Mostrami la notte di Itaca

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My mercy has long since drowned
It died to bring me home »

[Odysseus - EPIC: The Musical]



Dov'è il senso del tempo, mentre gli anni scorrono tra le dita come sangue?

Dov'è il senso di un cuore, che arranca dentro al petto come le onde di un oceano rabbioso? Il cuore raschia incontrollato contro le pareti del petto: scogli ruvidi stagliati contro un cielo di metallo.

Batte. Batte. Batte.

Si ripercuote lungo le tenebre di Itaca come tempesta. Ruggisce. Distrugge. Il colpo del tuono si dispiega nelle mie vene e incenerisce quello che di umano resta del mio sangue. Scandisce ogni secondo come colpi di un tridente affondato tra le costole di un dio caduto nel fango.

Mostro.

MOSTRO.

Odisseo?

Cosa hai fatto?

Mi si gonfia una risata tra le labbra, risalita su dalle viscere come acido.

Cosa ho fatto?

L'ho ucciso.

Ho ucciso. Ho sentito l'uomo morirmi addosso, debole e inerme, e lasciarsi alle spalle nient'altro che rabbia. Fame. Desiderio cieco e incontrollato di uccidere ancora, fino ad affogare ogni voce in un silenzio pesante come il mondo, che avrebbe messo l'Olimpo in ginocchio.

Muore, il calore innocente della misericordia, mentre il vuoto si spande attorno al battito secco e gelido nato dagli abissi di un mare intorbidito dall'ira. Rimbomba tutto attorno. Si infiltra tra le crepe di un palazzo privato del suo re, oltre le porte socchiuse, attutisce lo strepito nauseante di quelle risate. Non ha direzione. È ovunque.

Sa di guerra.

Di una storia lunga venti anni condensata nel singolo e assoluto sibilo di una freccia. Scocca. Trafigge la tenebra. Colpisce. Attraversa la gola molle di un codardo e un grido di annulla nel rigurgito del sangue.

Cade a terra, dimenandosi appena.

E, nel baluginio che danza nei miei occhi, c'è solo un piacere crudo e malato, come una scintilla instabile, principio dell'incendio che darà il mondo alle fiamme.

Odisseo?

Odisseo.

Da quanto tempo ti sei perso?

Non c'è un senso, nel tempo che mi imbratta le mani.

Non so dire cosa io sia, mentre la notte di Itaca mi si richiude addosso come un mantello. So solo che è quello che devo essere.

Si levano le torce. Tempestano le mura come bersagli.

Non sento più il suono dei miei passi, forse non esisto più. C'è soltanto quel palpito esasperante, intenso come veleno strisciante lungo le membra degeneri del buio, mentre sento - fremiti lungo la corda di un arco - la paura divorare gli sguardi di chi ha scelto di dimenticare il mio nome.

È ovunque.

Sono ovunque.

– Siamo in vantaggio!

Voci stridule, che meritano soltanto oblio. Camminano lungo i corridoi, mentre le colonne diventano zanne e il vento si imputridisce di morte.

– Siamo in maggioranza, abbiamo la potenza necessaria e...

– Non capisci! – l'altro lo prende per le spalle, il terrore a irrigidire quell'unico sussurro – Lui pianifica ogni attacco. È pericoloso, dobbiam-

Silenzio.

Gli occhi si rivoltano all'indietro, una punta di freccia emersa dalla fronte.

Odisseo?

Dove sei?

Sono da qualche parte, tra i canti di un fantasma e il gelo mordace del mare a trascinarmi tra i morti. Perso, a metà strada tra l'abbattersi di un fulmine, a bruciare la pelle sulle ossa, e il correre sconnesso di lacrime di odio, a mescolarsi con l'icore e gli spruzzi furenti dell'oceano prosciugato di dignità.

Sono condannato a precipitare giù, in un abisso che non ho mai chiesto.

Quando sarà abbastanza?

Un'altra risata, diramata come un lampo nel nero livido di un cielo senza luna.

Non lo sarà.

– Abbassa la testa, sta mirando alle luci.

– Le nostre armi – ansima il compagno, il panico a venare quelle parole – Non ci sono più!

– Sta usando il buio per nascondersi – occhi che balenano convulsi, in cerca di spettri – Siamo disarmati contro un arciere invisibile.

– Dobbiamo fare come fa lui – un bisbiglio ansioso. Deglutisce. Una goccia di sudore scorre lucida lungo la tempia – L'unica possibilità è attaccarlo nell'oscurità.

– Conosciamo queste mura – speranza. Adorabile, incosciente illusione – Possiamo vincere.

La notte si scrolla di dosso le stelle – torce fragili – inglobandole nell'impietosa tenebra di nubi sempre più dense.

Preparatevi alla tempesta.


Pensate che non conosca il mio stesso palazzo?

L'ho costruito io.


Il vuoto si popola di urla.


Il sangue appiccica, sotto le scarpe.

Corpi si ammassano negli angoli, mentre un mostro strappa frecce madide da quello che rimane di quelle membra immobili.

Implora, chi sopravvive, le mani tremanti tese nella penombra, per reclamare una clemenza che è estinta da anni sulle sponde di vetro di un fiume infernale.

– Antico re, perdonaci! Hai ucciso il nostro leader, puoi smettere con questo massacro, ti saremo fedeli – è in ginocchio, le dita sporche di rosso contratte contro il petto. Giovane, indifeso, gli occhi iniettati di orrore – Per favore. Apri le tue braccia e...

No.

L'arco scocca. L'uomo si accascia di lato, un fiore di sangue sbocciato sul petto.

Occhiali si frantumano sulla pietra. I frammenti scricchiolano, sotto le suole.


Batte. Batte. Batte.


Una clessidra si rovescia e il tempo, arrancando come un ragazzo che corre tra mura insudiciate e visioni di morte, riprende a scorrere.

Telemaco spalanca la porta con un calcio. Nel semibuio, ali di civetta rilucono spettrali sulla sua schiena.

– Mettete giù le armi! Vi assicuro che sarete risparmiati – il tono del principe è un affondo spontaneo, uno scroscio di pioggia, il latrato lontano di un cane.

Un ringhio si dipinge sulle labbra piagate degli uomini, a fronteggiare il giovane come gigantesche ombre informi.

– Non oseremmo – sibilano, i profili scolpiti dal bagliore debole di una torcia morente – Non dopo aver visto di cosa è capace il tuo re.

Telemaco rafforza la presa sulla spada. Leva la testa, la fierezza impressa come lucciole frenetiche nei suoi occhi scuri.

– Non voglio farvi del male.

– Ah! – l'alito fetido dell'uomo gli raschia addosso. Puzza di scherno. Un ghigno disgustoso gli stira la bocca come una ferita aperta – La tua presenza ha condannato il re, giovane principe. Non saresti dovuto venire – un gesto, e il resto dei proci si spostano tutt'attorno in uno sciame, i volti come maschere scure – Possiamo ancora vincere. Prendetelo.

– No!

Odio e orrore pervadono Telemaco, mentre mani dure gli si chiudono addosso come morse, senza che lui abbia la forza di cacciarli. Quelle dita piagano la pelle come fauci. Affondano nella carne fino a cospargerla di lividi.

– Lasciatemi!

Le ali si dibattono inutilmente. Scalcia, il principe, mentre le risate lo raggiungono e ardono addosso come braci. Lacrime di rabbia appannano la notte.

– Lasciatemi! Lasciatemi!

Lotta, piccolo lupo.

Provaci, piccolo lupo.

– Tenetelo fermo.

Itaca è una prigione di grida. Di risa. Di violenza e di pianti annegati in un buio che si infittisce, un mezzo respiro alla volta.

– Fatelo obbedire.

Telemaco urla, la gola stracciata, la spada abbandonata a terra, incapace di trovare il Sole.

– Se non sta fermo, rompetegli le mani.

Fermo, piccolo lupo.

Muori, piccolo lupo.

Muori.


C'è una civetta, nascosta tra le fronde d'ulivo impregnate di sangue.

Osserva, mentre la clessidra si rigira ancora una volta nel nero impietoso che stringe il regno come spire di serpe.

Dov'è il senso del tempo?

Dove finisce un uomo, mentre venti anni lacerano l'anima con lame fradice di quello che rimane del destino?


Odisseo?


Ho la loro vita tra le mani. Gronda dalla punta delle mie frecce fino a mescolarsi con la polvere.

Odisseo?

Sei ancora tu?

Vorrei urlare, fino a far crollare la notte. Vorrei piangere, finché i miei lamenti si fondano con il vento che agita le vele e sospinge gli uomini verso il gelo del baratro. Vorrei strappare ogni dio dall'indifferenza crudele del cielo, fino ad annegare del tutto nell'oro rovente del loro sangue.

Papà, per favore.

Papà, trovami.

– Ce l'abbiamo! Non fatelo muovere!

Odio. Un tridente stagliato contro il bagliore spietato della luna.

E se tutto iniziasse e finisse sul bordo delle mura? Nel vagito di un bambino? Nelle domande di un uomo, rivolte ad un futuro che ha scelto di consumarlo pezzo per pezzo fino a fargli dimenticare se stesso?

Non ne sono sicuro.

Eppure io sono ancora qui, a rivolgere quelle domande davanti ad una città che brucia, la vita di un bambino tra le braccia mentre il mondo ribolle di guerra.

Questa volta, però, l'apocalisse grida con la mia voce.

E finalmente so rispondere.

Quando un uomo diventa un mostro?


Ora.


Batte. Batte. Batte.

Stringo. E tutto si svuota.

Riecheggia, il cuore di chi non ce l'ha più.

– Abbi piet- piet-

Pietà?

PIETÀ?

È morta, la mia pietà, per riportarmi a casa. Sono annegato, per tornare a toccare queste rive. L'ho portata giù con me.

Avete ordito alle mie spalle – ho le mani inviscidite, la voce come il boato del fato che infine si compie – Avete tramato di uccidere mio figlio, stuprare mia moglie. Avete riempito il mio cuore di odio, disonorato la memoria del vostro re! Ora...

Il buio si scuote. Divino e mortale si contorcono nel rombo di un equilibrio che si disperde oltre i confini del mare. Il tempo non esiste più – forse non è mai esistito – mentre un canto si leva dai meandri dell'Ade e si avvolge nel vento, trasportando nella sua scia vortici di cenere.

Un uomo posa un bacio sulla fronte di un bimbo.

Soffio, e le torce si spengono.

Morite.


C'è fuoco. C'è collera. C'è giustizia.


E tu, Odisseo?

Ci sei ancora?


Non lo so.


Tutto quello che sento, sono urla.



Cover credits: @ / elianzis_art su ig

NdA:

Il mio spirito natalizio è morto e sepolto da qualche parte, a questo punto. L'angst dentro di me ha bisogno di emergere, in qualche modo.

Questo è un periodo pieno in modo deprimente: scrivere di EPIC mancava come l'aria. Ho tante shot che smanio dalla voglia di scrivere, ma intanto vi lascio qui questo magico delirio da post Ithaca Saga. Non so se avrò tempo di abbozzare altro, ma almeno una shot spontanea e caotica sul mio strano mostro psicotico preferito volevo ritagliarmela qwq

Sto ascoltando la nuova saga proprio adesso. Proprio la canzone di questa shot, tra l'altro ahah. E potrei scoppiare a piangere per la quinta volta, oggi.

Quindi, sì, se non conoscete EPIC è un ottimo momento per iniziare (annuncio pubblicitario gratis: giuro che Jorge non mi ha pagato per dirlo), perché questo musical stupendo oggi è stato pubblicato per intero e io ancora non ho metabolizzato. Regala tantissimo, lo prometto <3

Buone feste, belle persone, grazie infinite a chi è arrivato fino a qui, vi mando un oceano di amore <3

Coss

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