Capitolo 9
«La conquisterò, questo è l'anno giusto, me lo sento» annuncio sottovoce, con il viso rivolto verso Sirius che non sembra affatto intenzionato anche solo a fingere di starmi ascoltando, e lo deduco della sua faccia schiacciata contro il libro di trasfigurazione, come se gli occhi chiusi ed il leggero russare non fossero già abbastanza.
D'altro canto Remus, che ha un udito davvero sviluppato e abile a captare le conversazioni altrui, si sporge leggermente in avanti dal banco dietro, con la mano ben serrata attorno alla piuma intenta a prendere appunti, ed esclama. «È fidanzata, James. Non hai alcuna speranza»
Spalanco la bocca oltraggiato, indignato ed incredulo, perché Moony, fino a mezzo secondo fa, era l'essere umano più rispettabile che avessi mai incontrato, ed io che ho sempre prestato ascolto alle sue sagge parole senza mai fare troppe domande, anche quando il soggetto delle nostre conversazioni non era chiaro o quando mi sembrava che mi stesse implicitamente minacciando di morte, imprimo in un'unica perforante occhiata, tutto il mio sdegno e disprezzo, e non mi sento affatto in colpa a bruciargli l'anima con il potere dello sguardo, siccome lui ha appena pugnalato brutalmente me ed il mio sogno. «Remus, tu non puoi-»
«Potter» mi interrompe la Mcgranitt, pronunciando il mio nome come se le avessi appena ucciso il gatto. Cosa che non ho fatto, visto che non sono un assassino di animali e non ho idea di come ci si sbarazzi di un corpo. Sbuffo; la professoressa ha appena rovinato il mio momento drammatico come se nulla fosse, e da quel che vedo non mi sembra pentita. «Noto che hai voglia di parlare» mi guarda, ed io sono pienamente consapevole del fatto che lei sappia che non ho ascoltato neanche una parola dall'inizio della lezione. «Quindi perché non esponi alla classe in cosa consiste l'argomento di oggi?»
«L'evocazione» bisbiglia Remus a labbra strette, riconquistando nuovamente il posto come mia terza persona preferita al mondo dopo i mei genitori e Sirius. Ed io, che mi ero preparato ad affrontare ed unire logicamente otto argomenti diversi nella speranza di azzeccare quello giusto, tiro un immaginario respiro di sollievo.
«Con grande piacere professoressa» sogghigno, osservando la faccia della Mcgranitt tramutarsi da vittoriosa — sono piuttosto sicuro che il suo più grande desiderio sia beccarmi impreparato durante una delle sue lezioni, immagino che le arrecherebbe molto piacere e soddisfazione personale. — in un'espressione stizzita ma al tempo stesso orgogliosa, quando inizio ad esporre dettagliatamente l'argomento, perché almeno ora può assegnare a Grifondoro una vagonata di punti ed agevolarci la scalata fino alla Coppa delle Case.
***
Io non so come Potter faccia a sapere tutte queste cose, visto che la metà di quello che ha detto non si trova sul libro e l'altra metà non è ancora stata spiegata dalla professoressa, ma dubito che abbia avuto tempo di studiare in biblioteca, siccome se ne sta sempre a zonzo con gli amici ed io non credo proprio che passi la notte a fare ricerche. Quindi, di conseguenza, l'ipotesi più probabile è che non abbia la minima idea di ciò che sta dicendo, e che sia solo bravo a far sembrare convincente ciò che esce dalla sua bocca.
«Ottimo, quindici punti a Grifondoro» esclama la Mcgranitt, e per un attimo temo di aver sentito male — improbabile: il mio banco è praticamente davanti alla cattedra, se lo spingessi un po' più avanti mi ritroverei in braccio alla vicepreside, e questo è anche il principale motivo per il quale Alice ha deciso di abbandonarmi e sedersi tre file più indietro, ed il suo triste destino è toccato a Mary, che senza dubbio non mi perdonerà mai per averla costretta a trovarsi ad un palmo dal naso la faccia accigliata della professoressa. «Ma, Potter, parla di nuovo non interpellato e ti spedisco a pulire gabinetti»
«Ricevuto» la costante sfumatura divertita nel suo tono, vibra nell'aria ed arriva dritta alle mie orecchie, che ormai hanno imparato a distinguere i vari suoni della sua voce, e ad accostarli ad espressioni facciali. Volto appena il viso per poterlo guardare, e ciò che vedo non mi sorprende affatto.
Il sorriso gongolante che gli incurva le labbra è snervante quasi quanto l'animale morto che sembra avere in testa; alzo gli occhi al cielo. Chiaramente sta parlando neanche troppo sottovoce con Remus e Pettigrew, dondolandosi sulle gambe posteriori della sedia e, naturalmente, la Mgrannitt lo sa, solo che lo ignora, perché lo sanno tutti che, nonostante i miei sforzi, il suo preferito rimarrà per inspiegabili motivi sempre Potter.
***
«Come hai fatto?» chiede curiosa una voce che conosco fin troppo bene, affiancando Remus ma rivolgendosi al sottoscritto.
«Ad essere irresistibilmente bello anche oggi, Evans?» ghigno sornione, lanciandole una rapida occhiata in tralice. «Genetica, suppongo»
Non la sto guardando, ma sono piuttosto sicuro che abbia alzato gli occhi al cielo. «Potter» esclama, ed il tono neutro con il quale mi si era rivolta un secondo prima viene sostituito da uno stizzito ed esasperato. Ed io non so, davvero, non me ne capacito, perché dalla mia bocca escano solo cose stupide quando lei è nei paraggi, nonostante io sappia benissimo di avere una quantità di materia grigia non indifferente, dentro la scatola cranica. «Immagino che sia genetico anche tutto quell'ego che ti gonfia come un pallone, ma la mia domanda non si riferiva a quello»
Mi mordo la lingua per evitare di farle notare che non ha negato che io sia effettivamente bello, e che quindi, di conseguenza, secondo una legge matematica che non conosco, questo significa che mi ama, ed infilo le mani nelle tasche. «Mi piace Trasfigurazione, a volte sfoglio il libro e gli appunti di Remus quando non ho niente da fare, e le cose mi restano impresse nella testa» mento, scrollando le spalle.
Non pare convinta, infatti replica. «Ma non è possibile, la maggior parte delle cose che hai detto, non ci sono nel-»
«Ehi, amore» esclama qualcuno.
Poi sbatto le palpebre e succede tutto in un lampo. Sono confuso, ma questo non cambia che le labbra che si sono appena posate su quelle di Evans non mi appartengano, così come il braccio che le stringe la vita e le dita che le scorrono tra i capelli.
***
Non stavo fingendo di russare, certo che no. Mi ricordo solo di essermi seduto al banco ed aver abbassato le palpebre per un tempo indefinito, compreso tra trenta minuti e due ore, ed aver ascoltato la voce della Mcgranitt fino ad addormentarmi. Quindi James può anche smetterla di fissarmi con sdegno, perché anche se fossi stato sveglio, non avrei ascoltato comunque i suoi sproloqui da diciassettenne innamorato e disperato.
Afferro il libro di Trasfigurazione, sul quale campeggia in copertina un'eccezionale caricatura del mio migliore amico con il naso di Mocciosus, di cui sono molto fiero, e seguo gli altri Malandrini fuori dall'aula.
Sorpasso Frank, intento in un'inefficace discorso di incoraggiamento, e sono piuttosto sicuro che lui creda che l'espressione traumatizzata sul volto di Eric Brown sia solo pacata comprensione. «Quando ho presentato Alice a mia madre» sta dicendo. «La sua reazione è stata più o meno questa: "Non va bene per te, meriti di meglio" ed io giustamente ho replicato "Ma mamma, io la amo!" e allora lei "Non sto parlando con te, Frank" quindi non hai niente da temere, non può andarti peggio di come è andata a me»
Sono soprappensiero, lo ammetto, ma a quanto pare non sono l'unico, visto che James ha pensato bene di immobilizzarsi proprio davanti all'uscio della porta, creando una fila non indifferente, e non pare intenzionato a muoversi neanche quando mi schianto accidentalmente contro la sua schiena. «Che diamine fai?» domando, colpendogli la spalla, ma a rispondermi non è lui, bensì il dito grassoccio di Peter che mi indica una scena poco più avanti.
***
Imbarazzata.
Se qualcuno dovesse chiedermi di descrivere come mi sento in questo momento con una parola, quella sarebbe senza dubbio imbarazzata. E perché no, per rendere meglio l'idea mettiamoci davanti anche un bell'avverbio come: profondamente. Non ho mai amato pubbliche manifestazioni d'affetto così esplicite e con così tanta lingua, siccome le ritengo intime e private. Ed è per questo che adesso la mia faccia è rossa come un pomodoro ed io vorrei solo sprofondare nel pavimento e non riemergere mai più.
Quando mi allontano forse leggermente troppo bruscamente, la mano di Alan è ancora sul mio fianco, ma il suo sguardo, al contrario, sta puntando Potter in maniera piuttosto eloquente, ed io, ancora scossa, fatico a capire che cosa sta succedendo.
«Alan» esclamo riacquistando il controllo della mie capacità cerebrali. Calco con enfasi il suo nome, perché lui poco fa ha detto amore, ed io ancora non so se mi fa piacere oppure incrementa solo la mia voglia di sparire.
Lui finalmente si decide a distogliere lo sguardo da Potter, ed a sorridermi come se non ci vedessimo da settimane quando in realtà questa mattina abbiamo fatto colazione insieme. «Ti accompagno a pranzo, vieni»
Vorrei dirgli che si sta comportando in modo strano e che in Sala Grande ci so arrivare anche da sola, ma la mia esperienza in campo di relazioni è praticamente inesistente, perciò è altamente probabile che quella strana qui sia io, perciò mi limito ad intrecciare la mano alla sua.
Lancio uno sguardo alle mie spalle. Potter sta prendendo una direzione diversa dalla nostra, strano, visto che è ora di pranzo, ma poco rilevante.
***
«Che facciamo?» esclama con evidente terrore negli occhi Trent Sowyer, mentre stringe tra la mani la sua scopa spezzata in due e pare quasi che si stia per mettere a piangere. Insomma, che lo faccia pure, io non giudico, probabilmente se una sorte simile fosse toccata a me mi sarei gettato giù dalla torre più alta, pur di non assistere all'ira funesta di James. «Non posso presentarmi agli allenamenti con questa, il Capitano mi uccide»
Alaya Shan, intenta a limarsi le unghie, solleva la testa bionda accavallando le gambe sulla panca degli spogliatoi femminili — riunire un'assemblea d'emergenza in quelli maschili sarebbe stato controproducente e pericoloso, parola di Frank Paciock. James ha spie ovunque, e l'ultima volta c'era Sirius nudo nella doccia che, invece di pensare alla sua igiene personale, stava origliando la nostra conversazione, ed io non so, perché non ho chiesto, cosa ci facesse nel nostro spogliatoio visto che le camere da letto hanno a disposizione un confortevole bagno con vasca. Inutile dirlo, è corso a raccontare del mio piccolo incidente al suo migliore amico; abbiamo pure provato a corromperlo, ma il prezzo del suo silenzio era troppo alto. «La domanda corretta sarebbe: cosa faccio? E non facciamo, visto che questo, fino a prova contraria, è un tuo problema»
«Cosa avevi in mente quando hai miseramente tentato di fare una finta wronsky?» sbotta Corbin, a braccia incrociate, perché noi membri anziani lo sappiamo che gli errori di un singolo sono gli errori del gruppo, e che il Capitano non ci va mai leggero con le punizioni.
«Anche se è letteralmente distrutta, possiamo provare ad aggiustarla» suggerisce Ivy. «Deve esserci in biblioteca un incantesimo in grado di farla tornare come prima»
«Ci metteremo troppo tempo, James sarà qui tra meno di trenta minuti» sospiro, prima di rendermi conto che nella mia testa aleggia un'idea geniale, rischiosa certo, ma pur sempre migliore di andare incontro alla morte con una scopa spezzata o una Scopalinda raccattata infondo ad uno sgabuzzino. «Però conosco una persona che ha inglobato nel suo cervello tutto il sapere della biblioteca»
«E ci aiuterà?»
«Si» annuisco convinto «Ma avremo bisogno di molta cioccolata»
Dorcas balza in piedi, lo sguardo deciso e battagliero. «Spero che funzioni, nel frattempo io cerco di distrarre James»
***
James si è appena gettato sulla poltrona accanto al caminetto spento, con la cravatta slacciata e le maniche della camicia arrotolate malamente fino ai gomiti. Nulla di insolito, insomma, è Prongs, il suo modo scarmigliato di indossare i vestiti non mi riguarda più di tanto — la mia autorità di Malandrino responsabile mi impone di entrare in azione solo quando il suo abbigliamento può nuocere a chi lo circonda: me, nella maggior parte dei casi, visto che alle ragazze fa solo piacere quando la sera scende in Sala Comune con addosso solo mutande e calzini, o quando sbottona la camicia e si autocompiace dei suoi addominali. Il problema, se così si vuole chiamare, è che sulla poltrona su cui si è lanciato, c'era già Sirius.
«Ti sei completamente rincoglionito?» sbotta infatti quest'ultimo, con le braccia sollevate e lo sguardo schifato puntato su James.
«Si chiama affetto, Pad. Non essere volgare»
«Questo invece si chiama pugno, e sta romperti volgarmente il naso»
«Si, ti voglio bene anch'io»
Sorrido compiaciuto e nascondo il viso dietro alle pagine del libro che stavo leggendo, perché la situazione è completamente sotto controllo e non c'è affatto bisogno che io intervenga. D'altro canto Dorcas, appena sbucata dall'ingresso dietro il ritratto, deve per forza avere in mente qualcosa di losco e molto sospetto, così come Frank, che appostato dietro ad un tavolo mi sta facendo cenno di raggiungerlo, mentre sventola in aria una tavoletta di cioccolato. Ed io davvero non so perché ogni volta che un leggero accenno di stabilità e armonia aleggia nell'aria tra i mei amici, qualcuno deve sempre distruggerlo.
Fatto sta che Frank ha in mano della cioccolata, e non è come se potessi ignorare il suo divino richiamo.
***
Remus si è appena alzato, senza dire una parola e lasciando il suo libro di Difesa incustodito sul tavolino. Mossa poco astuta, visto che adesso Sirius lo sta puntando come se avesse intenzione di scaraventarlo fuori dalla finestra. Per fortuna sono seduto sopra di lui con tutto il mio peso, rendendogli impossibile alzare le chiappe dalla poltrona, perché altrimenti in quanto Malandrino più bello e divertente, mi sarei sentito in dovere di obbligare Peter a correre il più veloce possibile per nascondere e mettere in salvo il grande amore di Moony.
Pad ha sempre avuto una specie di allergia alle troppe parole, in particolare se queste sono stampate su una carta ingiallita dal fastidioso odore di muffa — immagino che da bambino, Walburga e Orion lo abbiano costretto a passare ore intere a leggere sciocchezze dal titolo idiota come: "Le origini della nobile e antichissima casata dei Black" "Puro è meglio" "Perchè appendere teste d'elfo alla parete migliora la tua casa" e in un certo senso lo capisco. Mia madre, a nove anni, ha provato a farmi entrare nell'orripilante mondo della matematica. Dopo aver letto quindici pagine ho deciso che tutti quei numeri mi davano alla testa, e perciò ho lasciato accidentalmente il gatto ed i libri nella stessa stanza. Sono stato in punizione due settimane, ma ne è valsa la pena.
Controllo l'ora lanciando un'occhiata all'orologio sopra il camino, e faccio per alzarmi, perché mancano solo dieci minuti agli allenamenti ed io dovrei essere lì proprio adesso, visto che i mei giocatori non si incoraggiano mica da soli. Il problema, però, è che non appena il mio sedere si solleva di appena tre centimetri dalla coscia di Sirius, due piccole mani abbronzate mi rispingono con forza disumana al mio posto.
Il mio migliore amico emette un rantolo agonizzante, ma lo ignoro, perché non sono così pesante e perciò lui deve smetterla di essere drammatico. «Dorcas?» esclamo interrogativo.
«In persona, Capitano» replica lei, quando in realtà è evidente che io abbia impresso nel suo nome un'implicita domanda, quale che diamine fai? «Sono qui perché devo parlarti di una cosa importante»
«Puoi parlarmi mentre andiamo al campo»
«Potrebbe prenderti un giramento di testa, rimani seduto»
Non obietto, perché anche se la mia autorità è di gran lunga superiore alla sua, Dorcas sa essere molto insistente ed io non ho voglia di iniziare una lotta di potere nel bel mezzo della Sala Comune, per di più subito dopo che Sirius mi ha appena ruttato in un orecchio. «Bene allora, dimmi»
«Credo di essere incinta»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top