13 • CHEMISIER
«Gino?» bisbiglio, portandomi una mano vicino alla bocca. «Mi senti?»
«Purtroppo sì» sento rispondermi, all'altro capo del telefono. «Che vuoi?»
«Sei impegnato? Potresti venire a prendermi? Ti supplico. Farò tutto quello che vuoi per ripagarti».
Mi arriva all'orecchio un trambusto non ben definito, poi sento il rumore di una zip che viene chiusa e una mezza risatina in lontananza.
Oh, cazzo. L'ho interrotto mentre se la stava spassando con Edison Oldroyd?
«Dove sei?» mi domanda, scocciatissimo.
«A casa di Peter Potato» bisbiglio. «Non so l'indirizzo, ti mando la posizione. Vieni prima possibile, ti prego».
«Va bene, va bene» risponde. «Dammi una mezzoretta».
«Una mezzoretta? No, Gino! Devi venire subito!»
Ma ha già riattaccato. Miseriaccia. Sono ancora qui, tutta nuda con solo il cappello da cowboy in testa, seduta sopra il letto sul soppalco di Peter mentre lui, evidentemente stremato dall'estenuante prestazione, è andato a farsi una doccia. Sono stata addirittura tentata di tagliare la corda prima che lui uscisse dal bagno, tanto raggelante è il terrore che mi chieda il bis.
Cazzo. Non sento più il rumore dell'acqua. Peter ha finito.
Trattengo quasi il respiro mentre lui fuoriesce dal bagno con l'accappatoio bianco aperto e una terrificante erezione tra le gambe.
Cioè, lui è Peter Potato, è bellissimo e tutto quanto. Ma, anche se fossi ancora convinta che ne valga la pena, non credo di essere fisicamente in grado di sostenere un altro round. Già così immagino la lotta impari che, da domani, dovrò combattere contro l'acido lattico.
«Hai visto?» mi domanda, ammiccando tutto orgoglioso verso il suo pisello. «Sono una macchina da guerra, io».
Ok, non c'è più tempo da perdere, qui.
«Sei stupendo» mi affretto a rispondere, balzando in piedi. «Devo andare, c'è mio fratello sotto che mi aspetta».
«Andare?» domanda, stupito. «Non resti a dormire qui?»
«No» rispondo e, intanto, gli chiudo l'accappatoio perché è pur sempre Peter Potato e ciò che vedo rischia comunque di indurmi in tentazione. «Sono ospite da mia nonna, ti ricordi? Non posso restare fuori a dormire».
«Ah, certo, hai ragione» sussurra con dolcezza, carezzandomi i capelli. «Ti chiamo domani, allora, che ne dici?»
«Sì, ok» rispondo, e sono già per le scale. «Non vedo l'ora!»
Oltrepasso il vibratore coi testicoli che giace ancora lì, sul raffinato parquet, raccatto i miei vestiti e me li infilo alla bell'e meglio. Le mutande col gufo. Il reggiseno. Le calze. Gli stivali da vaccona...
Peter, intanto, sta scendendo le scale per raggiungermi al piano di sotto con solo i pantaloni della tuta addosso. Devo sbrigarmi. Indosso malamente il brutto chemisier e afferro il cappotto e l'ombrello.
«Aspetta» mi dice, sorridendo, e mi dà una sistemata al colletto tutto stropicciato. «Ecco, molto meglio».
Il colletto scivola tra le sue dita e io resto immobile.
«Va tutto bene?» mi domanda.
Sì. Mi è tornata in mente una cosa. Un dettaglio che, con tutto quello che è successo dopo, avevo perso di vista. Un particolare di quella sera, la notte maledetta in cui Suzy è volata giù dalla finestra.
«Sì, tutto bene» rispondo.
Mi alzo sulla punta dei piedi per dargli un bacio velocissimo, mi volto e, letteralmente, fuggo via.
Luigino, per fortuna, è già al portone. Spalanco lo sportello posteriore della Volvo del nonno, visto che il sedile davanti è occupato da Edison, e mi fiondo dentro.
«Parti!» lo esorto, con ancora una gamba dentro e una fuori. «Sbrigati!»
Ha già messo in moto quando, alla mia sinistra, avverto una presenza oscura.
«Ciao, Peppa».
Mi volto di scatto e me la ritrovo davanti. Faccia paffuta, pelle diafana, labbra rosse, capelli neri, occhi grigi.
«Zara... Zimmerman?» domando, attonita. «Sei tu, vero?»
Certo che è lei. Ha quella stessa identica ciocca di capelli bianchi sulla fronte che ha anche Zoe, sua sorella maggiore.
«Sì» risponde, e accenna un sorriso imbarazzato.
«Ti trovo... molto bene» bofonchio.
«Falla finita» mi interrompe Luigino, poi si rivolge a Edison: «Porto prima a casa Zara e poi accompagno te, va bene?»
«Certo, non c'è problema» risponde lui.
«Abitate sempre nella vostra vecchia casa nella brughiera?» domando alla silenziosa presenza al mio fianco.
«Sì» risponde. «Zoe, invece, si era presa un cottage in paese, quando ha iniziato a lavorare. Ma, da qualche mese, è tornata a casa anche lei».
«Ah... e come mai? Troppe spese, oppure...» dico, e sento Luigino sbuffare.
«No, è perché mia madre non è stata bene» risponde Zara. «Da quando lei e mio padre si sono lasciati, sai...»
Sono quasi tentata di chiederle se il motivo della separazione c'entri qualcosa con l'insana abitudine del signor Zimmerman di seminare la posta a casaccio (e se fosse una tecnica per guadagnare tempo prezioso per andare a spassarsela da qualche parte?) ma Luigino mi lancia un'occhiataccia dallo specchietto retrovisore, quindi taccio. Va bene, gli argomenti di conversazione sono finiti ma, per fortuna, siamo arrivati davanti a casa sua.
Luigino, l'ignobile, indolente, infingardo Luigino, scende dalla macchina per venire ad aprire lo sportello a Zara con l'ombrello in mano. Con mio sommo sgomento lei gli scocca un bacio sulle labbra e gli sussurra qualcosa all'orecchio.
«Ma dai» mi lascio sfuggire, assistendo orripilata al turpe spettacolo dal sedile posteriore della Volvo, ed Edison si volta per lanciarmi un sorriso educato.
«Uh, c'è Vegetables in the Wind alla radio!» esclamo, quasi in automatico. «Puoi alzare il volume, per favore?»
«Certo».
«È la mia canzone preferita» mi sento di giustificarmi. «È la canzone sulle cui note ho scritto tutta la mia pentalogia».
Cioè il mio librodimerda. Che, improvvisamente, mi sembra ancora più di merda. Il perverso circolo di equitazione, tutte le spericolate peripezie sessuali di Percival Parker-Potato... era tutta un'illusione. Una bugia.
«Secondo la rivista Rolling Stones, i PC/SC stanno ancora perdendo punti» sta dicendo lo speaker alla radio, sulle ultime note di Vegetables in the Wind. «Anche questa settimana sono stati superati dai Fruit Salad Recipe nelle classifiche di gradimento...»
«Ah, certo» dice Edison, «ho saputo del tuo libro. A che punto sei?»
«Devo tagliare una manciata di parole e trovare un sottotitolo. Uno per ognuno dei cinque volumi» rispondo.
Sottotitolo al quale non ho neanche ancora mai pensato, mi rendo conto.
«Sembra difficile» dice e, per un attimo, temo che mi stia prendendo in giro. Lui, però, è serissimo. «Prova a prendere spunto da qualcosa che conosci e che ti piace».
«Potrei prendere esempio dalla space opera che sto leggendo» rispondo, anche se non mi è chiaro il motivo per cui io stia intraprendendo questo discorso con lui. «È una saga in cinque volumi: Persuasione, Accettazione, Diversificazione, Ibridazione, Mistificazione».
«Carini» annuisce.
Ride Me: perquisizione? Ride Me: erezione? Ride Me: fecondazione?
«Bromurazione» propone Edison. «Fitodepurazione, ossidoriduzione...»
«Beh, sono... carini...»
«Andiamo» dice Luigino, rientrando nell'abitacolo, appena in tempo per consentirmi di evitare di esternare la mia opinione su ipersecrezione, l'ultima proposta di Edison.
Va bene, ho bisogno di interrompere questa conversazione all'istante.
«Edison» esordisco, insinuandomi tra i sedili anteriori, prima che Luigino possa zittirmi. «Possiamo entrare anche noi un attimo in casa tua? Vorrei parlare con Aveline».
«Ma ti pare il caso di rompere le palle a quest'ora?» risponde mio fratello, al posto suo.
«Ma è prestissimo» protesto. «Non sono neanche le undici!»
«Certo che potete entrare» interviene Edison. «Aveline ne sarà contenta».
Aveline, invece, tutto sembra fuorché contenta.
Ci ha fatti accomodare nello stesso salone in cui sono stata con Danny, è sprofondata nella stessa poltrona di pelle e non ha più aperto bocca. Luigino ed Edison, invece, hanno acceso il televisore e si sono schiaffati davanti a uno dei loro videogiochi.
«Aveline» la chiamo, sperando che i ragazzi non riescano a sentirmi. «Scusami per l'improvvisata. Ma c'è una cosa che voglio dirti».
Lei alza su di me uno sguardo intimidito, solo per un attimo. Indossa una pesante vestaglia scozzese sopra un non meglio identificato completo antisesso in flanella, forse un pigiama. Dovrei seriamente pensare di procurarmene uno simile, per scongiurare il rischio di un nuovo assalto di Peter, in futuro. Combinato con le mutande col gufo potrebbe davvero...
«Dimmi, Peppa».
Sì, giusto.
«Mi dispiace per prima» dico. «Non avrei voluto darti addosso. E adesso so che non sei stata tu a spingere Suzy di sotto» sussurro e lei torna a guardarmi.
«Come fai a saperlo?» risponde, con un filo di voce. «Se la verità venisse a galla sarei la prima sospettata».
«Lo so perché, quando Suzy è caduta di sotto, tu eri vicino alla porta, e cioè il più distante possibile dalla finestra. Cercavo la maniglia e mi sono ritrovata tra le mani un colletto. E tu eri l'unica a indossare uno chemisier. Oltre ai ragazzi, ovvio, ma loro sono tutti molto più alti di te e i loro colletti non avrebbero potuto di certo trovarsi ad altezza maniglia».
Concludo l'arringa tutta soddisfatta dalla mia ricostruzione ed Aveline, senza nessun preavviso, scoppia a piangere.
«No, ti prego... Aveline...» farfuglio, inginocchiandomi davanti alla sua poltrona.
«È tutto a posto?» domanda Edison, voltandosi verso di noi.
«Sì, non ti preoccupare» lo rassicura lei. «Sono solo turbata per quello che è successo a Susan».
«Aveline» la richiamo, prendendo le sue mani tra le mie. «Perché hai voluto vedermi? Vuoi aiutarmi a scoprire la verità?»
«Sì, vorrei» bisbiglia. «Ma ho così paura, Peppa... hai ragione, ero vicina alla porta. Anch'io stavo tentando di raggiungere l'uscita, quando mi hai urtata e poi mi hai spintonata. Ma, cerchiamo di essere oneste, se i sospetti dovessero ricadere su di me, la tua... ricostruzione del colletto... non avrebbe un grande valore per la polizia, temo».
«Forse no, ma ha un grande valore per me» insisto. «Perché io so che non sei stata tu. E tu sai che non sono stata io. Perché, entrambe, mentre Suzy volava di sotto, eravamo dalla parte opposta della stanza. Scopriamo chi è stato. Nessuno ti accuserà ingiustamente, se troviamo il vero colpevole».
«Ma, Peppa, soltanto io avevo un movente così...»
«Aveline» la interrompo. «Evidentemente ce lo aveva anche qualcun altro. E noi lo scopriremo. È un piccolissimo paese sperduto nella brughiera. Quanto potrà mai essere difficile scavare nella vita di una manciata di persone?»
«Oh, Peppa» sospira, afflitta. «Tu non ne hai idea».
🎶 VEGETABLES IN THE WIND TESTO E TRADUZIONE 🎶
Verse 1
The tuber felt the cold wind blowing
Il tubero sentiva soffiare il vento freddo
But not from the underground
Ma non dal sottosuolo
Though the wind may blow and the snow may fall
Anche se il vento può soffiare e la neve può cadere
When it comes to the wedding feast
Quando si tratta del banchetto di nozze
Pre-Chorus
Why do all good vegetables turn black and wind up gone?
Perché tutte le verdure buone diventano nere e finiscono per sparire?
Why do all good men lie on their backs and ball around in the mud?
Perché tutti gli uomini buoni giacciono sulla schiena e giocano nel fango?
Chorus
Vegetables are all over this moorland
Le verdure sono ovunque in questa brughiera
Those vegetables are all over this town
Quelle verdure sono ovunque in questa città
But every time I wanna sprout me a seed
Ma ogni volta che voglio farmi germogliare un seme
Well every time I try to sprout me a seed...
Ebbene, ogni volta che provo a farmi germogliare un seme...
Verse 2
Throw your hands up jumping around
Alza le mani saltando
Throw your hands up jumping and screaming
Alza le mani saltando e urlando
The longer we stick together the smaller the wind becomes
Più restiamo uniti più piccolo diventa il vento
The longer we stick together the bigger the salad gets
Più restiamo uniti più grande diventa l'insalata
Pre-Chorus
No storm and no wind
Nessuna tempesta e nessun vento
Could drive me away
Potrebbe portarmi via
Chorus
Vegetables are all over this moorland
Le verdure sono ovunque in questa brughiera
Those vegetables are all over this town
Quelle verdure sono ovunque in questa città
But every time I wanna sprout me a seed
Ma ogni volta che voglio farmi germogliare un seme
Well every time I try to sprout me a seed...
Ebbene, ogni volta che provo a farmi germogliare un seme...
Bridge
And the North wind blew the cold money around
E il vento del nord ha soffiato freddo denaro in giro
And the North wind blew the cold sky
E il vento del nord ha soffiato il cielo freddo
Chorus
Vegetables are all over this moorland
Le verdure sono ovunque in questa brughiera
Those vegetables are all over this town
Quelle verdure sono ovunque in questa città
But every time I wanna sprout me a seed
Ma ogni volta che voglio farmi germogliare un seme
Well every time I try to sprout me a seed...
Ebbene, ogni volta che provo a farmi germogliare un seme...
E FINALMENTE l'attesissimo testo di VEGETABLES IN THE WIND, tratta direttamente dall'album TUBERS ROOTS dei PC/SC. Voi lo sapete vero che l'ha scritto un'intelligenza artificiale? Siccome non ne avevo già abbastanza abusato in questa storia (💃🏻) ho deciso di fare anche queste tentativo e il risultato è stato STUPEFACENTE! Ho inserito alcune parole chiave tipo VEGETALI, BRUGHIERA, VENTO, STRUGGENTE (ahahahah) poi ho impostato il mood su VERY SAD e il genere mi pare su rock o su country D: vabbè non importa D: qualcuno sa se esiste anche un AI con cui creare la musica? *___*
Ps: non so se vene siete accorti ma la cover del CD dei PC/SC risente dell'effetto Candy Candy. Cos'è l'effetto Candy Candy? È quel fenomeno paranormale che prevede che, all'interno della stessa serie animata, convivano personaggi con gli occhi tipo:
(cioè tutti quelli importanti), e personaggi secondari che non si caga nessuno che sono disegnati peggio dell'omino delle istruzioni di montaggio dell'Ikea, tipo:
Ve lo ricordate anche voi?💃🏻
Baci baci
🦉AppleAnia 🦉
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