• capitolo sette • la missione •

Cara Ana,
Mi sforzo di scrivere più cose possibili: utili per il tuo destino.
Ho bisogno che tu non mi odi per quello che fatto, perché io ho fatto tutto per te, solo per te. Per proteggerti.
Non appena i miei "compagni" scompiranno l'inganno, di me non resterà nulla, lo so. Porterò Kreacher con me, lui dev'essere testimone e aiutante nella mia impresa. Starò bene.
Adesso, Morgana, è necessario che tu continui ciò che ho iniziato: devi trovare degli oggetti che contengono l'anima di Voldemort e distruggerli. "La caccia agli Horcrux".
Sarà una vera e propria caccia: è inevitabile che altri li cercheranno.

Voldermort vuole una cosa da te: il dannato alpha.
Ha bisogno di te. È dura da dire, ma la verità è che tu hai un destino già segnato.
Mia piccola Ana, come ultimo erede Rèal, tu hai il dovere di far nascere una nuova discendenza.
Inevitabilmente, con qualsiasi persona, tuo figlio (chiamalo Regulus, per favore) o tua figlia (non chiamarla Walburga, non ti conviene) sarà il dannato alpha.
Però, come sempre c'è un "però", se il padre della creaturella sarà un erede Peverell, nascerà 《il ponte coi morti》
Cosa sia, lo scoprirai sicuramente da sola: come tua madre, sei abile nel trovare.

Morgana, (nome che significa "morte", raccapricciante quanto elegante) giurami che non metterai a rischio la tua vita: se non riuscirai a sopportare tutto ciò, io lo accetterò, ovunque sarò. Sarò sempre orgoglioso della mia piccola, grande streghetta alata.

infinitamente grato di essere tuo, Regulus Black (il tuo Reggie)》

Sotto il cielo limpido di una notte stellata, Morgana rilesse quella lettera data dall'elfo che l'aveva cresciuta.
Avrebbe potuto abbandonare tutto; avrebbe potuto uccidersi, come il suo antenato.
Come poteva godersi la gioventù sapendo che la vita di un suo erede, era solo una sua scelta.
E se avesse sposato un Peverell?
E se...

Erano tutte domande cui le risposte erano multiple.
Aveva paura. Tremava al pensiero di dover scrivere il destino di suo figlio; una piccola creatura, innocente, doveva vivere la vita che non voleva: la vita destinata a lei.

Il suo cuore pulsava freneticamente, senza fermarsi.
Gettò la lettera sul prato e si guardò allo specchio dell'acqua: odiava quegli occhi scuri di sua madre, il lineamenti di suo padre e l'espressione angosciante di suo zio.
Lo stesso zio che l'aveva indotta a manipolare chiunque: fratello, fidanzato, amici, nemici...
Ma, in fondo, che cosa importava affrontare tutto nella menzogna?
A chi realmente interessava come stesse? A nessuno.
A partire da sua madre, che l'aveva lasciata sola per difendere quell'amore passionale e spudorato: l'amore che l'aveva uccisa.

Allontanò quei pensieri e si alzò. Raccolse il pezzo di carta, si asciugò la guancia sinistra leggermente bagnata e indossò quella maledetta maschera invisibile: il suo caratteraccio freddo e manipolatore.

Il castello era illuminato ma Morgana a stento notava i colori caldi del fuoco delle torce nei corridoi.
Rilesse quelle ultime frasi ancora. Rilesse la battuta sui nomi che doveva dare a un figlio.
La fece sorridere.

Si immaginò una famiglia; una semplice famigliola babbana che prendeva un tè sul prato primaverile di Aprile.

Tra i suoi castelli in aria, la fanciulla si scontrò con un ragazzo snello e le sue iridi verdi la colpirono come una saetta.
"Harry!" esclamò sorpresa.
Era notte e nessuno, a parte lei, doveva essere fuori dal letto.
"Hey, come mai ancora sveglia?"
"Insonnia" mentì la ragazza nascondendo le mani sottili che stringevano la lettera
"E tu, come mai qui?"
Harry rotolò una ciocca di capelli fra le dita e la guardò negli occhi: le iridi scure lo ipnotizzavano.
"Quel rospo rosa da pochi giorni è arrivata e già mi ha messo in punizione per aver detto la verità"
Morgana osservò attentamente la scritta rossa sulla mano destra del ragazzo: <non devo dire bugie>
Con quella grafia bizzarra, ella ravvibridì a quella frase: così vicina alle vicende della sua vita.
"Oh, mi dispiace" sussurrò semplicemente.
Gli rivolse un sorriso e questo lo spronò a formulare una domanda che le provocò uno strano effetto.
"A quest'ora la luna è alta in cielo. Andiamo sulla torre di astronomia?"
Dopo pochi giorni la rottura con Gilbert, Harry ne approfittò per imparare a conoscerla: con i suoi pro e contro.
Morgana esitò e negli occhi chiari di Harry era visibile la delusione del declino all'invito.
"Adesso è tardi."
"Allora domani?"
L'insistenza di Harry provocò in Morgana dei dubbi: la stava usando come lei usava lui?
Perché era così carino quando avrebbe dovuto odiarla?
Lei doveva conquistare lui, no il contrario.
"Passo nei sotterranei alle otto?"
Dovette sforzarsi di annuire con un sorriso e voltarsi senza un ghigno sospetto.

Tornò nella sala comune di Serpeverde: tutt'intorno era oscurità.
I mobili neri, il luccichio verde del lago che risplendeva attraverso il vetro.
Si sedette sul divanetto in pelle nera e pensò all'unica cosa che la legava alla famiglia.
Quella lurida maledizione. Essa la rendeva meschina, manipolatrice, doppiogiochista.
Era un angelo vestito da strega.
I suoi cupi pensieri vennero interrotti da passi numerosi.
"Ana, non pensavo di trovarti sveglia" ammise Gilbert, cercando di essere amichevole
"Con mille pensieri per la testa, il sonno passa"
"Che intendi?"
"Ho paura"
Quelle parole erano difficili da ammettere: un dannato che aveva paura di comuni mortali?
Colei che porterà in grembo l'oscurità della luce, tremava ad ogni virgola di una lettera?
"Ci sono io con te"
Furono come missili nel cuore.
Gilbert provava ancora qualcosa per lei?
Troppe domande che confondevano una mente giovane, piena di tormenti e dubbi.
"Il piano deve andare avanti, non possiamo perdere il controllo. Gilbert, credo che sia stata la scelta migliore lasciarci."
Formulò quelle parole con tanta amarezza da disprezzare se stessa.
Gilbert era la cosa più bella che le era capitata: lui, con gli occhi dolci, le mani che la stringevano quando stava male, le labbra morbide che facevano sognare le sue, era l'unico in grado di renderla felice.
Ma il destino le si rivoltò contro:
quel dannato gamma non poteva stare con lei. Nessuno poteva.
Era una sua decisione: come i pianeti attorno al Sole, tutto ruotava attorno a lei.
"Io ti amo, Morgana. Sempre e per sempre."
La principessa non lo guardò nemmeno e tornò in camera sua.

L'odiosa Pansy Parkinson dormiva beata con gli spigoli della polaroid di Malfoy sulle guancie quando ella entrò.
"Seria?" sussurrò ghignando qualcosa che svegliò Abby.
"Ana, sei tu"
"Oh, il tuo peggior incubo"
"Ti piace proprio che la gente si sottometta a te?"
Morgana rise.
"Sei solo una bambina viziata, Abby. Theodore scelse me. Gilbert ha scelto me. L'invidia nei miei confronti è così tanta da ridursi in pietà?"
"Ana, io son-"
"Fa il piacere all'umanità di star zitta."

-

Il giorno dopo, alle sette e trenta di sera, Harry chiuse i libri e corse nel dormitorio.

"Ron, devo uscire e torno tardi." annunciò indossando la giacca di jeans.
R

on lo squadrò per bene: i jeans larghi erano abbinati a una T-shirt bordeaux.
"Hai le scarpe sporche"
Ron indicò la macchia sbiadita di cenere (non si spiegava come se l'avesse sporcate) e il suo sguardo colpì i capelli.
"Leggermente ordinati"
Ron si alzò dal letto con un balzo, lo guardò in viso e disse:
"Hai un appuntamento con Cho?"
Harry si specchiò e non rispose.
Come spiegava che ai suoi amici che aveva chiesto a Morgana di uscire?
"In realtà con un'altra ragazza"
"Da quando c'è <un'altra ragazza>"
Harry non controllò l'ansia e sbraitò:
"Senti Ron, non credi che ti stia impicciando troppo in cose non tue?"
Dentro sé qualcosa gli diceva di attaccare, mordere, colpire dentro l'anima di Ron; ma qualcosa di più forte lo tratteneva: il buonsenso.
Uscì dalla stanza e rimase Ron solo con la bocca spalancata e frastornato.
"HERMIONE, HARRY HA UN'APPUNTAMENTO CON MORGANA!"
Ron l'aveva capito dalla riservatezza di Harry: solo quando parlava di qualcosa che loro due non condividevano faceva così.

I sotterranei erano così freddi e umidi.
Aspettò pochi minuti di fronte al grande masso che ricopriva la casa delle serpi prima che una fanciulla uscì.
Indossava un abitino rosso che copriva le spalle.
I capelli raccolti in una treccia, sistemò le pieghe della gonna del vestito e sorrise ad Harry.
Le labbra truccate di un rosso colpirono il ragazzo: una voglia matta di baciarla percorse il suo corpo e la sua mente.
"Dove mi porti?"
Ana sorrise ancora e si affiancò ad Harry.

-

"

Questo posto mi è sempre piaciuto" ammise Harry
"La torre di astronomia ti fa sognare. Le stelle che formano costellazioni. Lo sai che i Black si chiamano come stelle?"
"Non c'è una che si chiama come te?"
Morgana scosse la testa e rispose:
"Purtroppo per i Rèal è diverso. Tutto è diverso per i dannati"
"Dove andresti se potessi?"
Harry cambiò discorso ed Ana ne fu grata.
"Se avessi scelta, me ne andrei in Italia, forse al Vaticano: una piccola vendetta per gli angeli"
Harry rise e non smise finché Ana non si avvicinò a lui.
"I Potter, pare, che erano strani. Mio padre possedeva il mantello con cui siamo venuti. È speciale"
Speciale?
Non seppe mai come collegò il mantello alla fiaba, ma da quell'appartamento capì tutto.

"Allora ci vediamo domani a lezione?" chiese Harry non appena arrivarono nei sotterranei
"Va bene"
Morgana gli stampò un bacio sulla guancia e disse la parola d'ordine.

Trovò Gilbert seduto sul divano in pelle con un bicchiere di whisky incendiaro tra le mani.
"Adesso bevi?"
"Me l'ha offerto Theodore. Com'è andato l'appuntamento con Potty?"
"Bene"
Nessuno dei due parlò finché Morgana non si sedette accanto a lui e disse:
"Chi sono gli eredi Peverell?"

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top