c a p i t o l o 8 - Non ti avevo detto di starmi alla larga?

E notavamo i nostri limiti, eh
E tu eri brava a lanciarmeli addosso
E tu eri brava a lanciarmeli addosso, eh, eh

Rkomi e Tommy Dali



Rikki getta fuori l'ultima nuvoletta di fumo dalla bocca, pesta il mozzicone della sigaretta con la suola dei tacchi e, velocemente, afferra la bottiglietta di whisky dalla borsa per ingoiarne un sorso.

I pensieri al loro posto.
Ha deciso di star calma quella sera, di non lasciarsi trascinare da nessuna provocazione, da nessuna risatina. Spera di farcela, anche se la vede durissima.

Completata l'operazione, la rimette al suo posto e bussa alla porta. Ad accoglierla sulla soglia arriva la domestica, seguita da Penelope e il suo sguardo incazzato, contornato da un sorrisetto derisorio.

«Ti sei degnata di venire, figlia...» Le dice, calcando appositamente sull'ultima parola. Poi invita la domestica a tornare di là, non prima di aver redarguito gli effetti personali della ragazza, rassicurandola che c'avrebbe pensato lei e quando essa è abbastanza lontana, ingloba il gomito di Rikki e la tira dentro.

Respira.
Respira.
Ma quanto ancora dovrò respirare prima di aprire bocca?

Chiudendo l'uscio, le fa una radiografia, facendola sentire come un topolino sotto la lente d'ingrandimento. Solo che, evidentemente, Penelope non deve essersi guardata bene allo specchio, perché il tubino rosso argentato firmato Rosé Tourette è talmente sottile e velato da intravedere proprio le parti di pelle che non si dovrebbero.

E Rikki sceglie di osare, di sfidarla, di tenerle testa come una vera leonessa. Di andare contro gli ideali che si era prefissata, perché proprio a ingoiarne la strafottenza senza replicare non ce la fa.

Si è persino tolta il bracciale regalatole da Conrad. Tanto sa che non si accorgeranno di nulla.
Soprattutto lei non si accorgerà di nulla.

«Vado bene, mamma? O avrei dovuto vestirmi da troia come...» Un sonoro schiaffo vibra nel piccolo ingresso all'esalazione di quei lemmi.

Rikki rimane di sasso, impalata e leggermente ricurva su sé stessa; gli occhi ancorati a quelli della donna, taglienti come il ghiaccio.

«Non ti permettere mai più, intesi?» chiarisce inviperita la donna. «Comunque di sopra trovi un abito fatto portare appositamente da tuo padre dalla nostra sartoria di fiducia. Non te lo meriteresti, ma il suo è un gesto di buon auspicio per l'inizio del college e non me la sono sentita di contraddirlo.» Detto ciò, Penelope gira sui tacchi e torna di là. Degli ospiti non ne è stata fatta menzione, ma quando, un minuto dopo, la castana avverte il campanello suonare, si affretta a scappare nella sua stanza. Non prima di aver fatto il dito medio al fantasma di sua madre.

Giunta in camera, si siede sul letto, distendendo le braccia sulla coperta, tirando indietro la testa. La guancia brucia un po', la stanchezza del cuore, quella, invece fa male.

E non è colpa sua. La sua psichiatra ha ragione, ma quanto ancora la riuscirà a sopportare questa situazione?

E okay, di certo non si sarebbe aspettata un'accoglienza degna di chissà quale principessa inglese, però almeno un cazzo di come stai, almeno un misero... ci sei mancata...

«A me sei mancata» una vocina gracile e dolce struscia lungo lo stipite della porta lasciato aperto di un quarto. Rikki sobbalza un po', ridestandosi e accorgendosi troppo tardi di aver espresso gli ultimi crucci ad alta voce.

«Lindsey», appena si accorge della sorellina le fa cenno di entrare e per la seconda volta nell'arco di poco tempo, la giovane Suarez rimane spiazzata.

Successivamente la invita ad accomodarsi accanto a lei, ma la bimba è tanto titubante, perché insomma... Non hanno avuto mai un rapporto chissà che idilliaco.
Sempre sballottate di qua e di là dalla superbia e la cattiveria della madre.

«È, è successo qualcosa?» Rikki fa fatica a parlare.

«Ho visto la mamma tirarti uno schiaffo», rivela quella a bruciapelo. «Ti dice sempre cose brutte...», Mormora e quasi ci piange. «Ma non è vero... Non è vero che non manchi a nessuno!»

«Oh amore...» Spinta da una tenerezza infinita, Rikki si stringe la sorellina addosso. La abbraccia forte, le bacia la chioma di capelli rossi, la culla con dolcezza e amore. «Ti voglio bene», pigola infine, baciandola di nuovo.

«Anche io. Scendiamo insieme?»

La castana si stacca di poco e la guarda negli occhietti marroni tempestati da stille di gocce salate. Poi indica la scatola situata sulla scrivania. «Devo cambiarmi»

Lindsey annuisce, nel frattempo che esce dalla camera.

Rikki è frastornata, non si aspettava niente di tutto ciò, anche perché Lindsey non si era mai comportata così e non capisce perché adesso le cose stiano cambiando.
O forse...
No.

Rikki spera non sia così, ma e se la mamma avesse iniziato a mettere le mani addosso anche alla bambina?
Presuppone di star esagerando, che sia solo una suggestione dettata dalle azioni avvenute in quei pochi minuti, ma non si stupirebbe. Solo che ha visto con quanta cura la madre la veste, la coccola, la fa sentire importante.

Neanche con lei è mai stata così accorata, ma infondo Rikki non è sua figlia legittima. Si sente più una comparsa nella vita dei coniugi Suarez; in quella di Terry, invece, un quarto di figlia reale.

In ogni caso, si para davanti allo specchio situato sopra alla scrivania e si toglie l'abito in pizzo, per poi infilare quello regalatole da suo padre.
È color corallo, con uno spacco sul davanti che parte da sopra al seno fino a raggiungere la parte bassa della pancia, con lo stesso taglio sulla schiena e lungo fino ai piedi.
Bello da togliere il fiato, ma sulla carnagione olivastra di Rikki non calza proprio benissimo. Quindi se lo sfila e rimette il suo.

Le dispiace per Terry, ma non deve certo conquistare nessuno e per una cena del genere è troppo esagerato.

È sicura che dietro ci sia lo zampino di Penelope, perché le sembra più nello stile della donna che in quello di lui.
I padri, di solito, tendono a dar un certo decoro alle figlie.
Quelli che ti vogliono bene e si prendono cura di te, accorgendosi di ciò che fai, ovviamente - e Terry su questo ha sempre peccato meno di sua madre.

Sua madre potrà anche diventare la regina delle puttane, ma lei non ci tiene affatto.
Riordina i capelli e rindossa i tacchi, infine torna di sotto e si prepara mentalmente alla serata più noiosa dell'anno.

🌓🌓

«Che ti è saltato in testa, Rikaela?»

Sua madre, appena la vede accostarsi agli ospiti con lo stesso vestito con cui è arrivata, non perde occasione di rimproverarla. Ma Rikki, ora più come mai, si sente invincibile; niente può scalfirla, se non la preoccupazione per Lindsey.

Così la evita e va da suo padre, intento a conversare con l'uomo di bell'aspetto che gli si trova davanti. Ringalluzzito nello smoking Jimmy Choo e nelle scarpe di Tommy Hugo, Terry Suarez ho lo sguardo fiero, impostato. Se non lo conoscesse bene, Rikki penserebbe che stesse soltanto recitando.

«Papà», «Signor Logan», inizia cordiale, mostrando la mano e aspettando che il collega di Terry gliela stringa. I lineamenti orientali incorniciano un viso paffutello, dal mento allungato. Un paio di occhiali scuri da vista completano il tutto.

«Oh signorina Rikaela, quale onore! Suo padre mi parla molto di lei, sa? È fiero di avere una figlia che studia alla Prison Ally University», mastica il medico, sorridendole.

Rikki si liscia il vestito e ricambia il sorriso. «Mi chiami pure Rikki, preferisco. Comunque è un onore anche per me. E la stima con mio papà è reciproca, mi creda.»

«Non ne dubito, ve lo si legge nello sguardo»

A quelle parole, i due si voltano l'uno verso l'altra e Rikki, senza farsi vedere dal signor Logan, mormora delle scuse a Terry. Lui le fa segno di non preoccuparsi, ma sicuramente ne parleranno meglio in separata sede.

Poi un ragazzo alto e dai tratti asiatici come quelli del padre fa il suo ingresso nel salotto; una tartina gli sbuca dalla bocca.
Pare essersi strafogato, tanto che, quando anche suo padre lo nota, gli rifila un'occhiata inceneritoria. Dunque il giovane dà le spalle ai presenti e deve finire il boccone, perché quando si rigira rimane solo a masticare gli ultimi frammenti.

«Miles», dice in seguito, baciando Rikki sulle guance.

Lei sgrana piano le pupille, ma non ricambia il gesto. «Rikki», suggerisce cordiale.

Lui si aggancia i primi bottoni della giacca di velluto blu e riavvia i capelli con un gesto veloce della testa. «Non devono piacerti questo genere di cose, vero?»

Lei accartoccia le sopracciglia. «Cosa intendi?»

«Quel vestito», spiega Miles, «dove lo hai preso? Sull'Amazon dei poveri?».

Ma come cazzo si permette questo figlio di papà? Pensa lei, aprendo la bocca per dire qualcosa, ma l'arrivo di sua madre e la piccola Lindsey le fa uscire solo del fiato.

«Se volessimo accomodarci, la tavola è pronta.»

«Allora Rikaela, come ti trovi alla Prison Ally University? Ne parlano bene e male di quella scuola», comincia Logan, tagliando una fettina di carne e infilandola in bocca. La moglie, al suo fianco, gli chiede di passargli l'acqua.

«Bene, direi bene.» Taglia corto, gettandogli addosso un'occhiata frettolosa, per poi tornare col capo chino sul piatto.

Non sta praticamente toccando cibo, ma non perché non abbia fame, ma perché questa interrogativa le ha chiuso lo stomaco in una morsa.
Soprattutto l'ansia che le sta gettando addosso sua madre nel guardarla incessantemente come se stesse per rompersi.
Come se avesse paura che possa dire qualcosa di sconveniente, ma tutto quello che vorrebbe esalare Rikki in quel momento è che si è rotta le palle e preferirebbe di gran lunga annoiarsi altrove.

«Beh, dall'articolo che è stato pubblicato online, non si direbbe che il tuo college sia così... Raccomandabile» commenta Miles Logan, ridacchiando un po'.

Penelope si agita sulla sedia, a Rikki diventa bianco il volto.

«Di quale articolo parli?» Rikki getta in gola un sorso di Barolo del '66, pulendosi poi le labbra col tovagliolo e poggiando gli avambracci sulla tovaglia bianca stirata con cura.

«Di quello che è uscito su Total Scoop. E devo dire che l'Arcadial e la Prison formano proprio un bel duo. Menomale che alla fine ho deciso di fare medicina, altrimenti mi sarei dovuto relazionare con un branco di svitati. Mi avevano accettato anche alla Prison ed ero mezzo tentato di andarci.» Continua quello strafottente, masticando una patata al forno. «La ragazza di cui si parla nell'articolo deve essere stata al pari di Belen Rodriguez, per venir difesa così a spada tratta, non trovi anche tu?»

Ogni lemma uscito dalla bocca di Miles pungola Rikki come uno spillo. Apre solchi e instilla paure nelle viscere, la rende uno straccio da usare per pulire. Perché lei lo ha capito benissimo che lui sa perfettamente che si tratta di lei; e che è la stessa che Conrad ha difeso quella sera.
Che quel maledetto articolo parla di lei, di loro... tuttavia nessuno ha capito cosa si celi dietro tutto quello.

Ma che senso avrebbe spiegarlo?

Rikki prega soltanto che Miles non cacci fuori nient'altro. Solo che il timore la fa alzare di scatto e, non accorgendosene, fa volare a terra l'intero cibo contenuto sul vassoio che la domestica stava appena servendo.

«Io... Io devo andare, scusate. Buon proseguimento di serata.» Balbettato ciò, recupera velocemente i suoi effetti personali e sparisce da casa Suarez prima che sua madre la raggiunga e le arpioni un nuovo schiaffo.

L'imbarazzo e il dispiacere la investono all'istante, quando si chiude la porta alle spalle, sentendosi in colpa per suo padre e la fiducia che le aveva cucito addosso. Ma quel genere di cose non hanno mai fatto per Rikki, neanche quando stavano ancora a SkyWron e ogni settimana dovevano presenziare a qualche evento esclusivo. Trascorreva la serata a bere champagne e a stare dietro alla sua sorellina, perché Penelope e Terry erano occupati a fare buon viso a cattivo gioco con i colleghi e le consorti di quest'ultimo, quando in verità non poteva fregargliene un cazzo.

Ognuno gioca per sé, solo i buoni giocano per due.

Schiacciando il bottone della Micra, Rikki entra velocemente nell'abitacolo e scoppia in un pianto talmente forte che udirlo nelle orecchie le fa ancora più male.
Lo stomaco le brontola piano, reclamando attenzioni, ma lei invece gli consegna solo altro alcol.

La bottiglia di whisky è quasi giunta al termine e deve assolutamente comprarne una nuova.

Nel mentre continua a singhiozzare e ad asciugarsi le lacrime con il dorso delle mani, si chiede cosa farà adesso, dove andrà, perché l'opzione college la esclude a priori.

Adesso non è neanche più sicura di aver fatto la scelta giusta a essere lì a New York. Forse avrebbe dovuto accettare la proposta dell'università in Scozia e stare lì, proprio come aveva fatto Charles Dubois prima di tornare in California.

Oppure lasciar fare al destino.
O... Non lo sa, maledizione!

È frustrata, confusa, triste, si sente sola. Sola come non è mai stata in vita sua.
Poi un'idea le balena in testa, accendendole il sorriso. Lancia la bottiglia sul sedile del passeggero e avvia il motore, uscendo dallo spiazzo e oltrepassando il cancello della proprietà.
Avviando Google Maps sul telefono, inserisce la via e spera di non star facendo l'ennesima cazzata.

🌓🌓

Il Jolly Tattoo ha le serrande abbassate quando parcheggia l'auto. È la prima cosa che nota e anche l'ultima che vorrebbe ingoiare.

Ma come potrebbe essere altrimenti? Sono le 21PM di sera.

Tuttavia ciò non la ferma, perché scende, getta in gola gli ultimi rimasugli del whisky e butta a terra la bottiglia, che provoca un rumore sordo finendo contro l'asfalto, rieccheggiando anche per strada.

La testa gira, il respiro rilassato.

Rikki barcolla smontando e un lembo del vestito le si attacca da qualche parte, ma è troppo in estasi per capire bene e allora lo tira soltanto e quello emette un lamento.

«Fanculo», mormora tra sé e sé, chiudendo la portiera e scattando le sicure.

Muove due passi, poi si rende conto che ha lasciato sia il telefono sia la borsa in auto, ma fa spallucce. Di tornare indietro non ne ha nessuna intenzione. Quindi avanza e dopo bussa contro la saracinesca, provocando altro baccano.
Qualcuno urla bestemmie dai piani più alti, altri le promettono che se non la finirà le tireranno acqua ghiacciata addosso. Lei mostra il dito medio, ribussando.

«Conraaaad» urla, allungando la 'a'.

Di lui però non se ne vede manco l'ombra.
E che cosa avrebbe potuto aspettarsi di diverso?! Sicuramente il giovane sarà già a casa a riposare e...

... Contro ogni aspettativa, due minuti dopo, Rikki avverte il clangore metallico di una chiave che gira nella serratura e poi l'innalzamento dell'avvolgibile.

A ritrovandoselo davanti, la castana sorride. Quasi gli si getta addosso.

«E tu che cazzo ci fai qui?» irrompe Conrad, elevando un sopracciglio confuso.

Rikki continua a sorridere, traballando sui tacchi.

«Io... Io non lo so, credo di aver bisogno di...» inciampa anche sulle parole, non concludendo un discorso che abbia senso.

«Dai entra», le intima poi lui, e Rikki non se lo fa dire un'altra volta.

Varca la soglia, i tacchi che rimbombano sul pavimento.

Conrad la segue in silenzio dopo aver chiuso la porta, la musica di sottofondo che passa alla radio rischiara un po' la notte trepidante di confusione.

La mente, come si aspettava, è finalmente sgombra dai pensieri.

Rikki prende posto sulla sedia del suo studio, inforcando anche la sigaretta lasciata sul posacenere del tatuatore con l'indice e il medio; ne aspira due tiri e "cosa stavi facendo?", curiosa, afferrando un foglio stropicciato e cercando di mettere bene a fuoco, ma l'alcol in circolo non l'aiuta per niente. Così lo rimette al suo posto, mentre lui sospira.

«I cazzi miei, Rikki.»

«Mamma quanto sei scorbutico», biascica, accavallando le gambe.

«Sbaglio o ti avevo detto di starmi alla larga?»

Il tono di lui adesso è incazzato a morte.

«So io di cosa avresti bisogno», ma lei lo ignora prontamente.

«Mh, di cosa?»

«Di qualcuna che ti scopi come si deve per levarti di dosso un po' di strafottenza»

«E tu di un bravo psicologo», ammette Conrad.

«Ne ho già uno, grazie. Anzi in realtà è una psichiatra», afferma Rikki tranquilla, gettando un'occhiata in giro, ma la stanza gira tutta e lei, con quella poco lucidità che le resta, si interroga sul come sia riuscita a guidare conciata in quel modo.

Conrad sospira. «Sai che non dovresti guidare da ubriaca?»

«Mi leggi nella mente?» chiosa lei, eccitandosi.

Lui non risponde e si dirige alla finestra, accendendo una nuova sigaretta. Rikki non si perde un solo movimento.

È bello da togliere il fiato, come da quando lo conosce. Stretto in un paio di jeans strappati sulle ginocchia e calati sui fianchi e una T-shirt di Star Wars. Tiene i capelli disordinati e ai piedi un paio di Converse alte borchiate.

«Smettila di guardarmi», vibra lui.

«Perché, ti imbarazzi?» Rikki decide di prendere la balla al balzo e si alza dalla postazione, raggiungendolo. Quando gli è a pochi passi di distanza, i loro sguardi si incrociano e le pozze della giovane diventano languide, non solo a causa dell'alcol. Piano, eleva una mano fino a toccargli il mento, lo sente fremere sotto le dita. «Da quanto non ti toccava una donna?»

Conrad tira su col naso, ingoiando la saliva. «Non faccio per te, Rikki», ma lui non vuole sentire altro.

«Dimmi che non ti piaccio, che sono brutta, stupida, ma tu...»

«Io cosa? Neanche mi conosci. Ti sei presa questa stupida cotta per me, ma io... Lasciami in pace.» Conrad si stacca velocemente da lei, voltandosi per spegnere la Camel nel posacenere situato sul davanzale. Poi controlla l'orologio sul telefono e: «È tardi, dovresti andare».

Lei fa come gli è stato detto, scossa, col cuore ammaccato, senza dire una parola.
Ritrae di scatto la mano, come se si fosse scottata in una presa elettrica, avvertendo le lacrime affiorare e sentendosi profondamente umiliata.
In un baleno esce dal negozio, sale in auto e torna al campus.

Una volta lì, macina velocemente i passi che le servono per arrivare nella sua stanza, con la voglia di mettersi sotto le coperte e piangere a dirotto.

Trattenersi fino a quel momento le è costata una gran fatica.

Ma, aperta la porta, trova Ebert Patel seduto sul suo letto e Allegra con l'esaurimento nervoso arpinato sulla faccia.

Se prima credeva che la sbronza le fosse quasi passata, adesso è sicura che le sia scivolata del tutto di dosso.

«Che cazzo vuoi?» strepita Rikki. Ebert, accorgendosi di lei, si eleva all'istante.

«Ho bisogno di parlarti.»









#Spazioautrice
Buon pomeriggio fiorellini bellissimi 🤍🌻
Ho aggiornato prima, piaciuta la sorpresa? Avevo il capitolo pronto da qualche ora e mi dispiaceva tenerlo ancora lì
Non è perfetto e non mi piace neanche troppo, soprattutto la parte finale, ma spero che sia comunque di vostro gradimento 🙏🏻🤍
Beh, che dire... Rikki è la mia sottona preferita, ragazz* hahaah mi rivedo un sacco in lei, cuore dolce 💛
E Conrad boh... Cederà mai? Io non vi dico niente eh 🤭
Ed Ebert? Che cavolo vorrà? Ho un po' paura a saperlo se fossi in Rikki sinceramente, però boh... Vedremo 👀
Vi ringrazio per le 25k letture a Mostri, siete prezios*🥰🤍
E niente, fatemi sapere cosa ne pensate di tutto quanto e che cosa vi aspettate succederà nei prossimi capitoli 😌😌

Un grosso abbraccio 😘

P.s. vi lascio gli altri miei social:
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