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Canzone per il capitolo:
drivers license ~ Olivia Rodrigo

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Non ho mai avuto fortuna nel creare amicizie che potessero durare nel tempo. Ogni ragazza che mi faceva credere di aver trovato una migliore amica in lei, in grado di capirmi meglio di chiunque altro, alla fine si rivelava sempre essere interessata a uno dei miei cinque fratelli.

Sono cresciuta così, venendo utilizzata per interessi altrui. Illudendomi ogni volta, e ogni volta ricadendo nello stesso errore di fidarmi della persona sbagliata.

Mi ci sono voluti anni per rendermi conto che non potevo più essere trattata così, da brava ingenua che sono. Ho imparato a reagire a certe ingiustizie imparando dai miei stessi fratelli, dato che alla fine il problema erano loro.

Abbiamo un ottimo rapporto e ne vado molto fiera. Farebbero di tutto pur di proteggermi, e a volte ci litigano pure sopra pur di vincere il premio di "fratello migliore della giornata". Ne hanno persa di dignità, a volte, per essere i primi in classifica. Nonostante questo, però, rimangono sempre parte della famiglia, e non riesco a vederli come qualcuno a cui confidare ogni mio segreto, sapendo di poter contare su una fiducia che non ha prezzo.

Non che non mi fidi di loro. È il mio bisogno di riconoscere come vera amica una persona che non condivida il mio stesso sangue, che non mi permette di vedere questa figura in nessuno di loro. I miei fratelli sono famiglia. E, onestamente, vale lo stesso anche per Mark, il mio fidanzato, nonostante ormai siamo a pochi giorni dal festeggiare il nostro primo anniversario.

A volte credo di essere complicata io, di avere qualcosa che non va o di essere fatta del tutto sbagliata. Ma poi mi ricordo il motivo per cui sono arrivata a essere così e che corazza mi sono dovuta costruire. E per questo una parte di me ha accettato che va bene anche così, ovvero essere arrivata ai diciassette anni senza una migliore amica.

«Fel, c'è Mark alla porta!» grida mio fratello Emerson dal piano inferiore.

Emerson ha solamente un anno più di me. Io e lui siamo i piccolini della famiglia, per quanto questa etichetta possa tuttora addirsi a noi, visto che non siamo più dei ragazzini, né tantomeno dei bambini a cui dover badare.

Per la prima volta dopo tanto tempo, Mark si è fatto attendere: esattamente trentatré minuti di ritardo. Non nascondo nemmeno il fatto di aver atteso il suo arrivo con molta ansia. Abbiamo in programma di definire l'organizzazione del nostro primo viaggio insieme, soltanto io e lui. Avere avuto un forte appoggio dei miei fratelli mi ha permesso di avere l'approvazione finale da parte dei nostri scettici genitori. A loro piace Mark.

Mi lancio un'ultima occhiata allo specchio e approvo il mio outfit nel riflesso alzando il pollice. Indosso il migliore dei miei sorrisi e scendo di corsa le scale.

Ems e Mark sono all'ingresso. Saluto con un bacio sulla guancia mio fratello per poi lanciarmi su Mark in un abbraccio.

«Sei in ritardo,» gli faccio notare divertita.

«Mi dispiace,» si scusa. «Forza, andiamo. Abbiamo molto di cui parlare.»

Mi sembra addirittura sovrappensiero dal suo tono, il suo volto non è esploso di gioia nel vedermi, come ero solita notare. Spero sia soltanto un po' di stanchezza.

Camminiamo in silenzio, mano nella mano sulla stradina sterrata che da casa mia porta direttamente alla spiaggia. Ogni estate ci trasferiamo in questo paradiso in riva al mare, in quella che era la casa dei miei nonni, abbandonando il caldo afoso del centro città. È il primo anno in cui i nostri genitori ci hanno lasciato le chiavi di casa senza seguirci, e la differenza si sente. Niente coprifuochi o routine programmate e tanta libertà.

Raggiunto il bagnasciuga, ci sediamo sulla sabbia fresca, con l'acqua del mare che solletica i nostri piedi scalzi. Faccio scivolare fuori dal mio zainetto il quaderno sul quale ho annotato un sacco di spunti per il nostro viaggio, e Mark finalmente rompe il silenzio.

«Dobbiamo rinunciare al viaggio.»

«Come?» Inizialmente scoppio a ridere, ma poi, voltandomi verso Mark, mi irrigidisco, notando la serietà nel suo volto. «Perché?»

«Semplicemente non possiamo più farlo. Forse abbiamo azzardato sin dall'inizio, credendo di poter fare qualcosa ben al di fuori della nostra portata.»

«Non ti seguo...»

«Abbiamo il mondo contro, Fel.»

«E chi sarebbe questo mondo contro? I tuoi genitori?»

«Per favore, smettila di fare la ragazzina e per una volta cerca di capirmi e venirmi incontro.»

«Io sarei la ragazzina?» Il nervoso inizia ad avere la meglio su di me. Mi alzo in piedi, lui mi imita, e siamo faccia a faccia. «Mi stai dicendo che non possiamo più fare il nostro tanto desiderato viaggio senza darmi una motivazione!»

«Era il viaggio che tu desideravi tanto fare.»

«Ah, quindi il problema sono io?» allargo le braccia incredula.

«Ci ho riflettuto tanto, credimi. A me piacciono le piccole e semplici cose, mentre tu mi chiedi sempre di più di quanto posso offrirti.»

«Non ti seguo, ma va bene. Va bene... Annulliamo questo viaggio. Faremo una semplice cena di anniversario a lume di candela e passeremo la sera in spiaggia, sotto il cielo stellato e magari la luna piena. A me va bene tutto.»

«Vedi che sei sempre tu a volermi spingere a fare quello che tu vuoi fare? Non posso sempre accontentarti. Se ho delle idee, me le devo tenere per me, perché sono ben distanti da quello di cui tu hai bisogno.»

«Stai cercando di lasciarmi, Mark?» mi lascio scappare una risata nervosa, incrociando le braccia sul petto. «Perché a me va bene qualsiasi cosa tu voglia fare. Sto bene insieme a te, e non voglio rinunciare a noi per nessun motivo al mondo.»

Quando mi avvicino a Mark nel tentativo di accarezzargli una guancia, lui si allontana di un passo, lasciandomi impietrita e spiazzata. Non sto capendo niente, tutto questo non ha senso.

«Se ci tenevi veramente a noi, dopo tanto tempo insieme avresti dovuto voler andare oltre qualche bacio e carezza.»

«Sei serio? Non sono da te questi discorsi. Se mi lasci perché non abbiamo fatto sesso, dimentichi che io sono ancora vergine e voglio che quel momento sia qualcosa di speciale.»

«Ma evidentemente non può accadere con me, no?»

«Io non ti capisco, davvero...» scuoto la testa e gli occhi iniziano a pizzicare. «Ti prego, ricominciamo tutto da capo...» Mi avvicino ancora a lui, lascio che le mie labbra sfiorino le sue. Indietreggia ancora.

«Mi dispiace, Fel.»

Mi sento come se il mondo mi fosse appena crollato addosso. Faccio fatica a muovermi, mentre lo osservo allontanarsi, passo dopo passo, senza mai voltarsi indietro, senza mai guardarmi negli occhi un'ultima volta. È quando scompare dalla mia vista che mi rendo conto di essere rimasta sola, in tutti i sensi.

Attorno a me, la gente, i gabbiani, ogni cosa, si muovono come se nulla fosse accaduto. E per loro è così. Mentre io mi sento vuota e smarrita. Non so con quale forza, trovo il coraggio di incamminarmi verso casa. I miei occhi vorrebbero esplodere di lacrime, ma qualcosa mi blocca.

Quando sono a pochi passi da casa, sento una voce familiare chiamarmi, e pochi secondi dopo Emerson mi avvolge tra le sue braccia. Ed è in questo momento che sento di non poter reggere più. Mi lascio andare, sapendo di essere al sicuro, con chi non mi farebbe mai del male.

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