Mouette

Golfo di Gaeta, 14 Febbraio 1861

Fa freddo sul ponte del piroscafo che si allontana dal porto: la fortezza di Gaeta rimpicciolisce mentre ci dirigiamo verso il mare aperto, il vento aumenta, speriamo che non arrivi il brutto tempo che renderebbe questo viaggio ancora più malinconico.

Mi si spezza il cuore a lasciare la mia terra in balia di questi Nordici che niente sanno della gente che la abita: fuggo via dal Regno oggi, nel giorno di San Valentino, festa dell'amore, lo stesso col quale ho cercato di governare in quest'anno o poco più. Spero che, a prescindere da come finirà questa guerra, io, Francesco II di Borbone, verrò ricordato come un Re buono, che non ha lasciato Napoli per codardia, ma solo per evitare una carneficina tra i civili.

Purtroppo, non hanno avuto una buona sorte i soldati che hanno difeso la linea del Volturno e, infine, Gaeta: tra morti, feriti e dispersi chissà quante migliaia di uomini sono stati vittime di un destino avverso.

No! Non è stato il destino! Io e il Popolo tutto siamo stati vilmente traditi dai notabili e dai comandanti: in Calabria, pur essendo in schiacciante superiorità numerica, l'esercito si è arreso ai Mille e durante la traversata verso Gaeta, le navi che abbiamo intercettato ci hanno ignorato quando non ci hanno addirittura puntato contro i loro cannoni. Maledetti, che il Padreterno vi punisca!

Vogliamo parlare dei miei consiglieri e dei loro suggerimenti ambigui? Troppo tardi ho compreso che la loro unica finalità era far capitolare il Regno delle Due Sicilie giacché si erano venduti ai Savoia.

Stringo forte il parapetto fino a farmi sbiancare le nocche delle dita per la rabbia: sono sempre stato un tipo malinconico e fatalista, sono stato educato secondo rigidi precetti morali e religiosi e se mi vedesse  il mio precettore,  il cappellano Nicola , mi rimprovererebbe per aver ceduto all'ira, ma sfido chiunque a fare diversamente in una situazione come questa.

"Francesco?"

Perso nei miei pensieri, mentre guardo  il Tirreno abbracciare la nave, non ho sentito che qualcuno mi si avvicinava: mi volto e trovo lei, mia moglie Maria Sofia, che mi rivolge uno sguardo che, una volta tanto, non sembra essere algido, ma sinceramente preoccupato.

"Francesco, non stare ancora qui fuori, ormai Gaeta è perduta e il Regno con essa, almeno per ora. Se vuoi organizzare una controffensiva non puoi ammalarti, vieni sottocoperta."

È infreddolita, nonostante sia tutta infagottata per difendersi dal gelo invernale, mi fa tenerezza: " Non riesco a togliermi dagli occhi il tributo dei soldati e il saluto del popolo mentre lasciavamo la fortezza: sono preoccupato nel sapere che i miei sudditi sono nelle mani di personaggi che, non conoscendo nulla di queste terre, si limiteranno a depredarne le ricchezze e a fare carne da macello di queste persone, col pretesto di pacificare il nuovo Regno d'Italia... D'altronde, non hanno bloccato i bombardamenti neppure durante le trattative per la nostra resa, per cui che ne vogliamo sperare? Mannaggia a Cav... Cavo... Cavù... Mari' comm se chiama?"

"Dici Cavour?"

"Si, quello lì, Càvour!"

"Francesco, lo vuoi capire che l'accento è sulla U? Liberati della cadenza partenopea!"

"Giammai, è parte di me e lo sarà per sempre! Piuttosto Mari' devo ringraziarti per essermi rimasta accanto in questi 102 giorni di assedio, anche quando ti ho chiesto di metterti al sicuro: mi hai sostenuto agli occhi del mondo, hai incitato i soldati e aiutato durante l'epidemia di tifo. Devo inchinarmi davanti a te e sperare che la Storia un giorno te ne renda atto."

"Ho fatto solo il mio dovere, marito, non ringraziarmi. Però tu avresti potuto ascoltarmi, hai il popolo dalla tua parte, prima di arrenderti avresti potuto organizzare un contrattacco, la gente ti avrebbe seguito, riconoscente di quanto hai fatto per il Regno. Invece no, testardo di un Napoletano, hai dato retta ai tuoi infidi consiglieri e ora guarda dove siamo? Sulla Mouette, diretti a Roma in esilio!"

"No Mari', ora avrei sulla coscienza migliaia di civili, avrei perso il favore delle persone, che mi servirà quando, dopo essermi riorganizzato, tornerò a Napoli per rovesciare questi Savoia: vedrai che presto l'ordine verrà ristabilito, te lo giuro!"

"Non so, Francesco, ho un brutto presentimento... Spero che questo sia un arrivederci e non un addio."

"Mari' e dai, non marcare a peste!  Ma devi avere sempre l'ultima parola??"

"Quando siamo soli, sempre." mi dice prendendomi la mano e trascinandomi al caldo.

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