Mostro

Buio. Come sempre. Ormai sono giorni che è buio. Ho la sua immagine impressa nella retina, l’ultima visione che ho avuto prima del buio.

Buio.

Ormai sono giorni che è buio. E brucia.

Era là, bellissima, come sempre. Era bellissima e stava uscendo dall’acqua. Io l’ho guardata, ma come avrei potuto non farlo?

Io l’ho guardata perché era bellissima, e mi ha sorriso.

L’ho guardata, ma come avrei potuto non farlo? Loro la guardano sempre. Sempre, sempre, sempre.

Ma loro possono fare quello che vogliono, giusto?

Così mi ha sorriso. L’ultima visione prima del buio – ormai sono giorni che è buio – così mi hanno presa.

A loro non aveva mai sorriso, sono gelosi, ma li capisco. Al loro posto sarei stata gelosa anch’io.

Mi hanno presa e mi hanno cavato gli occhi coi ferri ardenti del fabbro.

Brucia.

Si dice che ci sia la tana del mostro, fuori dal villaggio. Decine e decine di uomini sono stati mandati a ucciderlo, altri a placare la sua fame.

Non ha mai funzionato.

Per questo sono venuta. Si dice che chi entra nella tana del mostro non esca mai più, e io non voglio più uscire.

Si dice che la tana del mostro sia buia, ma non mi importa.

Ormai sono giorni che è buio.

“Vattene via.”

“No.”

Il mostro è ostile, ma non come mi aspettavo. Non credo che mi voglia qui.

“Vattene, ho detto. Questo non è posto per ragazze come te.”

“Altrimenti?”

Tasto tutto intorno, è così che vedo, adesso.

Sento una superficie liscia e fredda, marmo, forme aggrovigliate.

“Non c’è un altrimenti. Devi andartene e basta.”

Freddo, umido, siamo al coperto. Una grotta, probabilmente.

Io non me ne vado. Oh, se non me ne vado. Qui è buio per tutti, non solo per me.

“Mi avevano detto che chi entra nella tana del mostro non esce mai più.”

“Per questa volta farò un’eccezione. Vattene, avanti.”

Sento un frusciare sospetto. È il fiume che passa tra i ciottoli in lontananza.

“Ma io non voglio fare eccezione. Non posso più tornare là, devo restare per forza.”

Non è il fiume, no, è il vento che passa tra le fronde degli alberi.

“Non puoi restare. Se resti qui morirai.”

“Qui è sempre morta un sacco di gente, vorrà dire che morirò anch’io.” Una goccia cade alla mia sinistra. Sì, si tratta decisamente di una grotta. Un altro fruscìo. Sono i miei vestiti che strisciano per terra. No, è un- “Non vorrei allarmarti, ma penso che sia entrato un serpente.”

Silenzio. Sento solo i miei battiti nel petto.

Brucia.

“Non l’hai ancora capito? Il serpente sono io.”

Invece che allarmarmi, l’idea mi rassicura. Questo serpente non ha intenzione di mordermi.

“Chi ti ha fatto questo?”

“L’ha fatto l’odio. Ti prego, non guardarmi. Non guardarmi e vattene.”

“Non posso guardarti, non posso più guardare nessuno.”

Buio. Tutto buio. Ormai sono giorni che è buio. Un piccolo sussulto, rumore di passi. Mani fredde sulle mie guance.

“Chi ti ha fatto questo?”

“L’ha fatto l’amore.”

Io l’avevo solo guardata, loro la guardano sempre. Ma loro possono fare quello che vogliono, giusto? E come potevo non guardarla? È bellissima, più di tutti loro messi insieme. È bellissima, io l’ho guardata, e loro mi hanno cavato gli occhi con i ferri ardenti del fabbro.

Eppure non me ne sono mai pentita. L’ultima immagine impressa nelle mie retine è stata il suo sorriso.

Lo rifarei cento volte, poi altre mille, e mille ancora.

“Uno sguardo a volte è abbastanza per fare una brutta fine, io ne so qualcosa.”

“È questo che sono, allora? Una brutta fine?”

“Solo se sarai tu a permetterlo.”

Freddo. Odore di terra bagnata. Respiri affannosi.

Il sibilo, ancora e ancora. Un serpente, dieci, cento. Non ho paura.

“Per essere la tana di un mostro, questo posto sembra bellissimo. Mi piacerebbe poterlo vedere.”

Statue. Esploro con le dita e i palmi le scanalature di marmo, mi sembra quasi di vederle. Un volto deformato dall’orrore, vesti stracciate, arti contratti un attimo prima della fuga.

Uno sbuffo. Il serpente non è d’accordo.

“Queste cianfrusaglie sono troppe, loro continuano ad arrivare e io non so che farmene. Tra un po’ mi toccherà trovare una caverna più grande, non so più dove metterle.”

“Una caverna più grande mi sembra un’ottima idea.”

Sorrido. Non succedeva da giorni. Non succedeva da quando ho visto il suo sorriso sulle sue labbra.

“Sarebbe un vero spreco di spazio, sto sempre da sola.”

“Posso stare io con te, se vuoi. Sei un mostro più gentile di quanto pensassi.”

“Solo se prometti di non guardarmi.”

“Te l’ho detto, ricordi? Non posso guardarti. Non posso più guardare nessuno.”

“Come ti chiami, ragazza?”

“Lype. Tu? Posso chiamarti mostro?”

“Puoi chiamarmi Medusa.”

Medusa mi ha insegnato molto, in questi anni. Mi ha insegnato che guardare non significa vedere, che vedere non significa guardare.

Mi ha insegnato che le sue gambe sono lunghe come colonne, che il suo ventre morbido da Venere è lì perché io ci posi la testa mentre mi intreccia i capelli.

E ogni volta che si avvicina qualcuno, qualcuno di loro, non permette a nessuno di venire a prendermi.

Un urlo, verso strozzato.

“Chi è stato?”

“Nessuno che ci riguardi. Vuoi venire a vedere? Ho finito la mia nuova scultura.”

Rido. Con lei è tanto facile ridere. Faccio passare i polpastrelli sul marmo.

Orrore, muscoli tesi, bocca spalancata in un urlo muto.

“Dovresti cambiare repertorio. Tutti questi uomini urlanti sono piuttosto inquietanti. Se continuerai a scolpire in questo modo inizierò a pensare che c’è qualcosa che non vada in te.”

“Oh, piccola mia... non c’è niente che vada in me.”

Buio, tutto buio. Ormai sono anni che è buio. Eppure ogni volta che il silenzio della grotta viene squarciato dalla sua risata, ora vedo la luce.

Note autrice
Okay, questo è stato un esperimento un po’ bislacco. Mi era stato chiesto tempo fa di scrivere un mini racconto e ho pensato, cosa di meglio che un po’ di mitologia greca e amore saffico?
Ho cercato di tenere un ritmo incalzante tramite il dialogo serrato, spero che sia trapelato qualcosa da queste – poche – parole.
Le frasi si ripetono perché la narrazione interna parla come Lype, che ha pensieri ossessivi e ricorrenti. Spero non sia stato pesante, ho fatto questa scelta per calare meglio nel personaggio che appunto è un po’ ossessivo.
L’idea dell’amore tra Medusa e una donna cieca mi ronzava in testa da un po’, così ho dedicato loro questa storia.
Non escludo di scriverci poi anche altri episodi, se volete stare sintonizzati aggiungete la storia in biblioteca. È pensata come One Shot, ma ogni tanto potrei inserire qualcosina alla raccolta.
Ormai sono lanciatissima con questi storici (trovate un MM ambientato stavolta in epoca romana sempre in questo profilo, e una romance vittoriana apparirà a breve), quindi se non volete perderli vi consiglio di seguirmi.
Vi lascio con questo aesthetic, nella speranza che la storia vi sia piaciuta!
Stelline, commenti, correzioni, critiche sono sempre apprezzati!

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