• capitolo cinque • le mele marce •

Passarono due settimane dall'incontro padre-figlia.
Morgana, Louis e Gilbert non ne parlavano e alla sola parola "pranzo" la ragazza li guardava torvi.

Una mattina fresca, tipica di fine agosto, due ragazzi e due ragazze si aggiravano tra le mura del Regno Dei Dannati, nascosto nel bosco inglese da antiche magie dannate.
"Siamo stati invitati?" disse uno dai capelli biondo scuro, alto e con gli occhi scuri abbagliati dal sole.
"Certo, altrimenti non saremo qui, Theodore Nott" rispose una ragazza bionda e bassina dagli occhi chiari come il cielo di quella giornata.
"Daphne Greengrass, non sono così stupido come Goyle" ribattè il ragazzo offeso
"Smettetela voi due. Mia cugina ha un limite di sopportazione basso e poi stiamo nel suo regno, quindi fatela finita!" esclamò infastidito Draco Malfoy, con i capelli sempre più biondi e il viso sempre più pallido.
"Sempre più piacevole, Draco"
Una ragazza alta, dai colori scuri e dalle guance rosee, alzò gli occhi al cielo e s'incamminò per prima attraverso delle mura.
Ella attraversò alte mura di pietra nera; in alto, al centro, c'erano due grossi ali nere, simbolo di rispetto per l'Angelo Creatore, colui che sfidò il Grande per creare i Grandi.

Gli altri la seguirono e attraversarono il grande villaggio: il Villaggio dei Morti.
Il lungo viale era chiamato <L'Ultima Strada>, nome nato da vecchie leggende, non del tutto false.

"Draco, è vero quello che ha trovato Astoria?"
"Certo che no, Daphne. Mio padre mi ha raccontato delle grandi doti di un dannato, spettacolare"
Abby emise una piccola risata.
"Spettacolare? Hai mai litigato con Gilbert? Una volta mi ha bruciato la gonna con gli occhi!"
"Oh, Abby, il ragazzo voleva fare altro, probabilmente" disse Theodore malizioso
Abby lo guardò torvo e non rispose.
Daphne e Draco si guardarono e sussurarono qualcosa tra loro.

Finalmente, dopo minuti di cammino, arrivarono al Gran Palazzo dei Dannati, dalle mura bianche perlacee, i quattro vennero bloccati da due spiriti.
Il primo, alto e muscoloso, disse con a voce alta e solenne:
"Chi siete?"
Daphne si fece avanti, si inchinò e rispose:
"Siamo quattro dei componenti delle mele marce, gruppo fondato dalla principessa M-"
"Siamo stati invitati da Morgana e Gilbert" tagliò corto Theodore
Il secondo spirito, una donna piangente, chiuse le sue ali e li lasciò passare.
"È normale che devi sempre fare così!?" rimproverò la bionda
Nessuno rispose e oltrepassarono gli spiriti.

I quattro entrarono nel palazzo e oltre il grande portone i loro occhi si innamoravano del paesaggio: di fronte a loro c'era una scala ornata da un tappeto bordeaux. Le pareti erano riempite da quadri delle famiglie reali.
Camerieri e ufficiali giravano di qua e di là per il grande ingresso; nel Regno non c'erano elfi domestici, ma semplici maghi e streghe al servizio del re.

Un ragazzo, un cameriere, si avvicinò ad Abby, chiese chi fossero e cosa volessero.
"Buongiorno, siamo venuti qui perché ci ha invitati la principessa" rispose lei cordialmente.
Theodore alzò gli occhi al cielo quando ella parlò: era il solito ragazzo scontroso e con la puzza sotto al naso, principale motivo per cui era il migliore amico di Draco.

"Certo, vi prego di aspettare nel salotto reale"
"E dov'è, domestico?"
L'aria da superiorità del giovane Nott infastidì il principe, che ascoltava dal salotto reale di fronte ai ragazzi.
"Sam, non prenderla male, i maghi londonesi non hanno educazione e rispetto per i lavoratori onesti come il tuo. Sai vero chi sono i genitori di tutti questi mocciosi?" iniziò Louis con un bicchiere di liquore tra le mani.
"Ah, mi scusi principe Louis, non mi ero reso conto chi fossero. Comunque il salot-"
"Oh no, Sam, non ti stavo riproverando, mi stavo lamentando di quel pervertito"
Theodore oltrepassò il principe ed entrò nella grande sala circolare.
Il cameriere sorrise ad Abby e ritornò ai suoi doveri.

Louis chiuse la porta di legno di quercia bianca e guardò i quattro come un poliziotto che trova il criminale.
"Bene, bene. Mi sembra che Morgana era stata chiara, Nott. Non vuole vederti"
Theodore non rispose e guardò altrove.
Il suo difetto più grande era lo smisurato orgoglio che aveva accumulato negli anni.
"Adesso Ana scende, mi raccomando" continuò Louis, stavolta preoccupato per la reazione della sorellina alla vista del ragazzo.

Pochi minuti dopo, Ana e Gilbert apparirono agli amici.
La fanciulla, vestita di bordeaux, sistemò i lunghi capelli in una treccia ben stretta e su essa poggiò il diadema di brillanti su cui una pietra rettangolare era posta in bella vista.
Gilbert la teneva per mano e le baciava dolcemente la guancia.

"Buongiorno" disse Ana sedendosi sulla poltrona vicina a Daphne.
"Vi ho chiamati qui perché devo dirvi una cosa. Theo tu non eri invitato"
"Amo gli autoinviti quasi quanto amo il tuo sorriso, Ana" rispose col suo tono adulatore
"Oh, ma che gentile." rispose la ragazza sarcasticamente
"Comunque. Noi abbiamo scoperto una cosa" interuppe Gilbert guardando torvo i due litiganti.
"Cosa?" chiese Draco giocarellando con l'anello dei Malfoy.
"Solo il Signore Oscuro può saperlo. Ho bisogno di un incontro con lui" disse Ana alzandosi e mettendo in bella vista il suo bel comportamento.
"Perché fai così la misteriosa? C'entra tuo padre, vero?" disse Abby leggermente infastidita.
Ana si voltò lentamente verso di lei e i suoi occhi bianchi zittirono la fanciulla seduta accanto a Theodore.
"Smettila" sussurrò il fratello prendendola per il braccio.
"Oh, smettila tu."
"Adesso, Draco, porta questo messaggio a tuo padre. Ragazzi, vi chiedo solo di aiutarci una volta ad Hogwarts. I tre moschettieri ci metteranno nei guai"
"Come, se possiamo saperlo Lord Gilbert, dobbiamo aiutarvi?" insistè Abby con tono di sfida.
"Beh, abbiamo un piano" intervenne Louis con un sorriso malizioso.
I quattro ospiti si guardarono tra di loro e Draco disse:
"Sputa il rospo, Rèal"
"Passo la parola alla mia cara sorellina"
Ana tossì per schiarirsi la voce e iniziò:
"Dobbiamo usare solo una cosa: la furbizia"
"Uh, uh, mi piace questa Morgana" commentò Theodore guardando Gilbert.
Tra i due non scorreva buon sangue; avevano gli stessi gusti in amore.

"L'amore è il punto debole di tutti. Vero, Theo?"
Il ragazzo annuì.
"Noi li colpiremi proprio lì. Ognuno prenderà uno di loro, anche Neville e Ginny"
"Cho Chang?" chiese Daphne
"Che c'entra lei?"
In passato, Cho ed Ana erano migliori amiche, ma si allontanarono al terzo anno, quando Gilbert lasciò la corvonero per Morgana.
"Cho non ci interessa adesso" disse Gilbert abbassando lo sguardo
Morgana lo guardò torva e tornò al suo discorso.
"Se sono vulnerabili, sono deboli.
Louis verrà ad Hogwarts, abbiamo parlato con Silente"
"Cosa!" esclamò Draco indignato
"Avete chiesto a Silente un favore?!"
"Oh, sta zitto Draco. Non mi vuoi a scuola?"
L'arte della provocazione era il forte di Louis.
"Posso? Grazie."
"Una domanda: come faranno a fidarsi di noi?"
"Usiamo l'astuzia, ovviamente" rispose Gilbert alla domanda di Abby, che lo guardava con occhi dolci.
"Abby, tu dovrai corteggiare Paciock" disse Morgana sorridendo maliziosa
"Perché io?!"
"Perché fai così? Almeno Neville è sicuramente single e non lo rubi a nessuna"
A quelle parole, la ragazza stette in silenzio per tutto il tempo.
"Daphne, Draco e Matthew, nessuno"
Theodore alzò la mano e chiese:
"Ed io?"
Morgana si avvicinò a lui con un movimento quasi provocatorio e disse lentamente:
"Ginevra Weasley, ho scelto il meglio per te"
Tra i due c'era un'intesa che nessuno dei due nascondeva: Morgana amava far ingelosire Gilbert in questo modo.
"Odio e amore, Grindelwald, impara" disse Nott sorridendo.

"Io sedurrò Potter. Gilbert prende la Chang"
"Come i vecchi tempi, vero Gil?" disse Louis che, in fondo, era geloso di sua sorella, cui la bellezza era uno dei fattori principali.
"Ana, di questo dovevamo parlarne in privato"
Gilbert sospirò ed uscì dal salotto.
Morgana lanciò uno sguardo al fratello ed uscì anch'essa per cercare il suo amato.
"Vabbè, fine dei giochi fanciulli. Ci vediamo a scuola!"

I quattro ospiti lasciarono il castello e tutti i suoi segreti.
"Questa è davvero la fine dei giochi." sussurrò tra sé Draco camminando a braccetto con Daphne
"Stai tranquillo, ci siamo noi con te"
"Oh, Daphne, ci sono i dannati" s'intromise Theodore.

-

Nella sera, dopo un litigio con Gilbert, Ana si recò nello studio tanto amato e si sedette dietro alla scrivania: quello era il suo posto tranquillo e sereno, circondata da libri e vecchi ghimori.
Ma, la cosa che la rendeva felice era solo una: una ciotola di marmo con all'interno qualcosa nè liquida nè aereoforme.
-voglio dimenticare per ricordare-
pensò Ana portando la bacchetta alla tempia.
Una scia uscì da quella mente affollata ed entrò in quella sostanza scura.
Sospirò e si gettò in quel mare asciutto e che solo le lacrime rendevano liquido.

Un vuoto allo stomaco e si ritrovò in una foresta illuminata dal sole cocente.
Poco distante da lei c'era una ragazzina, in preadolescenza, correre senza sosta.
"Smettila di seguirmi!" urlò in preda al panico e col fiatone.
Ma una figura incappucciata volava basso e la seguiva e con sè portava la gioia del sole e il cinguettio degli uccellini.
Morgana l'osservò e fece un passo indietro, come la ragazzina che osservava.
"VATTENE!"
Ma egli non scappava, restò e risucchiò ogni briciola di gioia che possedeva quel corpicino appoggiato alla corteccia di un'albero.
Ella trovò la forza di tendere le mani in avanti e al leggero tocco del mantello, la figura brucio e la gioia di cui si nutriva divenne una farfalla bianca che scomparve nella flora.
"ANA!" urlò un uomo dai capelli rossicci, non molto alto, che indossava una possente armatura.
"Papà!"
L'uomo si bloccò a quelle parole e un singhiozzo fece capire alla bambina l'importanza di quella parola.
"Non mi hai mai chiamato papà, piccola mia"
"Scusa, Alfon-"
"Chiamami papà, per favore. Ora che ci riesci..."
La bambina scacciò via la paura e attorcigliò le sue piccole braccia al collo dell'uomo.

Qualcuno bussò alla porta di legno e riportò Ana alla realtà.
"Avanti!" esclamò sistemandosi i ciufetti ricci dal volto.
"Piccola mia, come stai?" disse l'uomo del ricordo, solo con più rughe.
"Alfonso! Sei ritornato!"
Ella era così felice che corse ad abbracciarlo come quando era una bambina.
"Come sei bella, proprio uguale a tua madre. Non si direbbe che non sei mia figlia, hai gli stesso riccioli" disse accarezzandole i capelli.
Quella frase la diceva sempre; era un modo per convincersi del fatto che era anche un po' sua figlia.
"Però ho il carattere di mio padre."
Sospirò e invitò l'anziano re a sedersi sul divanetto nero, posto sotto un grande quadro raffigurante delle ali nere.
"Louis mi ha raccontato tutto. Come stai?"
"Vorrei tanto essere tua figlia o almeno vorrei riuscire a chiamarti papà"
"Non fa niente se non mi chiami papà, per me tu sarai sempre la piccola creatura indifesa del bosco. Hai visto il ricordo del dissenatore?"
Ana annuì e sospirò ancora.
"Volevano qualcosa, ma non so cosa. Non puoi aiutarmi in questo?"
Alfonso scosse la testa e si incantò nel guardarla.
"Anche tua madre aveva questa mania dei ricordi: tu lo fai per vedere tuo zio, lei lo faceva per vedere tuo padre. L'ho sempre saputo d'altronde."
"Perché non l'hai lasciata, se lo sarebbe meritato"
Alfonso sorrise e disse sognante.
"L'amore ci rende completamente ciechi, e io per lei ero anche sordo. Piccola mia, ama sempre e comunque, però non esser perfino sorda e dentro di te sentire le urla nascoste"

Nota d'autrice
Allora, vi piace??
Questo capitolo è uscito con un po' di ritardo perché non sono stata bene ultimamente, ma adesso sto meglio!

Vi piacciono le "mele marce"?
Beh, aspettate i prossimi capitoli...

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