Prologo.

Attraverso la strada di corsa, passando tra le file di macchine davanti al Luxuria.

Mi volto velocemente verso il locale, ma i vetri oscurati mi impediscono di vedere l'interno. Sembra non esserci anima viva anche perché sono le 20,30 e i night club non aprono prima delle 23.00.

Rabbrividisco, le gocce di pioggia mi cadono sulle guance, sono bagnata fradicia e pure in ritardo.

Accelero il passo e in pochi minuti arrivo al collegio che sotto questo temporale sembra ancora più spettrale del solito, ma i cancelli grazie a dio sono ancora aperti. Ora se ho abbastanza fortuna riuscirò ad entrare dal portone senza che se ne accorga nessuno, dopotutto sono pochi metri ed è buio pesto.

« Vai di fretta?»

Grido, sobbalzando.

«Gesù Lee!»

« Felice di vederti capitano!» dice Lee portandosi la mano alla tempia.

Gli sorrido divertita.

« Lee Hunderford, i tuoi non ti hanno insegnato che stare nascosti dietro ai cespugli in piena notte non è esattamente... Normale?»

Mi sorride dolcemente «Oh, povera e dolce Rebecca.. Lo sai che girovagare per strada a queste ore è pericoloso? Ci sono tante cose brutte la fuori» fa un ghigno «lupi mannari per esempio»

«Primo non stavo "girovagando", ero all'atelier di Molly e secondo, almeno io non spunto dai cespugli facendo perdere cinquantanni anni di vita alla gente. E se non ti dispiace sto morendo di freddo. »

Gli pianto il dito nel petto.

Con un gesto teatrale fa finta di distendere un tappetino rosso davanti a me.

«Sua altezza!»

Gli passo davanti ridendo ed entro nel salone di ingresso, è ora di cena ed è completamente deserto. I lampadari diffondono una luce soffusa, illuminando le statue di gesso disposte lungo le pareti. Il ritratto di un giovane uomo è appeso alla parete di fronte a me e mi guarda sorridendo.

«Ciao papà» sussurro.

Mi tolgo l'impermeabile rosso e lo appendo al calorifero.

«Non ci avevo pensato, ma credo che una bella piscina qui all'ingresso starebbe molto bene» dice Lee indicandomi i piedi dove si sta formando una pozzanghera.

Lo guardo male.

«Lee, che cosa vuoi?» incrocio le braccia.

Lui ride e si appoggia a uno dei tanti busti di gesso disposti a file nel salone.

«Perché devo voler qualcosa? Insomma, non ti ho aspettato sotto la pioggia per due ore soltanto per dirti che il signor Lewis ti sta cercando. E di sicuro non ti ho aspettato per dirti che è infuriato e che appena ti trova probabilmente ti mette in punizione a vita.»

Faccio una smorfia.

«Ho ritardato un pochino, a Molly serviva una mano, domani arrivano i tirocinanti del college e voleva assicurarsi di avere tutto sotto controllo.» mi giustifico.

Lee mi si avvicina e mi prende il viso tra le mani.

«Reb, ti voglio bene, ma sei nella merda.»

Faccio un respiro profondo prima di bussare alla porta, ma questa si spalanca ancor prima che io appoggi le nocche sul legno.

Un uomo brizzolato con gli occhi grigi si staglia sulla porta, è appoggiato a un bastone di legno lucido, decorato con delle fantasie di rondini argentate sul pomello. Ed è furioso.

« Rebecca Darcy tu neanche immagini in che guaio ti sei cacciata.»


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