Capitolo sette: Labirinto
//Angolo autrice:
So già che questo capitolo uscirà in ritardo, e per questo vi faccio le mie più sentite scuse. Mi dispiace moltissimo, ma il rientro in presenza e altri vari problemi personali mi hanno uccisa; per di più è un periodo di merda e non ho molta autostima in generale, figuriamoci nella scrittura. Sono anche un po' demoralizzata a causa delle poche visualizzazioni che fanno le mie storie, ma si va avanti. Se stata leggendo questo avviso, grazie per supportarmi e continuare a sostenere il frutto della mia passione, per me vuol dire molto. Devo tantissimo ad ognuno di voi.
Innania non aveva mai indossato un abito prima di quel momento, anche se fin da piccola aveva sempre avuto la passione per i gioielli e i costumi Alastoriani. Ne adorava la pomposità, la complessa e barocca struttura, i luminosi ricami dorati e gli accessori così vistosi da sembrare stelle rubate ad un cielo troppo grande per notare quel misero furto. Passava intere ore a osservare le foto sbiadite dei partecipanti alla Lotteria, guardava estasiata quei corpi snelli ed eleganti, quegli occhi innocenti che non avevano visto il dolore e quei sorrisi lontani, pieni di una compassione che non conosceva umiltà. Una parte di se stessa li odiava, detestava il loro benesse e il loro oro, ma una voce dentro, nel profondo del suo cuore, provava un senso di intrinseca inferiorità nei confronti di quelle persone, come un lupo pronto a prostrarsi davanti al capobranco. Aveva sognato per moltissime notti il giorno in cui finalmente il suo corpo sarebbe stata abbracciato dalla seta e il suo collo ornato da collane brillanti; fantasticava per ore, immaginando una versione più bella ed elegante di se stessa portare con grazia quei vestiti sgargianti che la sua mano non aveva mai potuto toccare. Sognava di essere una principessa aggraziata persa tra montagne di muscoli e nocche sbucciate. Ma ora il tessuto rosso le si era infilato nelle cosce, facendo risultare la sua camminata goffa, e la spallina sinistra si era rotta appena la ragazza aveva tentato di muovere il braccio. Era un tubino rosso che terminava a metà polpaccio, un bell'abito simile a quelli che vestivano le prostitute nei vicoletti vicino al Secundo Circulo. Non era molto complesso, eppure era la cosa più elegante che Innania avesse mai provato. C'era qualcosa di grottesco, quasi caricaturale, nel modo in cui quel capo d'abbigliamento si appoggiava sulle sue membra muscolose, un che di innaturale e privo di grazia. Un animale selvaggio e sporco di sangue che sfilava con finta eleganza indossando un abito da sposa.
La Mimicana zoppicava in modo sgraziato per i grandi corridoi di casa Hill. Era una gigantesca villa ad un solo piano dispersa in mezzo al verde rigoglioso della campagna Alastoriana, uno di quei posti incantati dove pareva di essere tornati ai tempi antecedenti alla guerra. L'interno era costituito da molti corridoi di legno scuro che si intersecavano tra di loro in un moderno labirinto. Tutte le stanze sembravano uguali e al contempo diverse, in una sorta di illusione ottica ben studiata. Le mura bianche erano ornate da alcune foto molto antiche, probabilmente raffiguranti gli antenati di Belial o Menasse, i quali la fissavano con aria guardinga scrutando il parquet. La casa non possedeva altre finestre, oltre a quella presente nella stanza degli ospiti, ma solo lampadari dalla luce soffusa che si attivavano come per magia ogni volta che qualcuno metteva piede in una nuova stanza. Quel posto faceva rabbrividire la giovane ragazza, abituata alle casette luminose e agli spazi aperti. La camminata fatta in quella buia prigione non poteva essere durata più di qualche minuto, ma le parvero ore intere. Cassandra continuava ad indicare le figure appese al muro, narrandone le gesta con estrema enfasi; raccontava con passione di come il nonno dell'albino avesse legalizzato l'uso di droghe pesanti, mentre il bisnonno era riuscito con le sue sole forze ad avviare una delle aziende più ricche dell'intera città sospesa, o ancora, della bisnonna specializzata nella compravendita di armi bianche, e così via. Verso la fine di uno dei tanti corridoi però erano presenti due spazi vuoti, delle incognite in quell’albero genealogico così preciso
《Siamo arrivate》cinguettò gioiosamente la minore 《È meglio che io vada a cucinare la cena. Ci vediamo》la salutò allegramente facendo un cenno con la mano sinistra, prima di abbandonandorla davanti ad una fredda porta d'abete tinta di nero opaco.
La mora guardò per l'ultima volta quelle pareti che narravano la storia di una luminosa discendenza, ammaliata da quella stirpe di campioni, adorante all'idea di posare i piedi nello stesso posto dove quegli uomini d'onore camminavano quotidianamente. L'atmosfera però si rovinò quando il suo sguardo si posò su una piccola foto scura posta vicino all'uscio. Innania non aveva mai visto un essere così strano come quello raffigurato nell'immagine. Non riusciva a riconoscere il soggetto dello scatto, ma assomigliava molto ad una forma primitiva di vita dalla fronte estremamente pronunciata, era un essere minuscolo e debole, legato a qualcosa di simile ad una fune o ad una corda. La giovane donna non si fece molte domande, infondo non conosceva bene le tradizioni Alastoriane, così aprì la porta senza cercare una spiegazione razionale.
Lo studio di Belial era una delle stanze più buie che Innania avesse mai visto. Non erano presenti finestre né tantomeno lampadari, e solo una candela ormai consumata illuminava quel tugurio. Nell'aria aleggiava l'odore antico dei libri misto ad uno strano aroma di caffè e fumo. La donna non vedeva molto bene quello che la circondava, ma nella semioscurità poteva notare due grandi scaffali pieni di libri, tutti ricoperti da uno spesso strato di polvere, e molti quadri raffiguranti figure alate. La carta da parati sembrava ingiallita e vecchia, stonando completamente con il resto della casa, moderna e ben curata. Belial sedeva su una scrivania di legno scura posta al centro della stanza. Fumava una sigaretta con una mano mentre con l'altra sfogliava un plico di fogli con aria concentrata. L'unica cosa che si riusciva ad udire era lo scoppiettio allegro della candela che lentamente si scioglieva sporcando i documenti sparpagliati con noncuranza sul banco da lavoro. In quel momento era diverso da tutti gli altri Alastoriani, più umano di quanto volesse dare a vedere. Le spalle possenti erano piegate in avanti, dimostrando una postura errata che durante la Lotteria aveva saggiamenre nascosto, le gambe non erano rilassate, bensì si muovevano veloci sotto il tavolo, svelando uno stato d'ansia così estraneo alla visione che la donna aveva degli Alastoriani. Persino i suoi occhi ora erano diversi, tenuti socchiusi per leggere meglio le scritte, sotto la luce calda del lume si mostravano rossi e gonfi a causa di un probabile pianto. Pareva così lontano dalla visione ultraterrena che per tanto tempo Innania aveva avuto degli abitanti del cielo.
《S-salve》sussurrò la mora spaventata, entrando lentamente nella stanza. Il pavimento di legno scricchiolò quando la donna appoggiò il possente piede sulle assi color larice.
Belial, assorto nelle sue scartoffie, si rese conto solo in quel momento della presenza di Innania. Alzò lo sguardo porgendole un sorriso cordiale e distante, una cinica forma di educazione che fece scomparire in un battito di ciglia quel frammento di umanità che la ragazza pensava d'aver visto. Immerso in quella stanza decadente e illuminato dalla luce del fuoco, ritornò ad essere un angelo.
《Signorina Leroux, si accomodi. Stia tranquilla, non la mangio》disse l'albino accarezzandosi distrattamenre i capelli lattei, spegnendo a malincuore la sigaretta 《Mi dispiace molto accoglierla in questa atmosfera così lugubre, ma i miei occhi sono estremamente suscettibili alla luce solare》spiegò appoggiando i fogli su un lato della scrivania 《Ho passato tutto il tempo della Lotteria a lacrimare di nascosto》confessò poi ridacchiando, mentre si sistemava sulla sedia.
Quella non era la prima persona affetta da albinismo che Innania vedeva, il padre adottivo aveva avuto trai suoi pazienti una giovane ragazzina molto simile a Belial, ma ella era morta in meno di un mese. Le persone fragili non avevano una vita lunga a Mimica.
《Stia tranquillo, non è un problema》lo rassicurò subito la mora avvicinandosi con estrema lentezza. Sentiva le gote divenire rosse a causa dell'imbarazzo e il cuore iniziare a battere sempre più forte per colpa dell'ansia.
《Prego si accomodi》affermò l'altro giocando con la cravatta scura e indicando una sedia appoggiata in un angolo buio della stanza.
Innania rimase ferma per qualche secondo, esaminando con attenzione la situazione. Non riusciva più a trattenersi, la paura era troppo forte. Le parole sembravano indugiare sulle sue labbra, tenute in ostaggio dal pudore e sollecitate dal coraggio e l'amore nei confronti dello zio. Sentiva il battito del suo cuore divenire sempre più veloce, la saliva bagnava le sue labbra scure mentre lo stomaco stringeva in una morsa di dolore. Odiava non avere il controllo della situazione, odiava sentirsi impotente, odiava non sapere. Chiuse gli occhi rilassando le membra. Rimase in piedi, quasi come simbolo di protesta.
《Mio zio è vivo?》chiese velocemente in un sussurro, sentendo il sangue che le scorreva nelle vene ghiacciarsi. Tentò di nascondere le mani tremanti intrecciando le sue dita dietro la schiena e scuotendo la testa coprì il sudore con i folti capelli scuri.
《Sì, sta bene, stia tranquilla. Però si sieda, per l'amor di Dio, vederla così mi fa male al cuore》disse Belial con una dolcezza quasi paternalistica, come se stesse parlando con una bambina pronta a ricevere la sua prima pagella. Innania annuì febbrilmente ed obbedì all'ordine impostole dal maggiore, come un robot privo di sentimenti
《Quando il suo biglietto si è illuminato la folla si è accanita contro di voi, ma fortunatamente alcuni poliziotti in borghese nascosti tra i Mimicani sono riusciti a proteggervi. Tuo zio sta bene, ha solo un braccio rotto ed una costola fratturata. Lei invece ha sbattuto con violenza la testa, per questo si ricorda poco e nulla. Siete stati entrambi molto fortunati》raccontò l'uomo giocando con il mozzicone della sigaretta.
Un'onda di sollievo immerse il cuore della giovane, che per poco non era svenuta a causa dello stess.
Il padre era vivo, stava bene e presto avrebbe trovato il modo per comunicare con lui. Insieme sarebbero riusciti a capire come portarlo ad Alastore, e lì qualche medico l'avrebbe sicuramente curarato. Le cose si sarebbero sistemate, tutto poteva aggiustarsi come per magia. Ma quella situazione sembrava divenire ogni secondo più sbagliata e inquietante. Ogni istante che passava in quel luogo Innania sentiva di star perdendo una parte di sé. C'era qualcosa di magnificamente corrotto in Alastore, ma non importava, non in quel momento.
《Stia tranquilla, oggi è il suo grande giorno》annunciò Belial allegramente 《Lei beve? Ho del vino perfetto per questa occasione. Preferisce il rosso vero? Glielo leggo nello sguardo》il suo modo di fare era così educato e gentile da spaventare la ragazza, abituata alla disperata cattiveria dei Mimicani. Le pareva impossibile che uno come Belial potesse riferirsi così a una povera plebea analfabeta. Il suo cuore era pieno di gioia, qualsiasi brutto pensiero le scomparve dalla testa. Tutto andava bene, Dio l'aveva finalmente presa in grazia
《Io non ho mai bevuto del vino, Signor Hill》esclamò Innania emozionata. L'albino ridacchiò muovendo velocemente la mano 《Oh, non mi chiami così, cara Signorina Leroux, va bene anche Belial. Infondo ora siamo conquilini》la rassicurò.
《Io sono il tribuno della plebe di Alastore. Il mio compito è anche quello di prendermi cura dei più deboli, per questo lei ora è stata affidata alle mie cure. Può rimanere qui quanto tempo desidera. Quando si sentirà pronta io e mio marito l'aiuteremo ad inserirsi nella società e a trovarsi un suo appartamento》l’accolse l'uomo accarezzandole dolcemente la guancia. Il suo gesto non era nato dalla malizia, ma assomigliava maggiormente all'affetto di un padre. La ragazza non era abituata a tutta quella dolcezza all'apparenza gratuita. Una parte di lei dubitava della bontà d'animo del maggiore, non si fidava facilmente degli altri. Eppure in quel momento non aveva molta scelta, non sapeva nulla di Alastore e necessitava di un punto di riferimento
《Anche lei può chiamarmi semplicemente Innania》rispose sorridendo, fingendo di non sospettare nulla. Belial intanto aveva sfilato dalla tasca un aggeggio tecnologico ben lontano dai cellulari odierni, era più simile ad una lastra di vetro luminosa non più larga di dieci cm. Cliccò un tasto e con eccessivo entusiasmo annunciò che in poco tempo sarebbe arrivato il vino ordinato.
《Domani il console ha indetto un ballo speciale in suo onore. È un modo per aiutarla ad integrarsi nella nostra società. Non si preoccupi per i vestiti ed il trucco, il mio Mendax è veramente bravo in queste cose e da sempre cerca qualcuno disposto a fargli da cavia umana》
Innania apprese passivamente anche quest’ultima notizia. Aveva provato così tanti sentimenti in un solo giorno che faceva fatica anche solo a percepire il minimo accenno di allegria o ansia all'idea di partecipare ad una festa alastoriana.
L'atmosfera però cambiò velocemente. Belial parve incupersi mentre Cassandra portava una bottiglia di Barbaresco. L'uomo muoveva velocemente il piede destro avanti e indietro, gesto che tradiva l'ansia che tentava di nascondere.
《Belial, sta bene?》chiese dolcemente la ragazza osservandolo mentre trafficava con il recipiente della bevanda. Seguì un momento di silenzio
《Non l'ho portata qui solo per dirle questo》inziò l'uomo rifiutandosi di guardare la giovane negli occhi《La verità è che la lotteria... è truccata, lei è la prima vera vincitrice》sputò. L'unico suono che si udì dopo fu quello prodotto del tappo della bottiglia che veniva aperta
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top