesso significherebbe rinnegare quella precedente» scandisce bene, prima che io possa aprire bocca. «Significherebbe ammettere di aver mentito alla polizia. E questo sarebbe un reato grave, oltre al fatto che ti renderebbe doppiamente sospetta».
Questo Fox Davies non mi sembra più poi tanto attraente. Praticamente, da quando è successo il fattaccio, non ha fatto altro che minacciarmi.
Sto quasi per rispondergli di prendersi le sue minacce velate e di andarsene al diavolo, quando mi rendo conto che Danny mi sta fissando. E, quando incrocio il suo sguardo, lui scuote la testa.
«Io non ho mentito alla polizia, ho detto la verità. Susan ha tentato di togliersi la vita» dico, infine. «Deve esserci stato un errore nella perizia».
«Fox» interviene Raisa che, più degli altri, pare ansiosa di andarsene. «C'è una cosa che non mi è chiara, però. Susan, questa frattura, come se la sarebbe provocata?»
«Un oggetto contundente» risponde Fox. «Un candelabro, una statuetta... sono state avanzate ipotesi così».
«È stato ritrovato un oggetto del genere, all'interno dello studio?» domanda ancora lei.
«Assolutamente no».
«Ma, forse, la madre di Susan ne ha denunciata la scomparsa?»
«Non che io sappia» risponde Fox e, nel capannone, cala il silenzio.
Ok, questo è davvero strano. Credo che i poliziotti se ne sarebbero accorti se uno di noi fosse uscito con, chessò, un candelabro insanguinato infilato nella tasca del soprabito. E non pare strano solo a me. Anche tutti gli altri sembrano pensierosi.
«È quindi assai probabile che questa pista cada nel vuoto» conclude Raisa.
«Spero che sia davvero così» sbuffa Zoe.
«È quello che speriamo tutti» sospira Fox, infilandosi le mani nelle tasche. «Di riuscire a dimenticarci al più presto di questa brutta storia».
Santo cielo, oggi fa troppo caldo. Alla fine è arrivato. La pioggia da queste parti è finita (o almeno pare che sia finita) e non ho fatto neanche in tempo a rallegrarmene per mezza giornata che mi è venuta l'allergia. Questa vita è una sofferenza continua D:
Comunque, siccome è domenica e fa caldo e non c'ho voglia di scrivere la postfazione vi dico solo una cosa: lo sapete che mancano solo 8 capitoli alla fine? 😱
Baci baci
🦉AppleAnia🦉
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