Capitolo 3: Colpi inattesi

Idelle non era una stupida e sapeva che doveva accettare ma, mai avrebbe voluto uccidere qualcuno, neanche per sottrarsi alla morte. Doveva sapere più cose su di lui possibili, avrebbe potuto scoprire qualcosa di utile per contrastarlo. Rispose quindi, dopo un minuto, tesa:- D'accordo ma, voglio che tu non mi crei scompiglio quando sono fuori da casa-. Lui scrollò le spalle, calmo:- Ok, sappi però che se tu chiamerai polizia e roba varia, farò un macello come mi è successo nel 1943... se non erro-. Suicide non aggiunse altro.

Idelle non sapeva come ottenere informazioni su di lui ma, dovunque lei andasse in casa, lui le faceva da ombra, non sapeva come liberarsene, lui parlava delle sue vittime come se niente fosse:

- Mi ricordo una che si era drogata e ha fatto la cazzata di suicidarsi bevendo la birra avvelenata che aveva preparato apposta per sua madre, certa gente è proprio stupida, sai?-.

Lei rispose, la voce come corda di violino:

- Già, lo siamo un po' tutti, ogni tanto-. Suicide la squadrò, Idelle si corresse subito:- Eccetto te-. Suicide annuì, compiaciuto.

Erano le dieci quando Idelle si mise a letto, almeno lui l'aveva lasciata cambiarsi in pace, giusto il tempo per fare una veloce ricerca su Google ma niente.

Appena fu sotto le coperte, lui si mise di fronte al letto, appoggiato con la schiena al muro. La guardava con gli occhi di pietre luminose, tanto che davano fastidio a Idelle, infatti questa chiese stanca:

- E' possibile diminuire la luce di quei cosi?!-. Lui scosse la testa, lei chiese curiosa:

- Ma tu non dormi mai?-. Suicide rispose, seccato:- No, altrimenti avrei avuto delle palpebre più grandi, intanto ti racconto qualcosa delle mie vittime visto che la notte è ancora giovane-. Idelle uscì dal letto con il pigiama rosa a strisce azzurre che indossava e gli chiese più seria:

- Hai ancora voglia di torturarmi con le tue storie?-. Suicide annuì, divertito.

Non l'avesse fatto.

Idelle fece uno scatto veloce con la mano e gli prese le parti basse, così da fargli male, lui cercava subito di togliersi quella stretta con le ginocchia piegate. Idelle mollò la presa, avvertendolo:

- Guai a te se provi a rovinarmi il riposo, capito? Per me il riposo è sacro-. Si rimise a letto, sapendo che la guardava con rabbia.

Si alzò alle 6:30 e si preparò per andare al college e Suicide non aveva di certo gradito cosa gli aveva fatto ma non sembrava manifestare astio nei suoi confronti.

A colazione egli provò a vedere se aveva già una mezza idea di chi far fuori, lei rispose nervosa:

- Non saprei al momento, visto che non ho mai pensato di uccidere veramente qualcuno-. Lui si limitò a scuotere la testa, era deluso.

Idelle prese il pullman e andò in classe con il suo compagno di banco, nonché il suo miglior amico Darin, il quale la vide preoccupata, chiese:

- Che hai, Idelle? Non sei riuscita a studiare?-. Idelle si sistemò gli occhiali, nervosa. Non doveva mettere in pericolo Darin:

- No, semplicemente in ansia per la lezione.

Darin, scrollò le spalle. Non poteva immaginare quello che stava succedendo alla sua migliore amica.

Darin era un ragazzo con i capelli ricci biondi e occhi verdi, magro. Non brillava molto nell'intrattenimento ma era anche lui un secchione.

Le ore passarono veloci e all'ultima ora, Idelle tirò un sospiro di sollievo: Informatica, avrebbe avuto un'intera ora per cercare le informazioni necessarie ma, non doveva farsi beccare dal professore quarantenne, molto diligente ma, Idelle conosceva i suoi polli, chiese con un tono pietoso:

- Professore, dovrei fare una ricerca se non le dispiace...-. Il professore con i capelli castani e occhi dello stesso colore, la squadrò in modo divertente come solo lui sapeva fare, le fece cenno di sì e lei si mise al computer più lontano ma, Darin le si mise a fianco:

- Che stai facendo?-.

" Oh, merda!" penso, Idelle non sapeva cosa dire ma, il prof la salvò, chiamando il suo amico:

- Ehi! Lo permetto solo a Idelle che ha i voti più alti di te! Vieni qui! Certi ragazzi proprio non si mettono in testa che....-.

Darin sbuffò ma, non disse niente mentre il professore continua a parlare in generale dei vari esercizi oltre a scherzare ogni tanto con i ragazzi.

Mentre Idelle cercava di continuo il nome del ragazzo in vari siti, sfortunatamente non trovò niente.

Una voce profonda che proveniva a fianco a lei, la fece sobbalzare:

- Cerca " fatti strani del 1943"-. Un teschio nero era sotto il banco a fianco al suo.

Idelle divenne pallida ma nulla le pareva inverosimile, oramai. Distolse lo sguardo per non attirare l'attenzione, poi riguardò confusa e con sua grande sorpresa, il teschio era scomparso. Che fosse stato uno scherzo di Suicide? Doveva rischiare.

Lei digitò le parole e uscì (tra i tanti risultati) un articolo di giornale da un sito di archivi, cliccò.

C'era scritto: " Si narra che sia successo un fatto strano nel 1943: un manipolo di nazisti sono stati trovati morti come si fossero suicidati (...). il capitano ha detto di avere dei sospetti (...) Al momento è un ex-agente in pensione, si sa solo che vive a Filadelfia...." Idelle ebbe un sussulto, l'unica persona che poteva aiutarla era lì, da qualche parte.

Finita la lezione, ritornò a casa e il pullman era quasi arrivato quando notò un'ambulanza non molto distante da casa sua. Scesa dal pullman, si diresse a passo veloce in casa, entrò e dovette tapparsi la bocca.

Una testa penzolava a una corda: era senza pelle con i muscoli ben visibili e sotto di essa c'era una scritta di sangue: "Ti mancano sei giorni.. non osare più colpi bassi, li vorrei interi grazie" (quest'ultima frase era scritto in piccolo) .

Idelle stava pulendo tutto, la testa l'aveva tolta quando sentì trillare il campanello del portone.

Avrebbe voluto svenire.

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