Capitolo 11: Story's Exe parte 2


Mi ricordo molto bene di lei....Napoli 2015, 23 Febbraio.

Si chiamava Elisa, una giovane diciannovenne, capelli castani, lisci e lunghi che coprono le spalle e arrivano fino ai fianchi, indossava un maglia a maniche lunghe nera con la scritta "Be Rock", jeans e scarpe da tennis, un poco bassa rispetto a me, diciamo che ero andato in Italia perché intendevo fare un piccolo "giro d'esplorazione" in Europa.

La cosa bella è che molta gente cerca in un certo senso, di seguire l'America in tutto o superarla, di conseguenza queste imitazioni spingono i giovani ha rimanere collegati molto, infatti, l'invenzione dei social mi aiuta a trovare vittime, mi permette di muovere alla velocità di....non so manco io quanto sono veloce...

Comunque Elisa a quanto ricordi, frequentava il primo anno di università, credo che avesse scelto come facoltà la biologia...non ricordo nello specifico... d'altronde io stavo dando di nascosto a tutti i cellulari della zona e notai dalla telecamera del cellulare lei. Attivai di nascosto il GPS per vedere dove si trovava e attraverso le telecamere in zona, capì che si trovava in una zona d'ombra, probabilmente stava evitando i docenti in giro.

Si stava sentendo una canzone di Rihanna, "Rude Boy". Pensai:- Ottima canzone per entrare in scena!-. Di certo un secondo prima che uscissi lei vide benissimo la mia faccia che compariva sullo schermo.

Rimase paralizzata vedendomi, non riusciva a formulare una frase concreata, balbettava alla mia vista e di norma questa sensazione che provo attraverso la mia vittima mi eccita, tanto da volerci giocare.

Infatti ero con i miei soliti vestiti ma, senza occhiali, tanto che lei era sconvolta a vedere i miei occhi-mandibola da gustarmi l'attimo di terrore in lei.

Lei era alle spalle al muro, i suoi occhi azzurri chiaro erano talmente splendidi che avrei preferito strappaglieli prima di liquefargli la faccia.

Stesi le braccia e misi entrambe le mani sul muro, come in una sorta di blocco, lei sussultò come mi avvicinai e la bacia sul collo, intendevo ingannarla per poi ucciderla, non era la prima volta che facevo così: diciamo che io procedo in questa maniera quando le mie vittime sono femminili, le bacio sul collo, le accarezzo e infine come ciliegina sulla torta, le uccido (i maschi li ammazzo con brutalità, visto che sono le mie vittime su cui mi sfogo, le femmine invece, diventò più perfido).

Elisa non credo che fu dello stesso parere perché si riprese tanto velocemente da tirarmi un ceffone e abbassarsi per scappare dalla mia morsa, il che mi fece incazzare, la inseguì ma, mi fermai quando uscì dalla porta che conduceva all'esterno. Non potevo farmi vedere e ammazzare tutte quelle persone.

Entrai all'interno della rete grazie ad un cavo scoperto, cercai di seguirla attraverso le telecamere situate nell'università, la trovai ansimante in un corridoio, si toccava il collo perplessa, era di certo incredula per quello che gli era capitato: riguardava il cellulare con cautela, si guardava intorno, si guardò la mano destra (quella che mi aveva dato lo schiaffo) e continuava a toccarsi il collo.

Io non potevo farle niente, tranne tenerla d'occhio, impaziente di riprendermi il "giocattolo".

Quando si diede una calmata, camminò fino ad arrivare al suo armadietto scolastico e come se nulla fosse, lo aprì, prese ciò che doveva e scese le scale che portavano alla palestra e per mia fortuna non c'erano telecamere e con questo avrei potuto ucciderla senza farmi vedere.

C'era solo un problema: Come potevo seguirla? Semplice: All'interno del suo cellulare( peso dai 500 mega bit ai 2 Giga a secondo del mio stato d'animo), riuscì ad entrare per un soffio, prima che lei perdesse la linea, attraverso le fotocamere avrei potuto vedere fuori, peccato che era tutto nero, il cellulare era in tasca o nello zaino, probabilmente.

Sentì però che lei aveva aperto un paio di porte e improvvisamente sentì degli strani movimenti, sbuffai di rabbia quando sentì che aveva compagnia ma, non pensavo che era un altro incontro sfortunato.

Sentì due voci maschili parlare con Elisa.

Ragazzo1:- Ciao Elisa...ti ricordi ieri a mensa?-.

Ragazzo 2:- Ci penserai due volte a rovinarci la festa, puttana!-.

Elisa:- EHI! (...sento movimenti e rumori decisamente insoliti)...AHI!-.

Il cellulare venne tirato fuori a forza e buttato lontano nell'intendo di romperlo, non sopportai che qualcuno stava maltrattando la MIA vittima, questo mi fece imbestialire.

Uscì fuori e notai che i due ragazzi la tenevano ferma al muro, dandomi le spalle, vedevo già il suo naso traboccare sangue, il suo sguardo vacillava, aveva preso di certo una brutta botta alla testa, tanto che un rivolo di sangue usciva dalla tempia.

Non intendevo però uccidere quei due, così materializzai i miei occhiali neri per evitare che qualcuno vedesse i miei occhi, mi avvicinai da dietro e gli toccai ad entrambi le spalle, questi come si girarono si beccarono due cazzotti in faccia a ciascuno, allontanandoli da lei.

Loro si distanziarono da me, con i lividi che si stavano formando, li osservai: i due ragazzi erano di certo dei ventenni che facevano palestra, altrimenti li avevo già stesi.

Reagirono in contemporanea, mi vennero entrambi, il primo tirò un diretto che schivai, il secondo invece un calcio in pieno stomaco che afferrai e lo spinsi dalla parte opposta facendolo cadere, l'altro provò a tirarmi un gancio ma, come lo evitai gli presi il collo, facendolo di alzare di alcuni centimetri e lanciarlo sul suo compare.

Sibilai:- Andatevene prima che vi uccido, stronzetti-. Non se lo rifecero due volte, non erano così stupidi da capire chi era decisamente più esperto nel combattimento corpo a corpo, come uscirono dalla porta capì che mi trovavo in una palestra abbandonata della scuola.

Mi avvicinai ad Elisa che era accasciata alla parete, confusa su ciò che succedeva ma, sgranò gli occhi vedendomi, ironicamente il suo shock nel rivedermi gli fece capire ciò che era accaduto e si mise dritta ma, non si alzò.

Mi abbassai, prendendogli una ciocca di capelli:- Ammetto che sei una delle poche che ha reagito da tirarmi un ceffone molto forte, adesso vuoi tirarmene un altro o possiamo continuare?-. Lei notò il palmo della mia mano disturbato e di come aveva bruciacchiato la sua ciocca di capelli. Elisa mi guardò perplessa:- Cosa vuoi da me?-. Io le risposi con un finto sorriso:- Lo scoprirai presto-. Mi avvicinai a baciarla di nuovo ma, lei tentò di tirarmi l'ennesima sberla ma, era debole, il suo schiaffo mi parve una forte carezza.

Stavo per ammazzarla per l'ennesimo affronto quando mormorò:- Scusa...-. Rimasi perplesso. Mi stava chiedendo scusa per quale motivo? Elisa sembrò accettare il proprio destino, aveva capito che gli avrei fatto di certo del male, ad ammazzarla anche con molta probabilità.

Aveva uno sguardo misto alla rassegnazione e al terrore:- Ti chiedo scusa....mi hai salvata da quei due...so già che non uscirò viva da qui ma, ti prego....sii veloce...tanto da quando sono entrata in questa università, la mia vita fa schifo!...Sii veloce-. Stava piangendo.

Elisa piangeva della sua vita infelice e lei mi vedeva come la Morte venuta a prenderla, ammetto che intendevo ancora ucciderla però stava soffrendo ed era troppo giovane per sentirsi in questo modo tanto che il mio vero passato si risvegliava e chiedeva di risparmiarla.

Mio fratello Suicide mi ha sempre detto che è divertente torturare le vittime ma, alcune volte lo lasciano perplesso da chiedermi se vale la pena risparmiare qualcuno ogni tanto.

Ha ragione a dubitare, persino io mi sentii indeciso sul da farsi.

Ci mise qualche secondo a decidermi: la presi in braccio, stando attento a non ucciderla con le mani e gli chiesi:- Oggi puoi saltare le lezioni, Elisa?-. Lei rispose con un'altra domanda:- Come sai il mio nome?-. Ridacchiai:- Se mi trovavo nel tuo cellulare non avrò preso qualche informazione?-.

Era stato un gioco da ragazzi a trovare il suo numero di casa ma, il difficile è scomporsi. Ci misi alcuni secondi prima che entrambi sotto-forma di energia andammo dritti a casa.

Come comparimmo lei mi vomitò addosso, io aggiunsi in maniera ironica:- Mi piace questo colore della maglia, molte grazie-. Bestemmiai subito dopo.

Gli curai le ferite e rii-materializzai la maglia per togliermi il vomito, la sua casa non era molto grande ma, ci misi poco a trovare la sua camera da letto, era di certo figlia unica e la sua camera era vicina a quella dei suoi genitori, dal soggiorno da dove l'avevo lasciata, la ripresi in braccio e la portai in camera.

L'appoggiai sul suo letto ma, lei non tolse le mani dal mio collo, mi tirò a sé:- Perché?-. Alzai le spalle:- Non lo so e non farti strane idee-. Tentai nuovamente di staccarmi dal suo "abbraccio" ma, mi tirò di nuovo, alzai lo sguardo esasperato:- Ti sto già lasciando in vita ed è contro la mia natura, cosa vuoi ancora?-.

Gli occhi di azzurri di Elisa mi fecero capire.

In un attimo mi trovai sul letto ad abbracciarla.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top

Tags: